Anime & Manga > Soul Eater
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Autore: firephoenix    09/02/2014    9 recensioni
Arieccomi gente! Visto l'inaspettato successo di Maka Red Riding Hood ho deciso di cimentarmi in un'altra long simile dove Maka e gli altri personaggi di Soul Eater si ritroveranno catapultati niente meno che nel paese delle meraviglie! Già, già! Spero che vi piaccia! ;)
"Che diavolo sto facendo? Sono impazzita? Stressata mi passai le mani tra i capelli e sugli occhi e calpestai qualcosa di piccolo e tondo. Alzai il piede trovandomi davanti una piccola boccetta di vetro blu. La presi. “BEVIMI” c'era scritto sopra. Mi lasciai sfuggire una risata sarcastica mentre la soppesavo con la mano.
«Fanculo!» esclamai e la svuotai in un sorso."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip...
Carica a 200!
Chi sono? Dove sono?
Bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip...
Libera!
Sussulto. Sono morta?
Carica a 250!
Che succede? Cerco di aprire gli occhi, di reagire, ma c'è troppo rumore.
Libera!
Mi fa male tutto, mi fa male il cuore. Voglio che smetta.
Bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip...
Le voci attorno a me mi confondono. Sussulto ancora e ancora.
Carica a 300!
Voglio uscire di li. Voglio che il dolore scompaia.
Libera!
Sussulto un ultima volta, poi sprofondo nel nulla.

 

Quando riaprii gli occhi fui investita da un bianco accecante. La testa mi girava e mi sentivo debole e spossata; dopo qualche istante di disorientamento capii di star fissando il soffitto bianco e crepato di una piccola stanza. Sbattei ancora un po' le palpebre e feci una fatica immane quando cercai di ruotare il collo quel minimo che mi avrebbe consentito di esplorare la camera con lo sguardo.
Alla mia sinistra c'era solo una finestra; le tende bianche erano tirate e rendevano la luce del giorno proveniente dall'esterno quasi surreale. Alla mia destra c'era un comodino con un vaso enorme di fiori variopinti, un monitor che bippava a ritmo costante e una flebo. Fu allora che capii di essere in un ospedale e non... la testa prese a vorticarmi più velocemente... quel bianco sembrava richiamarmi alla memoria antichi ricordi. Ricordi che forse era meglio non riesumare. Lo schermo del computer vicino a me prese a emettere bip sempre più veloci e irregolari. Strinsi con forza le unghie nel materasso morbido del letto mentre il mal di testa mi perforava la mente come un martello pneumatico.
Una maschera. Alice. Due sorelle. Un gatto. Un tavolo imbandito. Un castello bianco. Uno rosso. Una guerra e...
Soffocai un urlo di orrore mettendomi una mano sulla bocca mentre un bippare frenetico e impazzito invadeva la stanza in una lugubre e interminabile colonna sonora.
Poi la porta della stanza si spalancò e ne entrò un medico seguito a rotta di collo da una cascata di capelli rossi e degli occhi scavati.
«Makina, tesoro! Sei sveglia!» esclamò Spirit piangendo come un bambino e abbracciandomi, facendomi più male che bene.
«Signore deve calmarsi o la signorina rischierà di...» provò a dire il dottore, ma mio padre lo prese immediatamente per il colletto del camice bianco fissandolo con rabbia.
«La mia bambina è stata in coma per due settimane intere e adesso si è svegliata. Non provare a dirmi cosa devo fare!»
«In coma per due settimane» sussurrai accasciandomi sul cuscino. Due settimane. Forse mi ero sognata davvero tutto... non ero mai stata in quel mondo, non avevo combattuto alcuna guerra, non avevo perso nessun amico.
Persa completamente nei miei pensieri non mi accorsi che Spirit aveva lasciato fulmineamente il dottore per venirmi a stringere una mano.
«Come stai, tesoro? Di al tuo papino come ti senti»
Come mi sentivo? Distrutta era un eufemismo. Avevo viaggiato in un paese di un'altra dimensione, ci avevo messo parecchio a credere che quello che stavo vivendo fosse vero e quando c'ero riuscita mi ero innamorata, poi il mio cuore era stato preso a calci e lacerato dalla visione di una morte orribile e infine, eccomi qui, travolta dalla possibilità che tutto ciò che avevo vissuto fosse stata un'allucinazione causata dal coma.
«Perchè non parla?» mio padre stava nuovamente guardando il medico con aria accusatoria «Che cosa le hai fatto, eh? È colpa tua, eh?»
Fu allora che iniziai a ridere. Ogni sussulto mi faceva male fisicamente eppure non riuscivo a smettere e con le risate uscirono presto anche lacrime, che bruciavano come lava sulla mia pelle fredda. Diciamocelo... tutto questo era semplicemente esilarante. Avevo vissuto l'avventura più assurda ed emozionante di tutta la mia vita ed eppure ero lì, con Spirit che faceva il paparino iperprotettivo. Dio, avevo vissuto l'inferno e non era cambiato niente. Niente. A cosa erano valsi i miei sacrifici? Ad una comica normalità?
«Makina?» la voce di mio padre era un sussurro.
«È probabile che sua figlia stia attraversando uno shock post traumatico. I ricordi dell'incidente stradale si stanno facendo vivi nel suo cervello»
Risi ancora più forte. L'incidente stradale, un trauma? Loro non avevano idea di che “trauma” avessi sofferto in quei giorni.
«È-è sopravvissuto qualcuno?» chiesi in preda all'ilarità.
«Il corpo dell'autista non è stato rinvenuto e nell'altra macchina coinvolta i paramedici hanno trovato solo un ragazzo che adesso è in coma, come lo eri tu» mi rispose il dottore.
Non è stato trovato alcun corpo. La mia risata si spense in un istante. Black*star, certo... e un altro ragazzo era in coma. Fantastico... a quante persone dovevo ancora rovinare la vita con la mia presenza?
Spirit preoccupato dal mio cambiamento d'umore provò un approccio:
«Vuoi che papino ti porti da bere?»
Non sapendo cosa rispondere annuii, pur non avendo sete. Mio padre uscì come un tornato dalla stanza urlando per i corridoi “qualcosa di caldo per la mia Makinaaaa!!”e il medico che c'era nella stanza si avvicinò al monitor, controllò alcuni parametri, sistemò la flebo e mi disse in tono rassicurante che il peggio era passato, poi uscì anche lui.
Io tornai a fissare il soffitto bianco con le lacrime agli occhi.
Sapevo che avrei dovuto convivere con quei ricordi, falsi o veri che fossero, per tutta la vita. Sapevo che non sarebbero mai scomparsi, come sapevo che non avrei trovato più nessuno come... Soul. Il suo solo pensiero mi faceva venir voglia di smettere di esistere.
«Makina tesoro, ti ho portato da bere» mio padre entrò piano dalla porta con in mano una tazza di porcellana piena di tè fumante. Non mi chiesi dove l'avesse presa in un ospedale; quando Spirit voleva fare qualcosa per me in qualche modo ci riusciva sempre.
«Grazie» biascicai prendendola e coprendone la superficie coi palmi per scaldarmi le mani.
Bevvi un sorso di tè ed il mio pensiero corse a Stein, Ashura ed il coniglio. La battaglia di pasticcini e posate riuscì ancora a strapparmi un piccolo, seppur malinconico, sorriso.
Spirit mi guardò contento di aver fatto stare meglio la sua “Makina” e uscì dalla stanza dicendo che avrebbe chiamato mamma per informarla del mio risveglio.
Io mi accoccolai meglio tra le coperte a bere il mio tè.
«Come with me... and you'll be... in a world...» sospirai canticchiando un po' stonata «of pure imagination...» era iniziato così quel viaggio. Con quella canzone a fare da sfondo.
Che fosse stata davvero tutta “pura immaginazione”, come suggeriva il titolo? Poteva una fantasia, un sogno, una non realtà, cambiare in modo così profondo una persona? Perchè era ovvio che non fossi più la Maka del giorno del matrimonio di Marie... una Maka migliore, peggiore forse, chissà, ma sicuramente diversa. Avevo visto la morte, la guerra, l'amore... in meno di una settimana avevo vissuto un'intera vita. Aveva un che di inquietante, ma non potevo negare che non fosse incredibile.
E adesso cosa succederà? Mi chiesi chiudendo gli occhi. La distrazione fu fatale: le due settimane di coma mi avevano indebolito parecchio, così la tazza mi scivolò dalle mani e, rimbalzando sulle lenzuola si schiantò a terra, rompendosi.
«Merda» biascicai ringraziando il cielo che almeno fosse vuota e che quindi non avessi imbrattato nulla di tè. Con una fatica immane e la testa che girava, mi sporsi dal bordo del letto, allungandomi per afferrare i cocci e deporli sul comodino. Ad un centimetro di distanza dal coccio più grande la testa prese a vorticarmi così forte che mi sembrò quasi che fossero i pezzi della tazza a ruotare. Mi risollevai sul letto e affondai il capo nel cuscino col respiro accelerato sperando che passasse in fretta; di porcellane che si sollevavano nell'aria e svanivano nel nulla ne avevo avuto abbastanza nel paese delle meraviglie.
Quando il mal di testa si fu placato abbastanza tornai a rivolgere lo sguardo verso i pezzi di tazza sul pavimento. Era rotta proprio come si era rotta quella nel palazzo di Tsubaki... mi avvicinai ulteriormente... i bordini azzurri finemente decorati, quel bianco così puro... cavoli quella sembrava proprio la porcellana del palazzo di Tsubaki!
Affascinata ed incredula ne afferrai un pezzo e, tornando a mettermi comoda sul letto, lo esaminai con cura. Non c'era dubbio, sogno o no, quella tazza era uguale identica a quella della Regina Bianca. Ripensai alle parole che mi aveva rivolto quel giorno:“ Nel paese delle meraviglie tutto ciò che si rompe, come una porcellana, o viene dimenticato, come un sogno, si trasferisce in un altro mondo. Quella tazza potrebbe essere finita nel tuo, tanto quanto potrebbe essere rotta in un cassonetto o intera su uno scaffale”
Che quella fosse dunque arrivata da...? No. Non poteva essere. Non avevo visto nessuno stupido paese! Ero stata in coma! Cercai di convincermi. Ed allora perchè il monitor affianco a me emetteva bip a ritmo sempre più calzante? Perchè i miei pensieri iniziarono a viaggiare indipendentemente dalla mia volontà?
Come sei tornata a casa dal paese delle meraviglie, Maka? Sembrò chiedermi la mia coscienza.
E in un attimo seppi risponderle: ero rimasta sola, mi ero lasciata andare, mi ero dimenticata della mia stessa esistenza. Dimenticata.
Nel paese delle meraviglie tutto ciò che si rompe, come una porcellana, o viene dimenticato, come un sogno, si trasferisce in un altro mondo.”
Rotto... dimenticato. E se non valesse solo per gli oggetti o per i sogni?
Presa in pieno stomaco da una speranza mozzafiato, spostai le coperte con un unico gesto, lasciando il mio piccolo corpo avvolto nel camice d'ospedale allo scoperto. Alla maggior velocità che mi era concessa spostai le gambe atrofizzate giù dal letto, fregandomene dei cocci di porcellana ancora a terra. Mi strappai la flebo la braccio con un gemito di dolore e mi alzai in piedi. Traballai per un attimo, ma la mia forza di volontà sarebbe bastata da sola per un intero esercito; sarei uscita da quella camera anche strisciando.
Una volta giunta alla porta la socchiusi e sbirciai fuori. Con sollievo notai che la mia stanza non era collocata in un corridoio centrale e quindi il via vai non era frenetico. Aspettai paziente che le due infermiere che camminavano spettegolando sparissero dietro il primo angolo e mi fiondai fuori.
Come prevedibile ero nel reparto di terapia intensiva, dove stavano le persone in coma; nel corridoio, oltre la mia, c'erano altre tre porte. Presi un bel respiro profondo per calmare il tremore delle gambe ed entrai nella prima.
Le tapparelle della stanza erano abbassate e la camera era immersa in buio tanto profondo che dovetti affidarmi alla sola luce che proveniva dalla porta che avevo socchiuso per vedere qualcosa. Senza nemmeno sapere bene cosa stavo cercando, mi avvicinai al letto d'ospedale inquietata dal costante rumore che il respiratore diffondeva nello spazio circostante e sbirciai la testa della figura nel letto. Sembrava un uomo di mezza età, era pelato e di un colore poco rassicurante.
Soffocai una risata di scherno. Che ti aspettavi, eh?
Nonostante tutto uscii dalla stanza e, per placare la mia infondata paranoia, controllai anche le altre due: la prima era occupata da una figura mingherlina, poco più di una bimba, che sembrava quasi scomparire in mezzo alle montagne di pupazzi e fiori che costellavano la camera e la seconda ospitava un'anziana e scheletrica signora dall'aria buona. Quelle visioni mi fecero salire le lacrime agli occhi e sperai solo che adesso, tutte quelle persone, stessero vagando in un mondo meraviglioso e di pace, vero o non vero che fosse.
Alla fine della perlustrazione ero sfinita. In mezzo al corridoio le mie gambe stanche e provate cedettero e crollai distrutta con la schiena alla parete. La prima infermiera che fosse passata di li mi avrebbe riportata a letto e poi... sospirai afflitta senza nemmeno riuscire ad immaginarmi in un prossimo futuro.
Non volevo ammetterlo a me stessa, così cercavo di pensare ad altro tutte le volte che il pensiero di chi avrei voluto trovare in quei letti mi dilaniava cuore e mente. Fissai lo sguardo sulla porta di fronte a me cercando di focalizzare la mia attenzione su qualcosa che non mi facesse venir voglia di piangere come una bambina.
La speranza è una grandissima figlia di... e fu allora che mi accorsi delle cartelle mediche appese ad ogni porta. Quella di fronte a me era la stanza dell'uomo pelato col respiratore, ma, alla maniglia, non c'era un foglio come sulle altre, ce n'erano due. Rimasi a fissare la cartellina in più da terra, troppo lontana per leggere il suo contenuto. Avrei dovuto andare a controllare? Si, per ricevere un altro schiaffo in faccia?
Incrociai le braccia al petto e fissai la porta con astio. Era una fottutissima presa in giro. Non ci sarei cascata di nuovo.
Perchè le mie gambe si stavano muovendo allora? Perchè improvvisamente ero in piedi? Quello che stavo facendo non aveva alcun senso... aprii per la seconda volta la porta della camera buia e la richiusi alle mie spalle. Era autolesionismo puro.
Nella completa oscurità, mi diressi verso la finestra che avevo intravisto poco tempo prima; allungando le dita della mano sinistra sfiorai il bordo del letto dell'uomo calvo, poi il nulla e infine un'altra testiera. Trasalii. Così c'erano davvero due persone.
Giunta alla parete cercai a tentoni la cordicella per aprire le tapparelle e, quando la sfiorai, una lacrima corse calda sul mio viso. La toccai esitante. In un'unica goccia era contenuta l'anteprima di tutta la rabbia, l'impotenza e il senso di ingiustizia che avrei vissuto quando, facendo entrare la luce, avrei trovato un letto vuoto od uno sconosciuto. Eppure non riuscivo a fermarmi, come se un burattinaio stesse tendendo i miei fili ed io, marionetta, non potevo fare nulla per impedirglielo.
Con un urlo di rabbia strattonai con forza la cordicella.
...tutto ciò che si rompe o viene dimenticato si trasferisce in un altro mondo...”
...nell'altra macchina coinvolta i paramedici hanno trovato solo un ragazzo che adesso è in coma, come lo eri tu...”
...e il domani non vedrà chi ama...”
Erano passate due settimane.
«Mi stavo effettivamente cominciando a chiedere se ci fossi anche tu» disse.
Fissai il mio sguardo nei suoi occhi cremisi e sorrisi.

 

 

 

 

 

Salve salvinooooo
non c'è niente di più appagante di mettere il punto finale ad una ff che ti ha impegnato per 14 capitoli :)
Quasi mi commuovo :)
Allora, che mi dite? Vi è piaciuta? Io la ho amata e odiata allo stesso tempo :)
So che il finale è apertissimo, ma spero che vi abbia scucito un sorriso come ha fatto con me :) e poi Soul è vivo! È questo che conta! ;P
Amo gli happy ending :')

XOXO
firephoenix

 

Ps: ringrazio ovviamente tutti quelli che hanno letto, che hanno recensito o messo nei preferiti, ricordati o seguiti! Non so cosa farei senza di voi :)

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