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Autore: xlovesharoldo    11/02/2014    7 recensioni
Ridacchiai quando una strana scena si fece spazio nel mio cervello.
- Mi ricorda Titanic. – ammisi.
Mi stampò velocemente un bacio sulle labbra, ridendo poi da solo. Lo guardai divertita, mentre scuoteva la testa. Le sue dita passarono nei miei capelli, togliendoli dal mio viso.
- Dove la porto signorina? – sorrisi come non mai. Strinsi forte la sua maglia fra le mie dita.
- Su una stella. – indicai il cielo.
Ridemmo insieme, riportando esattamente le parole del film. Non riuscivo a credere che così tante persone fossero morte così, nel gelo delle acque dell’Atlantico. Non credevo nemmeno di essere lì, in quel momento.
- Non credo di poterti portare su una stella. – sussurrò dispiaciuto. Passai le mie mani dietro la sua schiena, abbracciandolo forte.
- E allora portami con te, ovunque andrai.
*
Quale amore, meglio di quello che nasce sulle acque dell'oceano?
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TRAILER : https://www.youtube.com/watch?v=qhZTHAsTO34
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Aprii di scatto l’anta del mio armadio: appena finito il pranzo ci avevano comunicato che stavamo per arrivare al porto di Livorno, dove ci saremmo fermati per poche ore, prima di ripartire per Montecarlo. Non sapevo cosa fare quel pomeriggio, così decisi di poter scendere anche io insieme ai miei zii, comprando magari un libro per potermi intrattenere un po’ di più.
Non avevo di certo dimenticato la più che famosa band presente sulla mia stessa nave, ma avevo incontrato Niall fuori dal ristorante e lui avesse provato a fermarmi, me ne ero andata, presa dalla paura. Dov’era finito tutto il coraggio della mattina? Ma i suoi occhi erano troppo in confronto ai miei. Mi imbarazzava il solo pensare a qualche ora prima, poiché ero stata davvero impulsiva e non stavo pensando a quello che stavo facendo. Avanti! Non era possibile che ci ritrovassimo così vicini, mani fra le mani, a sussurrarci paroline all’orecchio. Da quanto ci conoscevamo? Dieci ore?
Dovevo mettermi qualcosa, magari di non troppo leggero visto che il cielo era ancora coperto. Presi dei leggins neri, una canottiera bianca e una pesante e enorme felpa con cerniera a motivo floreale. Appena finii di vestirmi, abbassai la tavoletta del WC, sedendomi sopra di essa con un grosso sospiro. Non sapevo davvero cosa fare. Forse dovevo dare retta a quello che mi dicevano e provare a mangiare di più, ma ero sicura che anche se ci avessi provato con tutta la volontà non sarei riuscita a prendere nemmeno un grammo. Sapevo che alcune persone ingrassavano se erano sotto stress, ma io ero perennemente stressata con a scuola, eppure continuavo a dimagrire.
Sentii bussare alla porta, pensai che fossero le mie zie dall’altra camera, così mi alzai velocemente.
- Avanti! – urlai, buttandomi letteralmente sul letto, per poter arrivare dall’altra parte per prendere i Blundstone. Continuarono a bussare, mi girai e capii che non era la porta che collegava le cabine, ma la porta della cabina stessa. Infilai un piede nella scarpa.
- Arrivo! – Chiunque umanamente gentile avrebbe aspettato con pazienza, ma a quanto pare mi trovavo davanti all’eccezione perché sentii di nuovo quel rumore fastidioso delle nocche sbattute sul legno. Infilai velocemente anche l’altro piede, grugnendo irritata. Spalancai la porta, trovandomi davanti l’ultima persona che avrei pensato di ricontrare.
No, non quel figo di Johnny Depp.
- Niall! – sorpresa mi sistemai sia i capelli che la canottiera. Fece un sorriso enorme e faticai per non sorridere di conseguenza. – Cosa ci fai qui?
Lo vidi muovere i piedi imbarazzato, voltandosi indietro. Controllai se ci fosse qualcuno, ma il corridoio era stranamente vuoto. Gli feci segno di entrare, mentre cercavo la borsa e il cellulare per tutta la cabina. Stavo controllando fra i miei vestiti che avevo appoggiato su una delle due sedie accanto alla scrivania quando sentii una tosse palesemente finta dietro di me. Feci un respiro profondo, chiudendo gli occhi, prima di girarmi verso il biondo. Vidi che aveva chiuso la porta e che si stava avvicinando lentamente, quasi come se avesse avuto paura della mia reazione.
Vidi la sua mano entrare nella tasca dei pantaloni e poi allungarla verso di me. Incuriosita mi avvicinai. Perché Niall Horan aveva il mio cellulare?
- L’hai dimenticato sui divani stamattina. – mi disse. Che stupida. Come avevo fatto a non accorgermene? Gonfiai le guance, riprendendolo. Allontanai subito la mano dalla sua quando mi si chiuse di nuovo lo stomaco e mi portai al petto il telefono. Sentii una risata leggera.
- Come hai fatto a trovarmi? – mi sedetti sul bordo del letto. Il biondo mi imitò, lasciando però una certa distanza fra i nostri corpi. Nonostante avessi voglia di toccare ancora quelle mani, gliene fui molto grata.
- Ho semplicemente chiesto il cognome dei tuoi zii al cameriere con la scusa del cellulare. Ammetto che ho dovuto faticare un po’ per convincerlo che te lo avrei portato io e non il personale. Mi ha indirizzato qui …
Mandai a quel paese il cameriere, che era stato anche gentile con me. Annuii semplicemente. Cominciai a giocare con le punte dei miei stivali mentre lui si torturava le dita delle mani, passandole qualche volta fra i capelli. Trovavo il gesto provocante, ma restai ad osservarlo con la coda dell’occhio. Presi un respiro profondo prima di decidere di rompere quel silenzio troppo imbarazzante.
- Io …
- Senti …
Mi bloccai immediatamente quando parlò sopra di me. Dio, che imbarazzo.
Gli feci un piccolo sorriso che ricambiò immediatamente. Stetti in silenzio, aspettando il mio turno.
- Senti, stamattina sono stato davvero istintivo. Non sei costretta a dirmi perché … beh insomma, perché sei così. Quando vorrai io … o gli altri, ci siamo. Insomma, siamo disponibili. Ci stai simpatica e si insomma … Se vuoi sfogarti fallo pure, ti capisco. Insomma, non è colpa tua … almeno credo. Ma anche se fosse – gli misi una mano sulla bocca, bloccandolo.
Aveva parlato anche troppo, fin troppo velocemente. Chissà quale fantastico discorso si era preparato, ma io lo avevo perdonato appena avevo tolto le mie mani dalle sue quella mattina. Sempre se c’era qualcosa da perdonare. Dopotutto aveva fatto solo una domanda e io me l’ero presa con lui e con gli altri ingiustamente. Avrei dovuto scusarmi anche con loro.
- No, Niall. Non sono arrabbiata con te. La tua era solo una domanda, è colpa mia. Scusa.
Lo sentii sorridere sotto il mio tocco. I suoi occhi mi fissarono intensamente, facendomi avvampare. Tolsi la mano, percependo però ancora il calore che il suo respiro le aveva trasmesso. Mi avvicinai alla testiera del letto, poggiandoci malamente la schiena. Alzai perfino una gamba, fregandomene altamente delle lenzuola pulite e appoggiandola sul letto. Dovevo concentrarmi, trovare le parole per spiegargli e dovevo stare comoda.
- Non so esattamente quando ho iniziato a saltare qualche pasto. – iniziai.
Corrugò le sopracciglia. Anche se lui mi aveva appena detto che non dovevo dirglielo per forza, il mio cuore mi obbligava a farlo e decisi che quella era la volta buona per fare qualcosa per lui.
- Forse tre anni fa, quando a Novembre mi arrivò la lettera che avvisava i miei genitori che i miei voti non erano così belli. Vidi delusione negli occhi di mio padre, perciò decisi di dover fare qualcosa. – curiosa di vedere come mi stesse ascoltando, lo guardai per un attimo. Si era poggiato meglio sul letto, aiutandosi con una mano. Passai velocemente dal suo sguardo curioso e attento e lo posai sulle sue dita. La mano era in tensione, per sostenere il suo corpo, potevo tracciare tutte le vene e i muscoli. Aveva delle mani così belle …
- Mi impegnavo così tanto ogni giorno che non mi accorgevo neanche se avevo fame oppure sete. Passavo ore e ore di seguito a studiare, era diventata come un’ossessione. – Notai che i miei stessi occhi si stavano incupendo quando li sentii pesanti. Non mi piaceva raccontare queste cose. Avvertii una pressione sotto il polpaccio. Il mio sguardo scattò, seguendo la sua mano che alzava la mia gamba e la poggiava sulle sue, avvicinandosi. Non mi dispiaceva, anzi, sentivo di aver bisogno di lui in quel momento.
Non volevo più vedere quella delusione negli occhi di mio padre, quindi mi impegnai davvero tanto. Penso di aver continuato così fino a quest’anno. – Mi guardò: potei perdermi nei suoi occhi come se in quel cielo azzurro cercassi l’orizzonte, come se là infondo, avessi potuto trovare qualcosa, qualcosa che ancora non sapevo stessi cercando.
Poi è successo qualcosa. – Cercai di ricordarmi, di pensarci, come facevo spesso, ma anche quella volta non trovai un motivo abbastanza valido e convincente. - Non sono sicura cosa abbia convinto i miei che il mio impegno era troppo, sopra alla mie capacità di sopportazione fisica. Si, sono dimagrita, ma non è un problema, adesso prendo sempre bei voti … - Una scarica di brividi partì dalla gamba spargendosi per il corpo: Niall percorreva con le dita la mia tibia, dal ginocchio all’inizio dello stivale, su e giù, rilassandomi più del dovuto. Sentii il bisogno di stendermi, posizionando il cuscino sotto le spalle, in modo da poter osservare comunque Niall e il suo tocco. Lo vidi sorridere. Si tolse con i talloni il paio di Nike bianche che rotolarono qualche volta sul pavimento, iniziando poi a togliermi i Blundstone. Aspettai che mi tolse anche l’altro stivale, lottando contro me stessa per non ridere. Alzando leggermente le mie gambe, si portò più indietro. Le appoggiò delicatamente sul materasso, mentre a carponi mi raggiungeva vicino alla testiera del letto. Prese l’altro cuscino e se lo mise dietro la schiena, avvicinando il suo corpo al mio. Lo potei guardare da una prospettiva diversa, ma era sempre una delle cose più belle che avessi mai visto. Il suo braccio si poggiò sulla testata, mentre si girava leggermente su un fianco. Non riuscii a trattenere un sorriso guardo le sue dita iniziarono ad accarezzare la mia guancia. La sentii bruciare sotto il suo tocco così delicato. Tenendo gli occhi chiusi, cercai di non perdere il filo, continuando a parlare in una lingua che non era la mia. – Siamo andati in vacanza al mare quest’estate. Non è stata una vera vacanza per me, perché ho studiato anche lì. Io non capisco, faccio questo per loro, per renderli fieri di me e invece vedo ancora tristezza nei loro occhi. – mi tremò la voce. Pregai che avesse capito lo stesso, perché non avevo nessuna intenzione di ripetermi. – Forse faccio qualcosa di sbagliato e non me ne rendo conto … - Le sue carezze continuarono anche quando mi zittii. Mentre mi godevo quelle carezze pensavo se avessi fatto bene a raccontargli come stavano le cose, avevo paura che potesse giudicarmi, che mi avrebbe preso in giro per quella storia così semplice e stupida.
- Io credo che la tua famiglia sia preoccupata per te, Martha. Non lo dico perché è così che dovrebbe essere, ma perché è davvero così. Anche io sono preoccupato per te, anche se ti conosco da meno di un giorno. Sei … - aprii gli occhi quando lo sentii fermarsi. Credetti avesse cambiato idea, ma sembrò che stesse pensando, temetti per cercare le parole per dirmi qualcosa che non volevo sentire. Fece scendere il suo sguardo, incrociando il mio. Mi sorrise leggermente, un sorriso triste, fermando la sua mano sulla mia fronte. – Sei davvero magra Martha.feci una smorfia. - Temo tu sia sulla soglia dell’anoressia.
Per la seconda volta in un giorno, sentii il mondo crollarmi addosso. Entrai nel panico: anoressia? Cosa dovevo fare? Mi avrebbero spedito da uno strizzacervelli? Oppure in qualche casa di cura lontano da tutti in cui ti obbligavano a mangiare tutto ciò che ti mettevano nel piatto? Non volevo seguire nessuna dieta, non era pronta a tutto questo!
Scattai in piedi come una molla. Come avevo fatto a non accorgermene prima? Ero davvero così stupida?
Ehi ehi ehi. – Vidi Niall di fronte a me che mi sorrideva volendo infondermi calore e tranquillità, ma quella volta ero davvero sconvolta. Sarei potuta tornare quella di prima? Non mi importava essere magra, potevo anche ingrassare così tanto e venire considerata enorme, ma mi avevano sempre portato un sacco di tristezza le ragazze anoressiche. Non avevo mai pensato al fatto che anche io stessa potessi diventarlo.
Cercai di osservare il mio corpo, facendo passare le mani sulle braccia e osservando le mie gambe dall’alto. Non mi ero mai accorta di un così repentino cambiamento. Il mio pollice superava abbondantemente il mio indice attorno al mio polso. Mi sentii fuori dal mondo, un mostro: come avevo potuto fare questo al mio corpo? Venni bloccata dalle sue mani che si appoggiarono sulle mie guance. I suoi occhi sembrarono di fuoco, nonostante fossero di color azzurro come l’acqua.
Non ho detto che sei anoressica Martha e lo so cosa stai pensando. Non è colpa tua. – Ma cosa stava dicendo? La colpa era tutta mia! Tutta e solo mia! – Si può rimediare Martha, puoi uscirne fuori nonostante tu non ne sia mai entrata. – In un attimo il mio naso sfiorava il suo collo, facendomi inalare il suo profumo. Le sue braccia passarono dietro la mia schiena, abbracciandomi e coprendomi interamente. Alzai leggermente il capo, quello che bastava per poggiare il mento sulla sua spalla. Passai anche io le mie braccia dietro il suo collo, avvicinandolo ancora di più a me. Sentivo il suo respiro nelle mie orecchie, il mio cervello percepiva solo quello, il battito del mio cuore e quello lontano del suo.
Ti aiuterò io se me lo permetterai. – sussurrò. - Non avere paura di essere aiutata e insieme ce la faremo, te lo prometto. – Mi allontanò poggiando le sue mani sulle mie spalle. – Mi prometti che ti farai aiutare? – Non feci in tempo a esultare per il fatto che non avessi ancora pianto, che qualche lacrima cadde dai miei occhi. Meno male che non dovevi piangere di fronte a lui, Marta. Annuii, abbracciandolo ancora.
Si, mi sarei fatta aiutare, ma da lui, soltanto da lui. E non perché era Niall Horan degli One Direction o altro, semplicemente perché era l’unico che l’aveva messa su quel piano. Mi aveva detto come stavano secondo lui le cose in faccia, offrendosi poi per aiutarmi. Era stato l’unico a farlo e questo lo fece superare senza problemi il mio test di fiducia. Non avevo intenzione di raccontare la mia storia a nessun’altro. Niall mi bastava, era tutto quello che avevo immaginato arrivasse da me per aiutarmi. In quel momento lo volli solo per me, realizzai che in un certo senso stava provando a salvarmi. Giurai a me stessa che se mi avrebbe salvato non lo avrei mai lasciato andare via, malgrado sapessi che quella crociera sarebbe finita in meno di dieci giorni. Avrei dovuto sbrigarmi per convincerlo in qualche modo a non lasciarmi, a tenermi con sé, magari per sempre.

Avevo fottutamente bisogno di lui.






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