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Autore: Ila_97_1D    09/02/2014    2 recensioni
Per le tre ragazze italiane, grandi amiche, è finalmente giunto il momento di partire per L'Inghilterra, dove trascorrere le vacanze estive tanto attese.
Tutto è pronto, ma la destinazione non è più Londra.
Paola, Giada e Ilaria si ritroveranno in un piccolo paesino inglese di campagna, completamente diverso dalla vita di città a cui sono abituate.
Lì, troveranno però cinque ragazzi, tre dei quali faranno provare loro nuove avventure.
Tra amicizie, amori e litigi, quell'estate sarà un'esperienza indimenticabile.
La parte più bella di tutto ciò, è che a metà racconto, iniziano a succedere cose inaspettate. Vi lascio con la curiosità...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Harry pov.) 
 25 Maggio. 

Come era bella mentre contemplava il profilo del ventre ormai prosperoso allo specchio. Sfiorò una parte dell'ombelico con la punta delle dita studiando attentamente il percorso che disegnava sulla pelle, sul volto l'espressione attonita di chi ancora, come me, non poteva credere ai propri occhi. 
Perché tutto questo era assurdo, in pochi giorni sarei diventato padre, e il fatto che io stesso ero agitato per il parto dava a tutto ciò un qualcosa di incredibile. 

- Sono già nove mesi. Ancora non ci credo. - disse incrociando il mio sguardo nella superficie riflettente, sorridendomi lieta. Scorsi qualcosa nei suoi occhi dopo che li contemplai, in cui però non fui in grado di riconoscere con certezza di cosa si trattasse. 

- Nemmeno io. - mormorai avvicinandomi e circondandole le spalle con le braccia. Approfittai del momento per poterle baciare la delicata pelle del collo, teso in avanti e scoperto grazie ai capelli raccolti che mostravano la nuca. 

- Harry... - gemette sollevando un braccio, affondando le dita tra i miei capelli, tirandoli e accarezzandoli in modo piacevole. 

- Aspetta! - gemette staccandosi da me. Le sue gote si fecero immediatamente rosse appena mi fermai insistente a guardarla : la maglietta ancora sollevata e il respiro usciva a sbuffi dalle labbra.

- Che cosa succede? - chiesi sorridendo e provocandole maggiore imbarazzo. 

- Niente, ma, essendo le otto di sera, mia zia sarà qui a momenti e devo ancora preparare la cena. Mi aiuti ad apparecchiare la tavola? -.

Era sempre così gioiosa, sempre così vitale e con quell'abituale luccichio negli occhi che, spesso, mi metteva a disagio. Ma non un disagio in cui ci si vorrebbe sotterrare e nascondere dal mondo intero, quel disagio che saresti in grado di sopportare all'infinito. Quel disagio che ti fa sentire piccolo piccolo ma di cui vorresti esserne vittima sempre. 

- Certo, ti aiuto io, piccola. - le scoccai un bacio rumoroso sulla guancia, dando una pacca affettuosa al suo fondoschiena, meravigliosamente scoperto a causa della mia maglia sollevata. 

- Ahi! Mi hai fatto male, scemo - accarezzò la parte arrossata della natica che avevo appena colpito con una smorfia seccata, spalancando la bocca appena scorse il segno delle cinque dita. 

- Vado ad apparecchiare! - mi affrettai a dirle, scivolando sul corrimano delle scale e raggiungendo la cucina.
Quando mi raggiunse, ed ero quasi sicuro ci avesse messo cinque minuti buoni, si parò davanti a me ed incrociò le braccia al petto, sollevando un sopracciglio e scuotendo la testa con disapprovazione. Che dire? Era bella anche quando disapprovava. Era belle sempre. Non resistetti alla tentazione e così, incorniciandole il viso con le mani, la baciai castamente lasciando me stesso senza fiato.
 
- Dove sono le posate e il resto delle cose? - domandai pacato, godendo del suo disorientamento. 

- L...lì. - mi indicò degli armadietti, schiudendo le labbra appena le sfiorai il naso con il mio.
Decisi di porre fine a quella tortura e presi forchette e coltelli insieme ai bicchieri e ai tovaglioli di carta, e mi diressi nuovamente nel piccolo salotto dove a padroneggiare era un meraviglioso tavolo di legno intagliato. 

- Maledizione, la tovaglia. - bisbigliai tra me e me tornando in cucina dopo aver appoggiato le cose che avevo in mano su una sedia. 

- Piccola, ho dimenticato la tovaglia da mettere sul tavolo. - posai una mano sulla schiena di Paola, essendo di spalle, e percepii la rigidità della spina dorsale. Poco dopo, quando il silenzio continuava a regnare, mi sporsi in avanti, notando il suo sguardo perso nel vuoto e le braccia tese lungo i fianchi mentre l'acqua del rubinetto sgorgava dalla pentola ormai piena. 

- Paola? - la chiamai facendola girare. Sembrava spaventata e al tempo stesso scioccata, ma ancora non riuscivo a capirne la ragione. 

- Harold, non ti allarmare ma... - si guardò i piedi e lì vidi del liquido trasparente farsi strada sul pavimento e gocciolare dalle sue gambe. 

- Oh... - le parole mi morirono in bocca ed ebbi la sensazione che il terreno cedesse sotto i miei piedi, come se stessi per cadere in un dirupo. Non poteva accadere tutto così in fretta, io avevo paura. "E se non riuscissi a prendermi cura della bambina? Se non ne fossi all'altezza?". 

- Ora?? - chiesi con voce squillante, facendo quasi fatica a riconoscerne il timbro e la provenienza. Feci cadere lo sguardo sulla sua pancia, implorando mentalmente Rebecca, invano, di aspettare ancora un po', sperando con tutto il cuore che potesse veramente sentirmi. 

- Sì, ora! - gemette Paola annuendo. Spensi l'acqua del rubinetto interrompendo lo snervante scroscio e, con sorprendente velocità, le posai la giacca sulle spalle una volta che fui tornato da lei. 

- Coraggio, vieni piccola. - agganciai un braccio al suo, trascinandola verso la porta d'ingresso e cercando di placare i suoi spasmi di dolore. Le mie mani sudavano freddo e scivolavano mentre cercavo di aprire la portiera dell'automobile.

- Harry, ma tu stai tremando. -. Lo notò subito appena cinsi il suo polso con una mano, e mi guardava con commiserazione e paura. La stessa paura che avevo percepito quando mi disse di essere incinta. 

- Non ti preoccupare, io non scappo. - le diedi un veloce bacio sulle labbra carnose, interrompendo i suoi pensieri inespressi. 

- Che male... - mormorò a denti stretti appoggiando la testa al sedile una volta che entrambi fummo in macchina. 

- Ti prego, resisti. - spinsi il piede sulla frizione per avviare la vettura e in un baleno ci ritrovammo sulle affollate strade di Milano. 

- Maledizione, c'è troppo traffico qui! - il nervoso cresceva a fior di pelle, soprattutto quando lanciavo occhiate furtive al sedile accanto. A volte mi ritrovavo a respirare sovente insieme a Paola, più per incitare me stesso che lei. 

- Sei un cretino. - mi disse ridendo quando se ne accorse, continuando poi a respirare con velocità e gemere per le incessanti contrazioni. Cercai di prendere delle scorciatoie, di suonare a chiunque intralciasse il passaggio, ritrovandomi addirittura a urlare, in italiano, fuori dal finestrino "la mia ragazza sta per partorire, idiota!", ricevendo insulti a cui non diedi una particolare attenzione. 
Finalmente arrivammo all'ospedale, accolti da delle infermiere in camice bianco che portarono Paola, già sdraiata su un lettino, in sala travaglio. 
Guardai l'orologio al polso: ancora le nove di sera. 


***

- È il suo primo figlio? - alzai lo sguardo, interrompendo la camminata isterica con cui avevo già percorso innumerevoli volte il lungo corridoio del piano. 

- Si capisce così tanto? - dissi con scarso accento italiano, sorridendo forzatamente all'uomo seduto sulla sedia, che mi guardò compatito quando ricominciai a prendere l'andamento della passeggiata. 

- Anche per lei é il primo? - gli chiesi quando fui ancora di fronte a lui, che a differenza mia sembrava molto pacato e indifferente.
 
- No, è il quarto. - rispose in una perfetta pronuncia inglese con un'alzata di spalle. Fortunatamente mi diede la possibilità di parlare nella mia lingua nativa. 

- Per la miseria! -. Non potei trattenere lo stupore, e mi soffermai a guardarlo con circospezione. Era un uomo robusto, forse sui quarant'anni: le lievi rughe sulla fronte e intorno agli occhi ingannavano. Le mani callose incrociate sul grembo piatto davano l'idea di un instancabile lavoratore, ma l'espressione radiosa dipinta in volto cancellava ogni possibile traccia di affaticamento. 

- Se posso permettermi, giovanotto, quanti anni hai? - domandò interrompendo la mia ispezione. 

- Ne ho venti. Due in più della mia ragazza. - spiegai. Sapevo di averlo sbigottito, anche se, dal modo in cui mi sorrise, non lo sembrava affatto. - Com'è essere padri per la prima volta? - chiesi un attimo dopo. 

- Come? - mi guardò perplesso. 

- Voglio dire, è faticoso fare il padre? Alzarsi di notte per cambiare i pannolini, cantare ninna nanne fino alla nausea, dondolare per placare i pianti assordanti...- i suoi occhi si riempirono di dolcezza quando lasciai le parole sospese nell'aria. 

- Affatto. Non c'è cosa più bella che diventare genitore. Ti rende più responsabile e ogni giorno sempre più felice. Ti dirò, la mia prima figlia ha sedici anni e, nonostante le sue crisi adolescenziali, non c'è giorno che passa in cui io non sia fiero di lei e di come l'abbiamo cresciuta io e mia moglie. -. 

- Io... - un pesante groppo alla gola mi impedì per un momento di proseguire. Mi sedetti accanto a lui. - Il fatto è che io ho paura di non renderle felici, capisce? - gli occhi iniziarono a bruciare e subito dopo dei singhiozzi mi spezzarono il fiato, mentre una calda mano si appoggiò sulla mia schiena. 

- Non dire così. Andrà bene. Hai l'aria di un bravo ragazzo e sono certo che lo sarai anche con tuo figlio. - 

- Figlia. - lo corressi prima di soffiare il naso nel fazzoletto di carta che mi aveva offerto. 

- Avete già scelto un nome per lei? - 

- Rebecca. - 

- Lo ha scelto la tua ragazza, non è vero? - ridacchiò divertito, come se ne fosse costantemente abituato, e appoggiò la testa al muro, dietro la sedia su cui era seduto.
 
- Già, ma mi piace come nome. - 

- Oh, si è molto bello. - rispose. Una donna in camice ci venne incontro con un foglio in mano, a cui diede una veloce occhiata prima di guardarmi. 

- Harry Edward Styles? - chiese con voce roca, inarcando un sopracciglio e continuando a guardarmi da sopra gli occhiali rettangolari appoggiati alla punta del naso. 

- Sì, sono io. - guardai l'uomo accanto a me che, sorridendomi calorosamente, cercò di rassicurarmi con un'ennesima pacca sulla schiena.
 
- La sua ragazza si chiama Paola, vero? - 

- Si, che cosa succede, infermiera? - mi alzai frettolosamente, incrociando le mani e giungendole alla bocca. 

Sorrise, mostrando i denti leggermente ingialliti e rovinati. - È pronta per il parto. Ha detto che la vuole accanto a lei. Prego mi segua. - mi camminò davanti, non lasciandomi nemmeno il tempo di comprendere la notizia. 

- Cosa? - sussurrai passandomi le mani tra i capelli e incrociandole poi alla nuca. 

- Vai, coraggio! - mi spronò l'uomo dall'animo buono. 

- Sì, giusto! Non so come ringraziarla, signor? -

- Alessandro, ma preferisco Ale. - strinse con forza la mano che gli avevo teso, salutandomi con il suo solito sorriso e augurandomi buona fortuna. 

Attraversai il corridoio ormai familiare e seguii miss "io sono un'infermiera, non ho tatto per dare notizie", che entrò in un'altra stanza ulteriormente bianca. 
Alla vista di Paola il battito cardiaco aumentò, facendo scontrare il cuore contro la gabbia toracica. Lei grondava di sudore da ogni poro, il codino le teneva fermo un insieme aggrovigliato di capelli che prima, forse, dovrebbe essere stato uno chignon, e poi piangeva. Piangeva silenziosa ma io la sentivo, sapevo che voleva urlare e io mi sentivo uno schifo perché odiavo vederla soffrire e non poter fare nulla. 

- Piccola, ci sono qui io. - la rassicurai posandole un bacio sulla fronte bagnata e stringendole la mano. 

- Harry... Che cosa mi faranno? - tremava come una foglia, aveva paura e ne avevo molta anche io. "Fai l'uomo, cazzo!". 

- Non ti succederà nulla. Promesso. Tu concentrati a respirare con regolarità, okay? -. Annuì gemendo e una lacrima veloce le percorse la guancia, cosicché mi chinai per asciugargliela con le labbra. 
Dei chirurghi ci circondarono ed iniziarono a parlarle e a spiegarle cosa sarebbe successo. Aveva deciso per il parto naturale e così avrebbero fatto. 

- Okay, ora spinga con tutte le forze che ha e quando le diremo di fermarsi lo faccia, okay? - 

- Okay. - rispose Paola con voce flebile.
 
- È pronta? - chiese ancora una volta il chirurgo davanti a lei, guardandomi poi di sfuggita 

- S...sì. - annuì ed iniziò a spingere, inarcando la schiena e stringendo i denti per soffocare un urlo.

- Si fermi. - ordinò il medico e Paola ricominciò a respirare velocemente. 

- È pronta? - chiese ancora e ancora una volta Paola annuì, spingendo con più forza di prima e stritolandomi la mano. Avrei voluto imprecare dal dolore ma non lo feci, io non stavo provando niente in confronto a ciò che stava provando lei. 
La scena si ripeté per altre tre volte, finché l'uomo ebbe la bambina tra le braccia. Piangeva e gridava, coperta di sangue. Vidi come i medici la maneggiavano e una parte di me avrebbe voluto gridare di fare più piano perché avevo l'impressione che le stessero facendo del male, ma sapevo che non era così. 
Paola piangeva dalla gioia, spossata ma felice, e anche io mi ritrovai a farlo insieme a lei.
 
- Ce l'hai fatta, amore. Sei stata bravissima.- la bacia con delicatezza, appoggiando la fronte alla sua. La piccola Rebecca fu lavata e coperta e, finalmente, venne lasciata tra le braccia della madre. Era così piccola e fragile che non potei fare a meno di sorridere. 

- È bellissima, vero? - mi chiese Paola guardandomi radiosa. 

- Stupenda. - la manina di Becky si attorcigliò al mio dito quando la sfiorai, ogni singola parte del mio corpo era così grande rispetto al suo che mi impressionai.
 
- Vuoi prenderla? - domandò Paola poco dopo lasciandomi turbato.

- C...certo. - presi la bambina, che mugugnò un po' prima di accovacciarsi tra le mie braccia. "Wow". Era meraviglioso come una creatura così piccola riuscisse a dare così tanta gioia. Le baciai la fronte, camminando avanti e indietro per cullarla. 

- Ciao Rebecca, io sono il tuo papà. - le sussurrai all'orecchio sotto gli occhi divertiti della madre. 
Ale aveva ragione: non c'è cosa più bella che diventare genitori. 





Ciao a tutte ragazze! :D 
Da quanto tempo non salivo su questo sito hahahaha spero che vi stia andando tutto bene :3 
Ed eccoci qui con il capitolo quarantasei. Spero sia di vostro gradimento, così mi faccio perdonare per l'assenza LOL 
Finalmente la famosa Becky è nata! Ovviamente ora lo stile di vita dei due giovani innamorati cambierà totalmente, e soprattutto Paola non potrà proseguire con gli studi. Chissà cosa accadrà? Ancora, sinceramente, non lo so. E poi cosa succederà alle altre coppie? Spero di non ritardare ancora così molto, così lo scoprirete mooolto prima hahaha 
Ora scappo a studiare Petrarca gaaah :/ 
Un bacione a tutte e grazie per la pazienza <3 <3 

 

  
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