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Autore: _demonblood_    09/02/2014    4 recensioni
La storia si svolge ad Hogwarts 19 anni dopo la sconfitta del Signore Oscuro da parte dell'ora noto Auror Harry Potter. Il protagonista principale è suo figlio, il giovane Albus Severus, che comincia a vivere nuove avventure alla scuola di magia e fa nuove amicizie, finché, in un'esplorazione nella Foresta Proibita (che ha mantenuto il nome, ma in realtà ora è accessibile a tutti gli studenti, dopo un patto con i centauri che promisero la protezione degli studenti da creature malvage alla professoressa McGranitt) lui e i suoi migliori amici Rose Weasley e Scorpius Malfoy trovano una cosa che sarebbe dovuta scomparire per molto tempo, e che li avrebbe resi molto potenti...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Albus Severus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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  Inizialmente, Al non riuscì a capire tutto lo stupore degli amici nel guardarsi in quello specchio: era chiaro che fosse magico, no?  Perché si stupivano tanto nel vedersi riflessi assieme ad una persona che non era lì fisicamente? Oh, certo, quella persona non era certo una qualsiasi: era James, che lo abbracciava goffamente poiché era di una testa più alto di Al. Era una sensazione di libertà, anche se il ragazzo lo stava stringendo forte tra le braccia, come si fa con un bambino piccolo e fragile; suo fratello era lì e non lo odiava. Riusciva persino a percepirne il tiepido respiro sui capelli neri, come fosse davvero lì. Gli sembrava di volare, per quanto era leggero il suo cuore.
  «Al» era la voce di Rose. «Albus» la ignorò. Qualunque fosse l’incantesimo che permeava lo specchio, era una cosa meravigliosa. «Albus Severus, girati!» i suoi vispi occhi marroni lampeggiavano d’impazienza, e si era piantata per terra con la schiena diritta e l’espressione severa e saccente. «Al, lo sai cosa disse il tuo omonimo, Albus Silente, a tuo padre, quando trovò lo Specchio delle Brame?» indicò lo specchio «Uff, chiaramente no. Senti, non c’è un solo mago o strega che non abbia letto almeno una delle vicende di Harry Potter! Chiaramente tu no, perché disturbarsi, quando il protagonista delle opere è il tuo stesso padre?» sospirò. «Al, dovresti leggere di più, o non capirai mai niente della magia.»
  Scorpius intervenne, probabilmente perché temeva che Rose avrebbe continuato la sua ramanzina. «Albus Silente disse: Harry, non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. In quel momento, Harry Potter – tuo padre, insomma – stava guardando in questo specchio. Lo Specchio delle Brame» spiegò. Al annuì, un po’ dispiaciuto. Chissà se anche nella realtà sarebbe accaduto ciò che aveva visto nello Specchio?
  «C’era mio fratello» la sua voce tremolava un po’ «Io… è la cosa che vorrei di più al mondo, far pace con lui.»
  Rose strabuzzò gli occhi. «Tutto qui? Questo è il tuo grande desiderio? Fai schifo.»
  Al era sorpreso. «Sentiamo allora, Miss Il-mio-sogno-è-irrealizzabile-sono-invidiosa-di-mio-cugino, tu cosa avresti visto?» le guance della ragazzina divennero un tutt’uno col colore dei capelli.
  «Non t’interessa» rispose evasiva. Scorpius era rimasto in silenzio, e fingeva palesemente di essere interessato ad alcune cianfrusaglie lì attorno. Al pensò che Rose, più che per vero interesse, lo facesse per cambiare discorso, chiedendogli: «E tu cos’hai visto?»
  La prima volta Scorpius fece finta di non sentire, fingendo di guardare una figurina delle Cioccorane di Albus Silente, anche se ne conosceva l’immagine e i movimenti a memoria. Ma quando Rose insistette, dovette velocemente trovare un altro metodo per deviare il discorso.
  «Dovete scusarmi, non mi sento molto bene. Credo che andrò a finire i compiti» e partì in quarta verso l’uscita, lasciando i suoi amici lì impalati, senza dar loro tempo di rispondere. Quando la porta di ferro battuto gli si chiuse alle spalle, si fermò un attimo a sospirare, poi si lanciò giù per le scale. Non aveva ancora raggiunto la torre di Corvonero, che una mano dalla stretta salda gli afferrò una spalla. Si girò: Rose.
  «Dove credi di andare?» gli disse «Cioè, si era capito che era una scusa. I compiti, prima, li hai finiti tutti.»
  L’ultima cosa che Scorpius voleva era darle spiegazioni. Per prendere tempo, la invitò ad andare nella loro sala comune. Lei non protestò: sinceramente, Scorpius si era aspettato che gli avesse proposto di includere anche Albus.
  Non aveva idea di cosa dire a Rose: si era preparato una splendida bugia perché lo lasciasse in pace e lui potesse rintanarsi nel proprio dormitorio ma, salita la scala a chiocciola e bussato alla porta, il batacchio incantato fece il solito indovinello. Questa volta fu: C'è un paese dove vivono confinati dei maghi. Si sa che:
-In questo paese non esistono i riflessi, né dell'acqua né delle superfici, per cui nessuno ha mai visto la propria faccia;
-Queste persone si incontrano tutte le mattine in piazza, tutte insieme;
-Questo paese è dominato da un Re al quale tutti obbediscono ciecamente e di spontanea volontà;
-Una delle direttive del Re è che nessuno può comunicare con gli altri in alcun modo né fare magie.
Un giorno, quando questi sono in piazza, il Re ordina: “tutte le persone con gli occhi blu devono lanciarsi un Avada Kedavra”
Le persone tornano nelle loro case.
Il giorno dopo si incontrano in piazza, e poi tornano a casa.
Il giorno dopo si rincontrano in piazza, e poi tornano a casa.
Il giorno dopo si rincontrano in piazza, poi tornano a casa, e alla fine si vedono dei lampi verdi.
Quante persone sono morte?
  I due bambini rimasero a bocca aperta. Persino Rose era confusa.
  «Questo non è un indovinello» disse la ragazzina «Ma un enigma.»
  Scorpius alzò gli occhi al cielo. «Grazie, Rose, per la tua osservazione. Ora sicuramente questa cavolo di aquila di bronzo ci farà passare.» intanto il suo cervello roteava all’impazzata, in cerca di una soluzione che non c’era. L’enigma era praticamente impossibile: se non si sapeva quanti abitanti c’erano nel villaggio, né quanti erano gli spari, come era possibile risolverlo? Ma non si voleva arrendere, così chiese gentilmente all’aquila di ripetere e quella, senza molta pazienza, lo fece.
  «Ehi!» Al ormai li aveva raggiunti alla base della torre di Corvonero. «Siete scappati entrambi, e non sapevo dove. Che succede?»
  «Non possiamo entrare finchè non risolveremo l’enigma del batacchio» risposero Rose e Scorpius scoraggiati, quasi all’unisono. Al sembrò confuso.
  «Volevate sbarazzarvi di me, eh?» Scorpius stava per negare, ma Al continuò. «Beh, siete stati sfortunati.» si sedette sul pavimento ed iniziò a giocherellare con le frange della sciarpa di Serpeverde che ancora portava al collo. Dopodiché li invitò a sedersi.
  «Ma siamo davanti all’entrata» protestò Rose, che venne ignorata.
  «Devo dirvi questa cosa» sembrava sicuro di sé come poche volte, notò Scorpius. «Badate, è un segreto. Avete presente prima, quando eravamo nel bosco? Ebbene, ho trovato una cosa che non trovo motivo di nascondervi: in realtà forse si tratta di una semplice pietra» estrasse qualcosa di piccolo e scuro dalla tasca «ma qualcosa di… magico, credo, in essa, mi ha attirato.» Scorpius se la ritrovò sotto il naso, come se Al lo stesse invitando ad analizzarla. La teneva come si fa con qualcosa di estremamente prezioso e fragile, la sua mano non era del tutto dischiusa; aveva un che di preoccupante il modo in cui Albus scrutava il piccolo oggetto. Quando il suo palmo scivolò verso il viso di Rose, quella strabuzzò gli occhi, già resi enormi dal disappunto per il difficile enigma dell’aquila di bronzo.
  «Scorpius!» esclamò «Questa non è per caso la Pietra della Resurrezione che Harry Potter lasciò nella foresta??»
  «Non ne ho…» si bloccò, guardandola meglio, perché l’aveva riconosciuta: era identica a quella della fotografia dei Doni della Morte sull’Autobiografia di un giovane eroe magovolume 7. «È proprio lei!» si interruppe, esterrefatto.
  «Ma io pensavo che quella dei Doni fosse una favola per insegnare ai bambini ad essere umili…» disse Al confuso.
  «Questo perché non hai letto le autobiografie dello zio…» ribadì Rose.
  «Ma allora, se questa esiste…»
  «Esisteranno anche gli altri due Doni, dici?» la ragazza annuì pensierosa. «Certo. Ma ti avverto, Albus Severus Potter, che se adesso ti è venuto in mente di cercare gli altri, io…» fu interrotta da un rumore di passi. A salire la scala per la torre era un ragazzino circa della loro età, allampanato, con una chioma sbarazzina di capelli biondo sporco. Doveva entrare nella sala comune, e il batacchio gli pose lo stesso enigma dei ragazzi. Il ragazzo strinse gli occhi. Quando li riaprì, sembrò accorgersi per la prima volta dei suoi tre coetanei, seduti vicino alla porta.
  «Ehi» disse «Salve.» i suoi occhi erano grandi e marrone chiaro, tendenti al verde-azzurro attorno alla pupilla. «Sono Lysander Scamandro, per caso siete qui a causa dell’enigma di questo vecchio rapace di metallo?»
  «Più o meno» rispose Rose «È piuttosto difficile, non credi?» Lysander scosse la testa divertito.
  «In realtà è molto semplice» ammise «Ma…» guardò scettico Albus.
  «Oh, io… io in realtà stavo per andarmene» cercò di dire il ragazzo. Scorpius lo fermò.
  «Al, non siamo obbligati ad entrare adesso! Resta qui» sperò che non suonasse come una supplica. In quel momento salì le scale per la torre un altro Lysander. O almeno, il suo sosia.
  «Lorchie!» esclamò Lysander «Pensavo che Hagrid ti trattenesse ancora per molto. Ragazzi, questo è mio fratello Lorcan» i due ragazzi erano identici, solo che gli occhi di Lorcan non erano marroni, ma grigi e ancora più sporgenti di quelli del fratello.
  «Ottimo Lys! Degli amici! Entriamo, su. Noi frequentiamo il secondo anno, voi siete del primo anno, vero? Ah, già, vi ho visti allo smistamento…» non sembrò far caso alla sciarpa di Serpeverde di Al, e anche Lysander sembrava essersene dimenticato. Il batacchio, con tono irritato, ripeté l’enigma una quarta volta.
  «Sono morte tre persone.» Rispose lui dopo un secondo, senza esitazione. La porta si aprì, e i cinque entrarono.
  Rose era indispettita. Aveva sentito la soluzione, ma ancora non aveva capito come i due fratelli fossero riusciti a risolvere l’enigma. Mise da parte, con fatica, l’orgoglio, e glielo chiese. Lysander e Lorcan si accomodarono su uno dei divani di raso blu, sollevando una nuvoletta di polvere.
  «Allora» cominciò il primo «Mettiamo caso che io ho gli occhi blu, ma ovviamente non posso saperlo. Vado in piazza e vedo quel ragazzo…»
  «Scorpius»
  «…Vedo Scorpius, che ha gli occhi blu, no? Se lui si uccide, vuol dire che non vedeva nessuno con gli occhi blu. Quindi io non ho gli occhi blu. Però se li avessi avuti, lui, pur avendo gli occhi blu, si sarebbe aspettato che fossi io ad uccidermi per primo. Insomma, ha verificato anche lui se aveva o meno gli occhi blu. A questo punto, dopo esserci visti per la seconda volta, ci uccideremo entrambi dopo il secondo incontro perché avremmo capito di avere entrambi gli occhi blu.»
  «Ora» continuò Lorcan «Io ho visto che nemmeno il secondo giorno le uniche due persone con gli occhi blu che ho visto, Lysander e Scorpius, si sono suicidati. Allora è ovvio, no? Il problema del perché non l’hanno ancora fatto è che c’è una terza persona con gli occhi blu, cioè io!» a Rose non sembrava poi tanto ovvio, ma non lo volle ammettere. Fu dunque sorpresa, e si vergognò, quando Scorpius diede dimostrazione di aver capito.
  «Oh, se quindi le persone fossero state trenta, avrebbero dovuto incontrarsi trenta volte prima di suicidarsi.» disse.
  «Esattamente.» disse Lorcan, stiracchiando le lunghe gambe e sbadigliando rumorosamente. Poi i due, allegri, li salutarono e si diressero nel proprio dormitorio.
  «Che tipi strani» dichiarò Al.
  «Senza di loro non saremmo qui dentro, però. E sembravano essere contenti di avere degli amici» osservò Scorpius.
  «Ma Al non dovrebbe stare qui. È meglio se usciamo» questa volta, i due ragazzi le diedero retta e uscirono, avviandosi verso la Sala Grande, anche se era un po’ troppo presto per la cena. Rose, rinunciando a provare di capire l’enigma del batacchio di bronzo, ritornò a pensare alla Pietra della Resurrezione. Un tesoro così grande nelle mani di tre ragazzini del primo anno. Avrebbero dovuto consegnarla subito alla McGranitt, ma era il loro piccolo segreto, che univa il loro trio ancor più di prima, e apparteneva solo a loro.
  
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