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Autore: lucabovo78    11/02/2014    1 recensioni
« La magia è dentro di noi, fa parte della nostra natura. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per usarla. »
Se la magia fosse una cosa naturale come respirare, tutti sarebbero in grado di usarla. Invece, questo "privilegio" è affidato a pochi individui, dotati di grande potere e chiamati Stregoni.
Questa è la storia di un giovane stregone e del prezzo che dovrà pagare per questo potere.
« Non è bene sottovalutare le trame del destino, potrebbe rivoltarsi contro di noi. »
Copyright © 2013 Luca Bovo, tutti i diritti riservati
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4.   Ricordi

 

Un gruppo di Stregoni aveva attaccato il villaggio ferendo gente innocente e distruggendo la taverna, aveva passato una settimana immobile a letto e il suo Maestro era scomparso.

   « Non male… »

Pensò ironicamente.

   « Speriamo non ci sia altro, perché per il momento può bastare »

Si vestì con calma riflettendo sulla situazione. Trattenne un improvviso senso di panico che gli saliva dallo stomaco, cercò di mantenere la calma e la mente lucida per decidere sul da farsi. Pensò che, ovviamente, il primo passo era sentire cosa avesse da dire Corgh, ma sicuramente non avrebbe perso tempo in chiacchiere e sarebbe immediatamente partito alla ricerca del Maestro.

   Era solo.

Per la prima volta, da molto tempo, era solo. Nei suoi ricordi il Maestro c’era sempre. Lui e la moglie, Shayra, l’avevano accolto in casa quando era molto piccolo. Era l’unico sopravvissuto dell’incendio che aveva distrutto improvvisamente, in una notte di inverno di quasi vent’anni prima, l’orfanotrofio dove viveva. Era stato ritrovato nell'angolo di una stanza semicrollata, dopo che le fiamme avevano smesso di ardere. Dormiva tranquillamente abbracciato alla spada, come se questa fosse un orsacchiotto. Anche allora il fatto che, oltre a essere l’unico sopravvissuto, non avesse nessun segno di ustione sul corpo, aveva destato più di qualche sospetto nella gente. Per non parlare del fatto che non ne voleva sapere di staccarsi da quella strana arma, se non scoppiando in urla disperate. Il Maestro fu l’unico a non trovare la cosa troppo misteriosa e inoltre, visto che lui e la moglie non avevano figli, decise di prendersi cura di quel bambino scampato misteriosamente alla morte.

   Almeno questa era la versione dei fatti che lui conosceva.

Voleva molto bene a entrambi, sia al Maestro che a sua moglie Shayra, ma fin da subito, nonostante fosse molto piccolo, aveva capito che non erano i suoi veri genitori e non era mai riuscito a considerarli come tali. La cosa strana, ma che in realtà gli evitava di sentirsi in colpa, era che loro sembravano accettare serenamente la cosa e non avevano mai preteso di sentirsi amati come da un figlio, da parte sua. Il loro rapporto era comunque molto stretto. Era particolarmente legato a Shayra: se con il Maestro riusciva a mantenere il suo carattere ribelle e irrequieto, nonostante le severe punizioni che gli rifilava quando esagerava nelle intemperanze, con lei invece non ci riusciva, era più forte di lui. La tranquillità serafica, impossibile da scalfire, unita alla dolcezza dei modi, aveva il potere di tenerlo a bada sempre e comunque, oltre che a fugarne qualsiasi tipo di preoccupazione, o timore. Un viso dai lineamenti estremamente dolci, lunghi capelli castani e grandi occhi dello stesso colore, labbra sottili e naso piccolo. L’aveva sempre considerata la donna più bella del mondo.

   Fino al momento in cui entrò all’Unghia Nera e vide Sephyr per la prima volta.

   Cullò per un momento il ricordo. Erano appena giunti al villaggio, era notte ed erano sfiniti dal viaggio. Il Maestro, senza dire nulla, si diresse direttamente alla taverna. Non ricordava di essere mai stato così stanco in vita sua e lo seguì senza fiatare. Appena entrati, cominciò subito a sentirsi meglio, finalmente potevano riposarsi in un luogo caldo e asciutto. Il viaggio era durato tre giorni e il tempo non era stato dalla loro parte. Una neve incessante li aveva accompagnati fin dalla valle e avevano rischiato due volte di  morire assiderati prima di riuscire a trovare un riparo per la notte. Aveva dato libero sfogo, in quei tre giorni, alla fantasia su come insultare una singola persona. Ovviamente la persona alla quale erano indirizzati tali insulti era il Maestro che lo aveva trascinato in quell’odissea. L’interno della taverna profumava di vino misto a fumo di carne grigliata e tabacco. Insomma, sapeva di taverna. Appena seduti a un tavolo, l’oste sbucò da dietro il bancone. La stanchezza, la vista non ancora abituata alla luce della taverna dopo il buio della notte e la mole dell’uomo con il viso coperto di fuliggine gli fecero credere di trovarsi improvvisamente di fronte a un orco dei boschi. Non gli passò minimamente per la testa il fatto che, in una taverna dove almeno venti persone stavano tranquillamente mangiando, la comparsa improvvisa di un orco da dietro il bancone fosse alquanto singolare. Scattò in piedi sguainando la spada, rovesciando la sedia e urlando:

   « Attenzione Maestro! »

   « Vedi di dire al fringuello qui di mettere via quella spada entro un secondo, caro il mio Maestro, o i miei scarponi assaggeranno ossa giovani stasera! »

   L’“orco” non si era minimamente scomposto per la reazione del ragazzo. Prese uno straccio e si pulì la faccia. Intanto il Maestro era scoppiato a ridere e il resto degli avventori si era girato verso di loro con espressioni stupite e spaventate.

   « Ti conviene ascoltarlo, nelle condizioni in cui sei un calcio di Corgh ti ridurrebbe piuttosto male, fidati! »

Finalmente si rese conto dell’errore. Abbassò immediatamente la lama sbiascicando qualche parola per cercare di giustificarsi e si sedette. Solo che non si era accorto di aver fatto cadere la sedia, quindi crollò a terra sbattendo il sedere. Imprecando. A quel punto l’oste, e buona parte degli avventori, scoppiò a ridere, mentre il Maestro ormai era quasi alle lacrime. Si alzò di scatto, o ameno ci provò, la stanchezza non gli conferiva una grande agilità, e dovette aiutarsi puntellando la spada come fosse un bastone. Sentiva il viso ardere dalla rabbia e dalla vergogna per la figuraccia. Appena fu in piedi, si girò per raccogliere la sedia, ma vide che qualcuno l’aveva già sistemata.

   « Ecco qui, meglio che ti siedi e fai finta di niente. Comunque ti capisco, se non sapessi che è mio padre qualche vota lo scambierei anch’io per un brutto orco antipatico. »

   La cameriera gli sorrideva, non capiva se stesse anche lei ridendo di lui, ma nell’incrociare il suo sguardo profondo sentì di arrossire ancora di più.

   « CHI SAREBBE IL BRUTTO ORCO?! »

Corgh aveva smesso di ridere e le lanciò uno sguardo di traverso.

   « Va bene, va bene. Adesso però smettetela di fare confusione. Buonasera Maestro, ben tornato! » 

   « Ciao Sephyr, sei sempre più bella ragazza mia. L' imbranato che hai appena aiutato è il mio allievo, purtroppo… »

   « Imbranato a chi? Vecchio rompiscatole!! »

La ragazza fece finta di nulla e pulì il loro tavolo con uno straccio.

   « Cosa vi porto? »

   « Ovviamente la specialità della casa! Bistecche alla griglia e patate. Sentirai figliolo, nonostante l’aspetto poco rassicurante, Corgh è un ottimo cuoco. Quasi quanto mia moglie.  »

   Aveva pronunciato l'ultima frase guardando Corgh sorridendo, il quale stava già dirigendosi verso la cucina borbottando. Aveva ragione. Non sapeva se fosse perché aveva talmente fame che, forse, gli sarebbe andata bene qualsiasi cosa, o se fosse perché erano serviti da quella cameriera, ma quella cena non gli fece rimpiangere per nulla i piatti che mangiava a casa. Shayra, oltre che essere una cuoca eccezionale, era altrettanto abile nella magia d’acqua che, avendo la caratteristica di essere prevalentemente curativa, era, in effetti, adatta alla sua indole. L’autoguarigione che aveva utilizzato gli era stata insegnata proprio da lei qualche anno prima. Ed era stato anche il suo primo incantesimo. Giocando con un cane era inciampato e aveva sbattuto per terra il ginocchio ferendosi in maniera piuttosto profonda. Shayra lo aveva aiutato a rialzarsi e lo aveva fatto sedere su una sedia.

   « Mi fa male! »

Protestava lui quasi in lacrime. Dopo un momento, nel quale era sembrata dubbiosa, si inginocchiò davanti a lui e disse dolcemente:

   « Lo so che fa male, però adesso prova a tranquillizzarti e a respirare piano. Fai come me.»

   Come sempre si fidò di lei e a fatica ricacciò indietro le lacrime. Poi incominciò a respirare in maniera regolare, imitandola.

   « Bravissimo! Ora fai un bel respiro e trattieni il fiato. »

Riempì i polmoni e si fermò, guardandola. Nei suoi occhi vide una strana luce, che non era ancora riuscito di decifrare.

   « Perfetto. Ora concentrati sul dolore che senti, prova a immaginare che se ne vada. Come se fosse una nuvola di vapore. Senza mai espirare però, mi raccomando! »

   Lui ci provò. Chiuse gli occhi e immaginò. All’inizio era impercettibile, ma quasi subito si accorse che il dolore effettivamente diminuiva. La cosa che lo sorprese maggiormente, però, era che contemporaneamente i suoi polmoni si stavano svuotando, senza che lui aprisse la bocca o il naso. Aprì gli occhi e vide il suo ginocchio avvolto dalla leggera nebbia azzurra luminescente, tipica degli incantesimi d’acqua, e in pochi istanti la ferita e il dolore erano spariti. I suoi polmoni erano vuoti. Aveva visto molte volte Shayra utilizzare questa tecnica per curare le persone, ma mai si sarebbe aspettato di esserne capace anche lui.

    « Evviva! Allora anch’io posso!»

Esultò felice. Shayra sorrise dolcemente, ma i suoi occhi trasparivano una strana tristezza..

   « La magia è dentro di noi, fa parte della nostra natura. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per usarla. »

   « Cioè? »

   « Il corpo umano è in grado di generare energia. Il calore della pelle, il movimento, sono solo degli esempi. Alcune persone, inoltre, sono in grado di “guidare” questa energia secondo la loro volontà »

La parola “alcune” le usci involontariamente marcata. Si alzò senza distogliere lo sguardo dal suo.

   « L’energia viene generata attraverso i complessi meccanismi del metabolismo. Con la respirazione si attivano i principali processi biologici che servono a creare delle particolari molecole dette ATP. Queste molecole sono cariche di energia e servono per “alimentare” molte delle funzioni del nostro corpo. Concentrandoti, ora, sei riuscito a convogliare l’energia delle ATP nel tuo ginocchio e accelerarne così il meccanismo di guarigione. Quel vapore luminescente è dovuto alla concentrazione di quell’energia. La definizione “incantesimo d’acqua” richiama il colore che assume l’energia in questa forma.  »

   Lui lo guardava affascinato, con gli occhi sgranati.

« Non ho capito una parola, ma mi sembra una figata pazzesca! »

Improvvisamente sentì un colpo alla testa. Un pugno dall’alto in basso. Non particolarmente forte, ma sufficiente a fargli sbattere i denti.

   « Il solito ignorante! Cosa ti mandiamo a scuola a fare? »

Il Maestro sbucò alle sue spalle.

   « Ahi! Perché mi hai picchiato? A scuola non insegnano a fare gli incantesimi! »

   « Mi riferivo alla spiegazione sul metabolismo. Non hai la più pallida idea di cosa sia, vero? »

   « Mah…forse qualcosa, ma la prof di biologia non mi sta molto simpatica…  »

   « Se vorrai diventare davvero uno Stregone e usare la magia come si deve dovrai prima di tutto studiarne le basi, capito brutto lavativo? »

   « Aspetta…uno Stregone? Fino a due minuti fa non sapevo neanche di poter usare gli incantesimi e adesso mi stai dicendo che potrei diventare uno Stregone? »

   L’espressione del Maestro tentava di essere severa, ma mostrava la stessa punta di tristezza che aveva Shayra, con in più un pizzico di preoccupazione. Sul momento non ci fece caso, ma gli capitò spesso, in futuro, di ripensare alle loro espressioni.

   « Mah, vedremo. A volte anche le cause perse possono presentare delle sorprese. Ora fila a dormire, le lezioni inizieranno domani mattina!  »

   Aveva fatto molta fatica ad addormentarsi quella sera. Possibile che avesse le capacità per diventare uno Stregone? Guardò la spada appesa al muro vicino al letto.

   « Non è che tu ne sai qualcosa?  »

Poco prima di addormentarsi gli sembrò di vedere una luce rossastra avvolgere l'elsa. Così aveva iniziato il suo apprendistato da Stregone che era continuato per i successivi quindici anni. Fino al momento in cui, una mattina di un mese prima, erano partiti per quelle montagne per l’addestramento finale. Un mese e una settimana, per essere precisi.

   « Solo che l’ultima settimana me la sono persa. »

Ormai era vestito. Allacciò la fibbia della tracolla del fodero sul petto, legò il mantello al collo e aprì la porta della camera. Dal fondo delle scale, che portavano al piano inferiore, arrivava un vociare concitato.

Scese le scale. Il senso di panico non voleva andarsene.

  
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