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Autore: RobiSmolderhalder    10/02/2014    3 recensioni
SOSPESA A TEMPO DETERMINATO!
C'era tanto...troppo silenzio. C'era dolore. C'erano le tenebre che premevano contro il suo cuore. Lo vedevo, lo sentivo fino alle ossa. Mi trascinava dentro di sé, nelle tenebre, non c'era il sole, c'era solo buio, solo giornate di eterne nuvole. Il sole era ricoperto dal suo strato di dolore. Tante volte, nel corso di quel percorso, mi ero detta "chi me lo ha fatto fare?" Eppure adesso non sarei qui. Non sarei la stessa Isabella Swan.
-
Ragazze, questa è una sfida per me. E' una storia che tratta di mente malata, di dolore fino al confine del sole.
Tutti umani.
Roby
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlisle Cullen, Charlie Swan, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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In the mosaic.

 

 

 

 

Irrational.

 

 

 

 

 

Non riuscivo a prendere sonno quella notte, forse era per il semplice fatto che avrei incontrato Edward Cullen anche quel Lunedì. Dovetti ammettere a me stessa, parecchie volte, che mi faceva paura…il giorno prima di incontrarlo la mia mente veniva presa dall’ansia, avrei dovuto immaginare più o meno la causa…il problema era proprio quello, non ne avevo idea. Avevo pensato più volte fossero delle coincidenze…quella di quella sera, ad esempio, era che comunque fino a qualche ora prima eravamo insieme. Al pensiero di lui, abbandonato con la testa sulle mie gambe e il suo viso…quel viso che avrei contemplato mille volte, era finalmente rilassato.
Edward era parecchio strano.
Edward aveva bisogno di qualcuno che lo spronasse a parlare.
Edward si sentiva solo.
Edward si credeva inutile.
Edward sembrava un piccolo sasso circondato da miliardi di chicchi di sabbia.

E quella volta, come sempre sul conto di Edward sperai che tutto potesse andare per il verso giusto. Quello che non riuscii mai a capire era quanto pericoloso fosse stato. Lui. La sua presenza. Il suo passato.
Mi rigirai tra le lenzuola cercando di pensare a qualcosa che potesse farmi addormentare, erano le tre del mattino dopo cinque ore avrei cominciato a lavorare. Ovviamente il contare le pecore non mi aiutò nemmeno quella volta…tutt’a un tratto, nei miei occhi chiusi, visualizzai due occhi verdi, pieni di rancore, fallimento, ansia…un brivido mi percosse, quel brivido rimase a cullarmi quando finalmente il mio respiro si fece pesante, quel brivido sarebbe rimasto fino a quando Edward avrebbe invaso in quel modo i miei pensieri. Quando mi svegliai, con la mia solita abitudine, vidi la mia pelle ricoperta dai brividi. “È il freddo” pensai. Ma all’interno del mio cappotto, con le calze di lana alle gambe nella metropolitana, quei brividi rimasero lì, come per visione di quello che sarebbe accaduto di lì a poco.
Arrivai in ufficio in anticipo di dieci minuti, afferrai il mio cellulare, il quale non visualizzavo lo schermo da ieri a pranzo e ci trovai undici messaggi di Rose. In alcuni mi avvertiva del motivo per il quale era mancata a pranzo il giorno prima, gli altri erano delle foto. Pigiai il dito sopra la piccola diapositiva e mentre aspettai che si caricasse il Signor Dumond fece capolino nel mio ufficio. Guardai l’orologio e mancavano cinque minuti alle otto. Tirai un sospiro udibile solo a me stessa e sfoderai il mio sorriso rincuorante.
«Si accomodi.» Lui lo fece e cominciò a raccontarmi di quanto bella fosse l’Australia. Molti erano guariti ma avevano chiesto la mia consulenza oltre per il semplice fatto che mi si erano affezionati. Non approvavo ciò, difatti quando nuovi clienti venivano a bussarmi alla porta io mandavo via quelli che già erano tornati a essere quelli di sempre. Ogni volta mi si spezzava il cuore, nonostante promettessi a tutti quanti che mai ci saremmo persi di vista. Un senso di tristezza mi pervase quando realizzai che tra qualche mese avrei fatto lo stesso con Edward. Mi schiarii la voce e dopo cinque ore mi preparai mentalmente all’entrata di Edward. Mi mozzò il fiato, come sempre, nei suoi jeans e camicia nera, con i suoi capelli ramati che avevano voglia di essere messi al guinzaglio talmente erano ribelli, e poi i suoi occhi…quelli che fino a quel momento non mi avevano mai lasciata un attimo.

Gli occhi di Edward, molte volte, mi fecero paura, ma erano soltanto loro che riuscivano a darmi libero accesso a lui, alla sua anima.
«Ciao.» Mi disse sorridendomi, quel sorriso che ogni santissima volta faceva rotolare su se stesso il mio cuore.
«Buongiorno Edward, accomodati pure.» Nell’abbassare lo sguardo mi accorsi che i miei collant ultra-resistenti si erano sfilati, rivelando gran parte della mia gamba. Arrossii violentemente e mi aggiustai gli occhiali…ero solita a farlo quando su di me calava il più totale imbarazzo. “Chissà come diavolo si saranno strappati…” Dissi tra me, per poi continuare “Possibile che il suo sguardo intenso possa fare questo?” risi di me come un’adolescente che sogna ad occhi aperti. Era finito quel tempo per me, prima ancora di rendermi conto che era appena cominciato. Scossi la testa e guardai Edward che, come suo solito, stava in silenzio. Immersi il mio sguardo nel suo e mi accorsi che nel suo sguardo c’era molta nostalgia. Chissà di cosa. Afferrai il mio amato taccuino e stirai le mie braccia.
«Si invecchia mio caro Edward.» Dissi ironicamente, per smorzare un po’ di tensione.
«Resti comunque bellissima.» Mormorò come se quella fosse la cosa più ovvia da dire in quel preciso attimo. Abbassai per l’ennesima volta il mio sguardo e mi aggiustai le lenti…appunto.
«G-g-grazie…Edward, però tu lo sai…devi dirmi qualcosa. Non posso aiutarti se tu non mi dai qualcosa per farlo.» Sussurrai senza guardarlo, dovetti ammettere a me stessa che le sue reazioni erano imprevedibili e a me l’imprevedibilità metteva terrore…almeno fino ad allora.
«Perché sei così ostinata a volerlo fare?» Mi chiese dolcemente.
«Perché tu sei qui…non per conversare con me o per farmi compagnia. Questo è il mio lavoro ed aiutarti è il mio compito.» Dissi pentendomene nell’instante in cui la sua espressione si fece delusa.
«Ovviamente non è solo quello…insomma, lo sai…mi sono affezionata a te e…»
«Io vedo in te ciò che tu stesso non riesci a vedere. Me lo hai detto ieri. Cosa vedi Bella?» Mi chiese con una nota di stupore nella voce. Guardai i suoi occhi…giacché mi parse di riuscire a comunicare solo con loro…dopo qualche secondo però chiusi i miei con uno scatto veloce. Edward odiava. Edward conteneva dentro di sé mostruosità che non dava a vedere ma che i suoi occhi mi comunicavano. Rabbrividii e aprii gli occhi. Dovevo farcela.

Quel giorno per me fu come cercare di vincere in quella sfida e ce la feci, per un attimo ce la feci davvero. Solo dopo, ovviamente, mi resi conto che vincere con Edward presto sarebbe stata solamente la mia peggiore sconfitta.
«Ieri mi hai detto  che non vuoi trascinarmi in quello che io chiamo il tuo tormento e che tu chiami schifo. Dimmi il perché…cominciamo da questo.» Dissi sicura di me.
«Non scriverlo però.» Lo accontentai immediatamente, posai il mio taccuino sulla scrivania e aspettai con ansia ciò che aveva da dire.
«Non…» Balbettò parole incomprensibili per parecchi minuti e poi mi trafisse con gli occhi, dopo qualche minuto mi sorrise, facendomi dimenticare il mio nome, dandomi quella forza che senza quel sorriso non avrei mai avuto.
«Forza Edward, avanti dai…» Dissi incitandolo a continuare, facendogli capire con il mio tono caldo che io ero lì per ascoltarlo, senza giudicare, usando le sue parole come toccasana per lui stesso.
«Sono stato fidanzato tre volte…Bella, tre volte, tutte e tre le volte sono scappate via.»
«Cosa c’entra questo?» Dissi irritandomi, confusa, arricciai le labbra e mi chiesi perché quello che aveva appena detto aveva ferito qualcosa all’interno di me stessa.

Quello che aveva ferito quella volta e altre volte, lo capii, ma solo alla chiusura di tutto quello che avevamo vissuto.
«Ti da fastidio.» Sentenziò con quel sorriso furbo.
«Perché dovrebbe?»
«Non lo so. Ma lo vedo, lo sento, la tua pelle è ricoperta di brividi Bella.» Non so come fece a capirlo, poiché indossavo un maglione piuttosto coprente, le mie gambe erano fasciate dalle calze di lana, ad eccezione di quel piccolo strappo…rimasi comunque a guardarlo e dopo pochi minuti si alzò.
«È uno schifo. Il mio passato, come il mio futuro e il mio presente è uno schifo. Non posso dirti il perché…forse non lo so bene nemmeno io. Sta di fatto che la gente scappa sempre via da me. Alla fine, comunque vada, tutti mi abbandonano. Non voglio che mi succeda anche con te. Devo andare.» Sussurrò. Mi alzai e mi avvicinai pericolosamente a lui.
«Manca mezz’ora!» Dissi stufa del suo repentino cambiamento d’umore.
«Devo andare. Stop. Non voglio venirci più qui dentro, porca troia, me ne vado okay?» Urlò talmente forte che le mie guance divennero rosse per la rabbia. Mentre vedevo la sua sagoma uscire dallo studio mormorai un vaffanculo pieno di risentimento. Sbuffai mentre mi passavo una mano tra i capelli e una lacrima si fece largo sul mio viso. Non capivo il suo comportamento e in quel momento non riuscivo a capire nemmeno il mio. Non era stabile, come non lo ero io da quando era entrato nella mia vita. Edward Cullen non aveva un solo fardello dietro…oltre a quelli c’erano pure gli anni passati che avevano scavato all’interno della sua mente, mentre la sua corazza diventava indistruttibile. Mi alzai dalla sedia e con un movimento fulmineo gettai per terra tutto quello che c’era sulla scrivania. Urlai per tanto, troppo tempo, fin quando stremata mi accasciai al pavimento, mi calmai – come sempre – dopo essermi accarezza gli occhi con l’indice, mentre la mia voce sussurrava Always dei Bon Jovi.

Non capii mai la natura di quel tipo di comportamento che s’impossessava di me, capii soltanto che era l’effetto che Edward aveva su di me…ma, sfortunatamente, non mi causava solo quello.

 

 

 

«Non è possibile Bella! Devi parlare con suo padre…o, meglio, con il tuo! Non è una cosa che può continuare Bella, assolutamente!» Urlò Rosalie nella cucina di casa mia, dopo che mi ero sfogata con lei. Fortunatamente, nel momento in cui avevo più bisogno di qualcuno, lei c’era. Non avevo di certo previsto la ramanzina. La guardai con gli occhi pieni di lacrime.
Alla fine, comunque vada, tutti mi abbandonano.”
E non potevo farlo anch’io…non dopo essermi affezionata così tanto a lui, non dopo aver capito il modo per farlo parlare almeno un pochino con me.
«Non posso Rosalie…»
«Ti farai male Bella.» Disse per poi da casa mia sbattendo la porta come se avesse voluto darmi un ceffone. Conoscevo come il palmo della mia mano Rosalie, e l’unico modo per avere un suo sorriso sarebbe stato accontentarla. L’avevo sempre fatto fino a quella volta, poiché Rosalie mirava sempre per il mio bene…quella volta invece non ce la feci. Il pensiero di tradire Edward comprimeva nel mio petto un dolore mai provato prima, un dolore per il quale mi sarei fatta male, un dolore per la quale presto ne sarei diventata dipendente. Restai accoccolata sul divano con le lacrime agli occhi per tutta la sera, non riuscivo a pensare in modo coerente, tutto ciò che la mia mente produceva era il senso di colpa che mi avrebbe schiacciata dal momento in cui avrei deciso di non volerlo più nel mio studio.
Tutto quello era irrazionale, ed io odiavo l’irrazionalità, e in quel preciso instante, non per l’ultima volta, mi chiesi perché non odiavo anche il pensiero di Edward, totalmente e incondizionatamente irrazionale. Avevo paura, ma non più paura di lui e del suo passato, avevo paura che quella mattina sarebbe stata l’ultima volta che i miei occhi avrebbero incontrato i suoi. Quegli occhi che oscuravano il suo sole, perché ognuno di noi ne possiede uno all’interno dell’anima, quegli occhi che mi facevano rabbrividire, avevo bisogno di guardare attraverso quel portale, era l’unico modo, l’unica via che poteva condurmi a lui, a tutto ciò che catturava la sua mente. Che Edward era lunatico era ormai divenuto un dato di fatto, se solo lui mi avesse dato la possibilità, io sarei riuscita a vederlo per davvero, molto di più di quello che avevo visto. Edward era buono, i suoi sorrisi erano come quelli di un bambino a Natale, c’era l’elemento principale dentro di lui, quello che sarebbe riuscito a tirarlo fuori dal baratro; c’era il sentimento positivo, era nascosto da qualche parte, ma era lì, io l’avevo visto. Sentii il suono del citofono e corsi ad aprire, sperando fosse Rosalie.
«Chi è?» Dio, la mia voce suonava più roca di quello che pensavo.
«Sono Edward.» Mi presi un attimo di silenzio, cercando di decifrare il suo tono di voce, ma non ci riuscii, poiché non mi aspettavo minimamente fosse lui.
«Come?»
«Edward Cullen.» Era spazientito, ma riuscii a sentire una piccola risata. Alzai gli occhi al cielo, sicura che se non era per quella sera, prima o poi mi avrebbe mandata al manicomio. Aprii il portoncino e lo aspettai davanti alla porta.
«Che fai qui?» Dissi prima di guardarlo dalla testa ai piedi. Come sempre i miei pensieri non gli rendevano giustizia, non avevo mai visto qualcuno di così bello come Edward. I suoi capelli scarmigliati ad arte, il suo viso ricoperto da un filo di barba, le sue labbra dall’aspetto morbide come il burro, e i suoi occhi che in quel momento non mi dicevano nulla, mi affascinavano solamente, erano verdi, ma erano speciali. Erano l’interno di Edward Cullen.
«Posso entrare?»
«Chi ti ha detto dove abito?»
«Essere il figlio del presidente ha i suoi privilegi.»
«Potrei denunciarti.»
«Mi vuoi troppo bene per farlo.» Disse con un sorriso divertito, quel sorriso mi fece dimenticare tutto quello che era accaduto quella mattina. Edward tagliava a pezzetti il mio cuore, ma c’era l’antidoto a quello; il suo magnifico sorriso che mi scioglieva ogni qualvolta come neve al sole. Mi scostai di lato e gli feci spazio per entrare, nel chiudere la porta mi resi conto che ero in canotta e shorts, nessuno dei miei pazienti si era mai permesso di venire a casa mia…le uniche persone che lo facevano erano i miei genitori e Rosalie.
«Vuoi qualcosa da bere?»
«No, grazie.» Mormorò guardando le mie gambe, arrossii e mi imbarazzai come mai prima di allora. Mi sedetti al suo fianco e lo guardai esaminando la sua espressione.
«Volevo chiederti scusa…per oggi…»
«Nessun problema.»
«No, Bella, mi sono comportato da…»
«Nessun problema Edward!» Dissi interrompendolo, avevo dimenticato quello che era successo e passare ancora una volta sopra l’argomento mi avrebbe fatto di nuovo male, ed io non volevo che lui lo vedesse.
«Bella, ascolta…»
«No Edward! Non voglio parlarne, chiaro?» Dissi urlando, perché non lo capiva? Non riusciva a vedere quanto dentro di me lui era entrato? Imprevedibilmente mi abbracciò facendo scorrere il suo naso sul mio collo, la mia pelle si ricoprì di brividi e con un gesto repentino le mie labbra finirono sulle sue.
Sapevo che era sbagliato. Sapevo che tutto quello mi avrebbe portato all’apice di qualcosa di doloroso. Sapevo che come sempre sarei finita per rimpiangere tutto.

Era anche quello l’effetto che Edward Cullen aveva su di me.
Dopotutto non riuscii a dire di no nemmeno quella volta, afferrai i suoi capelli e continuai a baciarlo. Era la mia droga. Era la cosa migliore che potesse capitarmi. Era la mia rovina.

 

 

 

 

 

 

 

 

Salveeeeeee. No, sono qui, non state sognando!
Ho cercato di pensare a mille modi per chiedervi scusa, ma nessuno di quelli rendeva l’idea. È un periodo strano questo…non ho mai un attimo di tempo, quando ce l’ho la mia mente bacata mi porta a leggere o guardare film…Ma, sì, c’è un ma! Cercherò di smetterla! Questa storia mi piace, stranamente, e spero che piaccia anche a voi. Venerdì ci sarò! Anche perché ho in mente cosa devo scrivere!

 

Non abbandonatemi!
Ps: per chi segue “ Just a little Woman”, non temete, tra oggi e domani arriverà anche il prossimo di quella lì :p

 

Un bacione.

 

Roby <3

   
 
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