Narnia's
Rebirth
48th Chapter
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Quel
tardo pomeriggio di fine estate sarebbe stato ricordato, negli annali
del
reame, come il primo, glorioso giorno di una nuova era.
Re
Caspian, decimo del suo nome, aveva trionfato contro
l’usurpatore Miraz e aveva
risparmiato le vite di coloro che si erano limitati ad ubbidire agli
ordini dei
propri generali; diverso era stato il destino dei più fidi
sostenitori dello
zio, che il nuovo regnante aveva fatto arrestare e condurre nelle
prigioni
della rocca.
Dinanzi
alla popolazione dei telmarini, che si era radunata in fretta e furia
nella
piazza centrale della cittadella sorta attorno al castello, sul capo di
Caspian
fu posata la corona che Cornelius, il mentore che lo aveva cresciuto e
guidato
fin da bambino, aveva recuperato una volta potuto rimettere piede a
palazzo.
Si
trattava di un fine lavoro d’oreficeria che solamente i nani,
maestri di
quell’arte, avrebbero potuto eguagliare: sottili
ramificazioni del tutto simili
alle regali corna dei cervi di montagna s’intrecciavano
attorno alla struttura
sottile del cerchio, forgiato nell’oro bianco e impreziosito
da minuscoli
rubini incastonati ad intervalli regolari lungo la circonferenza.
-Questa
corona vi appartiene, mio Sire.- aveva detto l'insegnante, emozionato,
quando
il giovane Re gli aveva domandato da dove provenisse quell'oggetto.
-L’ho
forgiata io stesso molti anni fa, per il re che sareste diventato.-
La
gioia e la commozione che si erano accese nelle iridi d'ossidiana di
Caspian
erano state il ringraziamento più sincero e profondo che
Cornelius avrebbe mai
potuto desiderare.
Era
stato proprio Peter, sotto lo sguardo benevolo di Aslan, a porre quella
semplice corona sui capelli del suo successore: e l’intera
Telmar aveva
esultato quando la moglie di Miraz si era fatta avanti per donare al
nipote il
mantello di pelliccia, simbolo di regalità, che era stato
prima del cognato e
poi del marito.
Le
Figlie di Aslan avevano presenziato alla cerimonia solamente durante
l’atto
finale, il più importante: accanto al padre avevano
rappresentato le creature
magiche che si erano prudentemente tenute lontane da quel grande
assiepamento
di umani, perché Cornell aveva intelligentemente preferito
tenere le truppe con
sé, nel cortile interno della rocca e lungo i costoni
rocciosi che segnavano
l’inizio del pontile che vi conduceva. Le Figlie, consce
dell’instabilità che
poteva venire a crearsi fra narniani e telmarini, avevano raggiunto il
centauro
non appena era stato loro possibile, aiutando così a
mantenere calmo e sereno
l’umore di quelle creature tutt’altro che abituate
a convivere con gli umani.
I
narniani avevano atteso pazientemente che il loro nuovo Re venisse
incoronato
secondo le usanze del popolo che, da quel momento in avanti, avrebbe
smesso di
cacciarli e avrebbe lentamente cominciato ad accettarli come parte
integrante
di quel nuovo, strano e meraviglioso regno: ed ora la loro
pazienza stava
per essere premiata, si disse Mirime, vedendo il corteo che
precedeva il Re
comparire oltre la linea curva della strada in salita.
Le
persone – uomini, donne, bambini – sciamarono sulla
piazzetta che precedeva il
pontile come un’onda marina si sarebbe allargata sulla sabbia
fine delle
spiagge di Cair Paravel: in molti sussultarono nel vedere i narniani
disposti
lungo i terrapieni, ma la presenza di quelle quattro donne, che avevano
visto
accanto al Re sino a pochi istanti prima e che conoscevano ormai di
fama, li
rassicurò.
Caspian
comparve qualche attimo dopo, quando la folla che lo circondava si
allargò:
montava il suo fidato Destriero, strigliato accuratamente per
l’occasione e
bardato con finimenti appena usciti dalla bottega del mastro sellaio,
ed
indossava il mantello reale sopra una semplice casacca bianca ricamata
in
verde. La corona, fra i suoi folti capelli scuri, risaltava come la
Luna piena
spicca nel cielo terso e scuro della notte: gli donava,
pensò Siria,
sorridendogli appena quando lui la guardò.
Aslan
– apparso chissà come – e le sue Figlie
attendevano il nuovo Re sulla soglia
del ponte. Aysell avrebbe dovuto essere accanto a sua sorella, che
cavalcava
elegantemente al fianco del cavallo baio montato da Peter, ma aveva
preferito
anteporre il proprio dovere di Guardiana a quello di sorella di una
sovrana;
Aaron e Caleb erano appena dietro i roani di Lucy e di Susan, ed Edmund
era
riuscito a tirarsi Tara in sella, ignorando le sue proteste e il suo
imbarazzo.
Talia
ridacchiò, divertita, quando vide la piccola bionda
rivolgere un’occhiata di
fuoco al più giovane dei maschi Pevensie: Edmund
non l’avrebbe passata
liscia, sembrava dire lo sguardo di Tara, ma la
mezz’elfa era certa che, in
qualche modo, sarebbe riuscito a farsi perdonare.
Il
Re di Narnia e di Telmar diede dolcemente di speroni al proprio
destriero,
distanziando il resto del corteo e avvicinandosi alle quattro
fanciulle; il
cavallo, riconoscendole, nitrì
contento
e allungò il muso verso Talia per farsi coccolare
– il suo cavaliere, tuttavia,
aveva occhi solamente per la guerriera dai capelli rossi che, accanto
alla
mezz'elfa, lo guardava con orgoglio e commozione pari solamente alla
fierezza
intrinseca del suo stesso carattere.
La
giovane strega si lasciò inconsciamente attrarre da quello
sguardo, dalla
silenziosa chiamata che vedeva rilucere nel volto del suo amato,
accostandosi
al fianco dell’animale nel medesimo attimo in cui Caspian si
sporse per
sollevarla, con grazia, traendola in sella e fra le sue braccia.
Siria
sgranò gli occhi, stupita dal gesto tutt’altro che
convenzionale di Caspian, ma
non protestò; si limitò a lasciarsi sfuggire una
risata nervosa per mascherare
l’imbarazzo, assottigliando appena le palpebre per scoccare
al suo Re
un’occhiata divertita.
-Stai
giocando col fuoco, lo sai?- gli sussurrò
all’orecchio, inarcando un
sopracciglio e accennando appena al corteo che li precedeva.
Caspian
però le rispose con quel sorriso spigliato e sicuro che lei
aveva imparato ad
amare, socchiudendo gli occhi nel profumo familiare dei suoi capelli e
avvicinandosi, così, alla pelle eburnea della fanciulla.
-Dovrei
aver paura di bruciarmi?- insinuò, ironico, avvertendola
rabbrividire, sotto il
suo respiro, in quel modo delizioso che lui adorava.
Siria
ridacchiò di nuovo, approfittando di quell’istante
d’effimera intimità per
lambire le sue labbra con un bacio leggero, delicato, quasi fuggevole.
-Mai.-
§
I
fasti telmarini, a parer di Siria, avevano sempre avuto una sola
caratteristica
positiva: l’assembramento degli abitanti della rocca nelle
sale dei ricevimenti
e l’agitazione della servitù davano libero accesso
ai ladri ai piani superiori,
dove era sempre facile raccogliere un ricco bottino approfittando
dell’assenza
dei regnanti… parteciparvi, però, era
una grandissima fregatura.
Talia,
che aveva colto il suo pensiero, si lasciò sfuggire una
risata che subito
soffocò nel tovagliolo.
“Mi
sto annoiando a morte.” il
pensiero tediato di Aysell, rivolto a tutt’e tre le sue
sorelle, distrasse le
fanciulle dall’apatia indolente in cui erano sprofondate
quando anche le facezie
dei giullari e le melodie dei cantori si erano fatte borbottate e
assordanti
come il vociare dei convitati che gozzovigliavano allegramente attorno
a loro.
“Siamo
in quattro, credo.” la voce di Mirime vibrò
nelle menti
delle Figlie con la leggiadra turbolenza di un temporale estivo; Siria
e Talia
si scambiarono uno sguardo perplesso, un po’ turbate dal
nervosismo quasi
palpabile che avvolgeva l’animo della solitaria pleiade.
Il
grande e fastoso convivio in onore dell’incoronazione di
Caspian, organizzato
ad una velocità impressionante dai sovrintendenti di
palazzo, durava ormai da
quasi cinque veglie ininterrotte; la notte era sorta in un tripudio di
stelle
ardenti e luminose come nessuna di loro avrebbe mai pensato di poter
scorgere,
ma erano state incastrate in quel banchetto dal loro rango e dallo
sguardo
ammonitore che Caspian e Peter avevano rivolto loro:“voi
siete le eroine di
Narnia, non potete assolutamente mancare! Sarebbe uno
scandalo!”, aveva
detto il biondo a Mirime – l’unica delle quattro
che non desiderasse ucciderlo
seduta stante –, e nessuna di loro era stata in grado di
negare quella scomoda
verità.
Siria
sbuffò, contrariata.
Peter
e Shaylee si erano eclissati almeno un’ora prima,
abbandonandole in balìa di
quegli uomini gretti ed insopportabili che imbarazzavano Aysell,
irritavano
Mirime e provocavano una bizzarra ilarità in Siria e Talia
quando rammentavano
di averli ripuliti dei loro beni più preziosi ben
più di una volta.
Anche
le due Regine del Passato, Susan e Lucy, si erano educatamente ritirate
prima
che l’ora divenisse sconveniente per due dame perbene,
portandosi dietro anche
Tara – misteriosamente, però, Aaron era scomparso
appena dopo di loro…
Caleb
era rimasto stoicamente accanto a Talia, ma dalla sospetta
opacità dei suoi
solitamente limpidi occhi celesti sembrava irrimediabilmente avviato
verso il
beato oblio degli ubriachi.
Caspian,
invece, non aveva quasi toccato il vino e l’idromele che
molti degli invitati
avevano largamente apprezzato, e così anche Edmund; i due
bruni sedevano l’uno
accanto all’altro, intrattenendo amabili conversazioni con i
tanti lord, conti
e marchesi presenti e dimostrandosi due ospiti squisiti ed eccellenti.
Siria
si lasciò scappare un sorrisetto nel vederlo massaggiarsi le
tempie, tradendo
la stanchezza che certo doveva provare.
Era
bello, il suo Caspian, ma adesso non aveva certo bisogno di lei.
“Ce
la diamo a gambe?” propose quindi alle tre amiche
che,
con un sussulto, si drizzarono sugli scranni intarsiati a loro
riservati e si
volsero all’unisono in direzione della rossa – e
lei poté chiaramente
distinguere il sorriso trionfante fiorire sulle labbra di Talia.
“Sono
con te, sorella!”
Ridacchiando
fra sé per via della reazione dell’amica, Siria si
allungò delicatamente verso
Caspian, approfittando di un momento in cui non era impegnato con un
qualche
nobile sconosciuto e ubriaco.
Il
giovane Re si concentrò immediatamente su di lei,
rivolgendole un sorriso
stanco ma meravigliosamente tenero e dolce; la strega
arrossì ma non si
scompose, sapendo di essere osservata più o meno da una
trentina di paia
d’occhi annebbiati dall’alcool, accarezzando in
punta di dita il dorso della
mano del ragazzo.
-Possiamo
ritirarci senza dare vita ad una guerra diplomatica?- gli
sussurrò
all’orecchio, piano, in modo che nessuno salvo lui potesse
udirla. -Siamo tutte
esauste, Caspian.- aggiunse, sospirando teatralmente e soffocando uno
sbadiglio
palesemente esagerato.
Caspian,
che conosceva estremamente bene ogni singola sfumatura
d’ironia su quel volto
affilato, sorrise.
-Non
sei brava a mentirmi, Sir.- rispose, divertito, sfiorandone la linea
arcuata
dello zigomo prima di scostarsi un poco da lei. -Mia cara, spero di non
arrecare offesa a te e alle tue illustri compagne chiedendoti umilmente
di
lasciare noi lord a disquisire della politica in privato.-
declamò, alzando la
voce quel tanto che sarebbe bastato per attirare l’attenzione
degli avventori.
Siria
inarcò un sopracciglio, lanciando un’occhiata
scettica alle numerose prostitute
che ronzavano attorno ai nobili telmarini – forse
non era una buona idea
andarsene, dopotutto…
-Purtroppo
non tutti si sentono a loro agio in presenza di creature della vostra
levatura
e della vostra… giovane età.-
aggiunse il Re, celando una risata quando
vide Aysell rizzarsi a sedere, punta sul vivo, pronta a ribattere che lei
era tutto fuorché giovane; Mirime, più accorta
della bionda, le tappò
bruscamente la bocca per impedirle di rovinare tutto, mentre Caspian si
alzava
per inchinarsi in direzione di Siria. -So che ti spezzerà il
cuore, ma vi dispiacerebbe
ritirarvi?- le domandò, galante come un perfetto lord
d’altri tempi,
rivolgendole un occhiolino di sottecchi.
Siria,
prendendo un lungo respiro che le trasmise una piacevole senso di
costrizione
da parte del corsetto, porse una mano al ragazzo e gli permise di
rivolgerle un
raffinato baciamano.
-…mio
Re, non preoccuparti. Posso capire il bigottismo di taluni individui,
non è un
problema.- replicò a voce alta, accennando un mezzo sorriso
che quasi fece
soffocare Edmund nel boccale di sidro.
Caspian
ridacchiò fa sé, sentendo alcuni degli ospiti
imitarlo e scorgendoli lanciare
un’occhiata ammirata a Siria – anche
troppo ammirata, forse… avrebbe
dovuto convincerla ad abbandonare le vesti di guerriera per quella
sera,
decisamente troppo attillate a suo parere, ma sia
lei sia le sue
compagne avevano rifiutato quella protesta ed erano rimaste abbigliate
come più
preferivano.
Permettere
loro di ritirarsi era una scelta conveniente, sì: non voleva
causare
spargimenti di sangue perché qualche conte ubriaco aveva
rivolto un qualche
complimento un po’ troppo spinto ad una delle Figlie di Aslan.
Le
tre sorelle di Siria si alzarono immediatamente, rivolgendo inchini a
profusione – Talia ridacchiò quando vide Edmund
rivolgere loro uno sguardo
invidioso ed implorante – ed allontanandosi quasi subito.
Caspian
però trattenne Siria per qualche istante, cingendole
repentinamente la vita con
un braccio e premendola con forza contro al proprio torace; le iridi
blu della
giovane si allargarono di sorpresa e desiderio quando le dita abili del
giovane
risalirono la sua schiena in una lenta scalata al piacere che la fece
rabbrividire, frustrata dalla forzata distanza che avevano mantenuto
durante
tutta la serata.
-Per
stanotte ti lascerò fuggire, ma non prenderla come
un’abitudine.- le mormorò,
suadente, sulle labbra, assaporando il fiato caldo e frizzante della
giovane.
-Avrai
molte notti per tentare di prendermi.- replicò lei, languida
ed innamorata come
mai, prima di scostarlo malvolentieri da sé e sciogliere
quell’unico abbraccio
che potevano permettersi in pubblico.
Si
voltò, sentendo il cuore stringersi al pensiero di quanto
avrebbe desiderato
averlo tutto per sé, sforzandosi di sorridere quando
raggiunse le sue amiche e
le guidò attraverso il dedalo di corridoi che avrebbe
portato al giardino e, in
seguito, alla libertà.
-Benvenute,
ragazze.-
Seguendo
la magia che palpitava in tutta Narnia quella notte, le Figlie di Aslan
avevano
abbandonato di nascosto la rocca e si erano dirette verso il bosco poco
distante, approfittando dell’abilità di Mirime per
nascondersi alla vista.
Il
suono della musica pulsante e densa di significati arcaici e misteriosi
le
aveva attirate verso un’ampia radura illuminata quasi a
giorno dalle numerose
torce sparpagliate un po’ ovunque; attraversando il sentiero
sterrato avevano
incontrato le creature più disparate, dalle affascinanti
driadi ai satiri più
lascivi, ma nello spiazzo erboso si era raccolto un numero
impressionante di
narniani.
-Hanno
dato festa senza invitarci.- commentò Talia, divertita,
accettando un calice di
idromele da parte di un fauno che, rispettoso,
s’inchinò profondamente al loro
cospetto prima di lasciarsi trascinare da una ninfa in un ballo
decisamente
poco casto e puro.
-Cornell!-
chiamò Siria, illuminandosi quando riconobbe il condottiero
poco lontano da
loro.
Il
centauro le raggiunse subito, sorridendo quando la rossa gli si
avvicinò di
corsa e lo abbracciò con trasporto, ricambiando
affettuosamente la stretta.
-Siamo
fuggite da palazzo.- gli spiegarono, divertite, e lui rispose con una
risata
piena e tonante che trasmise a tutt’e quattro una sottile,
eppure palpabile,
euforia.
Non
avevano mai visto Cornell tanto rilassato, né i narniani
così ebbri di felicità
e di gioia: la guerra era finita davvero,
compresero, sentendo quella
estatica verità vibrare nell’aria e nei loro
spiriti.
-Non
è stata una cattiva idea.- annuì il centauro,
orgoglioso, battendo
imperiosamente le mani in direzione dei musici alle proprie spalle.
-Musica,
amici fauni! Questa notte appartiene alla rinascita di Narnia!-
ordinò a pieni
polmoni, strappando una risata alle due ninfe prima che Siria e Talia
le
trascinassero entrambe nel centro della radura, dove i satiri e le
driadi si
erano già lanciati in un ballo sfrenato che, presto, le
trascinò via sull’onda
del ritmo pulsante della musica.
Nessuna
di loro avrebbe mai ricordato distintamente gli avvenimenti di quella
notte: le
note e la magia si erano mescolate nelle voci di soprano e di contralto
di
Aysell e di Siria, e Talia aveva guidato tutte quante in una danza
intensa e
irrefrenabile che aveva coinvolto persino la tanto ritrosa Mirime.
Del
ritmo dei tamburi, dei flauti e dei liuti che avevano suonato
incessantemente
fino all’alba le Figlie di Aslan avrebbero rammentato
solamente la gioia esplosiva
che le aveva travolte, sopraffacendo i loro sensi – annebbiati
dal sidro e
dal vino – e la loro memoria.
Narnia
era rinata, quella notte, assieme a loro; e loro, finalmente, potevano
chiamarla di nuovo casa.
Fu
Caspian, il mattino dopo, a ritrovare le Figlie di Aslan in quella
radura dove
la maggior parte dei narniani presenti era rimasta a dormire
all’addiaccio.
Il
giovane Re, sorridendo, smontò da Destriero e si
avvicinò alla piccola alcova
formata dalle radici di una quercia dove le quattro ragazze si erano
rifugiate:
Mirime dormiva con la testa posata sul ventre di Siria, mentre Aysell
le si era
accoccolata accanto e stringeva al petto il suo braccio destro; Talia,
invece,
si era appallottolata fra i lunghi capelli rossi dell’amica,
acciambellandosi
come un micio in quel mare scarlatto.
Abituata
a non abbandonarsi mai completamente al sonno, Siria si era destata al
suono
familiare degli zoccoli del cavallo; i suoi occhioni blu erano limpidi
quanto
il cielo terso che splendeva oltre le chiome degli alberi, ed il
sorriso che
rivolse al giovane fu tenero e affettuoso come l’abbraccio
della rugiada sui
fiori appena dischiusi.
In
silenzio, per non svegliare le amiche, la bella strega
scivolò via dai loro
abbracci e si alzò, spazzolandosi gli abiti con un gesto
prima di poter – finalmente
– correre dal suo uomo e abbandonarsi
nell’abbraccio che stava aspettando
solamente lei.
-Non
hai idea di quanto t’invidio.- le sussurrò nei
capelli, stringendola a sé e
chiudendo gli occhi in quel morbido falò spettinato. -Mai
più fasti del genere,
mai più.- aggiunse, sentendo la sua risata vibrargli in gola
quando Siria gli
si accoccolò addosso, affettuosa come un gattino.
-Mi
sei mancato.-
-Come
l’aria.- annuì il giovane, riempiendosi i palmi di
quel viso meraviglioso e
lambendo quella bocca, finalmente, con un bacio.
La
ragazza rabbrividì, estasiata, sorridendo e tirandolo
giocosamente verso di sé
per approfondire quel contatto – aveva agognato
così tanto il profumo, il
sapore di Caspian…
-…parliamone.-
Una
voce impastata di sonno risuonò improvvisamente alle spalle
della rossa,
facendo sussultare il Re e scoppiare in una sonora risata la strega;
voltandosi, Siria trovò una Mirime torva e ancora
mezz’addormentata ad
osservarli, con in volto l’espressione di un gufo arruffato
costretto ad una
scomoda veglia diurna.
La
pleiade si massaggiò le tempie, seccata, scoccando uno
sguardo di rimprovero ad
Aysell e a Talia, anche loro svegliate dai turbolenti e rumorosi
pensieri che Siria non era riuscita a trattenere in presenza di
Caspian. -La
mia testa…- mugugnò, maledicendo le tre amiche
che l’avevano convinta ad
ingurgitare una quantità spropositata di idromele e di sidro.
-Esattamente
da quanto tempo non ti concedevi una bella sbornia, Mirime?-
ridacchiò la
mezz’elfa che, in virtù del suo sangue
semi-immortale, possedeva l’invidiabile
qualità di riprendersi dagli stati di ubriachezza molto
più velocemente
rispetto a chiunque altro.
-Almeno
una decina di secoli.- fu la serafica e tagliente risposta della ninfa
dell’aria.
Aysell,
ancora confusa dalla notte di bagordi, si sfregò i grandi
occhi grigi con il
dorso delle piccole mani, domandandosi fra sé perché
Caspian aveva avuto
la deprecabile idea di amoreggiare con Siria a quell’ora
indegna del mattino.
La
suddetta strega, perplessa, le studiò tutt’e tre
con un cipiglio
sorprendentemente serio, incrociando le braccia sul ventre e dedicando
ad
ognuna di loro un’espressione profondamente delusa.
-Dobbiamo
seriamente trovare un modo per evitare questa cosa, non è
possibile che se voi
bevete mi ubriachi anche io.- fu la sentenza che declamò
qualche attimo più
tardi, serissima – apprezzando, per la prima volta nella
vita, l’infondatezza
del proverbio che decantava le proprietà assassine degli
sguardi.
-Ossia?-
domandò educatamente Caspian, distogliendo la rossa dal non
molto avveduto
proposito di scatenare reazioni omicide nelle sue adorabili
sorelline.
La
ragazza, docile, gli rispose immediatamente, approfittandone per
tornare a
farsi coccolare da quelle braccia che – lo sapeva
bene – avrebbe
potuto solamente immaginare per molto tempo a venire.
-C’è un legame mentale
che condividiamo, ed ora che siamo tutt’e quattro vicine
è più forte di quanto
pensassi… loro hanno bevuto e io ho risentito della loro
sbornia.- gli spiegò,
ridacchiando in risposta ad un qualche indignato pensiero rivoltole
dalle sue
amiche. -Io sono fatta di fuoco, Caspian. Lo spirito brucia subito, e
di
conseguenza io non potrei… beh, ubriacarmi.- aggiunse,
stringendosi nelle
spalle.
Lui,
per tutta risposta, le avvicinò il volto al proprio e
sorrise, malizioso.
-Vorrà
dire che troverò altri modi per irretire i tuoi sensi.-
bisbigliò in tono
lascivo, ma subito la replica seccata di Talia gli fece comprendere quanto,
esattamente, la sua adorata Siria fosse
incapace di tenere a
freno le proprie emozioni.
-Ma
guarda che ti basta un’occhiata e quella si scioglie,
principino perverso!-
§
L’estate
volgeva ormai al termine, ma il regno di Caspian sembrava essere
sbocciato in
una repentina fioritura fuori stagione.
In
quei primi giorni di governo, decisivi per imporre sin da subito la sua
autorità, Caspian aveva attuato diverse riforme in favore
del popolo e
pianificato altrettante mosse diplomatiche e belliche, in modo da
dimostrare
sin da subito quanto coesa e determinata fosse la nuova guida di quel
paese
neonato.
Aveva
inviato Susan e Lucy, scortate da Aaron e da alcuni narniani scelti da
Cornell
in persona, nei paesucoli e nei villaggi, abitati dalla gente povera e
affamata
che il governo di Miraz aveva sempre trascurato: le Regine avevano
portato
viveri, beni di prima necessità e cerusici, conquistandosi
in breve tempo
l’amore profondo ed incondizionato di un popolo che mai prima
di quel momento
aveva visto un regnante scendere fra il volgo per distribuire pane,
dolci e
coperte di lana.
Appena
dopo i festeggiamenti e l’incoronazione, Shaylee si era detta
pronta per
insediarsi alla corte nel Regno delle Naiadi; e così aveva
fatto, lasciando la
rocca il mattino seguente al convitto, in compagnia di Peter che,
tuttavia, non
aveva potuto rimanerle accanto durante la delicata fase del lutto
indetto dalla
sua compagna in memoria di Mairead, perché la sua presenza
era stata richiesta
altrove.
Nonostante
Aslan avesse nominato Siria Generale – un
titolo ampiamente meritato,
secondo Caspian –, il giovane aveva preferito tenerla con
sé a corte assieme
alle sue sorelle; Aslan stesso, rimasto a Narnia dopo il termine della
battaglia, si era detto concorde con il giovane regnante: le sue Figlie
erano
creature troppo in vista, ancora troppo sconosciute da parte degli
umani, per
permettergli di assumere immediatamente il ruolo che spettava loro in
quella
struttura governativa che andava rinsaldandosi di giorno in giorno.
Questa
decisione aveva scatenato tutta una serie di discussioni che Caspian
aveva
cominciato a paventare più di qualsiasi altro dilemma
politico: cercare di
tenere buone Siria e Talia, abituate com’erano a vivere in
mezzo alle foreste e
senza alcun dogma di palazzo, si era rivelato più arduo di
quanto potesse
sembrare, ed era stato solamente grazie all’influenza
benevola che Mirime
esercitava su di loro che era riuscito a chetarle almeno un poco.
Aysell,
assieme alla sorella, si era recata nel regno delle ninfe per
partecipare al
cordoglio privato che le naiadi avevano l’obbligo morale di
osservare nei
riguardi delle figure importanti com’era stata quella di
Mairead. Tuttavia, la
sua permanenza laggiù era stata breve e sofferta: dopo pochi
giorni, infatti,
la Guardiana era tornata al castello telmarino, riunendosi con sollievo
alla
sua famiglia.
Edmund,
invece, non si era spostato da palazzo nemmeno una volta: lui e Caspian
avevano
passato lunghe ore negli archivi reali, stilando
un’importante lista di nomi
relativi alla politica telmarina – diplomatici
archeniani, conti di Ettins,
signorotti locali, tarkaans calormeniani, latifondisti telmarini e
molto altro
– e schematizzando, un po’ a fatica,
l’enorme e complessa mole di creature
magiche che avrebbero dovuto contattare e con cui, si sperava,
avrebbero
instaurato presto un rapporto di fiducia reciproca.
Tara
non si era mai separata dal più giovane dei maschi Pevensie,
dando prova di
notevole pazienza quando le ore passate sulle pergamene si erano
dilatate
durante le giornate; era stato proprio grazie a lei che le Elementali
di Narnia
erano riuscite a scoprire che Caspian ed Edmund stavano organizzando un
grandioso evento mondano a cui tutte le più alte cariche di
Narnia – umane e
narniane – e dei regni limitrofi sarebbero state
invitate, e avevano
compreso che la loro presenza sarebbe stata determinante in quel gioco
politico
da cui il giovane Re sembrava essersi lasciato completamente assorbire.
Siria
soffriva quella situazione più di quanto desse a vedere:
l’etichetta di corte,
essenziale in un momento di transizione tanto delicato, imponeva a lei
e a
Caspian una casta distanza che, avendo vissuto per quasi un anno come
un’anima
soltanto, la rendeva estremamente irosa ed intrattabile.
La
moltitudine di cortigiane, servitori e sovrintendenti che abitava al
castello,
inoltre, le rendeva la vita praticamente impossibile, e lei ricambiava
quell’antipatia con tanto entusiasmo da aver già
causato diverse rimostranze
degli esasperati maggiordomi davanti al Re.
Per
tentare di impedire che il carattere focoso della sua amata causasse
presto
qualche serio incidente diplomatico, Caspian aveva preso
l’abitudine di farla
presenziare durante le udienze e le riunioni a cui partecipava: si
trattava di
una scelta ragionata poiché, presto, avrebbe fatto in modo
che Siria occupasse
quel ruolo di Generale che le spettava di diritto – ed in
qualche modo doveva
aiutarla ad inserirsi in quel mondo di cui lei non sapeva assolutamente
nulla.
Siria
aveva accettato con sollievo quella decisione – se
non altro, si era
detta, avrebbe almeno potuto passare del tempo con Caspian
–, e l’invito
di Caspian era stato ovviamente esteso anche alle sue sorelle: non
avendo nulla
di meglio con cui occupare le loro giornate, le fanciulle avevano
accettato ben
volentieri quella novità.
Una
manciata di giorni dopo l’incoronazione, quando nella reggia
l’abitudine a
quella nuova sovranità aveva soppiantato la sensazione di
novità, Caspian
convocò in una delle sale più piccole –
quella che utilizzava come studio
privato – due delle poche persone a lui gradite in quel
ultimo periodo.
-Aaron,
Caleb.- salutò i due guerrieri quando entrarono nella bella
stanza dalle
vetrate a piombo, sospirando e rivolgendo loro un’occhiata
amichevole ma
profondamente esausta.
Siria,
alle sue spalle, si permise di sciogliere la posizione dritta e
compìta che
teneva durante le riunioni ufficiali e gli si avvicinò,
accogliendo
amorevolmente fra le dita la mano che Caspian aveva istintivamente
allungato
verso di lei.
Mirime
ed Aysell non erano presenti: si erano allontanate dalla reggia per
raggiungere
la torre in cui avevano vissuto per secoli e trasportare a palazzo
tutti i
propri effetti, ed il loro ritorno era atteso entro poche ore.
Talia
invece sorrise, felice, sparendo dallo scranno su cui si era
accoccolata per
riapparire al fianco di Caleb; il biondo rise a sua volta, arruffandole
i
capelli con tenerezza e cingendo morbidamente il suo corpo esile col
braccio
muscoloso.
Entrambi
gli ex mercenari indossavano i tipici capi di vestiario che ci si
aspettava di
vedere addosso agli uomini di un Re narniano: lunghe tuniche
intrecciate sui
fianchi asciutti, spessi calzoni di pelle e stivali al ginocchio, il
tutto nei
colori neutri – grigio e nero – dei soldati.
Caspian,
grato di trovarsi in presenza di qualcuno davanti a cui non avrebbe
dovuto
mostrarsi come Re ma solamente come ragazzo, si abbandonò
pesantemente sullo
schienale della propria seduta, accettando con profonda gratitudine il
tocco
caldo e familiare di Siria sulle tempie e fra i folti capelli castani.
-Ho
bisogno di messaggeri fidati alle corti di Archen e di Calormen.-
spiegò
stancamente, schiudendo gli occhi per rivolgersi ad Aaron. -Susan
è già stata
alle corti di Calormen, e non sono cambiate molto da quando era lei a
regnare.
Ho bisogno che i tarkaans si presentino qui e che vedano la forza di
Narnia.-
aggiunse, ed il rosso annuì: da sempre, Calormen era stato
il regno più ostile
a Narnia ed i suoi governatori, i tarkaans, erano famosi per la propria
disonestà e per i continui tentativi di sforare i confini
per appropriarsi di
terre non loro.
Talia,
che aveva colto un’altra parte dell’affermazione di
Caspian, si volse nella sua
direzione.
-Conosco
gli archeniani e i loro costumi, Caspian. Da loro posso andare io.-
affermò,
sicura: durante i suoi lunghi peregrinaggi, infatti, aveva vissuto a
lungo alla
corte di un signore di Archen e aveva imparato a destreggiarsi fra le
politiche
più disparate.
-Non
da sola.- fu l’istantanea replica di Caspian, che scosse
vigorosamente la testa
davanti a quella proposta; ma, prima che Talia potesse protestare,
continuò:
-So che sei perfettamente in grado di difenderti e non ho intenzione di
insultare la tua indipendenza, Tallie…- affermò,
con la voce pacata e calma di
un domatore di belve feroci. -…ma Caleb è umano e
appartiene alla mia corte. È
diplomaticamente più corretto che sia lui a portare il mio
invito.- le spiegò,
accennando al biondo con un gesto elegante della mano.
Caleb,
che conosceva bene la sua compagna e sapeva come sedare i suoi scatti
d’ira,
posò le mani sulle spalle esili della mezz’elfa e
la trattenne dolcemente
contro di sé quando lei fece per avanzare, infuriata, verso
Caspian.
-Questo
non implica che debba andare solo.-
Siria,
accanto al bruno, si lasciò sfuggire una risata quando vide
l’espressione
oltraggiata di Talia addolcirsi repentinamente in un sorriso che, in
uno
sprazzo d’incredulità, mutò in una
risata.
-Hai
già imparato a parlare come un politico, principino.-
§
Talia
tornò da Archen una manciata di giorni più tardi,
profondamente soddisfatta dai
risultati che era riuscita ad ottenere presso le corti di quel regno
d’eterna
primavera a cui tanto si era affezionata secoli prima: i signori di
quel paese,
governato democraticamente da un concilio che comprendeva tutti i lord
delle
varie regioni indipendenti, avevano accolto l’elezione di
Caspian con grande
entusiasmo, assicurando che sarebbero stati presenti al gran ballo di
gala
previsto per la fine del mese in corso – quel ballo
che avrebbe stretto
alleanze e appianato dissapori, dipingendo nei fruscii dei merletti e
delle
sete lo splendore della corte del Re.
Pochi
giorni prima di quell’evento – che Siria e Mirime,
entrambe di natura
profondamente schiva, paventavano come non avevano temuto nemmeno la
guerra –
Caspian si trovava nella sala del trono, seduto sullo scranno che era
appartenuto al padre, in attesa dell’uomo che aveva
singolarmente chiesto
udienza con il Re.
Le
guardie di palazzo scortarono il prigioniero, con delicatezza, sotto lo
sguardo
impenetrabile e gelido delle Figlie di Aslan al completo; Caspian,
tuttavia, lo
osservava con il medesimo rispetto che aveva rivolto alla sua persona
per tutta
la vita.
L’uomo
in catene s’inginocchiò, senza che nessuno glielo
ordinasse, ai piedi della
piattaforma sopraelevata che ospitava il trono, chinando umilmente la
testa
dinanzi al signore di Narnia.
-Mio
Re.- salutò colui che era stato il Primo Generale delle
truppe di Miraz,
catturato senza spargimenti di sangue subito dopo la battaglia di
Beruna: lord
Glozelle di Telmar.
-Glozelle.-
replicò Caspian, tranquillo e pacato come sempre,
invitandolo silenziosamente
ad alzare lo sguardo verso di lui.
Glozelle
ubbidì immediatamente, stupito da tanta gentilezza,
rabbrividendo però quando
scorse la figura inconfondibile della Strega Rossa in piedi accanto al
trono.
Siria,
bella e algida come la statua di un’antica
divinità guerriera, presenziava
silenziosamente alle spalle del suo Re; al suo fianco c’era
la ninfa dai
capelli neri, eterea ed impassibile, e poco discoste scorse anche la
mezz’elfa
e la naiade bionda.
-Hai
chiesto di essere ricevuto come ospite e non come prigioniero.
Perché?- gli
domandò il Re, attirando nuovamente la sua attenzione.
Glozelle
accennò ad un sorriso mesto, sostenendo lo sguardo
indagatore del ragazzo.
-Penso che tu conosca la risposta alla tua domanda, mio Re.-
-Ti
ho visto affrontare Caspian, in battaglia.- intervenne Siria, ignorando
lo
sguardo ammonitore che le venne rivolto dalle guardie che stanziavano
accanto
al portone.
Glozelle,
però, si rivolse a lei con la medesima deferenza con cui
aveva parlato a
Caspian.
-Non
avrei mai ucciso il mio principe, Generale.- le spiegò,
riferendosi a lei con
il titolo che Aslan le aveva assegnato e che in molti, ancora,
dimenticavano di
associare a lei. -Come lei, Generale, ho giurato di servire il mio Re.
Posso
essere condannato per aver ubbidito agli ordini di Miraz, che era il
mio
signore?-
A
quella domanda, turbata, Siria non seppe rispondere.
Mirime
le accostò il volto all’orecchio, approfittando
della sorpresa dell’amica. -Non
c’è bugia nella sua voce. Non posso esserne
completamente certa, ma__-
sussurrò, ma Siria la interruppe con dolcezza, alzando una
mano ed annuendo:
sapeva che Mirime, in virtù della sua natura e dei suoi
poteri, poteva cogliere
nei suoni delle voci l’impronta delle menzogne e delle
verità.
Caspian,
ignaro di quel breve scambio di opinioni, si alzò in piedi.
-Ti ho visto
esitare, in battaglia.- commentò, pensieroso.
Glozelle
era stato suo maestro d’armi per tutta la vita.
Conosceva
quell’uomo fin da bambino, e lo rispettava più o
meno da altrettanto: con lui,
figlio di un re assassinato, Glozelle era sempre stato corretto e
spesso
amichevole, dandogli talvolta l’attenzione e
l’affetto che quel bambino
solitario non aveva mai ricevuto da parte degli zii.
Sapeva
che Glozelle era un guerriero di prim’ordine, ed i soldati si
erano sempre
ciecamente fidati della sua guida e del suo giudizio: condannarlo
alla
galera poteva portare più danno che beneficio,
rifletté, perché una risorsa
come quell’uomo – di cui aveva sempre ammirato la
lealtà e la correttezza –
poteva diventare un punto di forza non indifferente nel sistema che
stava
faticosamente costruendo pezzo per pezzo.
Il
suo silenzio si dilatò nella vasta sala del trono per un
tempo che persino a
Siria, abituata com’era alle sue tacite riflessioni, parve
interminabile; alla
fine, però, il ragazzo tornò a sedersi su quel
cupo trono foriero di pensieri e
responsabilità e spostò lo sguardo su Glozelle.
-Non
posso affidarti l’incarico che avevi sotto mio zio, Glozelle,
ma posso offrire
una seconda possibilità alla tua onestà e al tuo
onore.- affermò, lentamente,
vedendo la sorpresa allargarsi nelle iridi corvine del suo
interlocutore. -Gli
uomini si fidano di te e ti ho sempre visto guidare le truppe con
saggezza e
lungimiranza; sei un guerriero formidabile, e sarebbe uno spreco
rinunciare a
qualcuno come te.- spiegò, lanciando un’occhiata
indecifrabile al Generale al
suo fianco.
Siria
però fissava il telmarino, indecifrabile.
-Farai
parte di un piccolo drappello di venti uomini, agli ordini di Peter
Pevensie.
Il vostro compito sarà di rastrellare la Landa della
Lanterna nei prossimi
giorni, alla ricerca degli ultimi sostenitori di Sopespian ancora
liberi che,
da ciò che ricordo, erano infidi e crudeli almeno quanto
lui.-
Glozelle
annuì. Conosceva gli uomini a cui si stava riferendo Caspian
e capiva la
decisione del giovane: gli uomini lo conoscevano e si fidavano di lui,
mentre
non sapevano nulla di Peter Pevensie ed in molti avrebbero protestato
davanti
ad un condottiero così giovane – ma se lui,
Glozelle, si fosse fidato dell’antico
Re e avesse mostrato quanto quel ragazzo potesse essere abile ed
intelligente…
sorrise, il telmarino, ammirato dalla classe con cui Caspian aveva
orchestrato
quelle scelte per arrivare a favorire ancor di più la classe
nobile che aveva
instaurato a Telmar.
Sarebbe
diventato un grande Re.
-Partirete
oggi stesso.- terminò il giovane, sorridendo in un modo che
gli fece intuire
quanto fosse perfettamente conscio del ragionamento che Glozelle aveva
appena
fatto.
-Ti
sono grato per la tua generosità, mio Re.-
ringraziò, chinando nuovamente il
capo in un gesto pieno di rispetto mentre le guardie avanzavano subito
per
liberarlo dalle catene.
Si
alzò finalmente in piedi, fiero e massiccio come Caspian lo
aveva sempre visto,
rivolgendo una profonda riverenza alle Figlie di Aslan.
-Mio
Generale… mie lady.- salutò, prima di seguire i
soldati che lo avrebbero
condotto verso la sua nuova missione e la sua possibilità di
redenzione.
La
tensione parve allentarsi nello stesso attimo in cui i pesanti portoni
si
chiusero alle sue spalle; Mirime si avvicinò al trono,
posando una mano sulla
spalla di Caspian e rivolgendogli uno dei suoi rari, misteriosi
sorrisi.
-Potrai fidarti di lui. È un uomo d’onore.-
Caspian
ricambiò il gesto amichevole, ma i suoi occhi cercarono
nuovamente il volto
della sua amata: sapeva che Siria stava ricordando il momento in cui il
fuoco
era esploso nel campo di battaglia, frapponendosi nel duello fra
Caspian e
Glozelle.
Ma
Glozelle non aveva più combattuto quando le fiamme lo
avevano allontanato da
Caspian.
Nel
marasma dello scontro non aveva avuto tempo di accorgersene ma,
riflettendoci,
Siria ricordò: Glozelle aveva sospirato, sollevato, nel
riverbero della magia
della Paladina del Fuoco, gettando a terra le armi ed arrendendosi al
primo
guerriero narniano che lo aveva incontrato.
-Sì.-
disse lentamente, detestandosi perché, in fondo, avrebbe
sempre provato un
certo risentimento nei confronti dei soldati che erano stati agli
ordini di
Miraz. -È un buon soldato.-
Caspian,
dal trono, sorrise.
-Siria…-
la chiamò, avvicinandola a sé quanto
l’etichetta di corte gli permetteva di
fare senza scatenare uno scandalo; la giovane accettò la sua
mano e si lasciò
attrarre a lui, sfiorando appena le gambe di lui quando il Re le
accarezzò
l’interno del polso, mentre il sorriso svaniva in
un’espressione contrita.
-…devo parlare con Peter.-
Fra
le sue dita, prevedibile, il tocco di Siria
s’irrigidì; e, nei suoi occhi,
dilagò l’inverno.
Aysell,
cogliendo il turbamento di Siria fra i propri pensieri, si
avvicinò alla rossa
e la sottrasse alla vicinanza intossicante di Caspian. -Andiamo,
Sir.
Abbiamo appuntamento con i sarti.- le ricordò, guadagnandosi
un’occhiata
confusa da parte dell’amica ed una profondamente grata da
Caspian.
Talia
e Mirime, cogliendo subito le intenzioni della piccola, si affrettarono
a
precederle verso i corridoi interni e meravigliosamente silenziosi del
palazzo.
-Potevo
restare.- mugugnò la rossa alle sue compagne, ma nessuna
delle tre diede retta
alla sua affermazione contrita, quasi trascinandola verso i piani
superiori
dove attendevano, pazienti, i sarti e le ultime misure che dovevano
prendere
per gli abiti che le ragazze avrebbero indossato al gran ballo.
Aysell
scosse la testa, ignorandola, ripensando all’ultima occasione
in cui aveva
visto Siria e Peter incontrarsi.
-Devo
farti i miei complimenti.-
Nell’usuale
confusione dell’ennesimo banchetto politico, Aysell non
riconosce subito la
persona che le ha appena rivolto la parola; si volta, incuriosita, e la
sorpresa sboccia in lei quando si ritrova dinanzi allo sguardo
imbarazzato
dell’ultimo individuo al mondo con cui pensava
d’interloquire quella sera:
Peter.
-Perché?-
gli chiede, senza capire.
Peter
accenna un sorriso, arruffandosi i capelli. -Beh,devo dire che come
obbedisci
agli ordini tu, nessuno!-
Ad
Aysell, confusa, serve qualche attimo per comprendere; ma, quando il
ricordo
vivido dell’ordine che lui le ha impartito durante la
battaglia fa capolino
nella sua memoria, si lascia sfuggire una risata divertita e annuisce,
concorde.
-Dovere.-
commenta.
Per
un istante, per un solo istante, sente che potrebbe davvero fare pace
con
l’idea di Peter e Shaylee insieme per un tempo sgradevolmente
tendente
all’infinito, perché in fondo quel biondo,
lì, non pare così stupido come
spesso s’intestardisce a sembrare.
È
solo un attimo, però.
La
naiade s’irrigidisce, irritata, quando vede le iridi azzurre
di Pevensie
scavalcare la sua figura e posarsi su qualcuno alle sue spalle,
riempiendosi
all’istante di un gelo e di una diffidenza che solamente una
persona può
provocare; la bionda si volta, spazientita, cogliendo però
solamente un fruscio
di capelli rossi e l’immagine di Siria che sparisce fra due
cortigiane ad una
velocità impressionante.
Furiosa
cerca di chiamare indietro l’amica, ma
c’è solo un ostinato vuoto là dove
solitamente avverte la presenza della strega – fa sempre
così, Sir, quando si
tratta di Peter.
-Oh,
insomma!- sbotta, lanciando un’occhiata assassina a Pevensie
e cercando
seriamente di tenere a mente che Shaylee le potrebbe rimproverare
l’omicidio di
quella stupida acciuga bionda per un tempo odiosamente lungo se lo
annegasse,
in quel momento, come tanto vorrebbe fare.
Lui
fa un passo indietro, allarmato, ma non replica: anche lui, come Siria,
si è
trincerato dietro una maschera che lascia trapelare solamente tutta la
sofferenza che sta provando nei confronti di una persona che teme di
aver
perduto per sempre.
La
Guardiana si limita a sospirare, esausta da quella tensione fra loro
che sfibra
i nervi di tutti quanti da quando la guerra è finita,
salutandolo bruscamente
per poi sparire fra la folla alla ricerca di quella dannata testona
della sua
amica.
…no,
decisamente era meglio impedire a Siria di vedere
Peter.
Pevensie non era
ancora riuscito a superare ciò che era
avvenuto alla Tana di Aslan, probabilmente, e Siria non sembrava
propensa a
lasciarlo perdere come chiunque sano di mente avrebbe fatto al suo
posto – no,
lei doveva anche rimanerci male, dannazione alla sua testaccia!
Sospirò,
rassegnata, trotterellando accanto alle amiche
mentre si dirigevano ai piani inferiori. Almeno si sarebbero distratte
un poco
con le prove degli abiti: era divertente vedere Siria impazzire davanti
alle
pressioni dei sarti e__
-Purtroppo temo
di dover sottrarre Siria a questo indubbio
piacere, ragazze mie.-
Tutt’e
quattro le giovani trasalirono, colte di sorpresa
dalla voce calda che echeggiò nel corridoio buio che avevano
appena superato;
Mirime e Talia si volsero immediatamente in quella direzione, scoccando
alla
figura apparsa dal nulla uno sguardo che poteva definirsi solo estremamente
scocciato.
Aslan era
lì, maestoso ed enigmatico come sempre; sorrise,
sereno, in risposta alle espressioni indispettite della Custode e
dell’Ancella.
-Nessun
problema!- trillò invece Siria, incapace di credere
a tanta fortuna, scivolando via dalla presa delle amiche ed affiancando
immediatamente il leone. -Non vi dispiace, vero?- chiese, speranzosa,
strappando una risata esasperata a tutt’e tre: Siria avrebbe
fatto più o meno
qualsiasi cosa per evitare gli interminabili incontri con quelli che
lei,
invece di sarti, definiva sadici figli di meretrici.
Talia le rivolse
una smorfia allegra, annuendo. -Tranquilla,
vorrà dire che chiederemo a Caspian le tue misure. Dovrebbe
averci fatto
l’occhio ormai, vero?- le chiese, maliziosa, ma Siria si
limitò a rivolgerle un
luminoso sorriso pieno di gratitudine prima di seguire Aslan nella
direzione
opposta a quella delle amiche.
Il leone, che
aveva accuratamente evitato di ascoltare
l’ultimo commento della mezz’elfa,
accennò con l’enorme testa al porticato che
conduceva alle stalle.
-Vai a sellare
Destriero. Ti aspetto ai cancelli.- le
ordinò; lei, ubbidiente, lo superò subito e
s’incamminò, ma Aslan la richiamò
indietro. -Siria? Porta con te lo scettro.-
Le
ultime carezze del Sole morente dipingevano polle dorate sulle Colline
di
Cenere – ciò che rimaneva dei dolci rilievi alla
base Monte Pire, l’ultimo
baluardo dei territori narniani.
Siria
smontò dalla sella istoriata di Destriero con delicatezza,
avvertendo il
respiro stringerle dolorosamente il petto quando lasciò
scivolare lo sguardo
sulla curva ondulata di quelle alture ancora impresse a fuoco nella sua
memoria.
Quello
era il luogo dove lei si era arresa.
Aslan
la precedette e s’incamminò verso il punto in cui,
Siria lo rammentava alla
perfezione, lei si era abbandonata – esausta,
sconfitta, perduta – non
più di una manciata di giorni prima; si affrettò
a seguirlo, correndo
nonostante sentisse le gambe indolenzite da tante ore passate a
cavallo. Per
fortuna aveva indossato i suoi soliti abiti,
rimuginò fra sé, perché non
avrebbe resistito a quella giornata di viaggio con gli stupidi abiti
che le
erano stati rifilati a palazzo… allungò
distrattamente una mano verso la
custodia che portava sulla schiena, sentendo il gelo dello scettro
sfiorarle le
dita in un tocco distratto eppure amichevole, ed istintivamente strinse
anche
la spada, intimorita dalla familiarità con cui
quell’antico manufatto si
rivolgeva a lei.
-Perché
siamo qui?- domandò, trattenendo l’affanno, quando
Aslan arrestò la propria
marcia nel punto più alto delle colline e si volse,
finalmente, a guardarla.
Sotto
di loro Siria vide che di cenere non ce n’era, ma la terra
era nera e bruciata
come il fondo di una torcia spenta.
Aslan
sospirò, socchiudendo gli occhi quando comprese che Siria
aveva riconosciuto il
punto in cui erano.
-Jadis
è stata una grande strega.- parlò, finalmente,
ignorando il sussulto della
rossa quando nominò la sua malvagia antenata. -Non ho mai
condiviso il suo modo
di agire, né ho mai perdonato le sue malefatte…
ma era una donna molto
intelligente ed altrettanto esperta nella sua magia.-
continuò, la voce che si
smarriva nei ricordi – nella malinconia di ciò che
avrebbe potuto essere e non
era stato.
-Jadis
era un mostro.- Siria si arruffò nervosamente i capelli,
cupa in volto,
stringendo nervosamente l’elsa di Kain. Aslan sorrise.
-Eppure
anche lei ha amato, una volta.- commentò, misterioso,
facendo sgranare gli
occhi alla più giovane delle sue figlie.
Mosse
qualche passo e s’avvicinò alla fanciulla,
facendole cenno di estrarre lo
scettro che aveva portato con sé; lei eseguì
immediatamente, scoccando
all’oggetto uno sguardo confuso e tormentato.
Non
voleva avere nulla a che fare con Jadis, ma sapeva che quello scettro
era in
grado di accordarsi sulla stessa musica che cantava la sua anima.
-Jadis
ha confidato nel suo scettro più che in qualunque altro
essere vivente. Vi ha
infuso la sua stessa essenza ed ogni incantesimo che ha compiuto.- le
spiegò
Aslan, paziente, vedendola rabbrividire ed allontanare il
più possibile quel
manufatto da sé. -È un oggetto malvagio, e
preferirei che tu non lo
conservassi.-
Lei
tirò un lungo respiro, grata, ma scosse nuovamente la testa.
-Non
posso nemmeno abbandonarlo. Qualcuno potrebbe appropriarsene.-
negò, mesta:
avrebbe preferito seppellire lo scettro di Jadis in una delle stanze
sotterranee del castello e dimenticarlo per sempre, ma sapeva che non
era
possibile farlo – inoltre come poteva, lei, sopravvivere
senza qualcosa che
l’aiutasse a compiere i primi passi nel mondo della magia?
Senza uno scettro
non sarebbe stata in grado di controllarsi, avrebbe finito con il
combinare
guai… per quanto odiasse l’idea, quel
compagno le serviva.
Aslan
non rispose subito alla sua obiezione. Si allontanò un poco
da lei,
passeggiando con aria assorta in quel mare di finissima cenere del
colore del
piombo, gli occhi bruni rivolti al cielo.
-In
questo luogo tu sei morta e rinata nel fuoco che Jadis ha cercato di
strappare
a Narnia molti e molti secoli fa.- disse, infine, voltandosi e
guardandola con
tanta intensità da trasmettere l’ormai familiare
sensazione di essere trafitta
da una spada. -Sei un miracolo, figlia mia.-
La
strega sussultò, arrossendo, quando quelle parole affettuose
l’avvolsero in un
calore che contrastava con il vento impetuoso che sferzava la base del
Monte
Pire.
Lei
era un miracolo…
Non
si era mai considerata nulla più di un crudele scherzo del
destino, ma gli
ultimi avvenimenti l’avevano costretta a rinunciare a quella
consapevolezza che
tanto l’aveva afflitta e tormentata da quando sua madre era
stata uccisa.
Le
fiamme che le avevano portato via Zaira, che avevano crudelmente ucciso
sua
madre e la sua innocenza di bambina, lei le aveva sempre odiate: non
aveva mai
accettato di portare in sé il fulcro dello stesso elemento
che tanto male le
aveva causato… eppure il fuoco le era rimasto accanto
nonostante lei tentasse
di estirparlo da sé, proteggendola e salvandola quando
persino lei si era
arresa alla maledizione che una magia crudele le aveva impiantato nel
cuore.
Jadis
aveva tentato di sottrarre il Fuoco a suo padre. Invano.
Lei
era l’esempio vivente del fallimento della Strega Bianca:
aveva tentato di
spingerla ad odiare se stessa, il proprio ruolo di Paladina, la propria
natura
– il proprio padre ancestrale –
per ridurla ad un semplice burattino fra
le sue mani… l’aveva dannata, le aveva imposto una
sofferenza indicibile da cui
solo la morte avrebbe potuto liberarla.
E
così era stato.
Non
era più in grado di definirsi un mostro, Siria.
Il
mostro era spirato, con lei, nel momento stesso in cui aveva preferito
sacrificare la propria vita pur di non permettere a quel demonio di
strega di
tornare a calcare il suolo di Narnia, pur di proteggere coloro che
amava; e, in
quello stesso istante, Siria aveva smesso di odiare quel fuoco che era
semplicemente sempre stato parte di lei.
-Non
ha mai avuto un sepolcro.- le sussurrò Aslan, con tatto, e
lei sorrise quando
capì che il leone aveva seguito in silenzio il corso dei
suoi pensieri, senza
intromettersi e permettendole di giungere all’unica
conclusione possibile.
Strinse
entrambe le mani sul manico metallico dello scettro, rivolgendo a
quell’entità
antica e misteriosa un saluto ed un ringraziamento per tutto
ciò che le aveva
permesso di fare, di essere, di diventare: Jadis e le sue trame, il
mostro che
lei si era portata dentro, quell’oggetto dannato che tanto
bene aveva fatto…
tutto il dolore che aveva passato le aveva permesso, finalmente, di
accettare
se stessa e di liberarsi di quelle morse che, in fondo,
l’avevano aiutata a
crescere.
-Allora
diamoglielo.- mormorò, serena.
Come
già in battaglia aveva fatto, brandì con
decisione lo scettro della Strega
Bianca e lo scagliò nel terreno dinanzi a sé,
là dove la fenice aveva
abbandonato le sue catene e spiccato il volo verso la
libertà.
I
cristalli riverberarono di un bagliore scarlatto quando la sua energia
dirompente li attraversò, diramandosi nel terreno brullo che
lo circondava.
Quasi immediatamente, rispondendo all’inconscio comando della
strega, le ceneri
si animarono e si sollevarono in decine di spire, voluttuose ed
intricate, che
salirono ad avvolgersi graziosamente attorno al fusto improvvisamente
opaco
dello scettro.
Strabiliata,
Siria osservò il calore della propria energia diramarsi in
quelle migliaia di
granelli scuri, sciogliendoli per poi saldarli attorno
all’artefatto incantato
in una delicata composizione di rovi vetrificati che, delicatamente e
senza
violenza, lo cinsero in un abbraccio da cui nessun essere vivente
avrebbe più
potuto sottrarlo.
-Cento
volte cento anni in questo posto lo purificheranno da ciò
che Jadis ha fatto di
lui.- sentenziò Aslan, pacato, e lei poté quasi
avvertire un sospiro di
sollievo provenire dallo spirito improvvisamente sonnolento e
pacificato del
bastone.
Respirò,
finalmente, anche lei. I bollenti venti di Archen, che spiravano
perennemente
attorno al Monte Pire donandogli quel nome a lei tanto affine,
lì non erano
altro che una piacevole brezza calda, così diversa dalle
prime correnti fresche
che ultimamente giungevano, di sera, al castello di Caspian.
Il
tramonto riempiva la figura imponente e frastagliata della montagna di
bagliori
rossastri, dorati e sanguigni; il Sole stava lentamente sprofondando al
di là
dell’orizzonte, avviandosi pigramente verso il mare lontano,
e la pace ed il
silenzio di quell’istante le colmarono lo spirito, sempre
inquieto, di una
quasi ascetica serenità.
-Però
ad una strega serve uno scettro, no?-
La
voce di Aslan, musicale e rilassata, non la distrasse subito da quel
momento di
contemplazione, fondendosi con naturalezza al sussurro dei venti; ma,
quando la
sua mente comprese ciò che lui le aveva appena suggerito, si
voltò.
-Cosa…-
fece per domandare, ma le parole le morirono in gola quando, dinanzi a
sé,
trovò ad attenderla la figura slanciata di un dono del tutto
inaspettato.
Uno
sfarfallio scarlatto occhieggiò giocosamente verso di lei
quando uno degli
ultimi raggi solari sfiorò la superficie liscia e levigata
di uno dei manufatti
magici più belli che Siria avesse mai visto.
Lo
scettro che era apparso al comando di Aslan – non poteva
venire da nessun altro
– avrebbe potuto essere scambiato come il fratello di quello
che Siria aveva
appena abbandonato: a differenza del primo, però, non era
composto da cristalli
ma da un legno chiaro, levigato e delicatamente istoriato nei due punti
in cui
la struttura si divideva per lasciar spazio all’impugnatura
di quello che
sembrava argento e in cui era incastonato il rubino che aveva
sfavillato nella
luce del Sole.
-…oh.-
fu tutto ciò che la raminga, attonita, riuscì a
dire.
Era
suo.
Il
cuore le batté forte nel petto quando, senza attendere un
invito, allungò le
mani e trasse al petto quell’artefatto nato per essere sia di
sostegno alla sua
magia sia come arma, dato che le estremità si
assottigliavano fino ad
inguainarsi in due punte affilate forgiate nello stesso metallo che ne
componeva il centro.
-Questo
scettro è nato dalla stessa magia che ha forgiato la falce
di Mirime, le pietre
di Aysell e l’arco di Talia.-
-Pensavo
che quell’arco le fosse stato donato da un archeniano.-
mormorò distrattamente
lei, troppo impegnata ad ammirare quel presente meraviglioso per
accorgersi
realmente di ciò che Aslan le stava dicendo.
Avvertiva
una sensazione familiare, frizzante, guizzare nel legno lucido che le
scivolava
dolcemente sotto le dita: riuscì ad identificarla solamente
qualche attimo più
tardi e allora sorrise, emozionata, sentendo strane lacrime di
commozione
salirle agli occhi senza che lei sapesse bene perché.
C’era
vita in quello scettro.
Si
riscosse un poco, alzando lo sguardo pieno di gratitudine verso il
leone mentre
si stringeva istintivamente al petto quel dono tanto apprezzato.
-Infatti.-
ridacchiò lui in risposta al suo commento di poco prima,
guadagnandosi
un’occhiata curiosa da parte della ragazza che, non per la
prima volta, si
chiese quante fossero state le volte in cui Aslan era intervenuto per
le sue
figlie senza però permettere loro di percepire la sua
vicinanza.
Avrebbe
voluto porgli altre mille domande, perché sentiva di essere
rimasta separata da
lui per troppo tempo e avrebbe desiderato colmare subito quel vuoto; ma
lui
agitò la criniera, voltando poi le spalle ai rovi di cenere
vetrificata e
facendole cenno di seguirlo.
-Avanti, ora dobbiamo fare ritorno.- la esortò, e la giovane si affrettò a correre al suo fianco, scorgendo già la folta criniera di Destriero agitarsi nel vento che spirava fra le Colline di Cenere. -C’è un gran ballo che incombe, e i sarti non attendono.-
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.My Space:
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Buonsalve a tutti! Come va? Oggi qua finalmente c'è il Sole, che scalda un po' le mie vecchie ossa intirizzite e aiuta il mio umore a non essere nero come al solito. In sostanza, oggi Peter può tirare fiato: non cercherò di ucciderlo (forse).
Questo capitolo è lunghissimo, e ci sono tantissime cose da dire al riguardo!
Caspian è tanto carino, il mio amore per lui cresce esponenzialmente ogni volta che mi ritrovo a descriverlo, a muoverlo, a farlo respirare... saranno le orecchie, ma non riesco a resistergli, è più forte di me! Nella scena dell'incoronazione mi è piaciuto parlare di lui come del Re che è diventato, non più come il ragazzo che la banda di mercenari ha rapito dieci mesi prima di quel momento. Ci sono un sacco di accenni in quel primo pezzo: Edmund e Tara (che io shippo tantissimo, sono una cosa meravigliosa), Peter e Shaylee (che avranno il loro spazio nel prossimo capitolo), Cornelius (AMATELO QUANTO LO AMO IO), Caspian e Siria. Caspian e Siria *O*
Invece le ragazze al banchetto mi hanno fatta rotolare dal ridere: sono quattro buffone, e Siria è una stronza di prima categoria xD però, in fondo, chi non avrebbe cercato di darsela a gambe da quella palla di festa?
Ah, e Cornell ha citato il titolo della fanfiction senza che io me ne accorgessi xD quando l'ho notato sono rimasta sbigottita, non era voluto però devo dire che non ci sta male come affermazione!
Per la questione dell'ubriachezza molesta e condivisa delle Figlie di Aslan mi pare che Siria si sia spiegata bene (rischiando lo scalpo), ma mi ripeto: lei non può ubriacarsi perché, essendo fuoco, brucia l'alcool prim'ancora che entri in circolo. Lo stesso non può dirsi delle altre! Solo che, non essendo molto brave a gestire quel rapporto mentale che hanno ora (e che non hanno mai avuto a questo livello di profondità) capita che Siria si senta un tantino influenzata... mi sa che dovranno trovare il modo di chiudere la mente, oppure qua non si fa più sesso per paura di essere "sentite" xD
Che ne pensate di Glozelle? Io personalmente lo adoro, per questo ho deciso di tenerlo agli ordini di Caspian: ha un futuro, quell'uomo!
Ed ecco che si profila all'orizzonte la sfida più ardua per la nostra Siria: un gran ballo di gala! Si accettano scommesse su quanto ci metterà a dar fuoco a tutto...
Aslan si rende utile ogni tanto, no? Non molto, ma abbastanza per non rischiare la falcidiatura da parte di Mirime U_U
Nel prossimo capitolo vedremo tornare un personaggio che era stato molto apprezzato, il conte elfico Galador e compagnia (molto meno apprezzata); le fan di Aaron e Susan dovranno attendere fino a quello dopo, il conclusivo, per poter fangirlare indegnamente su una scena tutta loro; idem per le amanti della coppia Edmund/Tara!
Quindi ora che ci aspetta? Il ballo e? Ma il gran finale, ovviamente! I prossimi due capitoli sono in stesura, ma io sono in fase di trasloco... spero di riuscire a essere puntuale con gli aggiornamenti, o almeno farò in modo che qualcuno aggiorni per conto mio ^^'
Avrei tante altre cose da dire ma non me ne viene in mente nessun'altra, quindi vi lascio e ci sentiamo prestissimo! Ah, e questa è un esempio di come ci siamo immaginate la corona di Caspian (non in questi colori, ma pace) xD:
(...sì, è quella di Game of Thrones!)
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Nota dell'Autrice:
Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U
Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.
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