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Autore: Fun_for_life_    09/02/2014    3 recensioni
La mia vita era perfetta, o almeno così credevo, finchè poi un giorno qualcosa cambiò.. eravamo rimasti solo in quattro, io, i miei migliori amici, e la musica dei Fun. a rendermi la vita migliore.
Stavo per partire per New York, il mio migliore amico mi aveva comprato dei biglietti per il concerto dei Fun., e quella sera successe qualcosa che cambiò la mia vita per sempre.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andrew Dost, Jack Antonoff, Nate Ruess, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai nel bel mezzo della notte, ero in una posizione troppo scomoda. C'era troppo poco spazio in quel minuscolo letto per me e Nate insieme. Mi stringeva più forte delle altre notti, ma chi lo sa, forse aveva solo bisogno ancora dell' affetto di cui lo avevo privato in questi giorni. Mi feci più piccola tra le sue braccia, ci eravamo rivestiti da poco, e dei vestiti non mi avevano mai dato così tanto fastidio prima d'ora.

Era già mattina, aprii gli occhi, e una figura in camice bianco si muoveva rapida nella stanza.

"Buon giorno" mi sorrise dolcemente l'infermiera.

"Buon giorno" ricambiai, mentre Nate dormiva ancora.

"Siete davvero adorabili" disse riferendosi al fatto che Nate mi teneva ancora fra le sue braccia.

"Grazie, grazie mille" risi.

"Allora come si sente oggi?"

"Bene grazie, ma diamoci del tu, sono solo una ragazza"
"Beh una star internazionale non la definirei -solo una ragazza-"
"Già, me ne dimentico sempre, ma rimango sempre una semplice ragazza"
"D'accordo, come desideri cara, comunque io mi chiamo Benedetta"

"Che bel nome che hai, Benedetta, si mi piace molto!"

"Grazie! Non capita di sentirselo dire da molte star, di solito sono tutte con la puzza sotto il naso"
"Allora mi impegnerò al massimo per essere una delle eccezioni alla regola!" mi stava già simpatica, quella donna era una delle più buone che io avessi mai conosciuto. Aveva 46 anni, magra, capelli ricci indomabili scuri, e un sorriso davvero rassicurante. Iniziò a svegliarsi anche Nate. Mugugnava e si stiracchiava lentamente. Poi posò gli occhi su di me, che ancora non mi ero staccata da lui.

"Buon giorno piccola" mi sorrise.

"Buon giorno amore"
"Sei stata fantastica ieri se.." gli scaraventai una mano sulla bocca per impedirgli di terminare la frase, sicuramente non si era accorto della presenza dell'infermiera. Risi nervosamente.

"Nate, amore, non siamo soli" scandii bene le parole guardando Benedetta. Nate diventò tutto rosso ed ammutolì all'istante.

"Oh, b-buon giorno" balbettò.

"Buon giorno a te, caro" rispose Benedetta ridendo sotto i baffi. Dopo poco l'infermiera uscì dalla stanza, per finire il suo giro mattutino.

 

P.O.V. Nate

 

Stavamo tranquillamente chiacchierando a colazione, ma la preoccupazione non mi abbandonava. Dovevo dire a Syria del tumore, ma come? Non volevo dirglielo, era come se sperassi che nascondendoglielo sarebbe passato da solo, come se sarebbe sparito all'improvviso, ma ovviamente non era così che andavano le cose, no. Questa cosa mi stava torturando, era un pallino fisso nella mia mente. Dovevo fare qualcosa, ma cosa? Non potevo assolutamente fare niente. E cosa peggiore dovevo fari finta di niente finchè non avessi trovato un modo per dirlo a Syria. E come se non bastasse, dovevamo trovare un modo per dire alla madre che era incinta. Non sapevo davvero che reazione avrebbe avuto, ma sicuramente non sarebbe stata delle migliori. Ricordo ancora la ramanzina che mi fece.

"Va tutto bene?" Syria interruppe il mio flusso ininterrotto di pensieri.

"Si.." risposi risultando assolutamente poco convincente.

"Con me puoi parlare di tutto, lo sai vero?" cercava di rassicurarmi.

"Si, si lo so..è solo che..." mi bloccai, era il momento giusto per dirglielo? Lei aveva il diritto di sapere, ma ora che le cose andavano bene non me la sentivo di abbatterla di nuovo.

"Che..?" cercò di incitarmi a continuare. Mi stava sorridendo, voleva darmi coraggio. Mi guardava da sotto un ciuffo che le era caduto sul volto, ma la luce che emanavano i suoi occhi non sarebbe stata coperta mai da nulla. Lei era una luce, la mia luce.

"Stavo pensando a come dire a tua mamma del bambino.." improvvisai, non ero riuscito a dirglielo. Non avrei sopportato ancora una volta che quel sorriso svanisse. Non ora.

"Ci pensavo anche io.. si arrabbierà tantissimo"

"Lo so, e non ha tutti i torti.. mi sento così in colpa.."

"Hei amore, no, non dire così, non è colpa tua" come diamine faceva a preoccuparsi per me in quel momento, mentre quella davvero nei guai era lei?

"Avrei solo dovuto essere più attento, più cauto"
"Nate smettila di darti tutta la colpa, anche io ho contribuito, non credi?" forse aveva ragione, ma la colpa principale era la mia. Finimmo di fare colazione e io andai da Jack e Andrew, avevo davvero bisogno di trovare una soluzione. Syria rimase in ospedale.

"Jack, ti ricordi quando l'altro giorno parlavamo del matrimonio?"

"Del fatto che volevi chiedere a Syria di sposarti il giorno dell'ultimo concerto?"
"Esattamente quello.." Andrew mi interruppe.

"Nate credo che a volte dimentichi che è piccola.. fa diciott'anni fra due giorni" aveva ragione, ma se prima poteva sembrare una pazzia sposarsi, ora non solo mi avrebbe reso davvero felice, ma avrebbe anche risolto almeno il problema di avere un figlio. Poi loro non sapevano ancora del tumore, io non volevo perdere più tempo, volevo diventasse mia moglie, con i tumori non si scherza, e non avremmo saputo se sarebbe riuscita a guarire, anche se lo speravo con tutto me stesso.

"Lo so.. ma la madre non potrebbe arrabbiarsi se avessimo un figlio dopo il matrimonio, no?" estrassi la scatolina con dentro l'anello che ormai tenevo sempre con me da giorni. Me la rigiravo nervosamente tra le mani.

"Quindi vuoi sposarla solo per il bambino?!" Andrew mi guardava scioccato.
"No, no, assolutamente no, avevo già deciso di chiederglielo prima del bambino, e prima di..." mi immobilizzai di colpo, avevo detto troppo. Ma questa cosa mi stava facendo impazzire, e se non ne avessi parlato con nessuno, sarebbe solamente peggiorato.

"Prima di cosa Nate?"

"Prima di scoprire che.." non riuscivo a terminare la frase, quelle parole erano pesanti, amare più di qualsiasi altra medicina. Dirle mi avrebbe solo messo coi piedi per terra, facendomi intraprendere una strada da cui non si ritornava più, in cui si poteva solo affrontare la verità, senza aggrapparsi ad un miracolo, senza sperare che quel dannato tumore sparisse da solo, che si volatilizzasse solo perhè io pregavo con tutto me stesso.

"Allora?" mi incitò Jack. Gli occhi iniziavano a pizzicare, ma dovevo stare calmo.

"Prima di scoprire che avesse un tumore" sputai quelle parole con un tocco di disgusto, di rassegnazione.

"C-cosa? U-un tumore?!" balbettò Jack, sgranando gli occhi.

"Nate dici sul serio..?" chiese Andrew, cercando di mostrarsi calmo. Presi un respiro profondo prima di rispondere, cercando di non apparire così vulnerabile.

"S-si" risposi con una voce più incrinata del dovuto. Lacrime salate iniziarono a ricordarmi quanto fossi inutile in quella situazione. Non potevo fare assolutamente nulla per aiutarla. Senza farsi sentire, i ragazzi si sedettero accanto a me, stringendomi forte.

"Nate mi dispiace, andrà tutto bene, vedrai"

"Come ha reagito lei quando l'ha saputo?"

"Ecco... lei....beh lei non lo sa, non ho avuto il coraggio di dirglielo" dissi tutto d'un fiato, stavo iniziando ad avere davvero paura. Ero esausto, facevo incubi tutte le notti, dormivo solo quando ormai il sole iniziavo a farsi spazio nel cielo. Questa storia mi stava facendo impazzire, lei non poteva lasciarmi, io non avrei potuto fare niente senza di lei. Ormai passavamo insieme tutti i giorni, non ci eravamo mai divisi, e ne avevamo passate di tutti i colori. Dovevo dirglielo, lei doveva sapere, tenerla all'oscuro di tutto ciò non avrebbe migliorato le cose.

 

Non glielo vuoi dire per il tuo bene Nate, non per il suo.

Non vuoi dirglielo perchè hai paura, paura che si arrabbi con te per non averglielo detto prima.

Non glielo vuoi dire perchè non lo vuoi accettare, perchè tu hai bisogno di lei, più di quanto lei abbia bisogno di te.

Questo si chiama egoismo Nate.

 

Mi guardai attorno, confuso e spaesato. Non capivo da dove derivasse quella vocina. Ma i miei amici parvero non sentire nulla. Ora sentivo anche le voci nella mia testa? Ecco la prova tangibile che stavo davvero impazzendo. Mi passai nervosamente una mano tra i capelli. Quella vocina aveva ragione, mi stavo comportando da egoista. Dopo ore passate a piangere, non riuscivo ancora a darmi una calmata, i miei amici si stavano disperando per me. Notando l'orario, decisi di chiamare Syria, sicuramente si chiedeva che fine avessi fatto, anche se, stranamente, non mi aveva ancora chiamato. Composi il numero, ma niente, nessuna risposta. Chiamai ancora, ancora e ancora, ma niente. Era strano, lei non aveva mai nulla da fare in stanza, giocava sempre col cellulare, come mai non rispondeva? Le teorie che mi propose il mio cervello non furono delle migliori. E se si fosse sentita male?

"Ragazzi scusate, torno da lei, non risponde al cellulare"

"D'accordo, facci sapere poi come sta, e come prende la notizia.." senza rispondere iniziai ad avviarmi alla porta. Jack mi richiamò.

"Nate"
"Si?"
"Diglielo, stasera stessa, se non lo fai tu, lo farò io" presi un rumoroso sospiro.

"Va bene.." annuii. Si, dovevo assolutamente dirglielo. Salutai ancora ed uscii di casa, dirigendomi in ospedale. Era inutile preoccuparsi, sicuramente si era addormentata, o aveva lasciata il cellulare in camera ed era andata a fare un giro, magari a chiacchierare con qualche infermiera. Quella ragazza stava facendo amicizia con tutto l'ospedale. Beh, non avevo dubbi che sarebbe piaciuta a tutti, quel sorriso, quegli occhi, quella gioia che porta sempre con sè, proprio come una bambina, la mia bambina.

Arrivai in ospedale, e, non appena varcai la soglia, notai infermiere correre tutte in una direzione, e dei -bip- incessanti richiamare i dottori per un emergenza. Iniziai a salire le scale, e più la distanza alla camera diminuiva, più l'ansia saliva, quei dannati sentimenti erano inversamente proporzionali. In fondo, nessuno mi poteva assicurare che l'emergenza non fosse per la mia piccola, considerando anche che i medici erano diretti nella mia stessa direzione, erano semplicemente alcuni metri più avanti a me. Li persi di vista, perchè accelerarono il passo. Percorsi l'ultimo tratto correndo. Arrivai sulla soglia della stanza e non potei aspettarmi nulla di peggio. La stanza era vuota. Mi sedetti sul letto, tenendomi la testa tra le mani. La immaginavo spaventata, se si sentiva male, lei non sapeva il motivo, mentre io si. Lei non sapeva del tumore, mentre io si.

 

Devi dirglielo Nate.

Non puoi salvarla, ma puoi starle accanto, puoi darle il tuo sostegno, lei ha bisogno di te.

 

Dannata vocina. Glielo avrei detto sicuramente. Cercavo di organizzare un discorso, delle frasi sensate, ma niente. Le parole apparivano apparentemente senza senso nella mia mente, per poi scomparire subito dopo, il panico mi faceva compagnia, come succedeva spesso negli ultimi giorni ormai. Il mio cuore batteva ad una velocità inaudita, ma ad un tratto perse un battito. Sentii la sua voce. O ero diventato ancora più pazzo del previsto, oppure era davvero la sua voce, e lei stava bene. Cantava, la sua voce non era mai risuonata tanto meravigliosa alle mie orecchie. Seguii quella splendida melodia per mezzo corridoio, arrivai ad una stanza, ed eccola lì. Seduta su un letto a gambe incrociate, circondata da tanti bambini che la guardavano estasiati, proprio come la guardavo io. Quella era una delle visioni più belle del mondo, l'amore della mia vita seduta con dei bambini attorno, con dentro di sè nostro figlio, mentre cantava una dolce canzone per i piccoli. Senza avere più controllo sulle mie gambe, andai da lei e la avvolsi da dietro con le mie grandi braccia, facendola leggermente sussultare per lo spavento.

"Hey amore" sussurrò lasciandomi un bacio sulla guancia, incrociando le sue dita con le mie.

"Syria lui è Nate?" chiese una bambina seduta di fronte a noi che ci guardava incuriosita. Syria arrossì leggermente, per poi annuire.

"Si, sono io, perhè Syria vi ha parlato di me? "
"Oh si! Ci ha detto tutto! Ci ha detto come vi siete conosciuti, come vi siete innamorati, che cosa romantica!" esultò estasiata un'altra bambina, seduta accanto alla biondina che aveva parlato prima. Sorrisi compiaciuto.

"Amore stasera facciamo un pigiama-party, vuoi stare con noi?"

"Non so.. io non.." non mi diedero nemmeno il tempo di finire, che le bambine mi stavano già supplicando.

"Ti pregoo!" con quegli occhi da cucciolo che mi pregavano, non potevo dire di no.

"Va bene, va bene!" accettai con finta aria rassegnata. Le piccole corsero ad abbracciarmi, e solo lì mi accorsero che c'erano anche dei maschietti.

Dopo aver accontentato le bambine e aver cantato per circa un'ora dei duetti, ci ritirammo nella nostra stanza. Lasciai un per poco la mia piccola per andare a prendere qualcosa al bar.

 

P.O.V. Syria

 

Potevo confermarlo, Nate era decisamente strano. C'era qualcosa che lo turbava, e glielo leggevo negli occhi. Iniziavo a pensare che potesse essere per il bambino che stava iniziando a crescere dentro di me. Che si fosse pentito ? Che non volesse più avere un figlio con me? Che si fosse stancato di avermi nella sua vita? Ognuno di queste opzioni poteva essere valida. Eppure all'inizio era sembrato felice alla notizia di avere un figlio. I conti non tornavano. C'era qualcosa che mi stava sfuggendo, c'era un pezzo del puzzle che mancava. Cosa poteva essere? Ma soprattutto, la domanda che mi assillava era, perchè Nate non me lo voleva dire? Stavamo insieme da quasi un anno ormai, e ancora c'era qualcosa che non riusciva a dirmi?

Nate ci stava mettendo un eternità. Si stava per caso divorando tutto il bar? Decisi di raggiungerlo, considerando che non avevo niente di meglio da fare. Nel momento in cui afferrai la maniglia della porta, udii due dottori parlare proprio fuori dalla mia stanza.

"È sempre dura quando si scopre che una ragazza così giovane, con tutta la vita davanti a sè, abbia un tumore.. "

"Lo so, solo diciott'anni, mi si spezza il cuore.. quella ragazza potrebbe essere mia figlia"
"Spero davvero che riesca a superarlo, anche se ne ho visti di casi come questi, e... beh lo sai anche tu, da buon medico quanto sia dura combatterlo"

 

Un tumore. Ecco cosa ti nascondeva Nate. Un tumore.

 

Mi guardai a torno. Ero convinta di essere sola, eppure c'era quella vocina.

"Chi sei?" nessuna risposta. Tornai ad affrontare i miei pensieri. Nate non mi avrebbe mai nascosto una cosa del genere, mai. E poi, c'erano altre ragazze nell'ospedale, non era detto che quei dottori stessero parlando di me, o almeno speravo. Massaggiai energicamente le tempie, quel dannato mal di testa non mi lasciava stare, e di certo tutti quei pensieri e tutte quelle preoccupazioni non aiutavano di certo a farlo migliorare.

Mi resi conto che i dottori erano andati via, allora aprii la porta e mi diressi da Nate. Arrivai al bar, e lui era seduto lì, a parlare con un dottore. Mi avvicinai cauta, ma il dottore mi vide, e mi riconobbe.

"Salve signorina, come sta?"

"Ho ancora mal di testa, ma niente di grave"

"Dirò all'infermiera di portarle una pillola"

"Grazie" sorrisi. Nate si alzò, strinse la mano al dottore, sorridendo cordialmente. Quel sorriso. Quel sorriso non prometteva nulla di buono, avevo imparato a conoscerli i suoi sorrisi, tutti, senza nessuna eccezione. Lo scrutai attentamente, ogni singolo mutamento della sua espressione, mentre, mano nella mano, tornavamo in stanza. Lo avevo visto, nella piccola ruga depositata all'angolo delle sue labbra, quella ruga che dava vita ad una piccola smorfia. Paura, ecco cos'era. Pura e abbondante paura. Ma paura di cosa? Perchè cavolo non voleva dirmelo? I suoi occhi, anche quelli celavano paura. Era stato un bravo attore a nascondere tutto, ma non abbastanza, non con me. Doveva essere qualcosa di serio, allora decisi semplicemente di aspettare che si sentisse pronto ad affrontare quell'agognato discorso. Io avrei aspettato e l'avrei ascoltato. Speravo solo non ci avrebbe messo tanto, perchè quell'attesa, stava iniziando a far stare male anche me. Tornammo in stanza, e con una piacevole sorpresa vi ci trovai Alessandra. Non ci vedevamo dal giorno prima, eppure già mi era mancata.

"Ciao raggio di sole!" rise dolcemente al saluto che le avevo posto. Mi abbracciò in risposta.

"Ciao Alessandra!"

"Ciao Nate!" dopo vari saluti, Nate ci lasciò un po' di tempo da passare da sole, era da un po' che non lo facevamo, e avevo bisogno che la mia amica mi contagiasse in tutte le qualità positive che possedeva. Lasciai che mi raccontasse di tutto, dal suo lavoro, alla sua relazione con Harry, che fortunatamente per lui si stava comportando bene. Avevo parlato con i ragazzi proprio il giorno prima, mi chiamavano spesso per raccontarmi dei loro concerti, di come se la passavano, di tutto. L'unico con cui non parlavo molto, anzi, non parlavo quasi mai era Niall. Da quello che mi aveva detto Louis, e che mi aveva confermato Zayn, si era fidanzato. E io ne ero felice, era ora che lo facesse, e non potevo sopportare il fatto che stesse ancora male per me. Liam e Zayn me lo dicevano sempre che lui ancora ci stava male, che chiedeva di me, e io molte volte avevo pensato di chiamarlo, di chiedergli di mettere da parte quella litigata e di tornare amici, ma poi avevo pensato che così sarebbe stato più difficile per lui non pensare di più a me. E considerando che si era fidanzato, il mio piano doveva essere andato a buon fine. Alessandra continuò a raccontarmi della sorpresa che le fece Harry, facendosi trovare ricoperto da soli fiori nel suo letto. E io non potetti fare a meno di sorridere, ormai li conoscevo bene quei cinque ragazzi, e sapevo anche che Harry era una bella testa calda, ma finchè avrebbe reso felice la mia amica, sarei stata felice anche io. La osservavo, cercavo di memorizzare ogni minima ruga del suo volto, che ormai conoscevo già tutte. I suoi occhi, quegli occhi che avrebbero fatto invidia a chiunque, mi rendevano felice quando sorridevano per me, quando nonostante lo stress dovuto al suo lavoro, riuscivo a farla rilassare. Il rapporto che si era creato tra me e lei era un qualcosa di unico, che se avessi dovuto spiegare, non ci sarei mai riuscita. Avevamo bisogno l'una dell'altra, ma io avevo sempre avuto più bisogno di lei, di quanto lei ne avesse mai avuto di me, e questo mi faceva sempre un po' paura. Se un giorno avesse capito che non possedevo nulla di speciale, e avesse deciso di proseguire per la sua strada senza di me, proprio come aveva fatto Marta, io non sarei riuscita a farcela da sola. Non sarei mai stata sola, questo era vero, ma lei era troppo importante. Continuai ad osservarla, non mi limitai semplicemente a guardarla, non mi limitai a sentire, ma ascoltai. Tutto ciò che la riguardava in un certo senso riguardava anche me, tutto ciò che rendeva felice lei, rendeva felice me.

"Quindi tu sei entrata in stanza, e lui era steso nel tuo letto, ricoperto da soli petali di rosa?" chiesi conferma con le lacrime agli occhi.

"Esatto, ed era tutto mio!" confermò lei, con gli occhi a cuoricino.

"E poi?"
"Io ero esausta, ero appena tornata da una delle sfilate più lunghe e stressanti della mia vita, mi sono tolta le scarpe, e mi sono seduta al bordo del letto, e ho iniziato a scostare i petali dal suo petto, per baciare tutti i tatuaggi che ormai conoscevo più che bene! Poi beh.. dico solo che la stanchezza era svanita in un istante!" continuò lei mentre rideva insieme a me.

Ed eccola, la luce che solo lei sapeva emanare, quella gioia che traspariva sempre quando apparivano i suoi denti bianchi. E in quel momento, la preoccupazione per Nate, svanì come se non ci fosse mai stata. Quando poi quel pallino continuò a farsi largo nella mia mente, le raccontai tutto. Mi rassicurò, dicendomi che era troppo innamorato di me per lasciarmi ancora, che lui era troppo entusiasta alla notizia del bambino, che non poteva essere per quello. E aveva ragione, come sempre. Quando poi dovette andare via, mi rattristai leggermente, adoravo passare tempo con lei, e stavo iniziando a non resistere più in quell'ospedale. Il perchè non mi lasciassero uscire non mi era ancora stato spiegato da nessuno. Quando Nate tornò, ci dirigemmo in stanza dalle bambine, perchè come avevamo deciso, avremmo dormito con loro. Loro erano già tutte lì, e dopo chiacchiere e qualche canzone, crollarono. Erano tutte bellissime, dei piccoli angeli, e ricordarmi che erano lì per un motivo ben preciso, mi spezzava il cuore. Anche io e Nate ci stendemmo nello stesso letto, per dedicarci un po' di coccole. Non mi ci volle molto per addormentarmi.

Aprii gli occhi, nel bel mezzo della notte, con lo stomaco in subbuglio, un mal di testa lancinante ed ero confusa, tutto si muoveva attorno a me.

"Piccola tutto ok?" la voce ancora impastata del sonno di Nate si diffuse nella stanza. Stropicciai più volte gli occhi, massaggiandomi le tempie cercando di alleviare il dolore. Mi alzai di scatto quando quel poco cibo che avevo mangiato poco prima, mi stava tornando su. Corsi nel bagno e vomitai anche l'anima. La prima cosa che pensai, fu che mia zia, quando era in cinta, aveva sempre avuto nausea e rimetteva spesso la notte. Quindi doveva essere per quello che stavo rimettendo anche io quella notte. Quando uscii dal bagno, ancora scossa e dolorante, decidemmo di andare a dormire in camera nostra, per non disturbare le bambine. Nate si stese nello stesso letto con me, e mi accarezzò finchè non mi sentii meglio, e mi addormentai. Poco dopo però, mi svegliai di nuovo. Mi era venuto un dolore al petto, Nate mi stava stringendo davvero forte. Mi teneva stretta in una morsa, respirava affannosamente, sembrava in panico. Lo scossi leggermente, avevo bisogno di liberarmi, mi stava facendo male, mi bloccava il respiro. Dormiva, era nel bel mezzo di un incubo.

"Nate, Nate!" lo chiamai invano, con sempre meno voce. Niente, non mi sentiva, parlava nel sonno. Riuscii a percepire le parole che uscivano flebili dalla sua bocca tremolante .

"Syria resta con me, non andare via, ho bisogno di te, ti prego, non lasciarmi, non lasciare la mia mano! No! Guardami Syria, ti prego guarda me e non la luce, stai con me! Combatteremo il tumore, lo faremo insieme ti prego Syria!" brividi mi avvolsero. Allora era vero.  



Ciao splendori! Potrete mai perdonarmi il ritardo? *Fa gli occhi dolci* chiedo davvero scusa, ma ho avuto un periodo infernale. coomuqnue, passando al capitolo, che ne pensate? spero di essermi fatta perdonare, almeno un pochino, ce l'ho messa davvero tutta per scriverlo, fatemi sapere! (: un bacione alla prossima! 
Baci Fun_for_life_ 
P.S. ci stiamo avvicinando alla fine, e questa volta, per davvero! 

  
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