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Autore: lucabovo78    11/02/2014    2 recensioni
« La magia è dentro di noi, fa parte della nostra natura. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per usarla. »
Se la magia fosse una cosa naturale come respirare, tutti sarebbero in grado di usarla. Invece, questo "privilegio" è affidato a pochi individui, dotati di grande potere e chiamati Stregoni.
Questa è la storia di un giovane stregone e del prezzo che dovrà pagare per questo potere.
« Non è bene sottovalutare le trame del destino, potrebbe rivoltarsi contro di noi. »
Copyright © 2013 Luca Bovo, tutti i diritti riservati
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. La taverna

 

Corgh era il tipico personaggio che uno si aspetta di vedere dietro al bancone di una locanda malmessa qual era "L'unghia nera": grasso, di una grassezza quasi esagerata, con gli occhi piccoli e ravvicinati, il naso a patata, la bocca sottile cerchiata da un pizzetto rossiccio dello stesso colore dei pochi capelli unti. Era vestito perennemente con un camicione logoro, dal colore indecifrabile, con le maniche arrotolate sugli avambracci, un grembiule costellato da macchie di vino di un'annata ormai remota e un paio di calzoni di lino sdrucito. Ai piedi gli immancabili ed enormi stivali di cuoio pesante che usava come deterrente per chi cercava guai nel suo locale. 

   « Provaci ancora e li vedi questi stivali? Dritti sul tuo sedere! » 

Era il cavallo di battaglia di Corgh, da usare nei più svariati casi, ma il più frequente era quando uno dei suoi avventori alzava il gomito e faceva qualche avance di troppo alla cameriera, sua figlia. Il pensiero di ricevere quella mezza tonnellata di carne e cuoio nelle terga faceva sempre il suo effetto e la cosa finiva li, con il poveretto che chiedeva scusa sbiascicando le parole. Sephyr, la figlia di Corgh, invece, era di una bellezza quasi innaturale, lunghi capelli corvini lisci come seta, i lineamenti dolci uniti a due occhi grandi di un blu profondo e a una bocca carnosa, la pelle liscia e colorita facevano sorgere in tutti gli avventori dell'Unghia lo stesso dilemma: 

   « Com'è possibile che sia la figlia di quello lì? »

Riferendosi all'oste, naturalmente. I maligni, o i ben informati non si sa, raccontavano che era sì sua figlia, ma che la bellezza derivava tutta dalla madre e che questa altri non era che una femmina di elfo nero, conosciuta da Corgh nel suo passato da militare. La storia era questa: Corgh in gioventù era un soldato di basso rango e durante una delle tante pattuglie nel territorio di confine si ritrovò solo ai margini della foresta nera. Qui la incontrò mentre fuggiva dalla sua gente. Corgh se ne innamorò subito. Lei lo corrispose solo per essere libera, almeno a quanto si dice, poiché in quel tempo le leggi sulle unioni interrazziali erano molto più libere di ora quindi, se un elfo sposava un uomo, riceveva la cittadinanza e i diritti di quest'ultimo. La cosa era molto frequente, soprattutto tra le donne degli elfi neri, poiché, come si sa, i maschi di quella razza sono tanto belli quanto crudeli, anche con le loro mogli. Dalla loro unione nacque quindi Sephyr. La madre però dopo poco scomparve misteriosamente, alcuni dicono che sia ritornata tra la sua gente per una sorta di nostalgia, altri, più malignamente, dicono che sia fuggita con un elfo silvano, sicuramente molto più attraente del povero Corgh. 

   « Buonasera! »

L’oste si girò verso la porta e vide i due stregoni. 

   « Oh, guarda guarda, già finito per oggi? » 

   « Abbiamo avuto un'inaspettata esercitazione che ci ha messo appetito prima del tempo. »

L'oste capì al volo e si scurì in volto. 

   « Orchi? »

   « Bhà...quattro cacciatori piuttosto scarsi, niente di che... » 

Rispose l'uomo sedendosi a un tavolo seguito dal giovane. 

   « Mmmh...non mi piace, ce ne sono sempre di più da queste parti, cosa diavolo cercheranno in questo buco di villaggio? » 

   « Non pensarci Corgh, ho sentito che nel loro territorio c'è un po' di carestia, avranno solo fame » 

   « Basta che si limitino a cacciare nella foresta e non vengano a fare danni qui »

   Disse l'oste sbattendo sul tavolo due bicchieri di legno e una caraffa di latta colma di acqua fresca. 

   « Tranquillo, finché noi siamo qui non si azzarderanno ad avvicinarsi. »

Disse il ragazzo togliendosi i guanti e slacciando la fibbia del fodero della spada sul petto. 

   « Speriamo. Hai la faccia sporca ragazzino »

Il giovane si passò il dorso della mano destra sulla guancia e disse: 

   « Ok? »

   « No, non lì »

Disse l'uomo. 

Allora si passò il dorso della mano sinistra sull'altra guancia. 

   « Ok? »

   « No, non lì » 

L'uomo e l'oste si guardarono sorridendo, mentre il giovane cominciava a innervosirsi. 

   « Ma insomma! La smettete di prendermi sempre in giro? » 

A quel punto Sephyr gli passò lo straccio che aveva in mano sulla fronte e la ripulì dal fango ormai secco. 

   « Ecco qui! »

Preso di sorpresa, si girò verso la ragazza che lo guardava sorridendo con lo straccio in mano. 

   « Grazie... »

Disse distogliendo subito lo sguardo dagli occhi della ragazza e arrossendo leggermente. 

   « Di niente. E voi smettetela di prendervi gioco di lui, grandi e grossi come siete! » 

Lanciò uno sguardo severo sui due che stavano ancora sghignazzando e tornò al suo lavoro. Il giovane si fece sorprendere dall'oste nell'osservarla allontanarsi dal tavolo. 

   « Sta in campana figliolo, lo vedo come guardi mia figlia, e non mi piace »

Sbottò con fare severo. Il ragazzo si limitò a distogliere lo sguardo.

   « Allora, cosa vi por... »

Il fragore di un’esplosione gli strozzò le parole in gola.

Una luce intensa.

Poi il buio.

Il giovane aprì gli occhi e capì di essere disteso a terra, ma non si ricordava come ci era finito. Provò a muoversi. Tutto sembrava funzionare a dovere, a parte la testa che gli faceva un male cane. Tutto intorno c'era fumo, una coltre di fumo denso dall'odore pungente.

   Cercò di alzarsi. Le gambe gli tremavano, la prima volta finì in ginocchio, poi finalmente riuscì a mettersi in piedi. 

Si portò una mano alla testa e sentì umido. Sangue. Doveva aver sbattuto da qualche parte, ma non sembrava niente di grave. 

Cercò di guardarsi intorno, ma il fumo era troppo denso. 

Allora cercò di parlare per chiamare il suo maestro, ma dalla sua bocca non usciva nessun suono e si accorse che le sue orecchie non sentivano, il fragore dell'esplosione lo aveva assordato.  

Avanzò tentoni verso la luce che doveva essere la porta del locale. Inciampò in qualcosa di morbido e cadde faccia in giù. Fortunatamente, nel frattempo, i riflessi gli si erano abbastanza risvegliati e riuscì a frenare la caduta con le braccia.  

Non capì su cosa era inciampato e per il momento non gli interessava, si rialzò e continuò a camminare verso la luce. 

Finalmente uscì all'aperto. Prese una boccata d'aria pulita mentre cominciò a sentire le urla ovattate della gente che stava accorrendo nella sua direzione.  

   « Meno male... »

Pensò. 

   « Allora ci sento ancora... » 

Al che, cadde nuovamente svenuto. 

  
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