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Autore: ranyare    09/02/2014    2 recensioni
Aslan ha abbandonato Narnia da molti secoli e solo pochi, strenui abitanti di Narnia credono nel suo ritorno: fra loro, inaspettatamente, c'è anche il giovane condottiero che ha tradito Telmar per guidare i narniani alla rivolta.
La guerra si profila all'orizzonte ma Caspian, assieme agli Antichi Re ritornati dal passato, potrebbe non essere in grado di far fronte a questo scontro che promette di stroncare fin troppe vite.
Ma un potere antico, quasi dimenticato, è pronto a giungere in loro soccorso, col volto di quattro fanciulle nate dallo stesso sangue di Narnia.
[CORREZIONE CAPITOLI: 05/35]
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Miraz, Peter Pevensie, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Narnia's ~R~'
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34 chap

Narnia's Rebirth
48th Chapter

Sisters of the Light - Xandria

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Quel tardo pomeriggio di fine estate sarebbe stato ricordato, negli annali del reame, come il primo, glorioso giorno di una nuova era.

Re Caspian, decimo del suo nome, aveva trionfato contro l’usurpatore Miraz e aveva risparmiato le vite di coloro che si erano limitati ad ubbidire agli ordini dei propri generali; diverso era stato il destino dei più fidi sostenitori dello zio, che il nuovo regnante aveva fatto arrestare e condurre nelle prigioni della rocca.

Dinanzi alla popolazione dei telmarini, che si era radunata in fretta e furia nella piazza centrale della cittadella sorta attorno al castello, sul capo di Caspian fu posata la corona che Cornelius, il mentore che lo aveva cresciuto e guidato fin da bambino, aveva recuperato una volta potuto rimettere piede a palazzo.

Si trattava di un fine lavoro d’oreficeria che solamente i nani, maestri di quell’arte, avrebbero potuto eguagliare: sottili ramificazioni del tutto simili alle regali corna dei cervi di montagna s’intrecciavano attorno alla struttura sottile del cerchio, forgiato nell’oro bianco e impreziosito da minuscoli rubini incastonati ad intervalli regolari lungo la circonferenza.

-Questa corona vi appartiene, mio Sire.- aveva detto l'insegnante, emozionato, quando il giovane Re gli aveva domandato da dove provenisse quell'oggetto. -L’ho forgiata io stesso molti anni fa, per il re che sareste diventato.-

La gioia e la commozione che si erano accese nelle iridi d'ossidiana di Caspian erano state il ringraziamento più sincero e profondo che Cornelius avrebbe mai potuto desiderare.

Era stato proprio Peter, sotto lo sguardo benevolo di Aslan, a porre quella semplice corona sui capelli del suo successore: e l’intera Telmar aveva esultato quando la moglie di Miraz si era fatta avanti per donare al nipote il mantello di pelliccia, simbolo di regalità, che era stato prima del cognato e poi del marito.

Le Figlie di Aslan avevano presenziato alla cerimonia solamente durante l’atto finale, il più importante: accanto al padre avevano rappresentato le creature magiche che si erano prudentemente tenute lontane da quel grande assiepamento di umani, perché Cornell aveva intelligentemente preferito tenere le truppe con sé, nel cortile interno della rocca e lungo i costoni rocciosi che segnavano l’inizio del pontile che vi conduceva. Le Figlie, consce dell’instabilità che poteva venire a crearsi fra narniani e telmarini, avevano raggiunto il centauro non appena era stato loro possibile, aiutando così a mantenere calmo e sereno l’umore di quelle creature tutt’altro che abituate a convivere con gli umani.

I narniani avevano atteso pazientemente che il loro nuovo Re venisse incoronato secondo le usanze del popolo che, da quel momento in avanti, avrebbe smesso di cacciarli e avrebbe lentamente cominciato ad accettarli come parte integrante di quel nuovo, strano e meraviglioso regno: ed ora la loro pazienza stava per essere premiata, si disse Mirime, vedendo il corteo che precedeva il Re comparire oltre la linea curva della strada in salita.

Le persone – uomini, donne, bambini – sciamarono sulla piazzetta che precedeva il pontile come un’onda marina si sarebbe allargata sulla sabbia fine delle spiagge di Cair Paravel: in molti sussultarono nel vedere i narniani disposti lungo i terrapieni, ma la presenza di quelle quattro donne, che avevano visto accanto al Re sino a pochi istanti prima e che conoscevano ormai di fama, li rassicurò.

Caspian comparve qualche attimo dopo, quando la folla che lo circondava si allargò: montava il suo fidato Destriero, strigliato accuratamente per l’occasione e bardato con finimenti appena usciti dalla bottega del mastro sellaio, ed indossava il mantello reale sopra una semplice casacca bianca ricamata in verde. La corona, fra i suoi folti capelli scuri, risaltava come la Luna piena spicca nel cielo terso e scuro della notte: gli donava, pensò Siria, sorridendogli appena quando lui la guardò.

Aslan – apparso chissà come – e le sue Figlie attendevano il nuovo Re sulla soglia del ponte. Aysell avrebbe dovuto essere accanto a sua sorella, che cavalcava elegantemente al fianco del cavallo baio montato da Peter, ma aveva preferito anteporre il proprio dovere di Guardiana a quello di sorella di una sovrana; Aaron e Caleb erano appena dietro i roani di Lucy e di Susan, ed Edmund era riuscito a tirarsi Tara in sella, ignorando le sue proteste e il suo imbarazzo.

Talia ridacchiò, divertita, quando vide la piccola bionda rivolgere un’occhiata di fuoco al più giovane dei maschi Pevensie: Edmund non l’avrebbe passata liscia, sembrava dire lo sguardo di Tara, ma la mezz’elfa era certa che, in qualche modo, sarebbe riuscito a farsi perdonare.

Il Re di Narnia e di Telmar diede dolcemente di speroni al proprio destriero, distanziando il resto del corteo e avvicinandosi alle quattro fanciulle; il cavallo, riconoscendole, nitrì  contento e allungò il muso verso Talia per farsi coccolare – il suo cavaliere, tuttavia, aveva occhi solamente per la guerriera dai capelli rossi che, accanto alla mezz'elfa, lo guardava con orgoglio e commozione pari solamente alla fierezza intrinseca del suo stesso carattere.

La giovane strega si lasciò inconsciamente attrarre da quello sguardo, dalla silenziosa chiamata che vedeva rilucere nel volto del suo amato, accostandosi al fianco dell’animale nel medesimo attimo in cui Caspian si sporse per sollevarla, con grazia, traendola in sella e fra le sue braccia.

Siria sgranò gli occhi, stupita dal gesto tutt’altro che convenzionale di Caspian, ma non protestò; si limitò a lasciarsi sfuggire una risata nervosa per mascherare l’imbarazzo, assottigliando appena le palpebre per scoccare al suo Re un’occhiata divertita.

-Stai giocando col fuoco, lo sai?- gli sussurrò all’orecchio, inarcando un sopracciglio e accennando appena al corteo che li precedeva.

Caspian però le rispose con quel sorriso spigliato e sicuro che lei aveva imparato ad amare, socchiudendo gli occhi nel profumo familiare dei suoi capelli e avvicinandosi, così, alla pelle eburnea della fanciulla.

-Dovrei aver paura di bruciarmi?- insinuò, ironico, avvertendola rabbrividire, sotto il suo respiro, in quel modo delizioso che lui adorava.

Siria ridacchiò di nuovo, approfittando di quell’istante d’effimera intimità per lambire le sue labbra con un bacio leggero, delicato, quasi fuggevole.

-Mai.-

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I fasti telmarini, a parer di Siria, avevano sempre avuto una sola caratteristica positiva: l’assembramento degli abitanti della rocca nelle sale dei ricevimenti e l’agitazione della servitù davano libero accesso ai ladri ai piani superiori, dove era sempre facile raccogliere un ricco bottino approfittando dell’assenza dei regnanti… parteciparvi, però, era una grandissima fregatura.

Talia, che aveva colto il suo pensiero, si lasciò sfuggire una risata che subito soffocò nel tovagliolo.

“Mi sto annoiando a morte.” il pensiero tediato di Aysell, rivolto a tutt’e tre le sue sorelle, distrasse le fanciulle dall’apatia indolente in cui erano sprofondate quando anche le facezie dei giullari e le melodie dei cantori si erano fatte borbottate e assordanti come il vociare dei convitati che gozzovigliavano allegramente attorno a loro.

“Siamo in quattro, credo.” la voce di Mirime vibrò nelle menti delle Figlie con la leggiadra turbolenza di un temporale estivo; Siria e Talia si scambiarono uno sguardo perplesso, un po’ turbate dal nervosismo quasi palpabile che avvolgeva l’animo della solitaria pleiade.

Il grande e fastoso convivio in onore dell’incoronazione di Caspian, organizzato ad una velocità impressionante dai sovrintendenti di palazzo, durava ormai da quasi cinque veglie ininterrotte; la notte era sorta in un tripudio di stelle ardenti e luminose come nessuna di loro avrebbe mai pensato di poter scorgere, ma erano state incastrate in quel banchetto dal loro rango e dallo sguardo ammonitore che Caspian e Peter avevano rivolto loro:“voi siete le eroine di Narnia, non potete assolutamente mancare! Sarebbe uno scandalo!”, aveva detto il biondo a Mirime – l’unica delle quattro che non desiderasse ucciderlo seduta stante –, e nessuna di loro era stata in grado di negare quella scomoda verità.

Siria sbuffò, contrariata.

Peter e Shaylee si erano eclissati almeno un’ora prima, abbandonandole in balìa di quegli uomini gretti ed insopportabili che imbarazzavano Aysell, irritavano Mirime e provocavano una bizzarra ilarità in Siria e Talia quando rammentavano di averli ripuliti dei loro beni più preziosi ben più di una volta.

Anche le due Regine del Passato, Susan e Lucy, si erano educatamente ritirate prima che l’ora divenisse sconveniente per due dame perbene, portandosi dietro anche Tara – misteriosamente, però, Aaron era scomparso appena dopo di loro…

Caleb era rimasto stoicamente accanto a Talia, ma dalla sospetta opacità dei suoi solitamente limpidi occhi celesti sembrava irrimediabilmente avviato verso il beato oblio degli ubriachi.

Caspian, invece, non aveva quasi toccato il vino e l’idromele che molti degli invitati avevano largamente apprezzato, e così anche Edmund; i due bruni sedevano l’uno accanto all’altro, intrattenendo amabili conversazioni con i tanti lord, conti e marchesi presenti e dimostrandosi due ospiti squisiti ed eccellenti.

Siria si lasciò scappare un sorrisetto nel vederlo massaggiarsi le tempie, tradendo la stanchezza che certo doveva provare.

Era bello, il suo Caspian, ma adesso non aveva certo bisogno di lei.

“Ce la diamo a gambe?” propose quindi alle tre amiche che, con un sussulto, si drizzarono sugli scranni intarsiati a loro riservati e si volsero all’unisono in direzione della rossa – e lei poté chiaramente distinguere il sorriso trionfante fiorire sulle labbra di Talia.

“Sono con te, sorella!”

Ridacchiando fra sé per via della reazione dell’amica, Siria si allungò delicatamente verso Caspian, approfittando di un momento in cui non era impegnato con un qualche nobile sconosciuto e ubriaco.

Il giovane Re si concentrò immediatamente su di lei, rivolgendole un sorriso stanco ma meravigliosamente tenero e dolce; la strega arrossì ma non si scompose, sapendo di essere osservata più o meno da una trentina di paia d’occhi annebbiati dall’alcool, accarezzando in punta di dita il dorso della mano del ragazzo.

-Possiamo ritirarci senza dare vita ad una guerra diplomatica?- gli sussurrò all’orecchio, piano, in modo che nessuno salvo lui potesse udirla. -Siamo tutte esauste, Caspian.- aggiunse, sospirando teatralmente e soffocando uno sbadiglio palesemente esagerato.

Caspian, che conosceva estremamente bene ogni singola sfumatura d’ironia su quel volto affilato, sorrise.

-Non sei brava a mentirmi, Sir.- rispose, divertito, sfiorandone la linea arcuata dello zigomo prima di scostarsi un poco da lei. -Mia cara, spero di non arrecare offesa a te e alle tue illustri compagne chiedendoti umilmente di lasciare noi lord a disquisire della politica in privato.- declamò, alzando la voce quel tanto che sarebbe bastato per attirare l’attenzione degli avventori.

Siria inarcò un sopracciglio, lanciando un’occhiata scettica alle numerose prostitute che ronzavano attorno ai nobili telmarini – forse non era una buona idea andarsene, dopotutto…

-Purtroppo non tutti si sentono a loro agio in presenza di creature della vostra levatura e della vostra… giovane età.- aggiunse il Re, celando una risata quando vide Aysell rizzarsi a sedere, punta sul vivo, pronta a ribattere che lei era tutto fuorché giovane; Mirime, più accorta della bionda, le tappò bruscamente la bocca per impedirle di rovinare tutto, mentre Caspian si alzava per inchinarsi in direzione di Siria. -So che ti spezzerà il cuore, ma vi dispiacerebbe ritirarvi?- le domandò, galante come un perfetto lord d’altri tempi, rivolgendole un occhiolino di sottecchi.

Siria, prendendo un lungo respiro che le trasmise una piacevole senso di costrizione da parte del corsetto, porse una mano al ragazzo e gli permise di rivolgerle un raffinato baciamano.

-…mio Re, non preoccuparti. Posso capire il bigottismo di taluni individui, non è un problema.- replicò a voce alta, accennando un mezzo sorriso che quasi fece soffocare Edmund nel boccale di sidro.

Caspian ridacchiò fa sé, sentendo alcuni degli ospiti imitarlo e scorgendoli lanciare un’occhiata ammirata a Siria – anche troppo ammirata, forse… avrebbe dovuto convincerla ad abbandonare le vesti di guerriera per quella sera, decisamente troppo attillate a suo parere, ma sia lei sia le sue compagne avevano rifiutato quella protesta ed erano rimaste abbigliate come più preferivano.

Permettere loro di ritirarsi era una scelta conveniente, sì: non voleva causare spargimenti di sangue perché qualche conte ubriaco aveva rivolto un qualche complimento un po’ troppo spinto ad una delle Figlie di Aslan.

Le tre sorelle di Siria si alzarono immediatamente, rivolgendo inchini a profusione – Talia ridacchiò quando vide Edmund rivolgere loro uno sguardo invidioso ed implorante – ed allontanandosi quasi subito.

Caspian però trattenne Siria per qualche istante, cingendole repentinamente la vita con un braccio e premendola con forza contro al proprio torace; le iridi blu della giovane si allargarono di sorpresa e desiderio quando le dita abili del giovane risalirono la sua schiena in una lenta scalata al piacere che la fece rabbrividire, frustrata dalla forzata distanza che avevano mantenuto durante tutta la serata.

-Per stanotte ti lascerò fuggire, ma non prenderla come un’abitudine.- le mormorò, suadente, sulle labbra, assaporando il fiato caldo e frizzante della giovane.

-Avrai molte notti per tentare di prendermi.- replicò lei, languida ed innamorata come mai, prima di scostarlo malvolentieri da sé e sciogliere quell’unico abbraccio che potevano permettersi in pubblico.

Si voltò, sentendo il cuore stringersi al pensiero di quanto avrebbe desiderato averlo tutto per sé, sforzandosi di sorridere quando raggiunse le sue amiche e le guidò attraverso il dedalo di corridoi che avrebbe portato al giardino e, in seguito, alla libertà.

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-Benvenute, ragazze.-

Seguendo la magia che palpitava in tutta Narnia quella notte, le Figlie di Aslan avevano abbandonato di nascosto la rocca e si erano dirette verso il bosco poco distante, approfittando dell’abilità di Mirime per nascondersi alla vista.

Il suono della musica pulsante e densa di significati arcaici e misteriosi le aveva attirate verso un’ampia radura illuminata quasi a giorno dalle numerose torce sparpagliate un po’ ovunque; attraversando il sentiero sterrato avevano incontrato le creature più disparate, dalle affascinanti driadi ai satiri più lascivi, ma nello spiazzo erboso si era raccolto un numero impressionante di narniani.

-Hanno dato festa senza invitarci.- commentò Talia, divertita, accettando un calice di idromele da parte di un fauno che, rispettoso, s’inchinò profondamente al loro cospetto prima di lasciarsi trascinare da una ninfa in un ballo decisamente poco casto e puro.

-Cornell!- chiamò Siria, illuminandosi quando riconobbe il condottiero poco lontano da loro.

Il centauro le raggiunse subito, sorridendo quando la rossa gli si avvicinò di corsa e lo abbracciò con trasporto, ricambiando affettuosamente la stretta.

-Siamo fuggite da palazzo.- gli spiegarono, divertite, e lui rispose con una risata piena e tonante che trasmise a tutt’e quattro una sottile, eppure palpabile, euforia.

Non avevano mai visto Cornell tanto rilassato, né i narniani così ebbri di felicità e di gioia: la guerra era finita davvero, compresero, sentendo quella estatica verità vibrare nell’aria e nei loro spiriti.

-Non è stata una cattiva idea.- annuì il centauro, orgoglioso, battendo imperiosamente le mani in direzione dei musici alle proprie spalle. -Musica, amici fauni! Questa notte appartiene alla rinascita di Narnia!- ordinò a pieni polmoni, strappando una risata alle due ninfe prima che Siria e Talia le trascinassero entrambe nel centro della radura, dove i satiri e le driadi si erano già lanciati in un ballo sfrenato che, presto, le trascinò via sull’onda del ritmo pulsante della musica.

Nessuna di loro avrebbe mai ricordato distintamente gli avvenimenti di quella notte: le note e la magia si erano mescolate nelle voci di soprano e di contralto di Aysell e di Siria, e Talia aveva guidato tutte quante in una danza intensa e irrefrenabile che aveva coinvolto persino la tanto ritrosa Mirime.

Del ritmo dei tamburi, dei flauti e dei liuti che avevano suonato incessantemente fino all’alba le Figlie di Aslan avrebbero rammentato solamente la gioia esplosiva che le aveva travolte, sopraffacendo i loro sensi – annebbiati dal sidro e dal vino – e la loro memoria.

Narnia era rinata, quella notte, assieme a loro; e loro, finalmente, potevano chiamarla di nuovo casa.

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 .

Fu Caspian, il mattino dopo, a ritrovare le Figlie di Aslan in quella radura dove la maggior parte dei narniani presenti era rimasta a dormire all’addiaccio.

Il giovane Re, sorridendo, smontò da Destriero e si avvicinò alla piccola alcova formata dalle radici di una quercia dove le quattro ragazze si erano rifugiate: Mirime dormiva con la testa posata sul ventre di Siria, mentre Aysell le si era accoccolata accanto e stringeva al petto il suo braccio destro; Talia, invece, si era appallottolata fra i lunghi capelli rossi dell’amica, acciambellandosi come un micio in quel mare scarlatto.

Abituata a non abbandonarsi mai completamente al sonno, Siria si era destata al suono familiare degli zoccoli del cavallo; i suoi occhioni blu erano limpidi quanto il cielo terso che splendeva oltre le chiome degli alberi, ed il sorriso che rivolse al giovane fu tenero e affettuoso come l’abbraccio della rugiada sui fiori appena dischiusi.

In silenzio, per non svegliare le amiche, la bella strega scivolò via dai loro abbracci e si alzò, spazzolandosi gli abiti con un gesto prima di poter – finalmente – correre dal suo uomo e abbandonarsi nell’abbraccio che stava aspettando solamente lei.

-Non hai idea di quanto t’invidio.- le sussurrò nei capelli, stringendola a sé e chiudendo gli occhi in quel morbido falò spettinato. -Mai più fasti del genere, mai più.- aggiunse, sentendo la sua risata vibrargli in gola quando Siria gli si accoccolò addosso, affettuosa come un gattino.

-Mi sei mancato.-

-Come l’aria.- annuì il giovane, riempiendosi i palmi di quel viso meraviglioso e lambendo quella bocca, finalmente, con un bacio.

La ragazza rabbrividì, estasiata, sorridendo e tirandolo giocosamente verso di sé per approfondire quel contatto – aveva agognato così tanto il profumo, il sapore di Caspian…

-…parliamone.-

Una voce impastata di sonno risuonò improvvisamente alle spalle della rossa, facendo sussultare il Re e scoppiare in una sonora risata la strega; voltandosi, Siria trovò una Mirime torva e ancora mezz’addormentata ad osservarli, con in volto l’espressione di un gufo arruffato costretto ad una scomoda veglia diurna.

La pleiade si massaggiò le tempie, seccata, scoccando uno sguardo di rimprovero ad Aysell e a Talia, anche loro svegliate dai turbolenti e rumorosi pensieri che Siria non era riuscita a trattenere in presenza di Caspian. -La mia testa…- mugugnò, maledicendo le tre amiche che l’avevano convinta ad ingurgitare una quantità spropositata di idromele e di sidro.

-Esattamente da quanto tempo non ti concedevi una bella sbornia, Mirime?- ridacchiò la mezz’elfa che, in virtù del suo sangue semi-immortale, possedeva l’invidiabile qualità di riprendersi dagli stati di ubriachezza molto più velocemente rispetto a chiunque altro.

-Almeno una decina di secoli.- fu la serafica e tagliente risposta della ninfa dell’aria.

Aysell, ancora confusa dalla notte di bagordi, si sfregò i grandi occhi grigi con il dorso delle piccole mani, domandandosi fra sé perché Caspian aveva avuto la deprecabile idea di amoreggiare con Siria a quell’ora indegna del mattino.

La suddetta strega, perplessa, le studiò tutt’e tre con un cipiglio sorprendentemente serio, incrociando le braccia sul ventre e dedicando ad ognuna di loro un’espressione profondamente delusa.

-Dobbiamo seriamente trovare un modo per evitare questa cosa, non è possibile che se voi bevete mi ubriachi anche io.- fu la sentenza che declamò qualche attimo più tardi, serissima – apprezzando, per la prima volta nella vita, l’infondatezza del proverbio che decantava le proprietà assassine degli sguardi.

-Ossia?- domandò educatamente Caspian, distogliendo la rossa dal non molto avveduto proposito di scatenare reazioni omicide nelle sue adorabili sorelline.

La ragazza, docile, gli rispose immediatamente, approfittandone per tornare a farsi coccolare da quelle braccia che – lo sapeva bene – avrebbe potuto solamente immaginare per molto tempo a venire. -C’è un legame mentale che condividiamo, ed ora che siamo tutt’e quattro vicine è più forte di quanto pensassi… loro hanno bevuto e io ho risentito della loro sbornia.- gli spiegò, ridacchiando in risposta ad un qualche indignato pensiero rivoltole dalle sue amiche. -Io sono fatta di fuoco, Caspian. Lo spirito brucia subito, e di conseguenza io non potrei… beh, ubriacarmi.- aggiunse, stringendosi nelle spalle.

Lui, per tutta risposta, le avvicinò il volto al proprio e sorrise, malizioso.

-Vorrà dire che troverò altri modi per irretire i tuoi sensi.- bisbigliò in tono lascivo, ma subito la replica seccata di Talia gli fece comprendere quanto, esattamente, la sua adorata Siria fosse incapace di tenere a freno le proprie emozioni.

-Ma guarda che ti basta un’occhiata e quella si scioglie, principino perverso!-

 .

§

 .

L’estate volgeva ormai al termine, ma il regno di Caspian sembrava essere sbocciato in una repentina fioritura fuori stagione.

In quei primi giorni di governo, decisivi per imporre sin da subito la sua autorità, Caspian aveva attuato diverse riforme in favore del popolo e pianificato altrettante mosse diplomatiche e belliche, in modo da dimostrare sin da subito quanto coesa e determinata fosse la nuova guida di quel paese neonato.

Aveva inviato Susan e Lucy, scortate da Aaron e da alcuni narniani scelti da Cornell in persona, nei paesucoli e nei villaggi, abitati dalla gente povera e affamata che il governo di Miraz aveva sempre trascurato: le Regine avevano portato viveri, beni di prima necessità e cerusici, conquistandosi in breve tempo l’amore profondo ed incondizionato di un popolo che mai prima di quel momento aveva visto un regnante scendere fra il volgo per distribuire pane, dolci e coperte di lana.

Appena dopo i festeggiamenti e l’incoronazione, Shaylee si era detta pronta per insediarsi alla corte nel Regno delle Naiadi; e così aveva fatto, lasciando la rocca il mattino seguente al convitto, in compagnia di Peter che, tuttavia, non aveva potuto rimanerle accanto durante la delicata fase del lutto indetto dalla sua compagna in memoria di Mairead, perché la sua presenza era stata richiesta altrove.

Nonostante Aslan avesse nominato Siria Generale – un titolo ampiamente meritato, secondo Caspian –, il giovane aveva preferito tenerla con sé a corte assieme alle sue sorelle; Aslan stesso, rimasto a Narnia dopo il termine della battaglia, si era detto concorde con il giovane regnante: le sue Figlie erano creature troppo in vista, ancora troppo sconosciute da parte degli umani, per permettergli di assumere immediatamente il ruolo che spettava loro in quella struttura governativa che andava rinsaldandosi di giorno in giorno.

Questa decisione aveva scatenato tutta una serie di discussioni che Caspian aveva cominciato a paventare più di qualsiasi altro dilemma politico: cercare di tenere buone Siria e Talia, abituate com’erano a vivere in mezzo alle foreste e senza alcun dogma di palazzo, si era rivelato più arduo di quanto potesse sembrare, ed era stato solamente grazie all’influenza benevola che Mirime esercitava su di loro che era riuscito a chetarle almeno un poco.

Aysell, assieme alla sorella, si era recata nel regno delle ninfe per partecipare al cordoglio privato che le naiadi avevano l’obbligo morale di osservare nei riguardi delle figure importanti com’era stata quella di Mairead. Tuttavia, la sua permanenza laggiù era stata breve e sofferta: dopo pochi giorni, infatti, la Guardiana era tornata al castello telmarino, riunendosi con sollievo alla sua famiglia.

Edmund, invece, non si era spostato da palazzo nemmeno una volta: lui e Caspian avevano passato lunghe ore negli archivi reali, stilando un’importante lista di nomi relativi alla politica telmarina – diplomatici archeniani, conti di Ettins, signorotti locali, tarkaans calormeniani, latifondisti telmarini e molto altro – e schematizzando, un po’ a fatica, l’enorme e complessa mole di creature magiche che avrebbero dovuto contattare e con cui, si sperava, avrebbero instaurato presto un rapporto di fiducia reciproca.

Tara non si era mai separata dal più giovane dei maschi Pevensie, dando prova di notevole pazienza quando le ore passate sulle pergamene si erano dilatate durante le giornate; era stato proprio grazie a lei che le Elementali di Narnia erano riuscite a scoprire che Caspian ed Edmund stavano organizzando un grandioso evento mondano a cui tutte le più alte cariche di Narnia – umane e narniane – e dei regni limitrofi sarebbero state invitate, e avevano compreso che la loro presenza sarebbe stata determinante in quel gioco politico da cui il giovane Re sembrava essersi lasciato completamente assorbire.

Siria soffriva quella situazione più di quanto desse a vedere: l’etichetta di corte, essenziale in un momento di transizione tanto delicato, imponeva a lei e a Caspian una casta distanza che, avendo vissuto per quasi un anno come un’anima soltanto, la rendeva estremamente irosa ed intrattabile.

La moltitudine di cortigiane, servitori e sovrintendenti che abitava al castello, inoltre, le rendeva la vita praticamente impossibile, e lei ricambiava quell’antipatia con tanto entusiasmo da aver già causato diverse rimostranze degli esasperati maggiordomi davanti al Re.

Per tentare di impedire che il carattere focoso della sua amata causasse presto qualche serio incidente diplomatico, Caspian aveva preso l’abitudine di farla presenziare durante le udienze e le riunioni a cui partecipava: si trattava di una scelta ragionata poiché, presto, avrebbe fatto in modo che Siria occupasse quel ruolo di Generale che le spettava di diritto – ed in qualche modo doveva aiutarla ad inserirsi in quel mondo di cui lei non sapeva assolutamente nulla.

Siria aveva accettato con sollievo quella decisione – se non altro, si era detta, avrebbe almeno potuto passare del tempo con Caspian –, e l’invito di Caspian era stato ovviamente esteso anche alle sue sorelle: non avendo nulla di meglio con cui occupare le loro giornate, le fanciulle avevano accettato ben volentieri quella novità.

Una manciata di giorni dopo l’incoronazione, quando nella reggia l’abitudine a quella nuova sovranità aveva soppiantato la sensazione di novità, Caspian convocò in una delle sale più piccole – quella che utilizzava come studio privato – due delle poche persone a lui gradite in quel ultimo periodo.

-Aaron, Caleb.- salutò i due guerrieri quando entrarono nella bella stanza dalle vetrate a piombo, sospirando e rivolgendo loro un’occhiata amichevole ma profondamente esausta.

Siria, alle sue spalle, si permise di sciogliere la posizione dritta e compìta che teneva durante le riunioni ufficiali e gli si avvicinò, accogliendo amorevolmente fra le dita la mano che Caspian aveva istintivamente allungato verso di lei.

Mirime ed Aysell non erano presenti: si erano allontanate dalla reggia per raggiungere la torre in cui avevano vissuto per secoli e trasportare a palazzo tutti i propri effetti, ed il loro ritorno era atteso entro poche ore.

Talia invece sorrise, felice, sparendo dallo scranno su cui si era accoccolata per riapparire al fianco di Caleb; il biondo rise a sua volta, arruffandole i capelli con tenerezza e cingendo morbidamente il suo corpo esile col braccio muscoloso.

Entrambi gli ex mercenari indossavano i tipici capi di vestiario che ci si aspettava di vedere addosso agli uomini di un Re narniano: lunghe tuniche intrecciate sui fianchi asciutti, spessi calzoni di pelle e stivali al ginocchio, il tutto nei colori neutri – grigio e nero – dei soldati.

Caspian, grato di trovarsi in presenza di qualcuno davanti a cui non avrebbe dovuto mostrarsi come Re ma solamente come ragazzo, si abbandonò pesantemente sullo schienale della propria seduta, accettando con profonda gratitudine il tocco caldo e familiare di Siria sulle tempie e fra i folti capelli castani.

-Ho bisogno di messaggeri fidati alle corti di Archen e di Calormen.- spiegò stancamente, schiudendo gli occhi per rivolgersi ad Aaron. -Susan è già stata alle corti di Calormen, e non sono cambiate molto da quando era lei a regnare. Ho bisogno che i tarkaans si presentino qui e che vedano la forza di Narnia.- aggiunse, ed il rosso annuì: da sempre, Calormen era stato il regno più ostile a Narnia ed i suoi governatori, i tarkaans, erano famosi per la propria disonestà e per i continui tentativi di sforare i confini per appropriarsi di terre non loro.

Talia, che aveva colto un’altra parte dell’affermazione di Caspian, si volse nella sua direzione.

-Conosco gli archeniani e i loro costumi, Caspian. Da loro posso andare io.- affermò, sicura: durante i suoi lunghi peregrinaggi, infatti, aveva vissuto a lungo alla corte di un signore di Archen e aveva imparato a destreggiarsi fra le politiche più disparate.

-Non da sola.- fu l’istantanea replica di Caspian, che scosse vigorosamente la testa davanti a quella proposta; ma, prima che Talia potesse protestare, continuò: -So che sei perfettamente in grado di difenderti e non ho intenzione di insultare la tua indipendenza, Tallie…- affermò, con la voce pacata e calma di un domatore di belve feroci. -…ma Caleb è umano e appartiene alla mia corte. È diplomaticamente più corretto che sia lui a portare il mio invito.- le spiegò, accennando al biondo con un gesto elegante della mano.

Caleb, che conosceva bene la sua compagna e sapeva come sedare i suoi scatti d’ira, posò le mani sulle spalle esili della mezz’elfa e la trattenne dolcemente contro di sé quando lei fece per avanzare, infuriata, verso Caspian.

-Questo non implica che debba andare solo.-

Siria, accanto al bruno, si lasciò sfuggire una risata quando vide l’espressione oltraggiata di Talia addolcirsi repentinamente in un sorriso che, in uno sprazzo d’incredulità, mutò in una risata.

-Hai già imparato a parlare come un politico, principino.-

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Talia tornò da Archen una manciata di giorni più tardi, profondamente soddisfatta dai risultati che era riuscita ad ottenere presso le corti di quel regno d’eterna primavera a cui tanto si era affezionata secoli prima: i signori di quel paese, governato democraticamente da un concilio che comprendeva tutti i lord delle varie regioni indipendenti, avevano accolto l’elezione di Caspian con grande entusiasmo, assicurando che sarebbero stati presenti al gran ballo di gala previsto per la fine del mese in corso – quel ballo che avrebbe stretto alleanze e appianato dissapori, dipingendo nei fruscii dei merletti e delle sete lo splendore della corte del Re.

Pochi giorni prima di quell’evento – che Siria e Mirime, entrambe di natura profondamente schiva, paventavano come non avevano temuto nemmeno la guerra – Caspian si trovava nella sala del trono, seduto sullo scranno che era appartenuto al padre, in attesa dell’uomo che aveva singolarmente chiesto udienza con il Re.

Le guardie di palazzo scortarono il prigioniero, con delicatezza, sotto lo sguardo impenetrabile e gelido delle Figlie di Aslan al completo; Caspian, tuttavia, lo osservava con il medesimo rispetto che aveva rivolto alla sua persona per tutta la vita.

L’uomo in catene s’inginocchiò, senza che nessuno glielo ordinasse, ai piedi della piattaforma sopraelevata che ospitava il trono, chinando umilmente la testa dinanzi al signore di Narnia.

-Mio Re.- salutò colui che era stato il Primo Generale delle truppe di Miraz, catturato senza spargimenti di sangue subito dopo la battaglia di Beruna: lord Glozelle di Telmar.

-Glozelle.- replicò Caspian, tranquillo e pacato come sempre, invitandolo silenziosamente ad alzare lo sguardo verso di lui.

Glozelle ubbidì immediatamente, stupito da tanta gentilezza, rabbrividendo però quando scorse la figura inconfondibile della Strega Rossa in piedi accanto al trono.

Siria, bella e algida come la statua di un’antica divinità guerriera, presenziava silenziosamente alle spalle del suo Re; al suo fianco c’era la ninfa dai capelli neri, eterea ed impassibile, e poco discoste scorse anche la mezz’elfa e la naiade bionda.

-Hai chiesto di essere ricevuto come ospite e non come prigioniero. Perché?- gli domandò il Re, attirando nuovamente la sua attenzione.

Glozelle accennò ad un sorriso mesto, sostenendo lo sguardo indagatore del ragazzo. -Penso che tu conosca la risposta alla tua domanda, mio Re.-

-Ti ho visto affrontare Caspian, in battaglia.- intervenne Siria, ignorando lo sguardo ammonitore che le venne rivolto dalle guardie che stanziavano accanto al portone.

Glozelle, però, si rivolse a lei con la medesima deferenza con cui aveva parlato a Caspian.

-Non avrei mai ucciso il mio principe, Generale.- le spiegò, riferendosi a lei con il titolo che Aslan le aveva assegnato e che in molti, ancora, dimenticavano di associare a lei. -Come lei, Generale, ho giurato di servire il mio Re. Posso essere condannato per aver ubbidito agli ordini di Miraz, che era il mio signore?-

A quella domanda, turbata, Siria non seppe rispondere.

Mirime le accostò il volto all’orecchio, approfittando della sorpresa dell’amica. -Non c’è bugia nella sua voce. Non posso esserne completamente certa, ma__- sussurrò, ma Siria la interruppe con dolcezza, alzando una mano ed annuendo: sapeva che Mirime, in virtù della sua natura e dei suoi poteri, poteva cogliere nei suoni delle voci l’impronta delle menzogne e delle verità.

Caspian, ignaro di quel breve scambio di opinioni, si alzò in piedi. -Ti ho visto esitare, in battaglia.- commentò, pensieroso.

Glozelle era stato suo maestro d’armi per tutta la vita.

Conosceva quell’uomo fin da bambino, e lo rispettava più o meno da altrettanto: con lui, figlio di un re assassinato, Glozelle era sempre stato corretto e spesso amichevole, dandogli talvolta l’attenzione e l’affetto che quel bambino solitario non aveva mai ricevuto da parte degli zii.

Sapeva che Glozelle era un guerriero di prim’ordine, ed i soldati si erano sempre ciecamente fidati della sua guida e del suo giudizio: condannarlo alla galera poteva portare più danno che beneficio, rifletté, perché una risorsa come quell’uomo – di cui aveva sempre ammirato la lealtà e la correttezza – poteva diventare un punto di forza non indifferente nel sistema che stava faticosamente costruendo pezzo per pezzo.

Il suo silenzio si dilatò nella vasta sala del trono per un tempo che persino a Siria, abituata com’era alle sue tacite riflessioni, parve interminabile; alla fine, però, il ragazzo tornò a sedersi su quel cupo trono foriero di pensieri e responsabilità e spostò lo sguardo su Glozelle.

-Non posso affidarti l’incarico che avevi sotto mio zio, Glozelle, ma posso offrire una seconda possibilità alla tua onestà e al tuo onore.- affermò, lentamente, vedendo la sorpresa allargarsi nelle iridi corvine del suo interlocutore. -Gli uomini si fidano di te e ti ho sempre visto guidare le truppe con saggezza e lungimiranza; sei un guerriero formidabile, e sarebbe uno spreco rinunciare a qualcuno come te.- spiegò, lanciando un’occhiata indecifrabile al Generale al suo fianco.

Siria però fissava il telmarino, indecifrabile.

-Farai parte di un piccolo drappello di venti uomini, agli ordini di Peter Pevensie. Il vostro compito sarà di rastrellare la Landa della Lanterna nei prossimi giorni, alla ricerca degli ultimi sostenitori di Sopespian ancora liberi che, da ciò che ricordo, erano infidi e crudeli almeno quanto lui.-

Glozelle annuì. Conosceva gli uomini a cui si stava riferendo Caspian e capiva la decisione del giovane: gli uomini lo conoscevano e si fidavano di lui, mentre non sapevano nulla di Peter Pevensie ed in molti avrebbero protestato davanti ad un condottiero così giovane – ma se lui, Glozelle, si fosse fidato dell’antico Re e avesse mostrato quanto quel ragazzo potesse essere abile ed intelligente… sorrise, il telmarino, ammirato dalla classe con cui Caspian aveva orchestrato quelle scelte per arrivare a favorire ancor di più la classe nobile che aveva instaurato a Telmar.

Sarebbe diventato un grande Re.

-Partirete oggi stesso.- terminò il giovane, sorridendo in un modo che gli fece intuire quanto fosse perfettamente conscio del ragionamento che Glozelle aveva appena fatto.

-Ti sono grato per la tua generosità, mio Re.- ringraziò, chinando nuovamente il capo in un gesto pieno di rispetto mentre le guardie avanzavano subito per liberarlo dalle catene.

Si alzò finalmente in piedi, fiero e massiccio come Caspian lo aveva sempre visto, rivolgendo una profonda riverenza alle Figlie di Aslan.

-Mio Generale… mie lady.- salutò, prima di seguire i soldati che lo avrebbero condotto verso la sua nuova missione e la sua possibilità di redenzione.

La tensione parve allentarsi nello stesso attimo in cui i pesanti portoni si chiusero alle sue spalle; Mirime si avvicinò al trono, posando una mano sulla spalla di Caspian e rivolgendogli uno dei suoi rari, misteriosi sorrisi. -Potrai fidarti di lui. È un uomo d’onore.-

Caspian ricambiò il gesto amichevole, ma i suoi occhi cercarono nuovamente il volto della sua amata: sapeva che Siria stava ricordando il momento in cui il fuoco era esploso nel campo di battaglia, frapponendosi nel duello fra Caspian e Glozelle.

Ma Glozelle non aveva più combattuto quando le fiamme lo avevano allontanato da Caspian.

Nel marasma dello scontro non aveva avuto tempo di accorgersene ma, riflettendoci, Siria ricordò: Glozelle aveva sospirato, sollevato, nel riverbero della magia della Paladina del Fuoco, gettando a terra le armi ed arrendendosi al primo guerriero narniano che lo aveva incontrato.

-Sì.- disse lentamente, detestandosi perché, in fondo, avrebbe sempre provato un certo risentimento nei confronti dei soldati che erano stati agli ordini di Miraz. -È un buon soldato.-

Caspian, dal trono, sorrise.

-Siria…- la chiamò, avvicinandola a sé quanto l’etichetta di corte gli permetteva di fare senza scatenare uno scandalo; la giovane accettò la sua mano e si lasciò attrarre a lui, sfiorando appena le gambe di lui quando il Re le accarezzò l’interno del polso, mentre il sorriso svaniva in un’espressione contrita. -…devo parlare con Peter.-

Fra le sue dita, prevedibile, il tocco di Siria s’irrigidì; e, nei suoi occhi, dilagò l’inverno.

Aysell, cogliendo il turbamento di Siria fra i propri pensieri, si avvicinò alla rossa e la sottrasse alla vicinanza intossicante di Caspian. -Andiamo, Sir. Abbiamo appuntamento con i sarti.- le ricordò, guadagnandosi un’occhiata confusa da parte dell’amica ed una profondamente grata da Caspian.

Talia e Mirime, cogliendo subito le intenzioni della piccola, si affrettarono a precederle verso i corridoi interni e meravigliosamente silenziosi del palazzo.

-Potevo restare.- mugugnò la rossa alle sue compagne, ma nessuna delle tre diede retta alla sua affermazione contrita, quasi trascinandola verso i piani superiori dove attendevano, pazienti, i sarti e le ultime misure che dovevano prendere per gli abiti che le ragazze avrebbero indossato al gran ballo.

Aysell scosse la testa, ignorandola, ripensando all’ultima occasione in cui aveva visto Siria e Peter incontrarsi.

 .

-Devo farti i miei complimenti.-

Nell’usuale confusione dell’ennesimo banchetto politico, Aysell non riconosce subito la persona che le ha appena rivolto la parola; si volta, incuriosita, e la sorpresa sboccia in lei quando si ritrova dinanzi allo sguardo imbarazzato dell’ultimo individuo al mondo con cui pensava d’interloquire quella sera: Peter.

-Perché?- gli chiede, senza capire.

Peter accenna un sorriso, arruffandosi i capelli. -Beh,devo dire che come obbedisci agli ordini tu, nessuno!-

Ad Aysell, confusa, serve qualche attimo per comprendere; ma, quando il ricordo vivido dell’ordine che lui le ha impartito durante la battaglia fa capolino nella sua memoria, si lascia sfuggire una risata divertita e annuisce, concorde.

-Dovere.- commenta.

Per un istante, per un solo istante, sente che potrebbe davvero fare pace con l’idea di Peter e Shaylee insieme per un tempo sgradevolmente tendente all’infinito, perché in fondo quel biondo, lì, non pare così stupido come spesso s’intestardisce a sembrare.

È solo un attimo, però.

La naiade s’irrigidisce, irritata, quando vede le iridi azzurre di Pevensie scavalcare la sua figura e posarsi su qualcuno alle sue spalle, riempiendosi all’istante di un gelo e di una diffidenza che solamente una persona può provocare; la bionda si volta, spazientita, cogliendo però solamente un fruscio di capelli rossi e l’immagine di Siria che sparisce fra due cortigiane ad una velocità impressionante.

Furiosa cerca di chiamare indietro l’amica, ma c’è solo un ostinato vuoto là dove solitamente avverte la presenza della strega – fa sempre così, Sir, quando si tratta di Peter.

-Oh, insomma!- sbotta, lanciando un’occhiata assassina a Pevensie e cercando seriamente di tenere a mente che Shaylee le potrebbe rimproverare l’omicidio di quella stupida acciuga bionda per un tempo odiosamente lungo se lo annegasse, in quel momento, come tanto vorrebbe fare.

Lui fa un passo indietro, allarmato, ma non replica: anche lui, come Siria, si è trincerato dietro una maschera che lascia trapelare solamente tutta la sofferenza che sta provando nei confronti di una persona che teme di aver perduto per sempre.

La Guardiana si limita a sospirare, esausta da quella tensione fra loro che sfibra i nervi di tutti quanti da quando la guerra è finita, salutandolo bruscamente per poi sparire fra la folla alla ricerca di quella dannata testona della sua amica.

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…no, decisamente era meglio impedire a Siria di vedere Peter.

Pevensie non era ancora riuscito a superare ciò che era avvenuto alla Tana di Aslan, probabilmente, e Siria non sembrava propensa a lasciarlo perdere come chiunque sano di mente avrebbe fatto al suo posto – no, lei doveva anche rimanerci male, dannazione alla sua testaccia!

Sospirò, rassegnata, trotterellando accanto alle amiche mentre si dirigevano ai piani inferiori. Almeno si sarebbero distratte un poco con le prove degli abiti: era divertente vedere Siria impazzire davanti alle pressioni dei sarti e__

-Purtroppo temo di dover sottrarre Siria a questo indubbio piacere, ragazze mie.-

Tutt’e quattro le giovani trasalirono, colte di sorpresa dalla voce calda che echeggiò nel corridoio buio che avevano appena superato; Mirime e Talia si volsero immediatamente in quella direzione, scoccando alla figura apparsa dal nulla uno sguardo che poteva definirsi solo estremamente scocciato.

Aslan era lì, maestoso ed enigmatico come sempre; sorrise, sereno, in risposta alle espressioni indispettite della Custode e dell’Ancella.

-Nessun problema!- trillò invece Siria, incapace di credere a tanta fortuna, scivolando via dalla presa delle amiche ed affiancando immediatamente il leone. -Non vi dispiace, vero?- chiese, speranzosa, strappando una risata esasperata a tutt’e tre: Siria avrebbe fatto più o meno qualsiasi cosa per evitare gli interminabili incontri con quelli che lei, invece di sarti, definiva sadici figli di meretrici.

Talia le rivolse una smorfia allegra, annuendo. -Tranquilla, vorrà dire che chiederemo a Caspian le tue misure. Dovrebbe averci fatto l’occhio ormai, vero?- le chiese, maliziosa, ma Siria si limitò a rivolgerle un luminoso sorriso pieno di gratitudine prima di seguire Aslan nella direzione opposta a quella delle amiche.

Il leone, che aveva accuratamente evitato di ascoltare l’ultimo commento della mezz’elfa, accennò con l’enorme testa al porticato che conduceva alle stalle.

-Vai a sellare Destriero. Ti aspetto ai cancelli.- le ordinò; lei, ubbidiente, lo superò subito e s’incamminò, ma Aslan la richiamò indietro. -Siria? Porta con te lo scettro.-

 .

 .

Le ultime carezze del Sole morente dipingevano polle dorate sulle Colline di Cenere – ciò che rimaneva dei dolci rilievi alla base Monte Pire, l’ultimo baluardo dei territori narniani.

Siria smontò dalla sella istoriata di Destriero con delicatezza, avvertendo il respiro stringerle dolorosamente il petto quando lasciò scivolare lo sguardo sulla curva ondulata di quelle alture ancora impresse a fuoco nella sua memoria.

Quello era il luogo dove lei si era arresa.

Aslan la precedette e s’incamminò verso il punto in cui, Siria lo rammentava alla perfezione, lei si era abbandonata – esausta, sconfitta, perduta – non più di una manciata di giorni prima; si affrettò a seguirlo, correndo nonostante sentisse le gambe indolenzite da tante ore passate a cavallo. Per fortuna aveva indossato i suoi soliti abiti, rimuginò fra sé, perché non avrebbe resistito a quella giornata di viaggio con gli stupidi abiti che le erano stati rifilati a palazzo… allungò distrattamente una mano verso la custodia che portava sulla schiena, sentendo il gelo dello scettro sfiorarle le dita in un tocco distratto eppure amichevole, ed istintivamente strinse anche la spada, intimorita dalla familiarità con cui quell’antico manufatto si rivolgeva a lei.

-Perché siamo qui?- domandò, trattenendo l’affanno, quando Aslan arrestò la propria marcia nel punto più alto delle colline e si volse, finalmente, a guardarla.

Sotto di loro Siria vide che di cenere non ce n’era, ma la terra era nera e bruciata come il fondo di una torcia spenta.

Aslan sospirò, socchiudendo gli occhi quando comprese che Siria aveva riconosciuto il punto in cui erano.

-Jadis è stata una grande strega.- parlò, finalmente, ignorando il sussulto della rossa quando nominò la sua malvagia antenata. -Non ho mai condiviso il suo modo di agire, né ho mai perdonato le sue malefatte… ma era una donna molto intelligente ed altrettanto esperta nella sua magia.- continuò, la voce che si smarriva nei ricordi – nella malinconia di ciò che avrebbe potuto essere e non era stato.

-Jadis era un mostro.- Siria si arruffò nervosamente i capelli, cupa in volto, stringendo nervosamente l’elsa di Kain. Aslan sorrise.

-Eppure anche lei ha amato, una volta.- commentò, misterioso, facendo sgranare gli occhi alla più giovane delle sue figlie.

Mosse qualche passo e s’avvicinò alla fanciulla, facendole cenno di estrarre lo scettro che aveva portato con sé; lei eseguì immediatamente, scoccando all’oggetto uno sguardo confuso e tormentato.

Non voleva avere nulla a che fare con Jadis, ma sapeva che quello scettro era in grado di accordarsi sulla stessa musica che cantava la sua anima.

-Jadis ha confidato nel suo scettro più che in qualunque altro essere vivente. Vi ha infuso la sua stessa essenza ed ogni incantesimo che ha compiuto.- le spiegò Aslan, paziente, vedendola rabbrividire ed allontanare il più possibile quel manufatto da sé. -È un oggetto malvagio, e preferirei che tu non lo conservassi.-

Lei tirò un lungo respiro, grata, ma scosse nuovamente la testa.

-Non posso nemmeno abbandonarlo. Qualcuno potrebbe appropriarsene.- negò, mesta: avrebbe preferito seppellire lo scettro di Jadis in una delle stanze sotterranee del castello e dimenticarlo per sempre, ma sapeva che non era possibile farlo – inoltre come poteva, lei, sopravvivere senza qualcosa che l’aiutasse a compiere i primi passi nel mondo della magia? Senza uno scettro non sarebbe stata in grado di controllarsi, avrebbe finito con il combinare guai… per quanto odiasse l’idea, quel compagno le serviva.

Aslan non rispose subito alla sua obiezione. Si allontanò un poco da lei, passeggiando con aria assorta in quel mare di finissima cenere del colore del piombo, gli occhi bruni rivolti al cielo.

-In questo luogo tu sei morta e rinata nel fuoco che Jadis ha cercato di strappare a Narnia molti e molti secoli fa.- disse, infine, voltandosi e guardandola con tanta intensità da trasmettere l’ormai familiare sensazione di essere trafitta da una spada. -Sei un miracolo, figlia mia.-

La strega sussultò, arrossendo, quando quelle parole affettuose l’avvolsero in un calore che contrastava con il vento impetuoso che sferzava la base del Monte Pire.

Lei era un miracolo…

Non si era mai considerata nulla più di un crudele scherzo del destino, ma gli ultimi avvenimenti l’avevano costretta a rinunciare a quella consapevolezza che tanto l’aveva afflitta e tormentata da quando sua madre era stata uccisa.

Le fiamme che le avevano portato via Zaira, che avevano crudelmente ucciso sua madre e la sua innocenza di bambina, lei le aveva sempre odiate: non aveva mai accettato di portare in sé il fulcro dello stesso elemento che tanto male le aveva causato… eppure il fuoco le era rimasto accanto nonostante lei tentasse di estirparlo da sé, proteggendola e salvandola quando persino lei si era arresa alla maledizione che una magia crudele le aveva impiantato nel cuore.

Jadis aveva tentato di sottrarre il Fuoco a suo padre. Invano.

Lei era l’esempio vivente del fallimento della Strega Bianca: aveva tentato di spingerla ad odiare se stessa, il proprio ruolo di Paladina, la propria natura – il proprio padre ancestrale – per ridurla ad un semplice burattino fra le sue mani… l’aveva dannata, le aveva imposto una sofferenza indicibile da cui solo la morte avrebbe potuto liberarla.

E così era stato.

Non era più in grado di definirsi un mostro, Siria.

Il mostro era spirato, con lei, nel momento stesso in cui aveva preferito sacrificare la propria vita pur di non permettere a quel demonio di strega di tornare a calcare il suolo di Narnia, pur di proteggere coloro che amava; e, in quello stesso istante, Siria aveva smesso di odiare quel fuoco che era semplicemente sempre stato parte di lei.

-Non ha mai avuto un sepolcro.- le sussurrò Aslan, con tatto, e lei sorrise quando capì che il leone aveva seguito in silenzio il corso dei suoi pensieri, senza intromettersi e permettendole di giungere all’unica conclusione possibile.

Strinse entrambe le mani sul manico metallico dello scettro, rivolgendo a quell’entità antica e misteriosa un saluto ed un ringraziamento per tutto ciò che le aveva permesso di fare, di essere, di diventare: Jadis e le sue trame, il mostro che lei si era portata dentro, quell’oggetto dannato che tanto bene aveva fatto… tutto il dolore che aveva passato le aveva permesso, finalmente, di accettare se stessa e di liberarsi di quelle morse che, in fondo, l’avevano aiutata a crescere.

-Allora diamoglielo.- mormorò, serena.

Come già in battaglia aveva fatto, brandì con decisione lo scettro della Strega Bianca e lo scagliò nel terreno dinanzi a sé, là dove la fenice aveva abbandonato le sue catene e spiccato il volo verso la libertà.

I cristalli riverberarono di un bagliore scarlatto quando la sua energia dirompente li attraversò, diramandosi nel terreno brullo che lo circondava. Quasi immediatamente, rispondendo all’inconscio comando della strega, le ceneri si animarono e si sollevarono in decine di spire, voluttuose ed intricate, che salirono ad avvolgersi graziosamente attorno al fusto improvvisamente opaco dello scettro.

Strabiliata, Siria osservò il calore della propria energia diramarsi in quelle migliaia di granelli scuri, sciogliendoli per poi saldarli attorno all’artefatto incantato in una delicata composizione di rovi vetrificati che, delicatamente e senza violenza, lo cinsero in un abbraccio da cui nessun essere vivente avrebbe più potuto sottrarlo.

-Cento volte cento anni in questo posto lo purificheranno da ciò che Jadis ha fatto di lui.- sentenziò Aslan, pacato, e lei poté quasi avvertire un sospiro di sollievo provenire dallo spirito improvvisamente sonnolento e pacificato del bastone.

Respirò, finalmente, anche lei. I bollenti venti di Archen, che spiravano perennemente attorno al Monte Pire donandogli quel nome a lei tanto affine, lì non erano altro che una piacevole brezza calda, così diversa dalle prime correnti fresche che ultimamente giungevano, di sera, al castello di Caspian.

Il tramonto riempiva la figura imponente e frastagliata della montagna di bagliori rossastri, dorati e sanguigni; il Sole stava lentamente sprofondando al di là dell’orizzonte, avviandosi pigramente verso il mare lontano, e la pace ed il silenzio di quell’istante le colmarono lo spirito, sempre inquieto, di una quasi ascetica serenità.

-Però ad una strega serve uno scettro, no?-

La voce di Aslan, musicale e rilassata, non la distrasse subito da quel momento di contemplazione, fondendosi con naturalezza al sussurro dei venti; ma, quando la sua mente comprese ciò che lui le aveva appena suggerito, si voltò.

-Cosa…- fece per domandare, ma le parole le morirono in gola quando, dinanzi a sé, trovò ad attenderla la figura slanciata di un dono del tutto inaspettato.

Uno sfarfallio scarlatto occhieggiò giocosamente verso di lei quando uno degli ultimi raggi solari sfiorò la superficie liscia e levigata di uno dei manufatti magici più belli che Siria avesse mai visto.

Lo scettro che era apparso al comando di Aslan – non poteva venire da nessun altro – avrebbe potuto essere scambiato come il fratello di quello che Siria aveva appena abbandonato: a differenza del primo, però, non era composto da cristalli ma da un legno chiaro, levigato e delicatamente istoriato nei due punti in cui la struttura si divideva per lasciar spazio all’impugnatura di quello che sembrava argento e in cui era incastonato il rubino che aveva sfavillato nella luce del Sole.

-…oh.- fu tutto ciò che la raminga, attonita, riuscì a dire.

Era suo.

Il cuore le batté forte nel petto quando, senza attendere un invito, allungò le mani e trasse al petto quell’artefatto nato per essere sia di sostegno alla sua magia sia come arma, dato che le estremità si assottigliavano fino ad inguainarsi in due punte affilate forgiate nello stesso metallo che ne componeva il centro.

-Questo scettro è nato dalla stessa magia che ha forgiato la falce di Mirime, le pietre di Aysell e l’arco di Talia.-

-Pensavo che quell’arco le fosse stato donato da un archeniano.- mormorò distrattamente lei, troppo impegnata ad ammirare quel presente meraviglioso per accorgersi realmente di ciò che Aslan le stava dicendo.

Avvertiva una sensazione familiare, frizzante, guizzare nel legno lucido che le scivolava dolcemente sotto le dita: riuscì ad identificarla solamente qualche attimo più tardi e allora sorrise, emozionata, sentendo strane lacrime di commozione salirle agli occhi senza che lei sapesse bene perché.

C’era vita in quello scettro.

Si riscosse un poco, alzando lo sguardo pieno di gratitudine verso il leone mentre si stringeva istintivamente al petto quel dono tanto apprezzato.

-Infatti.- ridacchiò lui in risposta al suo commento di poco prima, guadagnandosi un’occhiata curiosa da parte della ragazza che, non per la prima volta, si chiese quante fossero state le volte in cui Aslan era intervenuto per le sue figlie senza però permettere loro di percepire la sua vicinanza.

Avrebbe voluto porgli altre mille domande, perché sentiva di essere rimasta separata da lui per troppo tempo e avrebbe desiderato colmare subito quel vuoto; ma lui agitò la criniera, voltando poi le spalle ai rovi di cenere vetrificata e facendole cenno di seguirlo.

-Avanti, ora dobbiamo fare ritorno.- la esortò, e la giovane si affrettò a correre al suo fianco, scorgendo già la folta criniera di Destriero agitarsi nel vento che spirava fra le Colline di Cenere. -C’è un gran ballo che incombe, e i sarti non attendono.-

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My Space:
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Buonsalve a tutti! Come va? Oggi qua finalmente c'è il Sole, che scalda un po' le mie vecchie ossa intirizzite e aiuta il mio umore a non essere nero come al solito. In sostanza, oggi Peter può tirare fiato: non cercherò di ucciderlo (forse).
Questo capitolo è lunghissimo, e ci sono tantissime cose da dire al riguardo!
Caspian è tanto carino, il mio amore per lui cresce esponenzialmente ogni volta che mi ritrovo a descriverlo, a muoverlo, a farlo respirare... saranno le orecchie, ma non riesco a resistergli, è più forte di me! Nella scena dell'incoronazione mi è piaciuto parlare di lui come del Re che è diventato, non più come il ragazzo che la banda di mercenari ha rapito dieci mesi prima di quel momento. Ci sono un sacco di accenni in quel primo pezzo: Edmund e Tara (che io shippo tantissimo, sono una cosa meravigliosa), Peter e Shaylee (che avranno il loro spazio nel prossimo capitolo), Cornelius (AMATELO QUANTO LO AMO IO), Caspian e Siria. Caspian e Siria *O*
Invece le ragazze al banchetto mi hanno fatta rotolare dal ridere: sono quattro buffone, e Siria è una stronza di prima categoria xD però, in fondo, chi non avrebbe cercato di darsela a gambe da quella palla di festa?
Ah, e Cornell ha citato il titolo della fanfiction senza che io me ne accorgessi xD quando l'ho notato sono rimasta sbigottita, non era voluto però devo dire che non ci sta male come affermazione!
Per la questione dell'ubriachezza molesta e condivisa delle Figlie di Aslan mi pare che Siria si sia spiegata bene (rischiando lo scalpo), ma mi ripeto: lei non può ubriacarsi perché, essendo fuoco, brucia l'alcool prim'ancora che entri in circolo. Lo stesso non può dirsi delle altre! Solo che, non essendo molto brave a gestire quel rapporto mentale che hanno ora (e che non hanno mai avuto a questo livello di profondità) capita che Siria si senta un tantino influenzata... mi sa che dovranno trovare il modo di chiudere la mente, oppure qua non si fa più sesso per paura di essere "sentite" xD
Che ne pensate di Glozelle? Io personalmente lo adoro, per questo ho deciso di tenerlo agli ordini di Caspian: ha un futuro, quell'uomo!
Ed ecco che si profila all'orizzonte la sfida più ardua per la nostra Siria: un gran ballo di gala! Si accettano scommesse su quanto ci metterà a dar fuoco a tutto...
Aslan si rende utile ogni tanto, no? Non molto, ma abbastanza per non rischiare la falcidiatura da parte di Mirime U_U
Nel prossimo capitolo vedremo tornare un personaggio che era stato molto apprezzato, il conte elfico Galador e compagnia (molto meno apprezzata); le fan di Aaron e Susan dovranno attendere fino a quello dopo, il conclusivo, per poter fangirlare indegnamente su una scena tutta loro; idem per le amanti della coppia Edmund/Tara!
Quindi ora che ci aspetta? Il ballo e? Ma il gran finale, ovviamente! I prossimi due capitoli sono in stesura, ma io sono in fase di trasloco... spero di riuscire a essere puntuale con gli aggiornamenti, o almeno farò in modo che qualcuno aggiorni per conto mio ^^'
Avrei tante altre cose da dire ma non me ne viene in mente nessun'altra, quindi vi lascio e ci sentiamo prestissimo! Ah, e questa è un esempio di come ci siamo immaginate la corona di Caspian (non in questi colori, ma pace) xD:



(...sì, è quella di Game of Thrones!)
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Nota dell'Autrice:
Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U
Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.
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