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Autore: KikiShadow93    10/02/2014    7 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccolo avvertimento: Marco è fottutamente OOC D:
Me ne dispiace infinitamente e mi scuso se la cosa vi darà molto fastidio, ma mi serviva che fosse così se volevo farli riavvicinare un pochino. In fondo uno dei due doveva fare la prima mossa e lui è sicuramente il più intelligente e coscienzioso tra i due, quindi questo sporco compito gli è inevitabilmente caduto addosso.
Inoltre vi volevo dire subito che questo capitolo sarà un tantino differente dagli altri: diciamo che sarà vissuto più che altro dai due punti di vista dei protagonisti. Si comincia con Marco nel primo pezzo (di giorno), si passa ad Akemi nel secondo (notte e un breve pezzo del giorno seguente), si ripassa a Marco (pomeriggio) e si ri-ripassa ad Akemi (seconda notte). C'è un perché anche a questo, che però non vi dico esplicitamente (oddio, l'ho fatto parecchio capire tra le parentesi precedenti, ma vabé! En dettagli! :P)
Vi auguro comunque una buona lettura e spero che il capitolo almeno un po' vi piaccia.

 

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Generalmente quando ci si trova su uno spazio ristretto come una nave non ci si può evitare a lungo. La Moby Dick non è ristretta, ovviamente, ma resta comunque uno spazio delimitato, quindi il problema persiste ugualmente.
La cosa strabiliante risiede nel fatto che Akemi, da ben sei giorni, sta riuscendo perfettamente ad evitare Marco.
Se all'inizio si trattava solo di una muta guerra in cui gli lanciava di tanto in tanto delle occhiate assassine, adesso ha deciso di rincarare la dose, sparendo completamente dalla sua vista.
Nessuno ha idea di come ci riesca, ma pare avere la grandissima capacità di percepire il suo arrivo basandosi su odori o rumori, riuscendo in pochi istanti a sparire.
Nessuno lo da a vedere, ma quella situazione tesa, in cui quasi non si può pronunciare il nome di uno di fronte all'altra, è diventata insostenibile. Barbabianca ha pure riprovato a parlare con Marco, apprendendo che questo peggioramento è avvenuto subito dopo il tentativo di riappacificazione che lui stesso gli aveva chiesto di fare.

«Sarà il caso di chiarire?» le domanda con tono duro, tenendo le braccia incrociate al petto e la schiena poggiata contro la porta della sua cabina. Infatti ha ben pensato che se le intralcia così la strada dovrà per forza parlarci.
Akemi lo guarda per un breve istante con aria scocciata, per poi allungare semplicemente una mano verso la maniglia per poter entrare, venendo però saldamente afferrata dal maggiore.
«Ti sto parlando!» le ringhia a pochi centimetri dal viso, sperando di intimorirla e di riuscire così a scioglierle la lingua, inutilmente.
Akemi chiude per un attimo gli occhi, respirando profondamente per mantenere il controllo, scansando poi con un gesto secco la mano del comandante e facendo un passo indietro. Allunga semplicemente un braccio verso il muro, dove incide senza difficoltà un piccolo ma significativo disegno, raffigurante Marco impiccato.
Gli sorride provocatoria, inclinando la testa di lato, salutandolo in modo derisorio con la mano quando se ne va impettito e furioso, chiudendosi a più mandate nella propria cabina.


In quel momento, coccolato dal getto caldo della doccia che gli carezza la pelle, Marco davvero vorrebbe non pensarci. Vorrebbe staccare il cervello, smettere di domandarsi cosa ha fatto di male, in quale modo l'ha offesa così pesantemente, ma non ci riesce proprio. Si è reso conto, infatti, che di motivi per litigare gliene aveva dati quanti voleva, anche troppi, ma nessuno di quelli è così grave da arrivare ad evitarlo così scrupolosamente.
'C'è troppo silenzio.' se lo ripete da giorni, con l'amara consapevolezza che è proprio lei, la ragazzetta che mal sopporta, la stessa che porta solo guai e preoccupazioni, a dare un certo ritmo alla sua vita.
Non lo credeva lontanamente possibile che potesse arrivare a mancargli.
Gli è sempre stato lontano, non la voleva neanche sulla nave, ma dal giorno in cui l'ha salvata dalle grinfie di quel pazzo a Nefeli se l'è trovata sempre più intorno, sempre più vicina, tanto che si era anche abituato alle sue stranezze, alle sue prese in giro, ai loro battibecchi per ogni piccola cosa, arrivando quasi ad apprezzarli.
Ma adesso è tutto infranto. Lo sa e gli fa male.
'Devo smettere di angosciarmi così tanto. È inutile.' chiude con un gesto seccato il rubinetto e si gode l'aria fredda sulla pelle calda e bagnata non appena esce dal box doccia. Afferra un asciugamano e se lo lega in vita, con gesti meccanici che trasudano un certo nervosismo.
'Sono affari suoi se mi vuole evitare.' si ripete per l'ennesima volta, alzando lo sguardo verso il proprio riflesso allo specchio. Si passa una mano tra i capelli bagnati e per un breve istante gli pare quasi di sentirsi meglio dopo quella conclusione.
Esce dal bagno con calma, costretto a rivestirsi alla svelta per tornare alle sue mansioni, preparandosi mentalmente alla consueta domanda che il capitano gli rivolge ogni singolo giorno, generalmente dalle due alle cinque volte: “Allora, novità?”
Ogni volta gli si stringe il cuore nel dovergli dare l'ennesima delusione, ma adesso può dire con estrema certezza che è tutta colpa di Akemi.
'È così egoista che probabilmente non gli importa neanche di farlo soffrire.'
Si lega la fascia azzurra in vita ed esce, dirigendosi stancamente verso il ponte di prua da dove sente distintamente la forte risata di Satch e quelle più deboli dei compagni.
'Non ci credo che siano già ubriachi di pomeriggio!'
Si dirige verso di loro, studiando l'ambiente circostante e appurando che no, non c'è neanche l'ombra di un solo boccale di birra.
«Cosa avete da ridere tanto?» domanda incuriosito, mettendosi a sedere su di un barile e lasciando che i caldi raggi del sole che tramonta gli asciughino i capelli, facendoli così tornare alla classica e bizzarra capigliatura che lo contraddistingue.
«Fossa ha fatto il culo ad Akemi poco fa!*» sbotta ridendo, Ace, tenendosi entrambe le braccia attorno all'addome, facendo ridere ulteriormente i presenti.
«Perché?» 'È vero, non è esattamente uno zuccherino, anzi è una bisbetica viziata, ma arrivare addirittura a picchiarla mi sembra troppo. Neanche io mi permetterei.'
«Stavano giocando a carte e Akemi perdeva, come al solito-» prova a spiegargli Izo, venendo però interrotto da un più che infervorato Satch, che quasi piange dal ridere.
«Ha una sfiga impressionante al gioco! Speriamo non vada mai a scommettere dei soldi perché rimarrebbe in mutande!»
«Stavo dicendo...» ringhia infastidito il sedicesimo comandante, incenerendolo con lo sguardo per un breve istante, per poi tornare a parlare tranquillamente con la Fenice «Giocavano a carte e all'ennesima sconfitta gli ha chiesto “Mi insegni, per favore, ad usare meglio la spada?”. Lui ha accettato, tranquillo, e insomma hanno cominciato ad allenarsi. Giustamente la sfotteva perché è abbastanza scarsa, dicendole che il massimo che può fare in combattimento è graffiare le persone; lei se l'è presa, come sempre, e ha provato ad attaccarlo direttamente.»
«Non l'avesse mai fatto! L'ha afferrata per una caviglia e l'ha letteralmente sbattuta come un tappeto!» afferma incredibilmente divertito Vista, cercando comunque di darsi un contegno e non ridere come un invasato come i suoi compagni.
«È rimasta per qualche minuto sdraiata a fissare il cielo, poi si è tirata a sedere ed è scoppiata a ridere. È andata via poco fa.» conclude con una certa serietà Izo, provando a scorgere un qualsiasi tipo di reazione nel viso calmo ed indifferente di Marco.
«Senti lì che storia...» afferma piatto, passandosi una mano dietro al collo e fingendo una più che totale indifferenza.
In realtà un po' gli verrebbe da ridere, perché come scena non è per niente male, però appurare alla fine che se ne è andata di nuovo prima del suo arrivo gli dà molto fastidio.
'Colpa sua. Solo ed esclusivamente colpa sua.' si ripete di nuovo, ascoltando distrattamente i discorsi dei compagni che lentamente si calmano, discutendo delle ultime novità.
Alza per un breve istante gli occhi su Barbabianca, vedendolo alle prese con le infermiere che cercando di non farlo bere come vorrebbe e per un breve istante pensa pure di andare a dare loro man forte, venendo però bloccato da una strana affermazione di Halta.
«Credo che ci sia una leggera schiarita da parte sua.»
Si volta ad osservarla, non riuscendo a capire fino in fondo le sue parole.
'Quale schiarita? È scappata prima che arrivassi come sempre!'
«Ieri sera è stata fino a tardi nella mia cabina a parlare e quando le ho chiesto se aveva intenzione di tirarla ancora per le lunghe ha fatto spallucce invece di imbestialirsi.»
Marco rimane realmente indifferente a questa sua spiegazione, arrivando velocemente all'ovvia conclusione che ormai si sia stancata di dare spiegazioni esattamente come lui.
«Potresti riprovare a parlarci...» azzarda la ragazza, guardandolo speranzosa.
«La volete far finita?!» sbotta Vista, ormai oltre il limite «Non ce la faccio più a sentire sempre il solito discorso! Basta! È inutile, entrambi sono cocciuti ed orgogliosi, quindi non cederanno di loro spontanea iniziativa. Dico male, Marco?»
La Fenice lo guarda con aria confusa. È felice di essere finalmente difeso, seppur in modo contorno, ma è anche consapevole della veridicità di quelle parole. 'Non finirà mai...'
«Ci vorrebbe qualcuno di ancor più cocciuto ed orgoglioso...» afferma con un sorriso sinistro Ace, sciogliendo le cime che la sua adorata sorellina ha annodato per formare dei cappi. Quale fosse il fine, poi, non lo sa e non lo vuole sapere, ma preferisce far sparire ogni cosa per sicurezza. 'Non sia mai che poi provi ad impiccare qualcuno.'
«Cosa vuoi dire?» gli domanda incuriosita Halta, sperando che abbia trovato un'idea decente stavolta. Negli ultimi giorni, infatti, le hanno provate un po' tutte: dal legarla al ricattarla, fino al rinchiuderla a più mandate in una stanza pur di farla incontrare con la Fenice, ma ogni volta riusciva inspiegabilmente a svignarsela.
«Non ve lo posso dire.» risponde secco Pugno di Fuoco, calcandosi il capello sulla testa, senza però abbandonare quello strano sorrisetto «Lo scoprirete presto.»


La giornata scorre tranquilla, il Sole cala per lasciar spazio ad una luminosa Luna crescente. Alcuni pirati hanno montato il loro turno di guardia, mentre gli altri se ne sono andati a dormire beati, senza preoccupazioni. Infatti, eccetto il silenzioso conflitto interno, stanno vivendo giorni relativamente tranquilli e la cosa non può far altro che rallegrarli.
Solo una persona non dorme, optando una lunga e complessa lettura piuttosto noiosa.
All'inizio aveva preferito rintanarsi nella cabina di Izo, ma alla fine si è trovata costretta ad andarsene visto che il comandante teneva a stento gli occhi aperti.
Ma anche quel noioso tomo alla lunga finisce ed inevitabilmente viene buttato a terra in un gesto irritato.
Non sa cosa fare, Akemi. Ha esaurito le idee. Nessuno vuole parlare o fare una qualsiasi altra cosa, gli uomini di vedetta sono scorbutici perché vorrebbero dormire, i libri la fanno appisolare.
Si passa le mani sul volto stanco, sospirando. Con questa sera sono ben tre giorni che non chiude occhio, giusto per testare la propria resistenza, e sta cominciando a risentirne seriamente. Il primo giorno era stato semplice, un po' di stanchezza ma niente di più; il secondo giorno i movimenti le risultavano un tantino più difficoltosi e pesanti, ma non gli ha dato peso. Adesso, invece, riesce a malapena a concentrarsi sui gesti che compie, gli occhi le bruciano e in ben due occasione le è sembrato di vedere l'uomo dei sogni davanti a sé.
'Sono solo allucinazioni. Lo fa, è normale. Lui non è qui.'
Gira piano la testa per osservare nel dettaglio la propria stanza, giusto per assicurarsi che niente sia fuori posto e, soprattutto, che non ci sia niente di anomalo, soffermandosi involontariamente sullo specchio nell'angolo della stanza.
Si guarda, stravaccata sulla sedia, le braccia ciondoloni, i capelli arruffati e sfibrati le ricadono sulla schiena, gli occhi sono cerchiati da profonde occhiaie violacee.
Storce le labbra a quella visione, non riuscendo a sostenere a lungo il suo stesso riflesso. Dopo quell'orrendo incubo, in cui si è vista come un mostro raccapricciante, non si riconosce più. C'è sempre qualcosa nel suo riflesso che non va bene, qualcosa che le dice che quella che vede non è veramente lei.
Si passa con noncuranza le dita affusolate sulla runa che spicca sul polso destro, guardandola con curiosità. 'Chi me l'ha fatta?'
Ma poi, tutto in un colpo, non ci vede più qualcosa di mistico e strano, ma qualcosa di bello, quasi ipnotico considerato in magnifico contrasto con la sua pelle bianca e subito nella sua mente si muove qualcosa.
Afferra di scatto una penna nera e un pezzo di carta stropicciato, cominciando a tracciare delle linee precise, cercando allo stesso tempo di cancellare dalla mente l'immagine tanto bella e luminosa da cui ha tratto ispirazione.
'Lontano dagli occhi lontano dal cuore, eh? E meno male!' sbuffa sonoramente, allungando per un breve istante gli occhi sugli avvisi di taglia dei vari comandanti appesi sopra il suo scrittoio 'Ti devo togliere da lì. Devo ricordarmelo.'
In pochi minuti il disegno è ultimato, seppur brutto e con linee imprecise. Non è una grande artista, anzi, a dirla tutta, l'unico disegno che le è riuscito è quello dell'uomo dei sogni, la quale quasi non si rendeva conto di fare.
Si alza di scatto dalla sedia, provocandosi così un forte giramento di testa.
'Dormirò nel pomeriggio quando mi faranno la trasfusione. Ora non ho tempo.' esce traballante dalla stanza, tendendo l'orecchio per captare eventuali presenze, sentendo solo il lieve russare che proviene dalle varie stanze.
Cammina vicino alla parete, giusto per avere la sicurezza di avere qualcosa a cui aggrapparsi in caso di caduta, finché non arriva alla stanza del suo adorato fratellone.
'È l'unico che non si arrabbierebbe troppo... poi ho sentito che è bravo in questo genere di cose.'
Apre piano la porta ed entra in punta di piedi, osservando la figura dormiente del comandante completamente sbracata nel letto. Da solo, infatti, riesce ad occupare entrambe le piazze.
Si avvicina piano, mettendosi in ginocchio sul materasso leggermente duro -troppo per i suoi gusti- e comincia a picchiettargli su una spalla per farlo svegliare, non riuscendo però a smuoverlo di un millimetro.
«Satch?» la scrolla leggermente, determinata come sempre ad andare fino in fondo.
«Satch, svegliati!» gli tira delle lievi pacche sulla guancia, facendolo mugolare sempre più forte.
Sbuffa poi nel vedere che i suoi tentativi sono completamente inutili, passandosi una mano sul viso con aria sconsolata.
«Non mi dai altra scelta...» mormora tra sé, alzando minacciosamente un braccio verso l'alto, osservandolo con aria truce, sperando che si svegli da solo. Dal momento che però il comandante non da alcun segno di vita, abbassa con velocità e forza il braccio, tirandogli un sonoro schiaffo sul fondo schiena, svegliandolo di botto.
«Maledetta testa di cazzo!» ulula a denti stretti, massaggiandosi la parte lesa, cercando di concentrarsi su una cosa qualsiasi per non pensare al bruciore.
«Ho bisogno del tuo aiuto.» afferma laconica Akemi, guardandolo con aria piuttosto indifferente.
«È risaputo, infatti, che se svegli una persona nel cuore della notte con uno schiaffo sul culo questa sarà più che predisposta ad aiutarti!» sbraita alterato, facendola sogghignare «Stai diventando un animale. Poi ti sembra questo il modo di comportarti con il tuo comandante?»
«Se il mio comandante continua ad innervosirmi in questo modo, presto non ne avrò più uno.» afferma con tono lugubre, ghignando in modo perverso.
Satch la guarda sorpreso, non riuscendo realmente a capire se stia scherzando o se sia seria. Da qualche tempo, infatti, è diventata più enigmatica quando parla, usando spesso un ben celato sarcasmo, tanto da non far capire fino in fondo la veridicità delle sue parole.
«Era forse una minaccia?»
Akemi lo guarda con sguardo duro, inflessibile, finché, di fronte all'espressione stranita del maggiore, scoppia in una sonora risata, che gli fa tirare un sospiro di sollievo «Dai, sto scherzando, lo sai.»
Satch le tira una leggera spinta, facendola ridacchiare ancora di più, costringendosi infine a mettersi seduto, passandosi entrambe le mani tra i capelli scompigliati, cercando inutilmente di ricomporsi e, soprattutto, di riprendersi dal sonno.
«Falla finita...» borbotta, innervosito dalla sua risata strafottente «Forza, cosa ti spinge a picchiarmi e svegliarmi nel cuore della notte?»
Akemi si ricompone a sua volta, estraendo dalla tasca dei pantaloni larghi un foglietto stropicciato, che gli porge fulminea.
Satch guarda quello scarabocchio con aria irritata, aggrappandosi al profondo affetto che nutre nei suoi confronti per non spaccarle la testa contro lo spigolo del suo comodino.
«Voglio che me lo tatui. Qui.» afferma decisa Akemi, toccandosi la pelle sul braccio poco sotto la spalla.
«Non potevi chiedermelo domani mattina?!» sbraita adirato Satch, notando che però non la scalfisce minimamente. In quel momento si rende pienamente conto di aver sbagliato a darle sempre tante libertà e di non averla mai sgridata, rendendola una piccola viziata anche piuttosto arrogante.
'Fino a undici giorni fa però non era così...' pensa, arrivando ad un'illuminazione che lo fa sogghignare compiaciuto.
«No. Ora.»
«Va bene.» afferma il comandante, incrociando le braccia al petto «Te lo farò ora.»
Akemi sorride entusiasta, non avendo mai realmente preso in considerazione l'idea di un rifiuto da parte del suo fratellone.
«Ma ad una condizione.» purtroppo, però, non aveva preso in considerazione neanche questa eventualità.
Lo guarda stupefatta, inclinando un poco la testa di lato e fissandolo dritto negli occhi «Che vuoi in cambio?»
Satch, più che deciso a prendersi una piccolissima vendetta per essere stato svegliato in malo modo, le afferra il mento tra le dita, avvicinando il volto al suo e sorridendole con aria maliziosa «Ma come? Tu che sai sempre tutto davvero non t'immagini cosa posso volere in cambio da te?»
Akemi sgrana gli occhi, presa completamente in contropiede, rimanendo pietrificata.
Satch si gode incredibilmente questo momento, in cui finalmente è riuscito a metterla agli angoli, senza però riuscire a trattenersi più di qualche secondo e scoppiare a riderle in faccia.
«Oddio, dovresti vedere la tua espressione!» si tiene le braccia attorno all'addome, piegato in due dalle risate, ignorando deliberatamente lo sguardo omicida che la sorellina gli rivolge «Davvero mi avevi creduto?!»
«E io che ne so cosa ti passa per la testa!» sbraita inviperita, tirandogli uno schiaffo sulla testa, facendolo ridere ancora di più.
«Santo Cielo quanto sei scema!»
«Attento, amico del sole, perché ti faccio riaddormentare tutto in un colpo.» lo minaccia di nuovo, tirandogli un pugno non esattamente fraterno sulla spalla.
«Sei diventata acida e aggressiva in una maniera insopportabile, sai?» si lamenta il maggiore, massaggiandosi distrattamente la parte lesa. 'Certo che ne ha di forza!'
«Attento...» gli ringhia contro, accigliandosi ulteriormente.
«Sono sicuro che dipende dal fatto che non hai più avuto alcun tipo di rapporto con Marco.» di fronte al suo sguardo ancora più inviperito Satch comprende finalmente quale sia il problema di fondo, gongolando come un cretino per essere stato il primo ad arrivarci.
«Stai tirando troppo la corda...»
«Secondo me sei gelosa del fatto che con Bay è gentile mentre con te no.» rincara la dose, guardandola con l'aria di chi la sa lunga, ignorando volutamente il ringhio basso e minaccioso che risale lungo la gola della sorella, nera per la rabbia.
«Satch, falla finita!»
«E va bene, piccola e bellissima arpia...» alza le mani in segno di resa, decidendo furbamente di riprendere quella divertente conversazione quando saranno tutti insieme, in modo tale da non correre rischi.
«Veniamo al nostro scambio, piuttosto.» afferma dopo poco, guardandola con aria furba e strafottente.
«Dalla tua espressione deduco che non mi piacerà.» mormora infastidita Akemi, roteando gli occhi per il nervoso.
Satch annuisce semplicemente, senza abbandonare neanche per un istante il sorriso, per poi parlare con tono allegro ma allo stesso tempo serio «Dovrai chiarirti con Marco.»
«Ho capito, non c'è problema.» Akemi si alza dal suo letto, stiracchiandosi appena le braccia, serena.
«Davvero? Wow, non credevo che ci sarebbe voluto così poco!» esulta Satch, alzandosi di scatto, più che lieto di accontentarla ora che ha raggiunto il suo scopo. 'Babbo ne sarà oltremodo felice!'
Akemi lo guarda con un finta espressione confusa, per poi sorridergli in un modo evidentemente falso «Oh, caro, devi avermi frainteso: non c'è problema, mi farò il tatuaggio da sola.»
L'entusiasmo del comandante crolla in una frazione di secondo e quasi non si accorge del lieve bacio che gli lascia sulla guancia prima di uscire, sempre con quel maledetto ghigno ironico ad incresparle gli angoli della bocca.
«Buona notte, comandante.» cinguetta vittoriosa, richiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo di nuovo da solo.
Il pirata si butta a peso morto sul letto, ribollendo dalla rabbia per essersi fatto fregare in quel modo, arrivando alla conclusione che forse Marco all'inizio aveva ragione: una nave pirata non è il luogo più adatto per crescere un infante, se poi questi sono i risultati.
«Piccola bastardella ingannatrice e opportunista...» borbotta contro il cuscino, escogitando qualche piano malefico per fargliela pagare, senza però arrivare a nessuna conclusione a causa del sonno che lo assale prepotentemente, facendogli dimenticare qualsiasi cosa.

'Bastardo ricattatore! Adesso diventerà tutto più dannatamente difficile!'
Trovare quanto le serve non è stato per niente difficile, anzi, ci ha messo meno del previsto. Il problema sorge dal fatto che non sa esattamente come fare! L'idea c'è, l'ha pure visto fare, ma come può, da sola, tatuarsi in quel punto?
'Posso riuscirci, forza e coraggio!'
Solo in quel momento si rende conto che negli ultimi tempi ogni singola idea che le viene in mente è sempre incredibilmente stupida e, spesso e volentieri, pure autolesionista.
'Forse aveva ragione il bastardo dei sogni... sono pazza!'
Guarda il suo riflesso nello specchio, dove sul braccio spiccano i bordi del suo futuro tatuaggio. Si domanda se stia facendo la cosa giusta, se avrà delle ripercussioni significative e se mai un domani se ne pentirà, e in poco la risposta più importante arriva.
'No. Non me ne pentirò mai. Ha un significato profondo per me, inoltre sarà una grossa differenza tra me e il mostro. E giuro che farò tutto quello che è in mio potere per tenerlo lontano da me!'
Aziona la macchinetta e posa l'ago sulla pelle, tracciando lentamente la prima linea.
'È fatta. Fa male, ma non importa... mi fa sentire viva!'
Continua a tracciare i contorni, guardando il risultato finale con sorpresa. Non è perfetto, assolutamente, dovrà sicuramente farlo ritoccare a Satch, ma come inizio è assai accettabile.
'Devo riempirlo, adesso...'
Intinge la punta nell'inchiostro nero e subito ricomincia nella sua opera.
Le ci vuole circa un'ora prima di finirlo e poterlo così ammirare nel riflesso dello specchio, e in poco un sorriso arrogante le increspa gli angoli delle labbra.
Si sente diversa, sente di aver allontanato di un poco quell'immagine che tanto l'ha spaventata e ora è più che determinata a cacciarla completamente, a seppellirla in un angolo remoto di sé, chiusa a chiave nelle tenebre.
Sospira soddisfatta, rimettendosi seduta al suo scrittoio e prendendo in mano un libro di cucina, più che decisa a passare quelle ultime ore di solitudine forzata nel migliore dei modi.
'Dovrò farmi perdonare da Satch, in fondo. Tanto vale trovare qualcosa di sfizioso per comprarlo!'

Il tentativo di comprare il perdono di Satch è andato letteralmente in fumo. Già, perché la giovane piratessa aveva avuto la brillante idea di cucinargli dei biscotti particolari, che su quel dannato libro sembravano semplici da preparare e molto buoni, ma li ha lasciati per troppo tempo nel forno, carbonizzandoli. Neanche Ace, il pozzo senza fondo numero uno sulla Moby Dick, ha avuto il coraggio di mangiarli.
Adesso, stesa sul lettino dell'infermeria, si sta trattenendo con tutta sé stessa dal prendere a pugni le varie infermiere che la stanno sfottendo per la sua totale incapacità nel settore culinario.
«Vi dispiace addormentarmi e farmi questa fottutissima trasfusione?!» sbotta vicinissima ad uno dei suoi pericolosi attacchi d'ira, nella quale tende a distruggere tutto quello che le capita sotto tiro e che viene placato solamente con il contatto con qualcosa di incandescente.
«Hai la coda di paglia, Akemi?» ridacchia Ran, iniettandole il sedativo per farla dormire il più beatamente possibile per un paio d'ore «E comunque dovresti toglierti il giacchetto!» le ripete subito dopo per la quinta volta, spazientita.
«No, lo toglierò più tardi. Ho una sorpresa per il babbo.»
Ran decide bene di non indagare oltre, conscia del fatto che se la ragazza s'impunta su qualcosa, sarà quella anche a costo della vita. 'Cocciuta come lei c'è solo il capitano!'
«Beh, allora sogni d'oro, piccola permalosissima combina guai!»
Akemi le sorride appena, chiudendo finalmente gli occhi, pronta a tornare nel limbo nero dal suo persecutore immaginario, con la possibilità di staccare finalmente la presa e non pensare più all'uomo che con tutte le sue forze sta provando ad evitare.

Dove. Diavolo. Mi. Trovo?!
Possibile che non posso neanche stare nel limbo? Cos'è, il pazzo bastardo mi ha bandita perché si sentiva minacciato?
In una foresta dovevo finire, poi! Non in una bella spiaggia, con un bel sole e l'odore dei fiori di stagione nell'aria. No, in una maledetta foresta buia e fredda!
«Devi restare sveglio, forza...»
La sua voce! La riconoscerei in mezzo a mille e più!
M'incammino velocemente, cercandolo con lo sguardo, vedendo solo alberi e cespugli. Dove diavolo si è cacciato? So che è colpa sua se sono qui, per forza! Ero calma quando mi sono addormentata, quindi questo inconveniente è solo opera sua!
«Fratello, resisti! Non puoi lasciarmi solo...»
È tristezza quella che sento? Bene! Non è altro che bene!
«Sei pallido...» un'altra voce, più roca e flebile mi mette in allerta.
Che non fosse solo già lo avevo capito, ma per una strana ragione la cosa mi mette particolarmente in allarme. Generalmente le voci estranee portano solo dolore e morte...
Eccoli, riesco a vederli. Lui, il bastardo, è chino su qualcuno. I suoi vestiti sono diversi dal solito, sono più... antichi? A terra, accanto a lui, ci sono delle spade e uno scudo.
Quello che ho capito essere suo fratello è steso a terra, una larga pozza scura si allarga sotto di lui. Vedo di sfuggita i suoi lineamenti definiti, senza però riuscire a scorgerne gli occhi, coperti dai capelli scarmigliati di un castano scuro tendente al nero. Lui, esattamente come il mio folle “persecutore”, indossa dei vestiti bizzarri, con la differenza che a coprirgli il torace ha una cappa di maglia pesante lacerata sul fianco, punto da cui sgorga tutto quel sangue.
Mi avvicino con cautela, senza però riuscire ad essere completamente silenziosa a causa dei maledetti stecchini che scricchiolano al mio passaggio. Curiosamente non si accorgono della mia presenza, cosa che un poco mi rassicura.
Anche l'uomo dei sogni sanguina da dietro al collo, da una ferita più piccola ma comunque profonda, a cui però non bada minimamente.
Ammetto che vederlo così distrutto dal dolore mi fa provare un briciolo di pena nei suoi confronti, ma con tutto quello che mi sta facendo patire mi impongo di soffocare tale sentimento. Non se lo merita. Però mi dispiace per l'altro...
«Fatti curare quella ferita...» mormora con un filo di voce il castano, respirando a fatica.
Ora che sono più vicina, riesco a vedere la sua ferita. È strana: il sangue è troppo scuro e ci sono delle strane diramazioni sulla pelle, come se le vene sottostanti fossero avvelenate o una cosa simile.
«Non ti lascio, chiaro?» ringhia a denti stretti, stringendogli con forza una mano. Anche sulla sua ferita ci sono gli stessi strani segni e il sangue che vi sgorga è di un rosso decisamente anomalo, direi tendente al nero.
«Vat-»
«No! Non vado da nessuna parte, sono stato chiaro? Resto con te fino alla fine.» abbassa lo sguardo sul pugnale che pende dal fianco del fratello e in un movimento secco glielo sfila, stringendolo con forza «E dopo ti seguirò nel Valhalla.»
Valhalla? Che diavolo è?
«Non dire idiozie, fratello... tu vivrai, porterai alto il tuo nome. Sei un guerriero, guiderai tu le truppe adesso-» tossisce con tutto il fiato che ha, sputando del sangue scuro e rappreso.
L'uomo dei sogni, disperato oltre ogni limite, sta per controbattere qualcosa, quando il maggiore lo precede «Le Valchirie mi attendono...»
Si guardano negli occhi intensamente e pure io adesso non riesco a non provare tutto il dolore che sta distruggendo l'uomo «...addio, amato fratello...»
Il tempo sembra sospeso, i secondi passano inesorabili, lo sterno dell'uomo smette di muoversi, il suo cuore batte per l'ultima volta.
Non riesco a muovermi, non riesco a respirare. Perché provo tanta pena? Perché mi sta facendo così male tutto questo? Non dovrebbe importarmi, no? Ho già visto delle persone morire e questo neanche lo conosco! Perché allora sento tutta quest'angoscia?
«Ci vediamo dall'altra parte...»
Alzo gli occhi giusto in tempo per vedere la punta del pugnale fermarsi sul suo petto, all'altezza del cuore, e trafiggerlo pochi istanti dopo.
Non sono riuscita ad impedirlo, non sono riuscita ad evitargli l'ennesima morte e in poco sento un incredibile freddo penetrarmi fin dentro le ossa. Tutto si fa sfocato, i colori si spengono, i dettagli spariscono; in breve, tutto diventa nero.
«Molto teatrale, non trovi?»
Mi volto di scatto verso di lui, guardandolo con aria persa. Che diavolo significava tutto quello? Era una specie di gioco perverso per farmi stare male?!
«Era uno scherzo?»
«Mh?» alza gli occhi su di me, guardandomi incuriosito, per poi rivolgermi un sorriso amaro «Per niente. È il mio passato.»
Rimaniamo in silenzio a fissarci, il dolore che lentamente va scemando dai nostri cuori ci permette di indossare nuovamente le solite maschere dure che ci ostentiamo a mostrarci.
«Perché me l'hai fatto vedere?»
«Non è stato volontario. Mi ero ritrovato semplicemente a ripensarci e tu ti sei addormentata in uno stato d'angoscia e dolore, ed inevitabilmente l'hai visto.» cammina tranquillo in questo nulla, fissandosi la punta dei piedi scalzi «Avrei preferito evitarlo.»
«Perché? Ti disturba che gli altri sappiano che in fondo non sei un totale sadico bastardo?»
«Mi da noia che qualcuno veda come è morto mio fratello.» i suoi occhi fiammeggiano per la rabbia, i muscoli si tendono e la sua forza aumenta distintamente «Era il più grande guerriero che il mondo avesse mai visto. Non meritava di crepare in quel modo!»
«Mi dispiace per lui, credimi, ma è inutile che alzi la voce con me. Questo non lo riporterà in vita.» ringhio in risposta mentre la sua rabbia aumenta.
«Ti svegli?! Voglio stare solo!» mi spinge con forza, facendomi inevitabilmente cadere. Che stronzo!
«Allora tagliami la gola come al solito, così posso evitare di vedere la tua faccia da schiaffi.»
Sbuffa infastidito, avvicinandosi a me a grandi falcate con aria irritata, ma prima che mi ammazzi per l'ennesima volta non riesco a trattenermi dal contraddirlo «Comunque mi ero addormentata calma e beata. Anzi! Ero così di buon umore che avrei dovuto sognare bellissimi arcobaleni e tante farfalle con la porporina sulle ali invece che vedere te!»
«Calma e beata? Ma chi pensi di prendere per il culo, eh? Tu non stai più bene da ben undici giorni, ragazzina. Inoltre sappiamo entrambi che il motivo di questa tua confusione emotiva è dovuta a quel pirata che tanto illogicamente ti piace.»
«Ti piacerebbe.»
«Ti dirò che vedo più di buon occhio il tizio che si veste da donna. Almeno ha stile.» mi afferra con violenza per i capelli, tirandoli alla cute quasi fino a strapparli «Fai chiarezza nel tuo cuore prima di contraddire me, mocciosa.»


Apre gli occhi di scatto, il collo che le brucia dopo il micidiale graffio ricevuto nel sogno e una gran confusione in testa.
«Tutto bene, cara?» le domanda Yuka affiancandola e prendendole delicatamente una mano tra le sue.
«Eh? Si, tutto ok.» risponde col fiatone, passandosi una mano sul viso «Quanto manca?»
«Almeno una mezz'ora, cara.» le passa una mano sulla fronte, sorridendole dolcemente «Ti porto qualcosa da leggere per ingannare l'attesa?»
«Grazie...» le sorride di rimando, sentendosi incredibilmente rassicurata dalla sua dolce presenza, che fa quasi da effetto inibitorio alla sua impetuosa impazienza: deve mostrare cosa ha fatto!
'Manca poco... manca poco e glielo mostrerò!' un sorriso fiero le increspa gli angoli della bocca, riempiendole il cuore di felicità 'Vedrai babbo! Sarai orgoglioso di me!'


Legge con sguardo attento il giornale, Marco, per tenersi costantemente informato su quanto accade nel mondo. Da quello che sta leggendo, non solo Cappello di Paglia sta continuano a dare del filo da torcere al Governo Mondiale, ma ci sono pure altri novellini di un certo spessore.
'Questo Capitano Kidd deve essere una vera bestia...' pensa notando la sua taglia esorbitante, ridacchiando appena.
Legge i loro nomi, vede i loro volti, e non riesce a non pensare a come potrebbe essere uno scontro con uno di loro. Forse, tra tutti, è proprio la ragazza che potrebbe creargli qualche problema in più. In fondo se lo facesse diventare un poppante incapace di reggersi in piedi o un vecchio con le cataratte sarebbe in difficoltà.
'Interessanti. Davvero interessanti.'
Alle sue spalle sente un improvviso mormorio che inspiegabilmente lo incuriosisce e senza pensarci volta la testa, pentendosene immediatamente.
Lei è li, che sorride raggiante ai suoi compagni, fresca fresca di trasfusione. Come lo sa? Semplice: è incredibilmente radiosa.
La guarda attentamente, notando i sorprendenti cambiamenti che ha subito in quei sei giorni. Niente di allarmante come una ventina di anni in più, no, solo qualche cambiamento che la rende più matura. Come i lineamenti definiti e allo stesso tempo dolci, i capelli tagliati alle scapole, il fisico snello e slanciato, il seno sodo e, secondo il suo modesto parere, perfetto.
Sgrana un poco gli occhi a quel pensiero, domandandosi da dove gli sia uscito, scuotendo la testa e poggia il giornale da un lato, curioso di capire perché si sia presentata lì quando sapeva benissimo che c'era anche lui.
La risposta non tarda ad arrivare, quando con un sorriso soddisfatto si sfila la giacca dalle spalle mostrando che sul braccio, poco sotto la spalla, svetta il simbolo “alternativo” della ciurma, di un nero che contrasta perfettamente con la sua carnagione.
'Ah, ecco il perché. Doveva pavoneggiarsi della sua nuova bravata. Mi sembrava assurdo che di punto in bianco le fosse passato tutto.'
Sbuffa sonoramente, cercando insistentemente i suoi occhi, sperando che davvero le sia passata, che vada da lui a fargli vedere quanto è stata incosciente nel tatuarsi da sola, ma è una speranza vana. Lei volteggia tra i suoi fratelli, sorridendo felice al capitano che la guarda con orgoglio, piroettando poi tra le braccia di Satch che poi la stringe a sé, ma lui lo ignora deliberatamente.
'Non mi guarda neanche in faccia...' pensa amareggiato, alzandosi e allontanandosi da quell'atmosfera troppo gioiosa per i suoi gusti. Anzi, in realtà gli piacciono quei momenti di gioia e spensieratezza, ma ora proprio non riesce a sopportarlo. Si sente escluso, un estraneo.
'Cosa ti ho fatto? Spiegamelo, avanti! Ti atteggi sempre a super donna, quella che sa tutto e non teme niente, quando in realtà sei solo una ragazzina piena di paure. Paura di cosa, poi? Di qualche incubo, di cose inesistenti. Poi vuoi sempre fare la vittima. Pensi che tutti noi abbiamo avuto un'infanzia semplice? Beh, mia cara, ti sbagli. La stra-maggior parte di noi ha avuto un'infanzia di merda! Molti, me incluso, sono orfani di almeno un genitore!
Tu, invece, hai avuto l'enorme fortuna di essere accolta nella nostra famiglia sin da piccola! Ti abbiamo cresciuta ed amata, ti ho protetto col mio stesso sangue, e questo è il tuo ringraziamento? È vero: non mi sono mai comportato meravigliosamente con te come hanno fatto tutti gli altri, sono il primo ad ammetterlo, ma merito sul serio questo trattamento? Guardati, scherzi pure con Teach! E tu detesti Teach, non negarlo.
Ma poi perché mi logoro tanto per te? Chi sei per me, in realtà? Niente, una compagna di ciurma e basta. Ce ne sono così tanti che quasi fatico a ricordare tutti i loro nomi. Eppure continuo ad accanirmi contro di te.
Suppongo sia una questione di principio, a questo punto. Si, principio: non ti ho fatto assolutamente niente, quindi non merito questo tuo trattamento.'
Si rinchiude nella sua stanza, più che intenzionato a rimanervi sino all'ora di cena, lontano da tutto e tutti. Ma questo suo proposito va a farsi benedire nel momento esatto in cui qualcuno bussa alla sua porta; non fa neanche in tempo a dire che vuole riposare in pace che la testa di Ace fa capolino all'interno della camera, con un'espressione divertita in volto.
«Hai visto che pazza?!» esclama allegro, facendolo sbuffare «Ok, non t'interessa.»
Gli fa un sorriso sarcastico, Marco, chiedendogli silenziosamente di uscire e di lasciarlo da solo, ma il moro ignora deliberatamente questa taciturna richiesta e in tutta tranquillità va a sedersi sul suo letto, guardandolo dritto negli occhi «Ho avuto una trovata geniale, Marco. Ne ho parlato col babbo ed è d'accordo con me.»
«Ace-»
«No, ascoltami. Funzionerà, ne sono sicuro.» afferma il minore con incredibile decisione, sorprendendolo.
Sospira forte, Marco, passandosi entrambe le mani nei capelli.
È arcistufo di tutta quella situazione, non ne può assolutamente più, e se l'idea di Ace può aiutarlo ad uscirne e fargli evitare così ulteriori arrovellamenti di testa ben venga.
«Ti ascolto.»
Il sorriso sghembo che Pugno di Fuoco gli rivolge, però, lo fa pentire immediatamente della sua scelta...


Il sole è tramontato da un pezzo, la notte ha preso il posto del giorno portando una brezza leggera. Akemi è al suo posto di vedetta ad osservare il circondario, annoiata a morte ed incuriosita dalle criptiche parole che il padre gli ha rivolto prima che se ne andasse dalla mensa.
'Perché vuole parlarmi?' si domanda per l'ennesima volta, passandosi una mano affusolata tra i capelli 'Non penso che riguardi Marco... sarebbe sciocco da parte sua.'
Abbassa per un attimo gli occhi, vedendo di sfuggita i contorni scuri del tatuaggio che svetta sulla sua pelle. Ci passa sopra le dita, sfiorandolo appena.
'Marco...' chiude con forza gli occhi, sentendo per l'ennesima volta una fitta al petto 'Perché? Perché?! Pure il pazzo ha detto che questo sentimento è illogico. O forse è completamente logico? In fondo tu mi hai salvata... no, non è per questo. Non riesco a capirlo. Ci ho ragionato a lungo, troppo a lungo, ma non ci arrivo. I sentimenti non sono razionali, questo lo so, ma perché non riesco a spiegarmi perché provo questo per te? Diavolo, non siamo neanche mai andati d'accordo!'
Scuote con forza la testa, sbuffando forte e voltandosi di scatto verso Teach, giunto per darle il cambio, e senza proferir parola si allontana, dirigendosi verso la cabina del genitore.
'Devo farmela passare, non ho altra scelta. Non posso convivere con questo tormento, non ce la posso fare. Magari la cosa sarebbe stata sostenibile in altri frangenti, ma con quel pazzo che mi tortura il cervello proprio non posso.
Ma quale altro modo c'è per sopprimere queste maledette “farfalle”? Forse il vecchio “chiodo schiaccia chiodo”, come ho letto in qualche romanzetto da due soldi. Se solo ritrovassi Killian... con lui forse riuscirei a sopprimerle.'
Sospira forte, rassegnata, per poi bussare piano alla porta ed entrare, guardando il padre con sguardo dolce mentre legge un libro. Vederlo attaccato a tutti quei tubi le fa male, ma non lo da a vedere.
«È tardi?» gli sorride dolcemente, trotterellandogli incontro quando allarga un braccio in un chiaro invito a raggiungerlo. Si sdraia al suo fianco, abbracciandolo e beandosi del calore che sente ogni volta che sta tra le sue enormi braccia. Un calore di cui ha un disperato bisogno e che riesce a scioglierle il cuore tanto da renderla mite come un gattino.
«Come mai oggi sei così docile?» le domanda sorridendole, passandole una mano sulla testa, sentendo un'ondata di fierezza nel vedere il suo simbolo svettare sulla sua pelle bianca. Sa che adesso, almeno da ciò che è tangibile e visibile a tutti, sarà al sicuro: nessuno sano di mente andrebbe ad infastidire uno dei suoi figli.
«Sono solo di buon umore.» ammette Akemi, lasciandosi completamente andare alle sue premure. 'Non esiste un padre migliore al mondo.'
«Volevi parlarmi di qualcosa?» domanda dopo qualche istante, alzando gli occhi su di lui.
«Se te lo ripeto un'altra volta, ti passa il buon umore?» le domanda a sua volta, sperando vivamente che il piano ideato dal figlio funzioni. Quella storia si è protratta sin troppo a lungo per i suoi gusti!
«No, però sarebbe un completo spreco di fiato.» risponde sorridendo con aria furbetta, bloccandosi di colpo, cosa che non sfugge al capitano.
La guarda con attenzione, notando la concentrazione che sta impiegando per captare qualcosa e anche il fatto che per un secondo ha fiutato l'aria con più forza del dovuto. 'Ora vedi!'
«Scusa, mi sono ricordata che devo fare delle cose!»
Barbabianca l'afferra per un braccio prima che riesca a scattare verso la porta, bloccandola e costringendola a voltarsi per guardarlo in faccia, serio e minaccioso «Prova anche per sbaglio a farmi un misero taglietto e ti strappo la spina dorsale, sono stato chiaro?»
Akemi prova a fingersi indifferente, sorridendo arrogantemente e cercando con tutte le sue forze di liberarsi senza dover ricorrere agli artigli.
«Da dove viene questa brutalità gratuita?» domanda ironicamente, arrendendosi all'evidente inferiorità e abbandonandosi a sedere per terra con il braccio ancora dolorosamente stretto nella sua ferrea presa.
«Sono Barbabianca, mocciosa. Posso fare e dire quello che voglio.» le risponde altezzosamente l'uomo, fissando poi lo sguardo sulla porta chiusa «Marco!»
Perché lo sa che stava passando di lì, erano d'accordo. Gli è bastato vedere l'espressione della ragazza per averne la certezza: quei piccoli movimenti appena visibili ne sono un chiaro segno.
Dopo una manciata di secondi, infatti, la porta si spalanca e la Fenice fa capolino nella stanza, guardando i due con aria seria ed arrogante, come suo solito.
«Ma guarda un po' chi si rivede.» afferma con tono quasi disgustato, giusto per ripagarla con la stessa moneta.
«Non puoi immaginare quanto la cosa mi rallegri.» borbotta sarcastica la minore, sbuffando sonoramente e continuando a fissare la parete che ha di fronte al solo scopo di non incrociare neanche per sbaglio il suo sguardo. Solo il sentire il suo profumo le fa male, guardarlo negli occhi sarebbe troppo.
«Fatela finita. Tutti e due.» ordina innervosito l'imperatore, facendo saettare lo sguardo da uno all'altra «Dovete vivere sulla stessa nave, maledizione! Smettetela di comportarvi come due bambini e chiarite le vostre divergenze!»
«Ma-» provano a controbattere all'unisono, venendo però interrotti dalla voce tuonante del capitano.
«È UN ORDINE!» sbraita infatti, facendo alzare di peso Akemi e lanciandola senza tanti riguardi tra le braccia di Marco, che involontariamente l'afferra, guadagnandosi uno sguardo omicida come ringraziamento.
Escono in silenzio dalla camera, tenendosi a debita distanza, finché Marco, arcistufo di tutta quella buffonata, decide bene di rompere il loro silenzio.
«Brava Akemi, complimenti.» di certo questo non è il migliore dei modi in cui poteva farlo, ma sicuramente è un inizio.
«Cosa?» sibila infastidita, sentendosi incredibilmente tradita da tutto e tutti. 'Sarai anche il babbo migliore di tutti, però questa me la paghi.'
«Sei riuscita a farlo andare in bestia, i miei più sentiti complimenti.» la sfotte la Fenice, guardandola truce. 'Forse sto sbagliando...'
«Implodi.» ringhia in risposa, girando sui tacchi e provando ad andarsene, venendo però prontamente bloccata dalla ferrea presa del maggiore. 'Cos'è questo vizio di afferrarmi per le braccia?!'
«Dove credi di andare?!» sbraita a pochi centimetri dal suo viso, mordendosi subito dopo la lingua.
Sa bene che così peggiorerà semplicemente la situazione e deluderà il padre, quindi decide di cambiare approccio, tentando il tutto per tutto «Stammi bene a sentire: non ho idea di cosa ti ho fatto, ma qualsiasi cosa sia ti chiedo scusa, ok? Spero vivamente che tu capisca che questa situazione deve finire e non per me, sia chiaro, ma per il babbo. Soffre ogni volta che vede che tra i suoi figli non scorre buon sangue.»
Il suo tono pacato però non attacca minimamente con Akemi, che prontamente controbatte acidamente «Non può certo pretendere che tutti vadano d'amore e d'accordo.»
«Questo no, ma che quanto meno abbiano la decenza di salutarsi al mattino quando si riuniscono a tavola si.» allenta un poco la presa dal suo braccio, facendo scivolare la mano fino al polso. Non può lasciarla andare, non ora che sta arrivando a qualcosa «Mi spieghi cosa ti ho fatto?»
«Lo so io.» sputa irritata, provando ad andarsene, inutilmente.
«E lo voglio sapere anche io.» la guarda dritto negli occhi, non riuscendo però a decifrare le sue emozioni «Andiamo Akemi...»
«Te lo dissi già quella sera che con me sei sempre scontroso, no? Beh, siccome non ho nessuna intenzione di essere trattata come un'idiota anche da sveglia preferisco evitarti.» il suo tono è duro, il suo sguardo fermo e contratto in un'espressione rabbiosa, ma dentro si sente completamente in subbuglio. Si sorprende parecchio del fatto di non essere già scoppiata a piangere e per non essersi buttata tra le sue braccia per sentire il suo calore, quello che le fa formicolare la pelle e la manda in confusione. Non lo fa semplicemente perché non può permettersi di crollare così, pur essendo consapevole che questa sua tattica di autodifesa non potrà durare a lungo.
Marco sospira abbassando per un attimo la testa, cercando la soluzione adatta a quella storia. Sa bene che è solo una e che per lui non sarà per niente semplice, ma deve farlo.
«Se ti promettessi che da questo momento in avanti comincerò a trattarti bene, cesseresti questa tua assurda guerra nei miei confronti?» le domanda sorridendole appena, facendo un mezzo passo verso di lei, sorprendendosi nel vedere che stavolta non si ritrae. Ne fa così un altro, arrivando al punto di poterla fronteggiare sul serio, poggiandole addirittura una mano sulla spalla per rassicurarla.
«E chi me lo dice che domani non ricomincerai come al solito?»
«Hai la mia parola, Akemi. Puoi fidarti.»
«Di un pirata?» lo sfida ancora, malgrado sia chiaro ad entrambi che ormai ha perso, facendo sorridere in modo estremamente dolce il comandante.
«Di tuo fratello.» puntualizza, facendole provare una fitta insopportabile al cuore che però non da a vedere.
«Andata?» le domanda guardandola dritto negli occhi, sorridendole incerto.
Sospira rassegnata, Akemi, abbassando la testa e poggiando la fronte sul suo petto, sconfitta ma allo stesso tempo felice di poterlo riavere, beandosi della lieve stretta che le sue braccia esercitano sul suo corpo.
«Andiamo a dormire, forza...» scioglie velocemente l'abbraccio, Marco, per poterle mettere un braccio attorno alle spalle, facendola incamminare sottocoperta. Si sente felice, tanto da sorprendendosi. Aveva capito che le voleva bene e che quello scontro gli stava facendo male, ma non credeva possibile di poter provare tanta felicità solo perché adesso si riparlano tranquillamente.
La cabina di Marco è una delle prime, così Akemi si toglie il suo braccio dalle spalle senza tante cerimonie e s'incammina verso la propria, il cuore in subbuglio e la testa che gira, completamente inebriata dal suo profumo che le rimane nelle narici.
Marco la guarda allontanarsi incerto sul da farsi, finché decide, illogicamente, di compiere un gesto sin troppo dolce per i suoi standard: allunga velocemente un braccio verso di lei, afferrandole così una mano e costringendola a rigirarsi.
'Se devo essere gentile, tanto vale rimediare al primo sbaglio...'
«Dove vai?» le domanda con tono duro, lasciandole la mano e poggiandosi con la spalla contro lo stipite della porta.
«Mi sorprende che tu, generalmente tanto brillante, non abbia ancora capito dove si trova la mia cabina.» risponde sorridendogli in modo arrogante, facendolo ridacchiare appena.
«So bene dov'è la tua cabina, ma se non sbaglio l'ultima volta volevi dormire qui.»
Questa sua semplice affermazione basta per far fare al suo piccolo cuore una tripla o anche quadrupla capriola nel torace, farlo smettere di battere e poi ricominciare, mandandola completamente in tilt. 'Mi prende in giro?'
Marco, di fronte alla sua espressione incredibilmente persa, non riesce a trattenere una lieve risata e senza aspettare alcuna risposta da parte sua semplicemente la riprende per un polso e la trascina nella sua cabina, mettendo momentaneamente da parte il suo intoccabile principio.
«Non ci fare l'abitudine, ragazzina. È solo per stanotte.» l'avverte prontamente, togliendosi i vestiti e rimanendo solo con i boxer, inconsapevole di quanto questo suo gesto stia mandando nel panico più assoluto la ragazza.
'No, cazzo! Che faccio? Che dico? Non deve sapere. Nessuno lo sa! Forza, Akemi, comportati come sempre. Sii te stessa. Magari, ecco, sta zitta, però sii te stessa.'
Si butta velocemente nel letto, dandogli le spalle e rimanendo in completo silenzio, pietrificandosi totalmente quando anche l'altro si stende al suo fianco.
«Buona notte, ragazzina.» afferma tranquillo, pronto a godersi una bella dormita, finalmente con la mente sgombra da qualsiasi pensiero.
'Devo dormire.' si ripete Akemi per la centesima volta nell'arco di cinque minuti, rannicchiandosi ulteriormente su sé stessa e tenendo gli occhi sbarrati, provando a trattenere il respiro il più possibile per non sentire il suo profumo.
'Tanto mi considera una sorella, no? È inutile farsi tanti problemi. Non accadrà assolutamente niente tra di noi, né adesso né mai.'
«Segui il tuo fottuto istinto, dannazione!» sgrana gli occhi di colpo dopo aver sentito quella specie di ronzio nelle orecchie, stringendo i denti per la rabbia.
'Zitto! Zitto! Tu non sei reale!'
«Zitta tu, mostriciattolo! E vedi di darmi ascolto per una buona volta!»
'Porca puttana sento le voci...' chiude con forza gli occhi, provando ad ignorare la sua voce melliflua che però pare non avere alcuna intenzione di tacere.
«Vedi di addormentarti velocemente, razza di imbecille sottosviluppata. Mi sento particolarmente in vena di dispensare consigli utili questa notte.» sospira forte, nascondendosi sotto le coperte sin sopra le orecchie, provando inutilmente a concentrarsi sul respiro regolare del pirata assopito al suo fianco.
«Vorrei darti un paio di dritte su come usare a pieno il tuo potenziale da seduttrice.»
'Potenziale da cosa? Santo Cielo, tu sei pazzo sul serio!'
«No, sono solo molto più esperto di te. Puoi darmi retta, per una volta? Ti assicuro che non te ne pentirai.»
Per una ragione che non capisce il suo corpo si fa improvvisamente pesante, così come le palpebre, ed involontariamente si ritrova di nuovo in quel limbo buio in sua presenza.

 

«Pronta ad entrare nel girone dei lussuriosi?»

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*Yellow Canadair guarda un po' chi è che la sbatte come un tappeto? :P All'inizio avevo pensato di metterci o Vista o Kingdew, ma poi mi sono detta “no, quest'uomo ha avuto un'uscita troppo meravigliosa, va onorato!” e così c'è finito lui :)

Angolo dell'autrice:
Buon salve a tutti! :D
Anche stavolta sono inspiegabilmente allegra! Suppongo che sia perché ormai il mio cervello è stato irrimediabilmente fottuto dalla chimica... ^^
Vabè, tralasciando questo... che ve ne pare? :) Onestamente questo capitolo mi ha fatto particolarmente schifo .___. ma almeno questi due imbecilli (<3) hanno fatto pace! Da adesso la situazione comincerà a cambiare per loro... in meglio, finalmente! :)
Ci vorrà ancora un po' prima che il nostro dolce Marcolino apra i suoi dolci e apatici occhietti, ma lo farà... e quando ciò avverrà sarà anche piuttosto dolcino! (Si, sempre dopo un po', ma lo sarà)
Akemi invece dà sempre più fuori di matto. Tatuarsi da sola un braccio... ci vuole un pizzico di follia, no? Però lei ha una motivazione ben precisa per farlo: vuole cambiare, vuole essere diversa dal riflesso che vide in quell'incubo, e giustamente(?) pensa di farlo cambiando il suo aspetto esteriore. Idiota, eh? ;) -l'ho creata io, non poteva essere altrimenti :z-
Ah, c'è un perché per il suo attaccamento a Marco e anche per i suoi sentimenti tanto forti. Vi assicuro che non è una svista mia farle perdere la testa in questo modo da un momento all'altro, ma dovrete attendere per sapere. (strano eh?)
Stavolta in realtà non ho molto da dirvi, solo un'ultima cosa: ho deciso di mettere subito dopo questo discorso senza logica un piccolo special (se non lo leggete non penso che vi cambierà più di tanto, è giusto per essere un pochettino più chiari). Penso che comincerò a farlo più spesso e vi spiego perché: saranno come brevi pezzi di una storia parallela. E di chi sarà mai questa storia se non di quelli che vogliono prendere Akemi? Oddio, in realtà per adesso ci saranno solo pezzi loro, ma presto metterò altri tipi di special, cioè basati su delle canzoni e tratteranno in modo un po' più introspettivo i nostri personaggi (per adesso ne ho pronto uno di Akemi e uno di Satch). So che non vi frega niente, ma ve lo volevo dire :) (Ah, se non vi piacciono li elimino e ciao ^^)
Beh, non ho altro da dire penso... alla brutta me lo tengo per me! ^^
Adesso un grazie infinito a Okami D Anima, Lucyvanplet93, Monkey_D_Alyce, Yellow Canadair e iaele santin per le splendide recensioni; ankoku, Dark_witch3, D_ann, evelinstar31, giada1999, Incantatrice_Violeta, Jollyna, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, Portuguese D Ice, SmyleCathy, Trafalgar Revy e Yellow Canadair per averla messa tra le preferite; Azzu___, Balalaika_, evy88, girosolomina, Ikki, Kyuubi10, LallaOrlando, leonedifuoco, Lucyvanplet93, Portuguese D Ice, Portuguese D Rogue, Puffetta96, Redangel19, rosy03, SmyleCathy, The Green Eyed Girl, valepassion95, Vivi y, Yellow Canadair, Zefiria BlackIce, _K a r i n, _Bianconiglio_, _cucciolotta_, _Lawliet e _Takkun_ per averla messa tra le seguite; Portuguese D Ice per averla messa tra le ricordate.
Davvero gente: GRAZIE INFINITE!
Alla prossima, un bacione
Kiki



 

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Wulfirc è sempre stato un essere assai tollerante. Ha accettato di fare cose riprovevoli senza batter ciglio, di passare la notte in tuguri impensabili e molto altro. Non ha mai avuto da ridire su niente. Ma quel maniero davvero lo manda in bestia.
Non sopporta il chiasso che aleggia sempre per quei maledetti corridoi, tutte quelle anime insopportabilmente appiccicose con chiunque ancora respiri, quell'aria tetra e lugubre.
Ok che il proprietario è un assassino della peggior specie, ha una taglia sulla testa da far impallidire pure il grande Re dei Pirati, ma perché si ostini a restare tra quelle mura lugubri è ancora un mistero. Con tutto quello che possiede, potrebbe avere di meglio. E in realtà ce l'ha pure, solo che ultimamente preferisce stare tra le anime dannate, piuttosto che in un'ariosa stanza con dei mostri normali.
'Ti detesto. Ti detesto sul serio.' pensa Wulfric, senza però esternare le emozioni. Non lo ha mai fatto, in fondo. Solo con tre persone si concede il lusso di mostrarsi vagamente umano.
Entra con passo lento, ma comunque incredibilmente elegante e silenzioso, nella grande sala principale, dove trova il loro Signore immobile sul suo trono.
'Adoro farti incazzare!'
«Si può sapere dove sei stato? Ti avevo espressamente ordinato di non allontanarti da qui!» urla in preda alla rabbia, sbattendo con forza i pugni sui braccioli del suo trono.
Wulfric, calmo come sempre, fa un gesto vago con la mano per sorvolare sulla cosa, avvicinandosi incurante del pericolo. Lo conosce da così tanto tempo che ormai sa bene come poterlo raggirare in caso di esplosione incontrollata.
«Non sono mai stato ai tuoi ordini e non ho intenzione di cominciare adesso.» afferma con noncuranza, poggiando la borsa su di un tavolino, voltandosi poi verso di lui e sorridendogli allegro «In ogni caso, sono dovuto andare in piccola isola della Rotta Maggiore da una vecchia veggente. Dovevo avere delle prove per farti ragionare.»
«Non vorrai dirmi che credi realmente a quelle stronzate?» ringhia sempre più nervoso, trattenendosi con tutto sé stesso dallo staccargli la testa a morsi. Letteralmente.
«Fermamente.» risponde sorridendo Wulfric, estraendo vari fogli dalla borsa e mettendoli in ordine di fronte a sé «Con tutto quello che ci circonda, con le nostre conoscenze... con quello che abbiamo visto e vissuto, realmente pensi che non sia possibile prevedere il futuro e manipolarlo?»
Il sovrano sbuffa spazientito, passandosi una mano sul volto, consapevole di star entrando in una conversazione assai scomoda con quel folle che da troppo tempo gli sta tra i piedi «Il futuro è imprevedibile. Un piccolo gesto può completamente distruggere l'ordine e cambiare le conseguenze del destino.»
«Ne sono pienamente consapevole. Ma sono anche consapevole che sarei in grado, con il tuo aiuto, di arginare quei piccoli gesti e di fare in modo tale che questo futuro si avveri.»
Alza lo sguardo, colto da una vaga curiosità, osservandolo nel dettaglio «Di cosa stai parlando?»
«Di questo.» indica con la mano i vari fogli perfettamente ordinati, contenenti i risultati della sua veloce ma preziosa ricerca «Ti ho portato tutte le notizie raccolte per esaminarle insieme.» lo fissa con attenzione, capendo di aver attirato, seppur minimamente la sua attenzione.
'Devo toccare le corde giuste...'
«Ascoltami: siamo entrambi grandi strateghi militari, possiamo trovare una soluzione migliore al sequestro di persona.» sa bene che questa non è assolutamente la corda giusta, ma sa che deve riuscire ad incastrarlo seguendo un percorso più largo rispetto a quello che userebbe con chiunque altro.
«Da quando t'importa così tanto di fare del bene?»
«Non lo so, onestamente.» ammette sorridente, camminando distrattamente per quella grande e tetra sala «Da quando tu non vuoi vincere nel modo più brillante possibile?» 'Abbocca, forza.'
«Averla qui in questo momento sarebbe una vittoria brillante, Wulfric.» 'Perfetto...'
«Averla dalla nostra parte lo sarebbe. Averla qui e avere contro il suo odio e la sua ira, no. Sarebbe controproducente, e lo sai anche tu.» lo corregge immediatamente, usando un tono più duro e vagamente canzonatorio, e dalla sua espressione capisce di aver fatto breccia «Devi darmi ascolto, per questa volta.»
«Sentiamo queste tue informazioni, allora.» cede, desideroso solo di chiudere la questione e prendersi un paio d'ore di riposo. Tutto lo stress a cui è sottoposto negli ultimi tempi lo sfianca incredibilmente «Se mi convinceranno, potrei studiare con te un metodo alternativo per compiere questo scopo.»
Wulfric è consapevole che sta mentendo, che non lo farà, ma è più che determinato a farglielo fare in qualsiasi modo. Quella faccenda sta andando troppo oltre per i suoi gusti e, soprattutto, non riesce a sopportare che la procedura di quel gioco contorto sia così sbagliata.
Si avvicina sicuro alle carte e porta le prime, quelle necessarie a far si che il piano funzioni, al sovrano, che le scruta con attenzione.
Anche se non gli interessa realmente, è abituato da tutta la vita ad esaminare ogni cosa da tutti i lati.
«La creatura è dormiente, ma non per volontà propria. Questo indica che c'è qualcosa che sta bloccando il processo.» afferma Wulfric, sperando che pure il compagno arrivi alla sua stessa conclusione.
«Una runa.»
Sorride soddisfatto, rendendosi conto che non ha perso il suo vecchio fiuto per gli indizi. 'Non mi deludere, non tu.'
«Le ho chiesto come saranno gli esiti dei futuri tentativi di rapimento e ogni volta il risultato era il fallimento. Per una ragione o per un'altra, pare che la buona sorte l'assista.»
«La buona sorte non c'entra niente. I fratelli Ulykke* erano impreparati, Killian non sa dominare le emozioni. Tutto qui.» afferma scocciato, alzando l'occhio su di lui e ringhiando sommessamente di fronte al suo classico sorriso enigmatico «Cos'altro?»
«A quanto sembra c'è un forte legame di mezzo.»
«Barbabianca e la sua ciurma, che notizia...» sbuffa alzando l'occhio al cielo, passandosi poi una mano tra i capelli spettinati.
«È quello che ho detto io... ma non è così.»
Alza lo sguardo su di lui, non capendo cosa voglia dire. In fondo sa che quel pazzo la sta tenendo d'occhio tramite Munnin, il suo prezioso corvo.
Wulfric, notando la sua incertezza, decide immediatamente di far chiarezza su quello che anche per lui è ancora in parte un mistero «Non è con loro che c'è questo legame. Neanche la vecchia sapeva di che genere fosse, ma c'è, e sembra diventare ogni giorno più potente.»
Allunga lo sguardo sul foglio che ancora il sovrano tiene in mano, sorridendo arrogantemente e indicando una particolare riga con l'unghia lunghissima e nera «Questo dovrebbe interessarti: in seguito alla domanda sugli esiti e sulla sua risposta, le ho chiesto, in caso di “resa” da parte nostra, quanto tempo ci vorrebbe affinché ceda e venga di sua spontanea iniziativa-»
«Non verrà mai! Nessuno sa dell'esistenza di quest'isola, motivo per cui dovrei staccarti la testa per la tua impudenza! Se ti avessero notato, eh? Non ho intenzione di mettere in pericolo la mia gente per tutto questo!» lo interrompe subito, alzandosi di scatto dal trono e costringendolo ad indietreggiare di qualche passo. Si sente troppo preso in giro in quel momento, e lui non sopporta essere preso in giro. Nessuno, in tantissimi anni, ha mai avuto il privilegio di poterlo poi raccontare.
«Vuoi dire che la questione non ti sta a cuore?» risponde a tono Wulfric, puntando i piedi a terra e guardandolo con aria di sfida, abbandonando per un breve istante la sua consueta calma, vedendolo vacillare in seguito alla pungente domanda «Ecco.»
I due si fronteggiano per qualche istante, finché non decidono di mollare e di arrivare al punto della questione.
Sospira forte Wulfric, ricomponendosi e continuando nella sua esposizione «Ti stavo dicendo che verrà. Saremo proprio noi a portarla qua, perché ha predetto il giorno preciso e il luogo dell'incontro.»
Gli indica di nuovo la riga precisa con il giorno prestabilito, facendolo adirare ancora di più.
«Dovrei aspettare tutti questi fottutissimi mesi per prendermi ciò che è mio di diritto?!»
«Non è tecnicamente tuo, ma se ti fa piacere crederlo...» lo sfotte ghignando, allontanandosi di qualche passo per sicurezza. Sa che sta tirando troppo la corda e che se insiste ad essere così arrogante pure i suoi elevati privilegi andranno a farsi benedire.
«WULFRIC!» urla infuriato l'altro, tremando per la rabbia che gli sta corrodendo il fegato. È sempre stato un tipo piuttosto paziente in realtà, ma tutta quella situazione, ancor di più gli eventi antecedenti, stanno mettendo a dura prova il suo autocontrollo.
«Si, il giorno stabilito è quello. Ha detto che ci sarà un pagamento di sangue, ma non ho indagato oltre. Non ci riguarda.» afferma sicuro, avvicinandolo coraggiosamente e mettendogli una mano sulla spalla forte «Devi darmi ascolto, sai che ho ragione: scatenare la sua rabbia può essere pericoloso, non sappiamo di cosa sia capace. Se continuiamo ad agire come adesso non vinceremo in alcun modo; ma se invece ci frapponiamo tra lei e il resto della concorrenza, la lasciamo vivere liberamente come più l'aggrada, allora si.»
«Quale concorrenza?» domanda subito, dubbioso. 'Non posso credere che siano così stupidi!'
«La notizia è trapelata. Non siamo più gli unici interessati, ora si stanno muovendo i cacciatori.» risponde indifferente, nascondendo la somma gioia di essere riuscito a muoverlo a suo piacimento.
«Merda...» ringhia a denti stretti, facendo saettare lo sguardo fuori dalla finestra «Se ci arrivano prima di noi la situazione si complicherà ancora di più.»
«I casi sono due: ti esponi personalmente e provi a convincerla civilmente, rivelando così che tutto quello di cui il mondo è convinto è una menzogna e metti in mezzo questo posto, o facciamo a modo mio.»
Si volta a guardarlo, trattenendosi dal tirargli un pugno in faccia e ordinare seduta stante ad uno dei suoi di partire immediatamente, ragionando sulle sue parole. Abbassa il capo, ormai alle strette e, seppur poco convinto, annuisce distrattamente mentre si dirige verso il portone «So già che me ne pentirò...»
«Allora mi seguirai?» domanda sghignazzante, intrecciando le lunghe dita davanti al volto pallido e sfregiato, osservandolo con aria vittoriosa mentre se ne va.
«Proviamo.» risponde secco, fermandosi sull'uscio e voltandosi sorridendo sadicamente, in quel modo così perverso che metterebbe i brividi anche al diavolo in persona «Mettiamo un po' di paura ai cacciatori nel frattempo. Devono ricordarsi che posizione occupano in questo mondo.»
«Arista, Sakura e Kakashi possono andare?» domanda mentre lo raggiunge, pronto a dare l'ordine. È carico, sicuro di sé e sente che il gioco sta per ripartire nel giusto verso. 'Non perdo mai.'
«Vai a farli preparare, che partano all'alba.» gli da di nuovo le spalle e si allontana, dirigendosi verso l'uscita del maniero per dirigersi verso una stanza speciale «Vado a discuterne con la strega. Alle sette in punto nelle mie stanze, Wulfric... e portami una strategia decente.»
Sorride soddisfatto, inchinandosi in modo teatrale senza mai abbandonare lo strafottente sorriso «Come desideri, Imperatore.»


*Ulykke= disgrazia (tradotto dal norvegese)

  
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