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Autore: Jewels5    11/02/2014    6 recensioni
Lei era drammatica.
Lui era dinamico.
Lei era precisa.
Lui era impulsivo.
Lui era James e lei era Lily, e un giorno condivisero un bacio, ma prima condivisero numerose discussioni, poiché lui era presuntuoso e lei dolce, e le questioni di cuore richiedono tempo.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Rieccoci qui, questa volta abbiamo fatto davvero presto. Senza ulteriori preamboli, a voi il capitolo 22. Buona lettura.;)
 


 
Disclaimer: Copyright Jo-Ro

In precedenza: James ha settantaquattro punizioni, e se ne prende un’altra, rischia di essere espulso. Il Serpeverde idiota in capo, Nicolai Mulciber, attacca Mary MacDonald con un Imperius, vagamente reminiscente dell’attacco, poi insabbiato, con la Cruciatus a Marlene tempo prima quell’anno. Frank e Alice sono innamorati, e Adam confessa alla sua solo-un’-amica Marlene che la ama, ma lei... beh, ne saprete di più in seguito. Donna se la fa con questo Corvonero, Charlie, che ha una ragazza, Cassidy, e il senso di colpa di Donna unito a problemi di rabbia più generale la portano a denigrare la morte del padre di Lily, cosa di cui Lily non è per niente felice. Si de-amicizzano. Sirius ce l’ha con Piton per aver corrotto, probabilmente, Regulus, e Piton per principio odia i Malandrini, quindi Sirius rivela a Piton come entrare sotto il Platano Picchiatore per vedere Remus lupo con la luna piena. Piton va laggiù, James lo scopre, James salva Piton, ma Piton vede Remus, e ce l’hanno tutti con Sirius. Sirius sogna di affogare. Lily chiede a James di poter usare la Mappa del Malandrino per seguire il suo ex-ragazzo, Luke, a Hogsmeade, poiché Luke era corso dietro al suo fratello mangiamorte, che sta per cadere in un’imboscata degli Auror (incluso Lathe, sempre presente ovunque). Lily ferma Luke, ma apprende che ha aiutato e assistito il suo fratello fuggitivo, il che potrebbe costituire un problema. Sgattaiolando di ritorno al castello, Lily si imbatte nel fiasco Lupo mannaro-Piton-Platano Picchiatore-James-da-cervo, e nessuno è per niente felice anche di questo.
 
Capitolo 22- "Fuori"
O
"Eclipse"

 
Lily non si ricordò il tragitto fino al suo dormitorio. Non si ricordò se avesse fatto attenzione ad evitare Gazza o meno, se per strada avesse incontrato qualcuno, o se ci fosse qualcuno in Sala Comune. Era caduta in una specie di trance, e all’improvviso si trovò ad entrare nel dormitorio femminile del sesto anno e si accorse che aveva ancora la Mappa del Malandrino in tasca.
Devo restituire la mappa a James, pensò, e letteralmente fu l’unica cosa di cui il suo cervello si era reso conto.
Era così dannatamente stanca. Aveva bisogno di una doccia—i capelli erano umidi per la pioggia e il sudore, e i suoi vestiti erano forse la cosa più scomoda del mondo, ma, per Agrippa, era esausta, e non aveva voglia nemmeno di lavarsi i denti.
Devo restituire la mappa a James.
Forse era un meccanismo di difesa, ma era fisicamente incapace di pensare ad altro mentre si sfilava la veste e la buttava sulla sedia. Non riusciva a pensare a Luke. Non riusciva a pensare a Severus. Non riusciva a pensare a niente. Solo—devo restituire la mappa a James, ancora e ancora come un disco rotto.
Lily si trascinò verso il suo letto, vagamente consapevole di riuscire a sentire il russare di Mary—che le tende attorno ai letti di Donna, Shelley, Carlotta, e Marlene erano chiuse, segnale che probabilmente stavano dormendo e che era, quindi, in tutto e per tutto sola, ma soprattutto solamente devo restituire la mappa a James.
Era sotto shock—sapeva anche questo.
Aprì le tende del letto, e, per un momento, pensò di essere tanto stanca da essere andata nel letto sbagliato, perché c’era già qualcun altro. Ma un’occhiata veloce ai suoi effetti personali le disse che era, in realtà, il suo letto, e si avvicinò per guardare.
"Marlene?" sussurrò.
Marlene era sveglia, distesa sul letto di Lily al di sopra delle coperte, ma stringendosi un cuscino contro il corpo coperto da una camicia da notte. Passarono un altro paio di secondi prima che Lily si accorgesse che Marlene stava piangendo. Poi, il suo cervello fece in qualche modo il collegamento. Con una forte spinta, metaforicamente, Lily spostò confusione, shock e stanchezza, e si arrampicò sul letto affianco all’amica.
"Marlene, tesoro, cosa c’è che non va?" bisbigliò.
Marlene tirò su col naso, asciugando le lacrime dagli occhi rossi. "Io-Io t-t-ti stavo aspettando," gracchiò cercando di sminuire. "Io-Io è che..." E poi si sciolse di nuovo in lacrime. Lily passò un braccio attorno alle spalle della bionda, attraendola a sé, tutte e due mezzo distese, mezzo sedute sul letto.
"Mar, è tutto okay. È tutto okay. Che è successo?"
Quasi un minuto trascorse, prima che Marlene fosse abbastanza padrona di sé da parlare. "A-Adam," balbettò. "Ha—ha detto che mi ama."
La presa di Lily si fece più stretta. "Che gli hai risposto?" disse piano, ma la risposta era ovvia. Marlene guardò in su e incrociò il suo sguardo, e Lily annuì. “Va bene," sussurrò di nuovo. "Andrà tutto bene."
Marlene voltò la testa e iniziò a piangere affondata nel maglione (ormai davvero disgustoso) di Lily, e nessuna delle due si mosse o disse molto finché Marlene si addormentò e poi— molto più tardi—anche Lily fece lo stesso.

L’ufficio del Preside non era mai completamente silenzioso. Oltre al lieve russare che proveniva dai ritratti dei Presidi passati, c’era sempre il ticchettio dei vari aggeggi del Professor Silente, e se Fanny—la fenice di Silente—per caso era presente, di solito faceva un qualche tipo di rumore. L’ufficio non era mai completamente silenzioso, ma mentre James e Sirius stavano in piedi davanti alla sua scrivania, era di certo la cosa più vicina al silenzio di cui James avesse mai provato esperienza.
Il Preside li osservò tutti e due con molta attenzione per un lunghissimo minuto; la Professoressa McGranitt e il Professor Lumacorno stavano in piedi ai suoi lati. James aveva detto la sua parte, e Sirius era rimasto in silenzio, e adesso tutti sembravano in attesa di qualcosa che nessuno desiderava arrivasse.
"Molto bene," disse Silente alla fine. Si appoggiò alla scrivania, l’allegria completamente assente dai suoi occhi azzurri, ancora fissi su James o Sirius o entrambi. "Professoressa McGranitt, Professor Lumacorno," il mago più anziano si rivolse agli altri due puntualmente. "Vi prego di portare il signor Potter fuori per un momento. Vorrei scambiare una parola col signor Black."
Sirius impallidì mentre James veniva scortato fuori dall’ufficio. I due capi delle case non dissero niente, ma lo condussero giù per la scalinata fino al corridoio. Continuarono a stare in silenzio durante l’attesa.
James, in quel momento, non era sicuro dei propri sentimenti. Aveva paura—Sirius sarebbe stato espulso di certo. Era inevitabile, e James sapeva di non volerlo, ma allo stesso tempo, non sapeva perché. Era anche furioso. La rabbia gli aveva fatto ribollire il sangue, e non era stato capace nemmeno di guardarlo, Sirius—e non voleva, mai più. Si sentiva ferito e tradito; era preoccupato per Remus, preoccupato per quello che Piton avrebbe detto o fatto quando Madama Chips avrebbe finito con lui. Era proprio un miscuglio di emozioni orribili, nessuna di loro abbastanza forte da prevalere sulle altre, e così si davano battaglia nelle sue budella mentre aspettava che Silente lo richiamasse nel suo ufficio.
Accadde parecchi minuti dopo, quando Sirius apparve sulle scale e, incrociando a stento lo sguardo di James, borbottò: "Vuole parlare con te." Sirius così aspettò con la McGranitt e Lumacorno, mentre James ritornò nell’ufficio del Preside.
Silente era ancora seduto. Era serio e stanco, James notò per la prima volta.
"Ciao, James," lo salutò piano.
"Professore."
Silente sospirò. "Credo che tu sia al corrente della gravità della situazione. Madama Chips dice che il signor Piton si riprenderà completamente..." James avrebbe potuto sentirsi sollevato (per il bene di Remus), se non lo avesse già saputo. "Ma dovrò prendere dei provvedimenti."
"Capisco," disse James. Ecco un’altra grossa questione—sarebbe stato lui espulso? Certo, aveva salvato Piton, ma era stato anche fuori dal castello dopo il coprifuoco... e in una notte, se ne stava rendendo conto ora, che era stata tutto fuorché tranquilla. C’erano Auror in fermento... era successo qualcosa al villaggio (non sapeva ancora cosa, esattamente), e c’era una generale sensazione di panico al castello. E inoltre, era a conoscenza del segreto di Remus, e anche se la parte della storia in cui James faceva la sua apparizione da Animagus illegale era stata saltata a convenienza, tutto l’accaduto comportava certe implicazioni... che conosceva la strada per la Stamberga Strillante, per esempio... e c’era anche stato, prima di allora. E, ciliegina sulla torta, c’era la minaccia incombente delle punizioni... una era tutto quello che serviva alla lista di James per raggiungere il minaccioso numero di settantacinque.
"James, quali pensi che fossero le intenzioni del signor Black?" chiese Silente piano, cogliendolo completamente di sorpresa.
"Non lo so," ammise, incerto se stesse proteggendo Sirius o no. "Lui—lui non pensa, un sacco di volte.  Ma non so dire se avesse intenzione di..." assassinare Piton. "Non lo so proprio, Professore."
Silente annuì. Fanny la Fenice gonfiò le penne. "Come hai fatto a scoprire il sentiero che porta alla Stamberga Strillante?"
Si chiese se fosse per caso un test—se Sirius aveva dato una versione, e adesso a lui, James, era chiesto di confermare. Ma non c’era modo di sapere quello che Sirius, potenzialmente, aveva detto, e quindi si limitò alla verità (o qualcosa di presumibilmente vicino). "L’abbiamo scoperto al secondo anno. Noi—Peter, Sirius, e io—ci siamo accorti che tutte le assenze di Remus coincidevano con la luna piena, e noi…"
"L’avete seguito?" sostituì Silente.
James annuì. Assomigliava alla realtà, comunque, e non era troppo a loro sfavore.
Anche Silente annuì. "E... prima di questa sera, hai visto il signor Lupin sotto la sua altra forma?"
Di nuovo un’esitazione, e poi—"Sì."
"Spesso?"
"No."
"E il signor Black e il signor Minus?"
"Sirius sì." Non voleva trascinare dentro Peter se poteva evitarlo. Silente sembrò capirlo. I suoi occhi restarono fissi su James per un po’, e poi cambiò posizione sulla sedia e osservò il piano della scrivania.
"James, quello che hai fatto stanotte è stato molto coraggioso."
Qualunque cosa James si aspettasse, non era questa.
"Hai affrontato un lupo mannaro per salvare qualcuno con cui hai una relazione... meno che affabile. L’hai portato in Infermeria per ricevere cure mediche, anche se sapevi che avrebbe significato una punizione per il tuo amico. In breve, hai agito nel miglior interesse del signor Piton nonostante grossi rischi personali." Guardò il giovane mago, aspettando evidentemente una risposta.
"Oh," fu tutto quello che James riuscì a dire.
"E quindi, considerato questo, ho deciso di assegnare cinquanta punti al Grifondoro."
Non se lo aspettava per niente.
"Che?" chiese James, prima di riuscirsi a trattenere.
"Ti assicuro," disse Silente, "considerati i punti che la tua casa ha appena perso, il numero non è così elevato."
Punti appena persi... ma questo significava...
"Quindi—Sirius non sarà espulso?" chiese James, scioccato.
Il Preside non rispose subito. "Il suo caso verrà sottoposto a ulteriori indagini, dopo che avrò parlato più a fondo con il signor Piton. Ma per adesso, non è stato espulso, no."
James non riuscì a capire se si sentisse arrabbiato o sollevato, quindi non si applicò più di tanto. "E Remus?" chiese.
"Il signor Lupin non è responsabile delle sue azioni di stanotte," disse Silente. "Non penso sarebbe giusto per lui soffrirne le conseguenze. Sfortunatamente, le regole del Ministero non sono sempre giuste..." James spalancò gli occhi, e aprì la bocca per protestare, "ragion per cui," continuò l’altro, "Aspetterò fin dopo aver parlato col signor Piton prima che venga presa alcuna decisione che riguardi anche il signor Lupin." James non capiva, ma c’era una nota di definitivo nel suo tono che gli disse che la conversazione era finita. "Ora dovresti andare a letto."
"Si, Professore." Si voltò per andarsene, ma si fermò alla porta. "Professore... so che probabilmente non può dirmelo, ma—cosa ha detto Sirius?"
Silente sospirò ancora una volta. "Molto poco, in realtà. Ha insistito soprattutto sul fatto che non eri assolutamente al corrente delle sue azioni."
"...Oh."
"Buonanotte, signor Potter."
"Buonanotte, Professore."
Sirius era ancora nel corridoio con la Professoressa McGranitt e il Professor Lumacorno quando James arrivò. All’inizio, pensò che il suo compagno Malandrino lo stesse aspettando, ma poi Sirius si incamminò dietro la McGranitt di nuovo verso l’ufficio di Silente, e James si accorse che il Preside doveva avergli chiesto di restare.
"Aspetti, Professore," disse James con urgenza, e entrambi gli insegnanti lo guardarono. "Non posso restare? Solo—devo accertarmi che Remus stia..."
"No, Potter," disse la McGranitt, più pallida e rigida del solito. "Devi andare a letto, adesso."
Ma era proprio ingiusto. Sirius l’avrebbe scoperto prima di lui... Sirius a cui non era importato un cazzo, abbastanza da...
"Per favore, Professoressa, non riuscirò a dormire comunque, e..."
"Hai lezione domani mattina, Potter," disse Lumacorno. "Devi andare a letto."
"Professoressa McGranitt," James la pregò, ma scosse la testa risoluta. Poi, per un millesimo di istante, la sua espressione si ammorbidì.
"Ti riferirò i dettagli domani mattina," promise. "Adesso devi ritornare al tuo dormitorio."
Insoddisfatto e sconfitto sapendo che questo sarebbe stato il massimo che avrebbe ottenuto, James annuì. Si voltò e si incamminò imbronciato di ritorno alla Sala Comune di Grifondoro.
Il ritratto della Signora Grassa era sullo stesso piano ma in un’altra ala del castello, e James decise di non affrettarsi. Per molto tempo, rimase da solo nei corridoi, a parte i ritratti addormentati e le armature splendenti, ma avvicinandosi al corridoio che portava all’entrata della torre di Grifondoro, James incontrò un’altra persona. Lathe.
L’Auror camminava nella direzione opposta, e si stringeva con la mano un braccio, che sanguinava.
"Sta bene?" chiese James mentre Lathe si avvicinava. L’ Auror annuì.
"Niente di grave," borbottò. "Metropolvere collegata alla stanza sbagliata, dannazione. Non dovresti essere a letto?"
"Sono stato da Silente," rispose James apatico. Poi si ricordò quello che Lily gli aveva detto. "L’avete preso? Avete preso Logan Harper?"
Lathe fece un respiro profondo. C’era dello sporco sul suo viso, e sembrava sfinito. Scosse la testa. "Non esattamente," fece Lathe cupo. "E’ morto."
 
(Al Mattino)
 
A sorpresa, fu Peter Minus che riempì molti spazi vuoti di Lily.
Si era svegliata molto presto, e si era cambiata e fatta la doccia prima che chiunque altro (anche la mattiniera Carlotta) si fosse alzato. Marlene era ancora nel letto di Lily quando la rossa scivolò fuori dal dormitorio senza sapere chiaramente dove andare. Scese in Sala Comune pochi minuti prima delle sei e mezza, ed era vuota, quindi rimase seduta per un po’ su un divano senza uno scopo preciso, finché Peter Minus apparve sulla scala del dormitorio maschile, con l’aspetto stanco e ansioso che anche Lily sentiva di avere.
"Oh—Buongiorno, Lily," la salutò il Malandrino, impacciato. Si avviò verso il buco del ritratto, evidentemente tentando una fuga veloce, ma Lily lo seguì.
In quanto a fuga, era tenace, e anche se la sua avversaria era un’inarrestabile Lily, fu solo dopo che gli aveva detto tutto quello che già sapeva o aveva dedotto della notte precedente, che decise di arrendersi.
"Sirius ha detto a Piton come arrivare a Remus," sospirò Peter, mentre lei lo seguiva nel corridoio del settimo piano. "James non è contento—sul serio, non so nient’altro."
"Qualcuno verrà espulso?" incalzò Lily, ma Peter si limitò a riasserire la propria ignoranza sull’argomento. "E tu dove vai?" gli chiese, quando si accorse che non aveva idea di dove fosse diretta.
"Devo prendere il mantello. James l’ha lasciato nel tunnel."
"E tu puoi prenderlo facilmente," Lily realizzò. "Grazie alla tua... sai, no... abilità."
"Già."
"Dov’è Remus ora?"
"Che ne so. Infermeria, probabilmente, o ci sta arrivando con il Guaritore—ehm—Madama Chips."
"James sta bene? La spalla, sta...?"
"Starà bene. Ne ha passate di molto peggiori."
Lily annuì. "Lo fate ogni mese, non è così?" chiese, ma era più un’affermazione. "Andate con Remus da animali, perché così non può ferirvi. Non è così?"
Peter annuì senza parlare, e Lily si sforzò di capire tutto.
"Ma perché Sirius l’ha detto Piton?"
Il Malandrino si fermò, erano arrivati alla scalinata. "Lily," fu tutto quello che disse, ma riuscì a trasmettere una dozzina di cose—del tipo, sapeva già la risposta a quella domanda, e per favore non chiedermi più niente, e sul serio, doveva sbrigarsi. Annuì brusca.
"Grazie, Peter."
E con un ultimo, infelice sorriso, Peter scese la scalinata, e Lily ritornò in Sala Comune.

Tutte le mattine dovrebbero essere così magnifiche. Stiracchiandosi e sbadigliando, Alice sentì il proprio volto contorcersi in un sorriso alla luce del sole che entrava dalla finestra del dormitorio del Caposcuola. Tutte le mattine dovrebbero essere così magnifiche, pensò di nuovo, al caldo sotto le coperte e alla luce del sole mentre si rigirava sul fianco.
Frank accanto a lei si mosse, e Alice sorrise.
Sbadigliò, stiracchiando le braccia e voltando la testa verso la ragazza sorridente accanto a lui. "Buongiorno," mormorò rauco attirandola a sé. Appoggiò la testa al suo petto, allungando le mani verso l’alto e passandogli le dita tra i capelli.
"Buongiorno," sussurrò. "Non muoviamoci mai più, okay?"
"Da qui?"
"Mhm."
Frank gemette. "Che ore sono?"
"Non importa—non ci muoveremo mai più."
"Mai, mai più?"
"Mai, mai più."
"Mmm-kay." Nonostante questo, il Caposcuola allungò il collo per guardare la sveglia sul comodino, prima di gettare di nuovo la testa sul cuscino. "Abbiamo tempo," annunciò assonnato.
"Tutto il tempo del mondo?"
"No—più o meno quindici minuti, però." Alice rimase immobile per un momento, e poi guardò in su Frank, con un sorrisetto. "Pensavo non volessi muoverti mai più," le ricordò, copiando la sua espressione.
"Potrei fare un’eccezione."
"Oh, davvero?"
"Sì."
"Beh, okay."
Alice si sollevò sulle mani e lo baciò piano e lentamente sulle labbra. Lui la tirò sopra di sé, facendola ridere contro le sue labbra mentre mormorava: "Sai, penso di essere ancora innamorata di te."
"Sul serio?"
"Mhm."
"E allora suppongo che siamo tutti e due condannati."
"Mi ami anche tu?" cinguettò Alice.
Frank annuì, serio. "Sempre."

Il sonno faceva strane cose al cervello, Donna. Per esempio, quella mattina, era distesa a letto, mezza addormentata, e mentre i suoi occhi si aprivano e chiudevano, poteva giurare che le tende del suo letto baldacchino fossero blu, invece che rosse. Ma ovviamente, non aveva senso. Le tende erano rosse—erano sempre rosse; era solo il suo cervello assonnato a colorarle di blu.
Stette un po’ con lo sguardo fisso verso l’alto, aspettando che le tende tornassero del loro normale scarlatto. Eppure, rimasero impassibili in quella sfumatura di scuro, regale, blu Corvonero.
...
Merda.
Donna si tirò su a sedere e si voltò verso Charlie Plex, steso accanto a lei. Sveglio.
"Sei un idiota," abbaiò, dandogli un calcio. "Perché non mi hai svegliata?"
"Sembravi così in pace," la prese in giro Charlie, e Donna gli diede un altro calcio. Cercò in fretta la bacchetta e lanciò un muffliato intorno al letto schermato.
"Come, esattamente, si presume che vada a lezione nell’ora più affollata del giorno senza che nessuno mi veda?" gli chiese, arrabbiata.
"Oh, chi se ne importa?" fece Charlie con voce monotona, annoiato. Donna roteò gli occhi.
"La tua fidanzata forse. E comunque, io."
Charlie si limitò a scrollare le spalle. "Suppongo che non sai fare un buon incantesimo di disillusione?" Iniziò ad aprire le tende, ma Donna gli afferrò il braccio.
"Come hai potuto far succedere una cosa del genere?"
"Sei tu quella che si è addormentata."
"Sei tu quello che mi ha fatta rimanere qui tutta la notte!"
"Beh, comunque, io voglio fare colazione, quindi o ti inventi qualcosa, o rassegnati al fatto che le persone scopriranno dove hai passato la notte." Detto questo, scivolò via dal letto, pur tenendo chiuse le tende dietro di sé. Donna esalò un respiro, arrabbiata, e si rimise distesa, passandosi le mani tra i folti capelli ricci, frustrata.
(Amore non corrisposto Livello Uno)
 
Lily aveva tutta l’intenzione di parlare a James, Sirius, Remus, Sev, e Luke (senza ordine particolare), per prima cosa quella mattina, ma la sua vita aveva altri piani. Appena finito con una colazione frettolosa, Marlene—pallida e con un sacco di sonno arretrato—apparve, and Lily si trovò a dover portare a termine altri compiti.
"Okay, tesoro," la blandì la rossa, mentre Marlene mutilava violentemente le proprie uova strapazzate. "Puoi almeno spiegarmi quello che è successo?"
Marlene sospirò. Visto che era presto, erano due dei pochi Grifondoro presenti a tavola, quindi sentì di poter condurre quella conversazione in maniera abbastanza privata. "Ecco, la notte scorsa," incominciò la strega con aria infelice, "Sono scesa al campo di Quidditch perché Reg Cattermole aveva detto che Adam sarebbe stato lì, e avremmo dovuto studiare Trasfigurazione assieme."
"Il campo di Quidditch?" chiese Lily. "Che ora era?"
"Uhm—non lo so... le sette o le otto forse? Non lo so. Perché?"
"Oh. Niente. Non importa. Continua..."
"Quindi sono scesa al campo di Quidditch, e Adam se ne stava seduto lì, e ha detto che stava pensando a qualcosa." Bevve un sorsetto di succo di zucca. "Quindi gli ho chiesto consa c’era che non andava, e..." fissando ottusamente  la propria colazione, "e  l’ha detto. Ha detto che era... lo sai..."
"Innamorato di te."
Marlene sobbalzò. "Già."
"E tu cosa hai risposto?"
La bionda non rispose subito, e mangiò invece una forchettata di uova.
"Marlene, cosa hai risposto?" Lily incalzò. "Devi dirmelo—deve essere stata una cosa abbastanza brutta se ti ha sconvolto tanto."
"Oh, Lily," gemette Marlene, appoggiando la testa sulla spalla di Lily. "Ho detto la peggiore cosa possibile."
"Cioè...?"
"Buongiorno!" canticchiò Mary, arrivando. "Vi siete svegliate presto. Io ho dormito benissimo. Che bella mattinata. Ha piovuto la scorsa notte? Oh, Maggio non è divino? Sto morendo di fame. Le pozioni soporifere sono fantastiche." Si sedette di fronte a loro e sorvegliò la scena. "Allora—cosa mi sono persa?"
Lily lanciò un’occhiata a Marlene, che annuì. "Adam ha detto a Mar che è innamorato di lei," fece la rossa. Mary quasi urlò e iniziò a battere le mani eccitata.
"Oh, uhuuu! Amo le nuove coppie! E posso dire che sapevo benissimo che voi due sareste stati perf..." Poi notò l’espressione di Marlene. "Aspetta—Adam ha detto a Mar che è innamorato di lei? E perché ha l’aspetto di qualcuno a cui hanno rubato un rene?" Finalmente la bruna capì e rimase a bocca spalancata. "L’hai respinto!?" l’accusò. "Marlene Price, sei pazza?"
Marlene seppellì il viso tra le braccia sul tavolo, e Lily con uno sguardo truce: "Non sei d’aiuto, Mary."
"Non è il momento della compassione!" protestò l’altra. "Adesso è il momento di colpa e sensi di colpa! Colpa e sensi di colpa!"
"Potresti evitare?" brontolò la voce soffocata di Marlene.
"Hai respinto Adam?" Mary chiese sussurrando furiosamente. "In nome di Merlino, perché hai fatto una cosa del genere? Perché? Chiaramente è innamorato di te, e cosa più importante, tu sei..."
"Mary, basta," insistette Marlene, tirandosi su a sedere. "Davvero, ti prego, non voglio più sentire niente."
Mary osservò attentamente la sua amica e sospirò. "Bene." Allungandosi sul tavolo, Mary diede dei colpetti alla mano di Marlene e le sorrise un po’ incoraggiante. "Non essere così triste, Price. Andrà tutto bene. So che adesso sembra la fine del mondo, ma alla fine..."
"Non mi perdonerà mai," interruppe Marlene disperata.
"Cosa te lo fa dire?" Lily chiese.
"Perché... perché sono stata orribile."
"Cosa hai fatto?" Mary incalzò. "Cosa hai detto?"
"La cosa peggiore," Marlene ripeté. Le altre due aspettarono che elaborasse. "Okay, immaginate che il vostro migliore amico in assoluto..."
"Scusami..."
"Okay, Mary, immagina che il tuo migliore amico maschio ti dica che gli piaci, e tu sei seduta lì, fuori di testa dalla paura, e gli rispondi... in modo molto, molto imbarazzante—qual è la peggiore cosa, la più orribile che tu possa fare?"
Lily e Mary rimasero in silenzio per un minuto, riflettendo. Poi, quasi nello stesso momento, la comprensione si rifletté sul loro viso. Lily gemette, e Mary sembrava scioccata. "Mar, no..." Marlene lasciò cadere di nuovo la testa sul tavolo. "Marlene..." Lily iniziò ancora una volta, "Solo per essere chiare, tu—hai incolpato lui di tutto, non è così?"
"Sì!" mormorò Marlene, ma suonò più come un "S-ih-uh-ì."
"Ma... ma Marlene, come hai potuto? è—questa è roba da Amore non Corrisposto livello Uno!"
"Ha ragione," Mary rincarò, orripilata. "Non conta quanto il ragazzo possa essere inquietante, o quanto non sia dipeso da te, se ti professa il suo amore, in quanto ragazza è tuo triste compito l’essere carina, e come minimo far finta che forse avrebbe potuto avere una possibilità."
"Stiamo parlando di Marlene, Mary," Lily le ricordò.
"Io sto parlando di Marlene! Come hai potuto incolpare il povero Adam? Come hai—cosa hai fatto esattamente, Marlene? Quanto è stato brutto?"
Marlene rialzò la testa, mettendo il broncio. "Non voglio parlarne più," insisté. "Non voglio pensarci. Voglio solo..."
"Obliviarti?" suggerì Mary. "Seppellirti in una bara riempita di gelato, forse? Sì, lo sappiamo... ma tesoro, non puoi lasciarci così!"
"Mary, sul serio," Marlene continuò, "Non posso parlarne adesso." Così, si alzò e andò via in fretta dalla sala. Lily sospirò.
"Vado ad assicurarmi che stia bene," disse la rossa, rassegnata, ma mentre si alzava dal tavolo, anche Mary saltò su.
"Vengo con te," si offrì volontaria.
"Ma non hai fatto ancora colazione..."
"E che cos’è il cibo nei confronti di cuori spazzati e drammi?" Ma il mezzo sorriso di Mary non era del tutto convincente, mentre seguiva Lily fuori dalla Sala Grande.
Quando, nella Sala d’Ingresso, incrociarono Donna—che stava scendendo a colazione—Lily sembrò proprio non notarla, e anche se Mary le fece un saluto stentato, la loro compagna di stanza non rispose, e né Lily né Mary la videro seguirle triste con lo sguardo.
 
(Risveglio, Di nuovo)

Tum.
Merda.
Tum.
No.
Tum.
Tum.
Tum.
Col cuore che batteva, gli occhi di Remus Lupin si spalancarono di scatto. Si mise a sedere sul letto—una brandina nell’infermeria—e urlò.
Tremava, coperto di sudore freddo, e James and Peter ce la misero tutta a impedirgli di lanciarsi fuori dal letto. Gli occhi erano grandi, rotondi, e rimasero dilatati per un paio di secondi—un lampo di giallo, e poi di nuovo del normale grigio, ma più terrorizzati di quanto James li avesse mai visti.
"Porca puttana," imprecò maniacale, annaspando in cerca d’aria come se avesse appena avuto un attacco di tosse. "Porca puttana," ripeté il lupo mannaro. "Ho—ho fatto qualcosa? Qualcosa è successo... Lily... era... e James—James, ti ho graffiato, Dio, non so... Merda, Prongs, qualcosa è andato storto... cos’è andato storto?" Era isterico: maniacale e brusco, come solo la luna piena poteva rendere Remus, di solito calmo e posato. James non guardò l’amico negli occhi, e Remus temette il peggio. "Ho morso qualcuno?" sussurrò. "James... ho morso...? Per l’amor di Dio, rispondimi!"
"Non hai morso nessuno," fece Peter inaspettatamente. "Sei a posto, ok?"
"Che è successo?" Remus continuò a interrogare James. Poi si accorse di qualcosa. "Dov’è Sirius?" Nemmeno Peter fu capace di rispondere a questo. "Dove cazzo è Sirius? Che gli è successo? Non mi ricordo... Non mi ricordo di averlo visto—gli è...? James—per Agrippa non startene lì in silenzio come un patetico..."
"Sirius l’ha detto a Piton," disse James.
Squillante, rimbombante, assordante silenzio.
"Gli ha detto come entrare nel Platano Picchiatore. Piton è sceso e ti ha visto."
"Mi ricordo," bisbigliò Remus debolmente. "Ricordo—ho attaccato Piton, e… tu. Tu l’hai salvato." Paura—freddo, maledetto terrore—lo invasero di nuovo. "Piton sa..." borbottò maniacale. " Piton sa—lo dirà—sono fuori. Sono fuori. Silente non può... Avrei potuto ucciderlo. Avrei potuto trasformarlo! È troppo—sono fuori." Si passò le mani tra i capelli marroni, tirandosi all’indietro la pelle pallida come un fantasma, lucida di sudore e lacrime febbrili. "Porca puttana, come è potuto... come è potuto accadere? Sono espulso... devo... avrei potuto uccidere..."
"Non sei espulso," disse James piano. "La McGranitt me l’ha detto stamattina. Silente ha risolto. Silente ha risolto tutto—con Piton, con tutti. Sei al sicuro. Piton è laggiù, privo di coscienza..." fece un cenno vago verso l’altra parte dell’infermeria, "...sotto pozione soporifera. Silente ha risolto tutto per te."
"Ma—ma come ha fatto Silente a risolvere?" E poi, Remus realizzò qualcos’altro. Lasciò cadere le mani. "Sirius l’ha detto? Perché l’ha fatto? Perché l’ha detto a Piton? James, perché avrebbe dovuto...?"
"Fai due più due, Remus," James interruppe aspro. Non riusciva a costringersi a dire quelle parole. Non riusciva a pensarci.
Il viso di Remus si fece di pietra. "Voleva che mordessi Piton. Voleva che... che... mi ha usato. Ha usato quella cosa in cui mi trasformo per..." Il corpo di Remus si contorse e incominciò ad essere scosso dai conati, e James afferrò una pozione dal comodino.
"Lupin—Remus, bevi. Ti aiuterà, dai..." James riuscì a spingere la maggior parte della pozione giù per la gola del suo amico, e un paio di minuti dopo, Remus aveva quasi smesso del tutto di tremare. Ricadde sulla brandina, spezzato ed esausto.
"Che—che succederà adesso?" riuscì a biascicare dopo un po’ di tempo.
"Silente ha risolto la tua situazione," fece Peter. "Starai bene, e... sembra sicuro del fatto che Piton non dirà niente a nessuno."
Remus emise un suono di scherno. "E Sirius?"
"Non è stato espulso," Peter continuò. "Ha perso un sacco di punti—Grifondoro non vincerà la coppa delle case—e non potrà mai più giocare a Quidditch finché è a scuola. E ci sono delle punizioni. Non conosco bene i dettagli, ma..."
"è fuori," interruppe James freddo. "Voglio dire—da noi. Questa volta ha esagerato, ed è—non possiamo perdonare e dimenticare." Gli altri erano silenziosi. "Ho chiuso con lui. Siamo tuti d’accordo? Che Sirius non è... che non è più uno di noi... che è fuori?"
Seguì un lungo silenzio, e poi Remus parlò. "Sono d’accordo," mormorò, la voce roca. "Sirius è fuori."
Guardarono Peter. "Siete sicuri?" chiese l’ultimo Malandrino. "è il tuo migliore amico."
"Non è il mio migliore amico," disse James. "E’ un possibile assassino."
"Mi ha usato," fece Remus.
Peter sembrava un po’ triste, ma annuì. "Avete ragione... Sirius è fuori."
"Bene," sussurrò James. "Definitivo."
 
(Come va con Sev)
 
Severus non l’avrebbe mai saputo. Questo, Lily decise durante il primo incontro con il suo amico Serpeverde—un evento che non si verificò fino all’ora di pranzo del primo giorno successivo alla luna piena.
A un certo punto tra colazione e pranzo, la notizia si seppe, e dopo, si diffuse come un incendio indomabile. Come, esattamente, si fosse venuto a sapere, Lily non lo sapeva chiaramente. C’era un po’ di questo e un po’ di quello che la folla in generale poteva confermare—che sembrava che la clessidra con i punti casa di Grifondoro nella Sala d’Ingresso avesse perso più o meno un terzo dei sui scintillanti rubini rossi, e che Severus Piton aveva passato la notte in Infermeria, per esempio. Comunque, Lily non scoprì mai chi fu a dire che Severus Piton aveva affrontato un mostro di qualche specie nella Stamberga Strillante la notte prima e che James Potter era stata la persona che l’aveva salvato.
Era eccezionalmente sollevata per il fatto che il coinvolgimento di Remus fosse rimasto segreto (anche se come Silente avesse fatto a convincere Severus di tenerselo per sé era un altro mistero), e allo stesso modo sorpresa di vedere che lo era stato anche il coinvolgimento di Sirius. Sebbene il centro pettegolezzi di Hogwarts riuscisse a raccogliere tutti i dettagli più minuti, sembra mancare la cosa più ovvia: che James and Sirius erano, abbastanza chiaramente, ai ferri corti. Avevano perso le lezioni del mattino, non si sedevano vicini, non si rivolgevano la parola, e tutti e due apparivano a intermittenza furiosi e afflitti.
Sev ancora non era stato dimesso dall’infermeria quando Lily arrivò a ora di pranzo con la lista dei compiti.
"In generale, date le circostanze, non permetterei a nessuno di fargli visita," Madama Chips informò la Grifondoro, "ma sei la prima persino a chiedere di vederlo, e—beh..."
Lily sentì lo sdegno ribollirle nello stomaco sapendo di essere la prima che era andata a far visita a Severus (perché quegli idioti di Serpeverde non erano venuti?), ma annuì soltanto quando Madama Chips la condusse alla branda schermata del suo amico. Si chiese di sfuggita se uno degli altri letti nascosti alla vista fosse quello di Remus.
Piton era sveglio quando Madama Chips fece entrare Lily, e sembrò sorpreso dalla sua visita improvvisa. Posava il libro che stava leggendo, spingendolo sotto le coperte, e aggiunse: "Che ci fai qui?"
"Sono venuta a trovarti," Lily rispose, decidendo di non chiedere del libro. "Per assicurarmi che tu stia bene." Madama Chips se ne andò nel suo ufficio.
"Perché? Che dice la gente?"
"Beh—uhm... non è molto chiaro. Dicono un sacco di cose diverse." Perché voleva sentire quello che Sev aveva da dire a riguardo.
"Oh."
Lily aspettò qualcos’ altro, e poi incalzò: "Allora che è successo?"
Severus esitò. "Niente. Non è stato niente. Non ti preoccupare."
Lily alzò le sopracciglia, sinceramente sorpresa dalla sua riluttanza a dirle qualsiasi cosa. Forse aveva promesso che non l’avrebbe detto a nessuno. "Sirius Black è in punizione per qualcosa..." disse tentativamente. "Ha a che fare con te?"
Severus si limitò a scrollare le spalle. "Chi lo sa? Black è un idiota. È sempre in punizione."
Lily era a momenti dal rivelare quanto effettivamente ne sapesse della situazione, quando notò qualcosa. Sev non la guardava negli occhi. Aveva un’aria strana, e le sue guance erano insolitamente colorate.
E quello fu il momento in cui Lily decise definitivamente che Severus non sapeva della sua presenza al Platano la notte prima. Non c’era bisogno che lo sapesse, e forse lo faceva anche un po’ per dispetto, e sicuramente sarebbe stato meglio per Black e Potter e Remus che meno persone possibili fossero a conoscenza del pericolo per uno studente causato da un altro studente, ma soprattutto, Lily notò qualcosa nell’espressione di Severus che era... imbarazzo, davvero. Già era abbastanza brutto che James Potter l’avesse visto quando era più vulnerabile, più debole—già era abbastanza brutto che i suoi –si suppone-amici di Serpeverde non si fossero nemmeno fatti vedere per essere sicuri che stesse bene… le dispiaceva per Sev, e sapeva che qualora lui avesse avuto la minima idea di questo fatto, si sarebbe sentito umiliato senza confini. E Lily aveva visto in prima persona cosa faceva l’umiliazione a Severus Piton. Quindi, non l’avrebbe mai saputo.
"Okay..." disse lei lentamente. "Ma non sei—ferito o cose del genere? Ti senti a posto, e tutto?"
"Lei..." Severus fece un cenno diretto all’ufficio di Madama Chips, "vuole che rimanga un’altra notte, ma non ce n’è bisogno. Sto bene."
"Va bene. Oh—ti ho portato i compiti..."
Lily rimase per un’altra mezz’ora, e in quell’arco di tempo tutti e due parlarono di argomenti casuali, per la maggior parte delle lezioni che Severus si era perso quella mattina. Distaccati non discussero niente di importante, e così non litigarono nemmeno una volta.
Aveva saltato il pranzo, quindi—quando lasciò l’Infermeria—Lily era praticamente da sola nei corridoi. Il suo primo istinto fu quello di scendere in Sala Grande e recuperare un po’ di necessarissimo sostentamento, ma lo stomaco si contorceva in maniera spiacevole, e non era sicura che sarebbe riuscita a tenere qualsiasi cosa giù. Era necessario che vedesse e parlasse anche a Luke, e nonostante ci fosse la possibilità che poteva essere in Sala Grande, non l’aveva visto a colazione, e si chiese se forse stesse saltando anche il secondo pasto della giornata. E poi, Lily si ricordò della Mappa del Malandrino, che era ancora in suo possesso (James non si era fatto vedere tutta la mattina e non aveva potuto restituirla), e decise di cercare, così, il suo ex di Corvonero.
Ci vollero parecchi minuti di ricerca tra i puntini etichettati affinché Lily individuasse il corrispettivo su pergamena di Luke Harper, e—come da aspettarsi—non era in Sala Grande. Con suo grande dispiacere, era nell’ufficio del Professor Silente.
 
(Cosiddetta Etica)

In un universo parallelo, Donna rifletté, sarebbe stata nel bel mezzo del suo pranzo con Lily. Avrebbero probabilmente discusso lo scandalo che vedeva protagonisti Severus Piton e James Potter, o forse Mary e Marlene avrebbero parlato di qualcosa mentre Donna avrebbe chiesto lagnandosi di stare zitte, per favore. Marlene si sarebbe lamentata del cibo, e Mary avrebbe smaniato per un nuovo ragazzo, e Lily avrebbe sorriso consapevole, o fatto commenti sarcastici. O forse Mary and Marlene se ne sarebbero rimaste per conto loro, e sarebbero state solo Lily e Donna, e avrebbero parlato delle lezioni, di libri, di Quidditch o qualcosa.
Almeno avrebbe parlato.
Donna si rese conto che le uniche due persone con cui avesse effettivamente parlato nell’arco delle ultime ventiquattr’ore erano Charlie e il Professor Vitious. Nessuno si era rivolto a lei per il Quidditch (in realtà, non aveva visto Potter tutta la mattina), e nessun altro si era rivolto a lei per qualunque cosa...
Nessun "Buongiorno." Nessun "Ehi, Shack, come va?" Nemmeno uno scortese "Ti sposti un poco, che dici?"
Niente.
A parte il rimbombo generale della Sala Grande attorno a lei, Il mondo di Donna adesso era silenzioso, ed era così da—da settimane. Non che nessuno fosse scortese, in effetti... era solo che nessuno aveva niente da dire a Donna Shacklebolt.
Tra un morso e l’altro del suo sandwich, Donna all’improvviso si sentì tanto, tanto sola. Si guardò attorno, presa dal panico, e notò Adam McKinnon non molto lontano.
"McKinnon!" disse, a voce piuttosto alta, disperata. Adam alzò lo sguardo dal suo pasto, interdetto. Sollevò le sopracciglia in sua direzione, and Donna si accorse che in realtà non aveva niente da dire. "Ciao," finì debolmente.
Inaspettatamente, Adam roteò gli occhi. Donna notò che non aveva una bella cera—sembrava che non dormisse da un anno, in realtà. "Risparmia il fiato, Shack. Non voglio sentire."
E, prima che Donna potesse chiedere cosa fosse che non voleva sentire, Adam si alzò, lasciò il suo pranzo a metà, e scappò via dalla Sala, brusco.
Porca miseria—anche ad Adam McKinnon non piaceva! E ad Adam McKinnon piacevano tutti!
Non ricordava di avergli detto nemmeno niente di orribile. Anzi non ricordava di avergli detto proprio niente, ma era facilmente possibile che fosse stata quella che Lily chiamava "priva di tatto" quando erano a lezione assieme, puramente per caso. Se Adam era arrabbiato con lei, quasi sicuramente era per un motivo (non pensò al fatto che il cattivo umore di Adam fosse in generale, non dovuto a una cosa in particolare). O, forse, era proprio che non voleva parlarle. Forse era che non aveva niente da dirle, come lei non aveva avuto niente da dire alla maggior parte delle persone per gli ultimi sei anni. Forse, dopo il suo umiliante crollo emotivo dell’altro giorno, immaginava che volesse solo urlargli contro o piangere sulla sua spalla, o... o forse non gli importava molto di lei.
Donna fissò arrabbiata il suo succo di zucca. Ma certo che Adam McKinnon non voleva parlare con lei, se era di cattivo umore—non era suo amico, dopo tutto. Nessuno—non una sola persona in tutta la dannata Sala Grande—era sua amica... era sempre stata abbastanza chiara su questo: Lily era sua amica, solo Lily. Non aveva bisogno di nessun altro.
E adesso aveva perso Lily, e non aveva nessuno.
Aveva perso Lily—e per cosa?
In quel momento, un rettangolo di pergamena ripiegato cadde sul suo piatto. Sorpresa, Donna si guardò intorno per capire da parte di chi potesse essere, ma un grosso gruppo di Corvonero stava passando in quel momento accanto al tavolo, e non riuscì a vedere.
Donna dispiegò il biglietto, e dentro c’erano scritte poche parole.

Shacklebolt,
6 p.m.—classe deserta al quarto piano, vicino all’arazzo di Ildebrando l’Indisposto
-Charlie


Una parte del suo cervello, che parlava con la voce di Lily, le disse di non andare, ma una ragione ancora più forte era a sostegno dell’opinione opposta. Non aveva nessuno, ma più o meno aveva Charlie, no?
Cassidy ha Charlie, disse la Lily nella sua testa.
Ma era proprio questo il punto. Ecco perché Donna non si sentiva in colpa (non troppo). Cassidy era la fidanzata di Charlie. Cassidy, non Donna, aveva Charlie. Alla fine, a Charlie importava di Cassidy. A Charlie piaceva Cassidy e voleva stare con Cassidy. Non voleva Donna, e stare con lei, se non altro, gli faceva trattare Cassidy meglio. Quindi, alla fine, la cosiddetta etica di Lily non significava niente.
Non c’erano sentimenti; non c’era infedeltà; era una relazione che non significava niente. Nessuno si faceva male, e Donna—ne aveva bisogno. Charlie non la amava; Charlie amava la sua Cassidy. Nessuno rimaneva ferito. Ci sarebbe andata, alle sei, e non si sarebbe sentita colpevole o traditrice. Non avrebbe pensato a Cassidy, perché voleva starci, e non significava niente per loro, e—non importa quello che Lily avrebbe potuto dire—nessuno rimaneva ferito.
 
(Come Va Con Luke)
 
"Luke!"
Luke Harper sembrò sinceramente sorpreso di trovare Lily che lo aspettava non lontano dall’ufficio del Professor Silente. Oltre questo, aveva anche un aspetto orribile. Era pallido, gli occhi cerchiati da occhiaie scure.
"Lily," rispose, monotono, a voce bassa, gracchiante.
Si avvicinò, la preoccupazione impressa sui suoi tratti e nel suo tono. "Che è successo? Perché eri da Silente? Ha scoperto che sei stato al Villaggio?"
Luke sembrò non capire. "Stai—stai scherzando?"
"Scherzando? No. Perché?"
Comprensione—"Non hai sentito, vero?"
Aveva quasi paura a chiedere. "Sentito cosa?"
"Non hai letto Il Profeta stamattina." Sorrise senza allegria. "Logan è morto, Lily."
"C-cosa?"
"Quell’Auror—Lathe. L’ha ucciso. Ha ucciso mio fratello."
"Luke..." Allungò la mano per toccargli una spalla, ma il Corvonero si allontanò. "Luke, ti prego..."
"Ti prego che?" urlò quasi. "Avrei potuto salvarlo, Lily, e tu mi hai fermato. Tu, e Lathe, e io e ora—e ora Logan è morto." C’erano delle lacrime nei suoi occhi castani. "Noi l’abbiamo ucciso. Io l’ho ucciso..."
"Luke, non è colpa tua!" disse Lily; sentiva anche le proprie lacrime. "Niente di tutto questo è colpa tua. Tu..."
Ma quando provò a toccarlo di nuovo, Luke la evitò di nuovo. "Stammi lontana, ti prego," mormorò, prima di voltarsi per andare via.
"Luke!"
Luke si fermò a parecchi passi di distanza. "Devo fare le valigie, Lily," scattò.
"Valigie? Perché le valigie?"
"Me ne vado," rispose il mago cupo. "Devo andare a Londa. Vogliono che mi presenti davanti al Wizengamot—per decidere se hanno o meno capi d’accusa contro di me."
Lily si sentì mancare il respiro. Fece un passo avanti per seguirlo—dire qualcosa, qualunque cosa... placare la rabbia, odio, paura, colpa, e il dolore negli occhi di Luke... a sistemare in qualche modo... se solo avesse potuto sistemare la situazione... sistemare lui...
"Lily, non..." Luke incominciò, ma fu interrotto. La professoressa McGranitt, il professor Vitious, e Lathe apparvero dalla statua del gargoyle che costituiva l’entrata all’ufficio di Silente.
"Signorina Evans," disse la professoressa McGranitt, "Credo proprio che tu abbia lezione, adesso."
"Ma, Professoressa..."
"Niente storie," la professoressa di Trasfigurazione la interruppe subito; "nonostante le apparenze degli ultimi giorni, questa è ancora una scuola, e ci sono ancora delle regole a cui obbedire. A lezione, Signorina Evans."
 Il professor Vitious si unì a Luke, presumibilmente diretti alla Sala Comune di Corvonero, e Lily fu lasciata lì con la McGranitt e Lathe. "Vuoi che ti scorti io?" chiese la prima, nitida. Lily guardò Luke e Vitious sparire dietro un angolo, poi sospirò e scosse la testa.
"No, Professoressa."
"Molto bene."
La professoressa e l’Auror fecero per andarsene. "Aspetti," Lily li richiamò. "Quanto starà via Luke?"
La McGranitt guardò Lathe, che scosse solamente la testa, indicando che non lo sapeva. Poi, si voltarono, e andarono via.

La rabbia aveva vinto. In quella battaglia furiosa di emozioni che era James, la rabbia aveva stracciato l’ansia, il dolore, il rimpianto e tutto il resto, e adesso era semplicemente furioso.
Le persone parlavano, ma James non le ascoltava. Non voleva ascoltarle. A cena, gli altri studenti lo guardavano e bisbigliavano, ma James non prestò loro alcuna attenzione, perché, nonostante la maggior parte di quelle parole fosse di ammirazione, non voleva sapere cosa pensassero, cosa dicessero. Non sapevano niente, non sul serio, e non voleva sapere cosa immaginavano in realtà di sapere.
Non aveva voglia di fare niente, in realtà. Voleva sedersi da qualche parte, da solo, e dimenticare tutto—passare un colpo di spugna... dimenticare che Sirius li aveva traditi (aveva tradito Remus), dimenticare che Piton sapeva, e dimenticare che lui si era sbagliato. Completamente, irrevocabilmente, imperdonabilmente sbagliato su Sirius, sui Malandrini, su tutto.
Remus non era ancora tornato dall’ Infermeria, e Peter stava seduto di fronte a lui al tavolo di Grifondoro, ma tutti e due mangiavano in silenzio. Peter sembrava totalmente infelice, e James aveva provato a preoccuparsene, ma non ci riusciva. Provò a ricordare a sé stesso che, alla fine, era tutto okay. Silente aveva sistemato le cose con Piton—aveva sistemato le cose per Remus. Aveva anche sistemato le cose per Sirius.
Ma in qualche modo, nessuna di queste cose aveva l’effetto desiderato su di lui. Ormai il danno era stato fatto. Sirius l’aveva detto... l’aveva detto a Severus Piton. Aveva cercato di uccidere qualcuno. Aveva messo tutto in secondo piano (i sentimenti di Remus, la sicurezza di Remus, tutto...) per una vendetta, e niente—mai—avrebbe potuto riportare le cose com’erano prima.
Sirius era fuori.
"Me ne vado di sopra," James disse a Peter, che annuì e rispose che l’avrebbe seguito poco dopo. Il  Malandrino uscì dalla Sala Grande camminando letargico, ignorando i sussurri e le occhiate che lo attaccavano da ogni dove. Aveva tutta l’intenzione di tornare al dormitorio maschile di Grifondoro—forse prendere la Nimbus e uscire per farsi un giro attorno al campo, ma una volta arrivato al quarto piano, a James venne un’altra idea. Scelse di incamminarsi in direzione dell’Infermeria, invece.
"Il Signor Lupin è stato appena dimesso," Madama Chips lo informò al suo arrivo. "Dovrebbe essere di ritorno al dormitorio."
James annuì e fece per andar via, quando individuò un altro letto circondato da tende alla fine dell’infermeria. Madama Chips ritornò nel suo ufficio, ma invece di andarsene, James si avvicinò al letto schermato. Dentro, Piton leggeva.
Shock, rabbia—una pletora di espressioni negative si alternò sul volto di Piton alla vista di James. "Che vuoi?" gli chiese con insistenza. "Fuori di qui, Potter." Il suo solito disprezzo per  James sembrava essersi decuplicato.
"Che ti ha detto Silente?" James chiese, la voce piatta e grave. Lo stomaco si contorse, la testa gli faceva male—vedere Piton convalescente gli faceva un effetto peggiore di quanto si aspettasse. Il solito disgusto ribollì nel sangue di James, reso più acuto dalla natura delle intenzioni cospiratorie del Serpeverde verso Moony la notte precedente, ma attutito e reso quasi nullo a paragone delle intenzioni ancora più brutte del proprio migliore amico. In tutti gli anni passati a Hogwarts, James non si era mai sentito in colpa per l’odio verso Piton, prima.
"Che t’importa?" scattò l’altro, un lampo negli occhi neri. "Non sono affari tuoi."
"Che ti ha detto?" James ripeté con rabbia, a voce più alta. "Come ti ha convinto a non dire di Remus?"
Severus posò il libro. Il suo viso pallido adesso era calmo. "Perché vuoi saperlo?" reiterò. "Che differenza può esserci per te?"
James non aveva una risposta. Gli serviva saperlo, solamente. Aveva bisogno di sapere che qualunque ragione Silente avesse dato a Piton per fargli tenere la bocca chiusa, avrebbe retto—che Remus era al sicuro. "C’è e basta. Cosa ti ha detto?"
Piton sorrise. "Spero che il pensiero ti tormenti stanotte, togliendoti il sonno."
James strinse i pugni, combattendo l’istinto doppio di sfoderare la bacchetta o colpire Piton con tutto quello che aveva. "Ti detesto," disse, piano, velenoso, sincero.
Piton annuì. "Lo so."

Più di    qualunque altra cosa, quello che Remus Lupin temeva era la possibilità che Sirius fosse nel dormitorio quando sarebbe tornato dall’ Infermeria. Ed era proprio lì.
Remus gettò la borsa con i suoi effetti personali sul pavimento, e Sirius—che se ne stava steso sul proprio letto—si tirò su a sedere immediatamente. I due maghi si fissarono per un lunghissimo momento; il viso di Remus era di pietra; quello di Sirius addolorato.
"Moony..." cominciò l’ultimo, ma Remus lo interruppe.
"Non mi chiamare così," scattò. "Non osare nemmeno—non farlo." Si mosse verso l’armadio, e Sirius si alzò.
"Remus, mi dispiace tanto," lo pregò.
"Non mi interessa."
"E hai tutto il diritto di essere furioso con me, ma..."
"Ma cosa?" strillò Remus, voltandosi verso di lui. "Cosa esattamente pensi di poter dire per migliorare la situazione? Come riesci persino a immaginarti che starei a sentire qualsiasi cosa tu abbia da dire?"
"Lo so questo," fece Sirius, soffocato. "Davvero, credimi. Solo—voglio parlarti. Voglio spiegare..."
"Non devi spiegare niente," Remus sputò. "Non c’è niente che tu possa dire a questo mondo che cambierebbe come mi sento adesso."
"Non volevo farti del male..."
"Certo che no." Remus rise amaro. "Perché non hai mai—non hai mai capito che la cosa in cui mi trasformo una volta al mese sono sempre io! E tutto quello che succede al lupo mannaro—a 'Moony...' succede a me. Se la cosa nella Stamberga Strillante avesse ucciso Piton, io avrei ucciso Piton. Io sarei andato in prigione, e io sarei dovuto essere quello che si sarebbe dovuto portare  addosso quel peso per il resto della mia dannatissima vita! Ma tu non hai pensato a questo—Ero solo il tuo passatempo, non è così? La luna piena era solo una cosa che ti faceva divertire quando eri annoiato!"
"Non è questo, Remus! Non è mai stato questo, e tu..."
"Per te era esattamente questo, Sirius!"
Sirius non riuscì a rispondere, perché la porta si aprì, e apparve James. Chiuse la porta dietro di sé e guardò Sirius e Remus, cercando di capire cosa stesse succedendo.
"Che succede?" Nessuno dei due rispose. "Che ci fai qui, Black?" James continuò.
"è—è il mio dormitorio..."
"Davvero?" chiese James freddo.
Rimasero tutti in silenzio, e poi Sirius disse: "Quindi è così? Come se niente fosse? Sono fuori."
"Sì," disse James. "Sei fuori."
"Dopo tutto quello che abbiamo passato?"
"Non c’è mai stato niente," Remus borbottò. "Non ci sono mai stati 'Malandrini.' Non siamo stati mai fratelli o amici o qualunque cosa pensavamo di essere. È stata tutta finzione, perché per te era solo un gioco, Sirius."
Sirius guardò James aspettando che lo smentisse, ma Prongs non parlò. "è stata tutta finzione,"  si disse d’accordo.
"Non è vero."
"Certo che è vero," Remus continuò. “Pensi che visto che sei a Grifondoro, tu non sia lo stesso come la tua famiglia di fanatici? La verità è che, sei esattamente come loro. Pensano che i babbani e i nati babbani siano loro inferiori, e qualunque cosa tu possa dire, non pensi che io sia una persona—che sia un essere umano, perché sono un lupo mannaro, ed è tuo diritto di nascita il pensare di essere migliore di me... che tu abbia il diritto di farmi ogni diavoleria tu voglia, perché sono inferiore. Tu sei un Black. Sei nato—sei fatto così. Un assassino crudele, senza cuore. E non sarai mai nient’altro ... perché non puoi cambiare. Siamo stati solo troppo stupidi noi, a pensare che potessi."
Sirius guardò fisso Remus con i suoi occhi grigi. "Non è vero," sussurrò. "Non ho mai pensato..."
"Lo è," disse James. "Sei fuori."
L’amarezza sul volto di Remus fu di conferma. Sirius fece un respiro incerto—non sapeva dove guardare, dove andare, sapeva solo che doveva uscire di lì. Si mosse verso la porta, quando questa si aprì, ed entrò Peter.
"Silente vuole vedervi, tutti e due," disse l’ultimo Malandrino, facendo cenno a James e Sirius.

Come predetto dalla Mappa del Malandrino (ancora in suo possesso—Agrippa, doveva davvero restituirla), Lathe era nel suo vecchio ufficio quando Lily arrivò. Sembrava che stesse sistemando dei fogli in delle cartelle, e Lily capì quasi subito il perché.
"Se ne va?" chiese.
Lathe annuì, agitando la bacchetta e sigillando alcune scatole. "Il corpo di sicurezza rimane, ma Belby sarà in carica. Ogni persona direttamente coinvolta nel raid della notte scorsa deve tornare al Ministero."
"Perché?" Avanzò un pochino nella stanza, appoggiandosi al muro accanto alla porta.
"Tre Auror e due sospetti morti," spiegò Lathe calmo. "Entrambi i sospetti erano membri di famiglie importanti. Ci sarà un’indagine per assicurarsi che le morti dei sospetti fossero inevitabili—che non fossero vendette."
"Non lo erano, vero?" chiese Lily a bassa voce. Lathe alzò gli occhi dai suoi preparativi.
"Non mi piace uccidere," disse. Rimasero entrambi in silenzio per un paio di  minuti, mentre Lathe continuò a sistemare pile di fogli di pergamena e altri oggetti nelle scatole. Poi, senza guardarla, l’Auror rispose alla domanda che Lily non aveva avuto il coraggio di chiedere. "Luke era coinvolto, Evans."
Lily non aveva tanta voglia di fare giochetti psicologici, e quindi semplicemente chiese: "Può provarlo?"
Il mago più anziano sembrò un po’ sorpreso dalla risposta. "Vedremo. È giovane, e non credo che fosse presente sulla scena del crimine. Il crimine più grave di cui può essere accusato è favoreggiamento, che—beh, dipende."
"Logan è morto," Lily sottolineò. "A che cosa vi serve adesso Luke, comunque?"
"Niente," ammise Lathe. "E so che non è un mangiamorte, ma non spetta a me decidere. Melencamp... Prewett... Diggory... tre Auror morti, Evans, e Melencamp era la compagna di Robards—non si darà pace finché tutti quelli coinvolti nella sua morte non saranno portati davanti al Wizengamot."
Lily annuì, sapendo che aveva ragione. "Pensa che Luke verrà portato in tribunale?" non poté far a meno di chiedere.
Lathe esitò. "Non lo so. Ma gli Harper hanno denaro e potere—non sarà solo. E sono sicuro che adesso ti sarà di poco conforto, ma per lui farò quel che posso. Non dico che mentirò, ma—credo che fosse consapevole solo in parte di quello che stesse facendo. Certo, sarà meglio per lui se collabora—suppongo che non glielo dirai, vero?"
"Dubito che farebbe differenza."
Lathe alzò un sopracciglio, curioso.
"Io—uhm—io l’ho convinto a non andare da Logan la scorsa notte," spiegò la strega. "Pensa che avrebbe potuto salvare suo fratello, se fosse stato lì."
"Forse," disse Lathe piano. "Forse avrebbe ucciso altri tre Auror." Finì con la sistemazione dei documenti e borbottò: "Odio la burocrazia. Non c’è niente che odi di più delle scartoffie."
Lily giocherellò con il bordo del maglione, non ancora sicura se ci fosse ancora qualcosa da dire a Lathe. "Mi dispiace," mormorò alla fine. "Per i suoi amici, i tre Auror. E mi dispiace che abbia dovuto uccidere qualcuno." Perché, stranamente, riusciva a capire che gli pesava.
"Mi dispiace per Harper," rispose.
"Logan era un mangiamorte."
"Non sto parlando di Logan."
Lily annuì ancora. "Giusto. Beh... è stato bello conoscerla, Signor Lathe."
Lathe chinò la testa, come per dire "Altrettanto," e poi Lily se ne andò.

Non furono la McGranitt e Lumacorno che raggiunsero il Preside nel suo ufficio questa volta, quando i due Malandrini arrivarono. Un’alta strega slanciata con corti, scuri capelli ramati e occhi nocciola sedeva su una delle tre sedie. Quando i ragazzi entrarono, si alzò, il viso preoccupato.
"Mamma?" fece James, confuso. "Che ci fai qui?"
"Albus—cioè, il Professor Silente mi ha mandato un gufo, "rispose, raggiungendo immediatamente i due maghi. Anche Silente si alzò dalla sedia, ma rimase dietro la scrivania. La signora Potter abbracciò sia James che Sirius, rivolgendo all’ultimo un’occhiatina triste e voltandosi di nuovo in direzione di Silente. "Posso avere un momento da sola coi ragazzi, Albus?"chiese, e il Preside annuì.
"Certamente."
Quando rimasero soli, la signora Potter li guardò con attenzione, come se non stesse controllando uno, ma tutti e due i suoi figli. "State bene?" chiese ansiosa. "Nessuno dei due è ferito?"
Entrambi scossero la testa. "Stiamo bene, Signora Potter," mormorò Sirius, incapace di guardarla negli occhi. Lei lo guardò compassionevole.
"Oh, Sirius, non darti così tanta pena. È stato uno sbaglio. Le persone commettono degli errori..."
"Mamma!" interruppe James arrabbiato.
"Tu hai fatto la tua bella parte di errori, James Potter," gli ricordò sua madre. "Tra cui l’evitare di menzionare a tua madre e tuo padre che uno dei tuoi migliori amici è un lupo mannaro non è di certo il meno grave."
"Hai ragione, mamma," James controbatté. "Perché l’omissione è decisamente tanto grave quanto il tentato omicidio."
"James..."
"Mamma, non lo difendere!"
"Mi sorprende che debba farlo. È il tuo migliore amico, James!"
"No, non lo è."
"James—no, Sirius, non devi andartene. James, quello che ha fatto Sirius è stato—orribile. È stato un terribile, spiacevole sbaglio. Ma è il tuo migliore amico fin da bambini... vive con noi, in nome di Merlino..."
"Ah, anche ora?" sputò James.
Sirius si contorse.
"Certo che sì," disse la signora Potter decisa. "James, capisco la tua rabbia, ma Sirius fa parte della famiglia."
"No, non lo è," James ripeté a denti stretti. "Non fa parte della mia famiglia." Guardò Sirius. "Non lo sei. Non sono io a decidere se darti o non darti il permesso di abitare nella casa della mia famiglia, ma posso dire che non ne fai parte."
"James..."
Ma James era già fuori dall’ ufficio.
La Signora Potter emise un lungo sospiro e si rivolse a Sirius. "Mi dispiace così tanto," mormorò. "Conosci James—è testardo, e..."
"Ha ragione," sussurrò Sirius. Gli tremavano le mani. "In quanto a me. Signora Potter, la ringrazio moltissimo per tutto quello che ha fatto per me... anche solo per il fatto che si è presentata qui oggi, ma—non posso tornare a casa con voi quest’estate."
"Sciocchezze. Certo che puoi. Solo perché James adesso è arrabbiato..."
"No, non posso. Non è perché non voglio, ma è che—non potrei farlo."
"Ma dove vai? Non hai soldi..."
"Mi inventerò qualcosa."
"Sirius, è una cosa stupida. Se è per James..."
"Lo è," disse Sirius.
La signora Potter lo guardò triste, poggiandogli una mano sulla spalla in segno di conforto. "Sei una brava persona, Sirius Black."
E gli spezzò il cuore sapere che lei si sbagliava.
 
(Come Va Con James)
 
Lily raggiunse James al terzo piano. Cancellò la mappa e chiamò a voce alta il Capitano di Quidditch. Si fermò al suono del proprio nome e voltandosi vide Lily camminare in fretta verso di lui, ma a malapena sentì le prime cose che stava dicendo.
"Ti rincorro da due piani," gli disse. "Volevo restituirti la mappa."
"Cosa?" chiese James, stropicciandosi la fronte e provando a ricacciare indietro il mal di testa.
"La Mappa," Lily ripetè, reggendo la pergamena indicativamente.
"Ce l’hai ancora," fece notare James. "Vero. Te l’ho prestata."
Lily lo guardò interrogativa. "Stai bene?" Ma non sembrò sentirla. "James? Stai bene?"
Il mago uscì dalla trance di scatto. "No, non sto bene. Perché diavolo dovrei stare bene?"
"Giusto. Scusa." Lily gli passò la mappa. "Come sta Remus?"
Ma ancora, James sembrava essere diventato temporaneamente sordo. "Carino da parte tua restituirla," borbottò sarcastico. "Non avevi ancora finito di sgattaiolare al villaggio, o avevi altri ex a cui andare dietro?"
"James," sospirò Lily, piegando le braccia.
"Mi hai mentito," scattò.
"Che?"
"Hai dimenticato di menzionare il fatto che correvi dietro a Harper per impedirgli di incontrare suo fratello il mangiamorte. Hai dimenticato anche di menzionare degli Auror a Hogsmeade!"
"Lo so," rispose. "Mi dispiace. Non avrei dovuto nasconderlo."
Sembrava davvero dispiaciuta, James pensò. Sembrava assolutamente dispiaciuta per la sua piccola bugia, e stava ammettendo di avere torto, il che era decente da parte sua, supponeva. Ma era furioso—furioso con Sirius e sua madre e forse un po’ con Lily, anche, e voleva essere furioso.
"Mi hai manipolato," James la accusò, "E non hai avuto nemmeno la decenza di accontentare l’unica richiesta che ho fatto! Che diavolo ci facevi fuori? Ti ho detto di prendere il passaggio—Ti ho detto di prendere il passaggio prima del tramonto! È stata l’unica condizione che ti ho dato, e non hai fatto nemmeno quello!"
"Ero bloccata! Cosa avrei dovuto fare? Rimanere al villaggio?"
"Beh non è che ti sarebbe cambiato molto, non è così? Voglio dire, le promesse chiaramente non significano niente per te."
"Non è giusto!" Lily controbatté, piccata. "Non sfogare la tua rabbia su di me... tutti e due sappiamo che non è il problema vero, qui." Provò a scansarlo di lato, ma James le afferrò il braccio. Lo guardò negli occhi, sorpresa e arrabbiata.
"Lasciami andare!"
"Mi hai manipolato," ripeté freddo. "mi hai manipolato perché volevi la mappa."
"Non è vero."
"Sì invece. Sei venuta fin lassù e mi hai manipolato per ottenere quello che volevi!"
"ti ho chiesto se potevo usare la mappa, James! Non è manipolare! Ti ho detto dove stavo andando—per l’amor di Agrippa, lasciami andare!" Liberò il braccio con uno strattone.
"Sei venuta da me perché sapevi che ti avrei accontentata!" protestò James in preda alla rabbia. "Saresti potuta andare da Sirius o Peter, ma sei venuta da me perché sapevi che saresti riuscita a convincermi a darti la mappa senza dirmi la verità!" Se ne sarebbe pentito, e lo sapeva. "E non ti importa nemmeno! Davvero non hai alcun rimorso per il fatto che mi hai usato per andare dal tuo ex ragazzo! E poi ti sei sentita in diritto di andartene in giro...!"
"Non ti ho usato per arrivare a Luke, Potter!" Lily urlò. "E in più, non ho idea di cosa tu stia parlando!"
"Sai esattamente di cosa sto parlando!" Equiparò il suo volume. "Odio chiedere, James. Davvero non ne ho alcun diritto.' Come se non avessi saputo che avresti ottenuto esattamente quello che volevi! Sapevi che avevi l’opportunità di venire da me disperata e bisognosa d’aiuto, e io non sarei stato capace di resistere all’impulso di aiutarti!"
"Io ero disperata, James! Ero abbastanza disperata da venire da te, no?"
"Non era disperazione! Era furbizia!"
"Cosa?"
Sapevi che non ti avrei detto no!"
"Ma di che cosa stai parlando?"
"Sto parlando di come non hai alcun rimorso a usare i miei sentimenti per te per ottenere quello che vuoi!"
E poi stettero tutti e due in silenzio per parecchi secondi. Il cuore di Lily batteva all’impazzata, e si fece rossa in viso, e si chiese perché all’improvviso si sentisse... terrificata. James, comunque, non sembrava avere rimpianti. Le guance erano rosse di rabbia, e il respiro pesante, ma quando Lily provò a parlare, la interruppe senza esitazione.
“Adesso non far finta di essere così dannatamente incredula."
"James," incominciò, più piano ora, "Non..."
"Davvero?" chiese sarcastico. "Tu non cosa, esattamente? Non lo sapevi? Certo che lo sapevi! Agrippa, Ti ho chiesto di uscire ogni settimana per anni!"
"è s-s-stato un a-anno fa!" Lily riuscì a balbettare.
"Lo sapevi perfettamente," sputò velenoso. "le ragazze lo sanno sempre."
"James, giuro su Dio, non volevo..."
"Certo che sì!" Di nuovo ad alta voce. "Lily, hai sempre usato le persone! Hai usato Harper per superare la perdita di Mocciosus! Hai usato il fatto che io ti chiedessi di uscire puramente per rifiutarmi... solo per dimostrare qualcosa a Piton..."
"Non riscrivere la storia, James," Lily si intromise, la sua voce di nuovo accalorata. "Il tuo ‘ chiedermi di uscire' era una tua trovata per attirare l’attenzione, e ti ho rifiutato perché non mi piacevi!"
"Mi hai rifiutato per non perdere Piton! E l’hai perso comunque!"
Lily scosse la testa, fissando il mago di fronte a lei incredula. "Non sei proprio cambiato, James Potter”, disse alla fine. "Sei davvero tanto arrogante. È questo quello che pensi? Che ti ho rifiutato per Piton? James, ti ho rifiutato per te. Perché eri un bullo e un idiota. E dall’anno scorso, pensavo che stessi davvero cambiando... crescendo, maturando, comportandoti un po’ come un essere umano! Ma adesso sei qui, a smentirmi, e io—io onestamente non riesco a credere di essere stata così stupida! Non ti ho manipolato, Potter, e l’unico motivo per cui tu lo pensi è perché è il genere di cose che faresti tu."
"Stronzate."
"Ma stai zitto."
Lo sorpassò con uno spintone, camminando in fretta con le braccia ripiegate e l’espressione furiosa. Eppure, la rabbia non era l’unico sentimento che l’accendeva, e non era l’unica ragione delle lacrime che le riempirono gli occhi nella sua corsa verso la scalinata. Si sentiva tradita.
James non la guardò andare via. Rimase immobile per parecchi secondi, livido—infuriato per tutto. L’ adrenalina gli pulsava dentro, e doveva fare qualcosa... doveva muoversi... correre, andare, fare qualcosa... Quando il suo pugno colpì il muro di pietra del corridoio, sentì le ossa rompersi e una fitta di dolore acuto nella mano.
 
(Una settimana Dopo)
 
Era la solita vecchia questione, e francamente, Lily ne era stufa. Sapeva lo schema a memoria—sapeva dove Sev l’avrebbe portata, come avrebbe cambiato argomento, come lei l’avrebbe contrastato, come alla fine non avrebbero concordato su niente, con uno di loro che ricordava all’altro che avrebbero dovuto essere amici.
Era la solita vecchia questione, ma sembrava una vita da quando non la riportavano alla luce, Sev e lei. Per così tanto tempo, le loro conversazioni erano state così... impersonali, che le discussioni (di ogni genere) erano stati più che rare. Fin da quando era stato dimesso dall’Infermeria, comunque, e alla luce delle voci che giravano riguardanti lui e James, era di umore più litigioso del solito.
La Grifondoro e il Serpeverde stavano attraversando il cortile diretti all’ora pomeridiana di Erbologia del venerdì.
Finora, la questione si era aggirata intorno alle solite cose: perché era sempre così negativo nei confronti della sua casa? Sev sarebbe dovuto essere suo amico, Mulciber e Avery erano idioti... si stavano avvicinando a un territorio pericoloso adesso che Lily aveva tirato in ballo l’attacco di Mulciber a Mary... La Magia Oscura era l’argomento che metteva sempre Sev a disagio più di tutti gli altri...
Era la solita vecchia questione, e francamente, Lily ne era stufa.
"Era Magia Oscura, e se pensi che sia uno scherzo—" Lily cominciò, gli occhi verdi ridotti a fessure mentre attraversava il cortile come una furia.
"E quello che fanno Potter e i suoi amichetti?" chiese con insistenza Piton, pieno di risentimento, che Lily supponeva aumentasse soltanto l’agitazione che cercava di reprimere al suono del nome di Potter.
"Cosa c’entra Potter?" chiese, roteando gli occhi.
"Escono di nascosto, di notte. Ha qualcosa di strano, quel Lupin. Dov’è che va sempre?"
Lily si ricordò la decisione che aveva preso di non rivelare a nessuno che sapeva del segreto di Lupin, e sapeva (o ipotizzava) che Piton avesse fatto qualche genere di promessa a Silente, che non l’avrebbe detto a nessuno. Così, il fatto che continuasse a dare a caso indizi, abbastanza ovvi, qua e là, era frustrante.
"è malato," insisté. "Dicono che è malato—"
"Tutti i mesi con la luna piena?"
"Conosco la tua teoria. Ma perché sei così fissato con loro? Che t’importa dove vanno di notte?" Territorio più familiare, e Lily pensava già di sapere dove si sarebbe andati a finire... Sev, non dandole soddisfazione, non rispose alla domanda.
"Sto solo cercando di farti capire che non sono meravigliosi come tutti pensano," disse, cogliendo Lily di sorpresa. La conversazione aveva preso una direzione spiacevole, e la stava fissando con i suoi occhi neri—la fissava in modo strano, come... come...
Ruppe il contatto visivo. "Ma non usano Magia Oscura. E tu sei un ingrato." Perché era proprio... arrabbiata... e perché, onestamente, Sev non poteva pensare che lei non avesse sentito i gossip: "Ho sentito cos’è successo l’altra notte. Ti sei infilato in quel tunnel vicino al Platano Picchiatore, e James Potter ti ha salvato da quello che c’è la sotto... qualunque cosa sia..."
Reagì proprio come si aspettava. "Salvato? Salvato?" Furioso. "Credi che abbia fatto l’eroe? Stava salvando se stesso e anche i suoi amici! Tu non…— io non ti permetterò..."
"Permettermi?" Lily urlò quasi. "Permettermi?"
Oh, ma che avevano in testa gli uomini? Potter che le afferrava il braccio... Sev che cercava di avere il controllo sulle sue amicizie mentre lei non poteva mettere lingua nelle sue...
"Non volevo dire…—è solo che non voglio che ti prendano in giro..." Lily stava per informarlo sul fatto che una cosa del genere non era umanamente possibile, e che era più che capace di prendersi cura di sé, quando inaspettatamente disse: "Gli piaci, tu piaci a James Potter!"
E non voleva dirlo.
"Sto parlando di come non hai alcun rimorso a usare i miei sentimenti per te per ottenere quello che vuoi!"
Il respiro di Lily si mozzò, e inarcò le sopracciglia.
"Hai usato Harper per superare la perdita di Mocciosus! Hai usato il fatto che io ti chiedessi di uscire puramente per rifiutarmi... solo per dimostrare qualcosa a Piton... mi hai rifiutato per non perdere Piton, e l’hai perso comunque!"
"So benissimo che James Potter è un arrogante. Non c’è bisogno che me lo dica tu."
Spostò la conversazione via dall’argomento James—di nuovo su territorio familiare, su Mulciber e Avery, e Dio, perché era amico loro?
Piton si era calmato, comunque. Il litigio era finito, e non sapeva perché, ma aveva preso le sue critiche verso i compagni di Serpeverde bene, cosa sorprendente. Lasciò perdere mentre scendevano la collina diretti alle serre, e la discussione terminò quando, in classe, si separarono.

Luke ritornò a Hogwarts sabato mattina. Lily avrebbe potuto non scoprirlo per un po’ di tempo, se non fosse stato per il fatto che era arrivato mentre lei scendeva le scale diretta a colazione. E non era nemmeno da solo, ma accompagnato da una donna bassina e più anziana. Lily la riconobbe immediatamente come la madre di Luke. Era grassottella, ma molto carina (o almeno portava le tracce di una passata bellezza) e indossava una bella veste cerulea. Aveva i capelli ricci, corti, e biondi, e le labbra tinte di un rossetto rosso acceso. Era elegante, vestita con stile, e—in quel momento—chiaramente addolorata. Madre e figlio erano immersi in una profonda conversazione nella Sala d’Ingresso. Il baule era posato accanto ai suoi piedi, e indossava una veste verde semplice, al posto dell’uniforme di Hogwarts.
Luke incrociò il suo sguardo mentre Lily scendeva la grande scalinata di marmo, e per un momento si chiese se parlargli o no. Alla fine, il bisogno di saperne di più sul suo destino vinse, e chiese a Mary e Marlene di andare avanti senza di lei.
Gli occhi della signora Harper si ridussero a fessure mentre guardava la rossa che si avvicinava, e Lily arrossì a disagio.
"Salve, Signora Harper," salutò a bassa voce. "Luke." Luke annuì, e Lily si accorse che non era sua intenzione parlare con lei. "Uhm—volevo solo... sei tornato? Per sempre?"
"Non ci sono capi d’accusa," rispose Luke freddo. "Non avevano vere prove."
"Quindi sei tornato?" chiese Lily, sollevata. "Bene. E hai perso solo una settimana, non dovresti avere problemi a recuperare."
"Non tornerò," disse Luke. "Non rimango qui. Sono venuto solo a prendere il resto della mia roba."
"Non sei... non sei stato espulso, vero?"
"Certo che no," Signora Harper interruppe. "Non potrebbero mai espellere mio figlio."
"Ma allora... non capisco..."
"Me ne vado," disse Luke. "Lascio la scuola."
"Luke..."Lanciò un’occhiata alla signora Harper in attesa di supporto, ma la strega più anziana aveva l’aria apatica. "Non puoi! Hai i M.A.G.O. tra un paio di settimane! Devi pensare al tuo futuro..."
"E il futuro di mio fratello?" il Corvonero scattò. "Cosa ne è stato del futuro di Logan? Lathe l’ha assassinato, Lily, e gli è stato concesso di rimanere qui... camminare lungo i corridoi, tenere un ufficio... se i simili di Lathe sono a protezione di Hogwarts, non voglio rimanere qui."
"ma Lathe se ne è andato!"
Luke sbuffò amaro. "Sai che non posso rimanere qui, Lily. Non un solo giorno di più."
"Luke..."
"Lily, ti prego di non fare più pressioni a mio figlio," la signora Harper si intromise velenosa. "Credo che abbia palesemente fatto capire che non ha più alcun interesse per te. Devi lasciarlo continuare con la sua vita. Adesso sta con la sua famiglia."
Luke non contraddisse l’apparente fraintendimento di sua madre sulla loro relazione, e Lily fissò prima uno e poi l’altra, scioccata. C’era una dozzina di cose che le sarebbe piaciuto urlare alla signora Harper, ma l’unica cosa che disse prima di voltarsi e incamminarsi in Sala Grande: "Sta lasciando che suo figlio rovini il proprio futuro, signora Harper. Spero che sia fiera di lei."

Con Marlene che passava la maggior parte del proprio tempo in modalità evasione nel dormitorio delle ragazze, Lily si trovò stupidamente a cercar di finire il grosso quantitativo di compiti in biblioteca il Sabato sera, in sola compagnia di Mary.
Comunque, il suo cervello era pieno di Luke e Piton e Potter, e non riusciva a focalizzare l’attenzione su niente, figuriamoci i compiti. Si accorse di star perdendo la concentrazione.
"Mi sorprende che tu ci sia proprio voluta venire ," fece notare il prefetto all’amica svogliatamente, rigirandosi la piuma tra le dita.
"Che vuoi dire?" chiese Mary.
"Odi la biblioteca," Lily le ricordò.
"Oh. Vero. Beh... la gente cambia, no?"
"Quindi—ti piace la biblioteca ora?"
"La adoro."
Lily sollevò le sopracciglia. "Bugiarda. Che succede?"
"Niente."
"Mary."
"Cosa? Niente che non va. Sto bene!"
"Mary."
"Sto bene, Lily."
"Mary."
Mary la guardò male. "Bene." Sembrava scontenta e si avvicinò per evitare eventuali spioni. "Non voglio—non voglio rimanere da sola."
"Che vuoi dire?" chiese Lily, confusa.
La bruna sembrava imbarazzata dalla confessione: "Da quando Mulciber mi ha attaccata, non voglio rimanere sola."
"Oh, Mary." Lily poggiò una mano sulla spalla dell’amica. "Scusa, ma certo, che stupida!"
"No, no... Non ne ho esattamente parlato. È più facile far finta che niente sia successo... i gossip sono già finiti. È che—odio sentirmi come se da un momento all’altro potessi..."
"Mary, niente ti accadrà," Lily promise. "Non lo permetterò, e Marlene nemmeno, e se qualcuno prova ad alzare bacchetta su di te di nuovo, ti prometto che sarò la prima a farli arrivare fino al campo di Quidditch a furia di maledizioni."
Mary sorrise debolmente. "Non mi piace avere paura," disse. "Ma ce l’ho. Alla faccia della Grifondoro, eh?"
Lily scosse subito la testa. "Mary, dal momento in cui ti ho incontrata, sono stata gelosa del tuo coraggio. Riesci a diventare amica di tutti... puoi parlare con tutti e sentirti a tuo agio—riesci ad andare da un completo estraneo e a iniziare una conversazione. È così che siamo diventate amiche, no?"
"Questo non significa essere coraggiosi..."
"Sei sempre pronta a provare nuove cose; dici quello che pensi; non ti interessa quello che gli altri pensano di te. Sei forte e coraggiosa, e Mulciber non può portartelo via. Non puoi permetterglielo."
Mary rimase in silenzio per un po’. Quando parlò di nuovo, era piano, ansiosamente: "Lily, quando Mulciber ha usato l’Imperius su di me, riuscivo—Ho sentito una voce che mi diceva cosa fare, e non riuscivo... Voglio dire, dovevo obbedire. Mi stava guidando, ma non avevo scelta." Lily si avvicinò, attendendo con ansia il succo di quello che la sua amica volesse dire. "Ma ho sentito anche un’altra voce. No, non proprio. Ho—ho sentito qualcos’altro. Ho sentito i pensieri di Mulciber, gli ordini che mi stava dando, ma ho sentito... penso di aver provato i suoi sentimenti."
"E—che cos’era?"
La bruna scosse la testa. "Non lo so—ma... mi ha spaventata."
"Mary..."
"Lily, penso che Mulciber sia un mangiamorte." Guardò Lily dritta negli occhi, la voce e l’espressione più lugubri di quanto quest’ultima le avesse mai viste.
"Ma è solo un ragazzo al sesto anno ad Hogwarts," Lily le fece notare. "Che cosa potrebbe volere Tu-sai-chi da lui?"
"Non lo so, ma ne sono convinta. Penso che sia un mangiamorte."
Mary ritornò in Sala Comune con Frank e Alice più o meno un’ora dopo, ma Lily rimase in biblioteca, non perché fosse particolarmente presa dai compiti, ma perché aveva un’altra missione da portare a termine. Dallo zaino, tirò fuori il quaderno che Severus le aveva regalato a Natale, e sulla prima pagina vuota che trovò, scrisse un biglietto.

"Ciao," iniziò Lily a disagio.
Piton sembrava un po’ confuso dalla loro attuale ubicazione—la classe vuota al secondo piano—e aspettò con aria d’attesa una spiegazione al perché Lily avesse richiesto la sua presenza lì.
"C’è qualcosa che non va?" he chiese.
"No," rispose. "Voglio parlarti in privato, però."
"O-okay."
"Riguarda Mulciber." L’ansia di Piton si dissolse come fumo, e aveva l’aria un po’ esausta, adesso. Prevedendo un litigio, Lily disse in fretta: "Non voglio litigare, Sev. Voglio solo chiederti una cosa." Lui alzò le sopracciglia. "È—pensi che Mulciber sia immischiato in qualcosa di... pericoloso?"
"Lily..."
"Ha usato una Maledizione Senza Perdono, Sev. Deve essere il segnale di qualcosa, no? Sembra un po’ che sia... forse sia un mangiamorte."
Piton emise uno sbuffo derisorio. "Lily, cosa potrebbe... cosa potrebbe volere lui da uno del sesto anno di Hogwarts? E Mulciber non è nemmeno un prefetto."
"Non sto scherzando, Sev."
"Nemmeno io. Stai esagerando per questa situazione con Mary MacDonald."
"Non sto esagerando! Ha usato la Magia Oscura!"
"Era l’Imperius—non è nemmeno tanto grave!"
"E Marlene? Qualcuno l’ha attaccata con qualcosa di molto peggiore di un Imperius!"
Severus arrossì un poco. "Nick Mulciber non è un mangiamorte," disse fermo. "Sul serio, Lily. Fidati di me."
Gli occhi verdi di Lily incontrarono quelli neri di Severus, e si accorse di qualcosa—qualcosa di spaventoso, di cui si era accorta prima, ma che aveva tentato di sopprimere per molto tempo. Non si fidava di lui.
 
(Ferito)
 
Donna arrivò nella classe deserta dietro la Sala d’Ingresso un paio di minuti dopo le nove il Sabato, e, come si aspettava, Charlie era in attesa. Quest’incontro l’aveva organizzato lui, poi—proprio come gli ultimi tre, e a Donna sembrava strano, perché era lei che di solito aveva l’incarico di programmare i cosiddetti "appuntamenti." Non che le dispiacesse non avere questa responsabilità.
Eppure, entrando in classe, avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa che non andava. Charlie non sorrideva il suo sorrisetto tipico; non si era messo comodo su un banco; non le fece nessuna battutina una volta entrata. Anzi, sembrava stare un po’ male. Si appoggiò a disagio alla cattedra vuota, e sembrò sobbalzare al suono della porta che si apriva.
Donna alzò le sopracciglia. "C’è qualcosa che non va?" chiese, divertita.
Il viso di Charlie tornò un poco del suo colore normale. Fece un piccolo sorriso e scosse la testa. "No. Va tutto bene."
"Bene."
Chiuse la porta con la bacchetta, e iniziò a camminare verso Charlie. Si sporse avvicinandosi, strofinando le sue labbra con le proprie e giocando al gioco della seduzione per puro divertimento. Il suo respiro cambiò ritmo, e lei sorrise, passandogli un dito dall’orecchio alla clavicola, mentre con l’altro gli disegnava delle forme sulla gamba. Poi lo baciò, lenta e aggressiva, mordendogli il labbro inferiore mentre lui le afferrava la vita e la tirava a sé.
Non si rivolse subito alla camicetta come lei si aspettava, ma le mani si mossero verso i suoi capelli. Le sue labbra si spostarono sul collo di lei, e Donna chiuse gli occhi. "Preliminari? Sul serio, Plex?" scherzò e iniziò a sbottonargli il colletto. Charlie ritornò con le labbra sulle sue, e passò quasi un minuto prima che si tirasse indietro, presumibilmente per respirare. Sorrideva.
"Sapevo che quest’ultima cosa ti sarebbe piaciuta," Donna affermò sicura di sé.
Charlie rimase in silenzio per un paio di secondi. Poi—"Ho intenzione di rompere con Cassidy."
Donna lo fissò. "Okay. Congratulazioni. È solo questo, o c’è qualcos’altro che potrebbe destare in me anche il minimo interesse?"
Il Corvonero roteò gli occhi. "Voglio rompere con Cassidy," ripeté. "Voglio stare con te."
...
Merda.
"Cosa diavolo significa che ‘vuoi stare con me?'" domandò Donna, mettendo tra sé e Charlie tutta la distanza possibile. "Non è divertente, Charlie Plex!"
"Non è uno scherzo," insistette Charlie, raddrizzandosi. "Senti, Donna, tu mi piaci. Sei divertente, sei bellissima—sai baciare in maniera meravigliosa. E sei un po’ stronza, il che stranamente eccita. Mi piaci. Voglio stare con te. In maniera più... normale."
Chiuse la distanza tra di loro, e provò a baciarla, ma Donna lo fermò. E lo schiaffeggiò.
"Ma diavolo, sei fuori di testa?" gli chiese, facendo un passo indietro. "Per l’amore di Agrippa, hai perso quel cazzo di cervello?"
"No," Charlie insisté. "Sul serio, Shacklebolt, mi piace, e penso di piacerti anche io."
E in quel momento, Donna ebbe due rivelazioni. La prima era un po’ strana—il tipo in cui una persona si accorge di qualcosa che già credeva di sapere. A Donna non piaceva Charlie. In tutta onestà, per lui non sentiva niente di romantico, o cose del genere.
La seconda fu più inaspettata: non odiava Charlie. Non ce l’aveva con lui. Forse c’era la possibilità che gli volesse anche un po’ bene.
"Charlie..." iniziò incerta, "Non posso stare con te normalmente. Non è per me."
"Bene." Charlie fece spallucce, senza essere sinceramente sconvolto. "Non deve cambiare niente. Possiamo anche continuare così. Credimi, mi sta bene. Possiamo..." Continuò a parlare, ma Donna non prestò molta attenzione. Era troppo occupata con le proprie rivelazioni.
Aveva, varie volte durante questa "relazione," considerato la possibilità che potesse finire male. Aveva preso in considerazione la possibilità di rimanere col cuore spezzato... che potesse iniziare a essere gelosa di Cassidy... che Cassidy sarebbe stata distrutta se l’avesse mai scoperto… ma non era mai venuto in mente a Donna che—senza contare la possibile violenza fisica da parte della fidanzata—Charlie sarebbe potuto rimanerci ferito.
E adesso invece, sarebbe successo. E lei, Donna, sarebbe stata quella che l’avrebbe ferito. Perché alla fine, qualcuno restava sempre, sempre ferito.
"...non deve cambiare niente," Charlie stava dicendo. "Ma volevo solo che tu sapessi che io..."
"Charlie, basta," Donna lo fermò, con un respiro profondo. "Per favore, basta."
"Che c’è?"
Ecco la sua ultima occasione, Donna realizzò. Ecco la sua opportunità per scegliere la via più facile—lasciare che Charlie provasse qualcosa per lei mentre lei reciprocava con nulla. Adesso era il momento di approfittare di una fine pulita per un affare sporco. Farlo rompere con Cassidy; lasciare lui a sistemare le cose con lei; evitare i confronti; mettersi in una relazione che non avrebbe messo a rischio niente (per lei comunque), che sarebbe stata tanto decente da essere approvata persino da Lily. Era giunto il momento.
"Non ti voglio," disse, con la voce un po’ rotta. "Non provo niente per te. È stato—è stato solo uno sbaglio." L’entusiasmo non era ancora scivolato via del tutto dal viso di Charlie; la fissò non aspettandosi evidentemente questa risposta. "So che non è da me, ma io non—Non voglio farti del male, Charlie. Solo che—non provo niente per te."
Charlie rimase in silenzi mentre si organizzava i pensieri. Donna non era sicura se rimanere o correre via, e poi parlò: "Quindi tutto questo tempo—sei stata davvero solo... sei stata davvero tanto stronza quanto sembravi. Non ti ha importato mettere a rischio la mia relazione—giocare a fottere il mio cervello... e non ti piacevo nemmeno?"
"Charlie..."
"Dio, sei davvero una stronza senza cuore."
Con questo, Charlie se ne andò, sbattendo la porta dietro di sé.
 
(Come Va Con Sirius)
 
Lily ritornò in Sala Comune abbastanza dopo il coprifuoco. Fatta eccezione per il fuoco in procinto di spegnersi, la stanza era piuttosto buia quando arrivò, indicando presumibilmente il fatto che fosse vuota. Comunque, non appena fece un passo all’interno della stanza e le torce lungo il muro si accesero, Lily scoprì, in effetti, di non essere sola. Sirius Black era steso su uno dei divani con un cuscino dei dormitori sotto la testa e una coperta sottile stesa addosso. Indossava il pigiama e, nonostante fosse disteso e quasi immobile, era sveglio.
"Hai intenzione di dormire quaggiù?" Lily chiese, avvicinandosi al divano.
Sirius la guardò, sorpreso. Doveva proprio essere perso nei suoi pensieri, perché non si era nemmeno accorto che le luci si fossero accese. "Dormire?" le fece eco, raddrizzandosi un po’, con l’aria di essere leggermente imbarazzato. "Solo in senso molto lato. Sto... disteso e faccio finta nel caso qualcuno si trovi a passare."
Lily sollevò l’unica coperta e si sedette vicino al suo compagno di classe, accanto ai suoi piedi. "Vanno tanto male le cose nel dormitorio? Non vuoi nemmeno dormirci?"
"Oh, no," rispose Sirius, tirandosi su a sedere. "Non c’entra niente, quello che voglio io. Sono stato cacciato a votazione."
"Votazione?"
"Non ufficialmente, certo. Ma ecco, ti presento James... può riuscire a essere enigmatico quanto vuole, o può farti capire con uno sguardo esattamente quello che pensa. E Venerdì scorso era abbastanza ovvio che in quel dormitorio non fossi desiderato."
Lily annuì, comprensiva, dato il doloroso ricordo del suo incontro più recente con il mago in questione. "Non puoi... non puoi biasimarli però, eh?"
"Dio, no." Sirius la guardò negli occhi per la prima volta. "No, mai, io... cioè, non credere che me ne stia lagnando. È.. Avrei potuto causare la morte di James, ho quasi fatto espellere Remus, arrestare, e ferire... ovvio che non..." Si interruppe. "Senti, Lily, sei—sei una tappa del tour “Sirius Black porge le sue scuse”, quindi immagino che tanto valga dirtelo ora. Sono—sono così, così fottutamente dispiaciuto."
"So che lo sei," rispose Lily piano. "So che non volevi."
"Tu—tu sai che non volevo, vero? Come cazzo fai a saperlo? Nemmeno io lo so." Fece un mezzo tentativo di risata.
"Beh," iniziò Lily lentamente; "non vuoi che Remus vada in prigione. Non volevi che James venisse ferito, e sicuramente non vuoi dormire—o far finta di dormire—su questo divano, no?"
"Ma le altre cose... non sei sicura che non volessi nemmeno quelle, no?"
Lily ci mise un po’ di più a rispondere, questa volta. "Non vuoi essere un assassino," fece alla fine. "E se avessi usato quella ridicola testa che ti ritrovi per un minuto, penso che ti saresti accorto che in fondo non volevi Severus morto, alla fine... non per mano tua, comunque."
Sirius si appoggiò allo schienale del divano, con una smorfia amara; non sembrava riuscire a metter su un cipiglio vero e proprio. "Sei un’ottimista. Non so cosa avrei voluto se mi fossi fermato a pensare, ma mi sembra che il fatto stesso che io l’abbia fatto—abbia provato a farlo ammazzare senza pensarci due volte... questo è una dimostrazione di quello che volevo."
"è una dimostrazione," lo contraddisse Lily, "del fatto che non stavi pensando in nessun caso."
"Non lo so." Allungò la mano verso l’altro capo del tavolo, dove era posato un pacchetto di sigarette. "Ti dà fastidio?" le chiese, e lei scosse la testa. "Stavo—stavo camminando per i corridoi e... Avevo appena… lo zio—non che sia una scusa, sto solo... ho visto Piton a Hogsmeade con Regulus, e sapevo che aveva in mente qualcosa. E stava proprio facendo—proprio lo stronzetto... scusa... ma... Mocci—Piton sta col fiato sul collo di Moony—di Remus da anni e... era come se fosse—come qualsiasi altro scherzo per me, lo sai? Come, ogni volta che ne abbiamo fatto uno, erano cose che... che erano adatte. Come gonfiare la testa di Bertram Aubrey, perché è un idiota arrogante. O far diventare le orecchie di Melinda Kettlegrove giganti, perché origlia sempre. E Piton... cerca sempre di beccare Moony, e mi è venuto in mente. Gli avrei dato esattamente quello che voleva. Gli avrei detto come arrivare a Remus—" con maggiore ironia, "—sarebbe stato perfetto."
Ci fu un lungo silenzio; lui si accese la sigaretta. "Ti perdono," disse Lily dopo un po’. "Mi hai detto che ti dispiace, e io ti perdono."
"Per averti quasi fatta ammazzare?"
"Sì."
"E per avere quasi ucciso un tuo amico?"
"Sì."
"E per aver quasi fatto finire un altro dei tuoi amici in prigione?"
"Sì."
Sirius iniziò a ridere, una risata un po’ più sincera. "Proprio un sacco da perdonare, Evans. Pensi davvero che ognuno meriti una seconda occasione, non è così?"
"No." Lily scosse la testa. "Ma chi sono io per decidere chi la merita e chi no?"
Sirius esalò una boccata di fumo, un’espressione incredula, ma divertita, sul viso. "Sei fantastica, lo sai? Penso che tu sia l’unica persona al mondo che al momento non mi detesta."
"Ne hanno tutto il diritto," Lily acconsentì con un sospiro. "Ma in vita tua tornerai a dormire in un letto vero. Ti perdoneranno alla fine."
Dopo un lungo tiro: "Cosa ti fa essere così sicura?"
"Sono tuoi amici," disse, come se fosse ovvio. "Ci tengono a te; vogliono perdonarti, e quando si sentiranno meglio, lo faranno."
"Una cazzo di ottimista," Sirius mormorò a mezza bocca. Poi, a voce normale: "Non sono così sicuro. È un sacco da perdonare, e... e ho detto certe cose a James quella notte... cose che potrebbe essere difficile dimenticare. E poi, lui..." Sirius si bloccò, applicandosi invece alla sua sigaretta.
"Lui cosa?" Lily voleva sapere.
Il Malandrino distolse gli occhi, fissando le braci morenti del caminetto. "non la vede come la vedi tu, Evans. È più come me questa volta. Pensa che..."
"Sirius?"
Ma non rispose direttamente alla sua domanda; invece, si spostò su un nuovo, all’apparenza non collegato, filo di pensieri: "Lo sai, che è per puro caso che adesso sto seduto qui? Voglio dire, se avessi scelto un altro scompartimento il primo giorno di scuola... sei anni fa, se avessi fatto solo cinque passi in più e fossi andato nello scompartimento successivo, non sarei stato qui adesso. Non sarei diventato amico di James sul treno, sarei probabilmente finito a Serpeverde, e—e tutto sarebbe stato diverso."
"Dubito che saresti finito a Serpeverde," Lily controbatté pensierosa. "non mi sembri proprio il tipo ambizioso."
"Non ha importanza... tutta la mia famiglia è stata Serpeverde. Anche la cugina Andromeda e... e il Professor Black, e non sono stati nemmeno esattamente veri e propri membri della Nobile Casata dei Black. Sono stati tutti a Serpeverde, perché dal momento in cui siamo consapevoli che una cosa come Hogwarts esiste, ci è detto che quando noi ci andiamo, saremo a Serpeverde. Proprio come a James è stato detto che la casa di Serpeverde è per i tagliagole e i traditori, a me è stato detto che è la casa in cui i Black vengono smistati. E questo è. È... è come una religione. Ma quando James ha iniziato a parlare della casa del Grifondoro—" Sirius sembrava solo a malapena consapevole di star parlando con Lily, adesso, "—l’ha fatto sembrare come... il fottuto paradiso. Mia madre, aveva sempre fatto sembrare che per essere un Black, dovessi stare a Serpeverde, ma James dipingeva Grifondoro come... come essere umano, e vivo e... provare un po’ di stramaledetto divertimento per una volta. E se lui non avesse… se avessi fatto cinque passi in più e attraversato la porta successiva, cosa che avrei potuto fare molto facilmente, non sarei mai stato qui... allora non mi interessava di politica, o sangue, o famiglia. Volevo solo... divertirmi. E se non fossi andato nel compartimento dove c’era James, mi sarei messo il Cappello Parlante e avrei chiesto di stare a Serpeverde invece di Grifondoro, e sarei—sarei proprio come loro, a torturare i nati babbani e a chiamarti 'sanguesporco' e a sentirmi superiore perché sono..." con ancora più amarezza, "Sirius fottutissimo Black." Ciccò la sigaretta sovrappensiero. "Alla fin fine, nemmeno l’entusiasmo di James può imbrogliare il destino. Posso anche indossare la cravatta oro e rossa, ma sono proprio come loro."
"Non è vero," asserì Lily convinta. Pensò a Mulciber e ripeté: "Non sei come loro."
"Qual è il problema?" (Lo stesso sorriso amaro, mentre rivolgeva a lei i suoi occhi grigio blu) "non credi al destino, Lily? Non credi sia possibile che il mio destino sia di essere un Serpeverde, senza contare di che colore sia la mia cravatta?"
"No," affermò Lily. "Non la seconda parte, comunque. Penso che—che le uniche cose che siamo destinati a fare siano quelle buone, e che noi scegliamo se portarle a termine o no. E tu... tu hai scelto a metà. Hai scelto di non odiare i babbani e di difendere coloro che non possono difendersi da soli. Ma hai anche scelto di..."
"Uccidere Piton."
"Hai fatto degli sbagli. Tutti fanno degli sbagli, ma... ma sei Sirius fottutissimo Black, quindi i tuoi sbagli sono solo... su una scala più grande."
"Proprio una fottuta ottimista," Sirius borbottò di nuovo. "Lily, ho avuto ogni opportunità del mondo per essere una cosiddetta ‘brava persona.' Sono a Grifondoro. Ho— avevo amici leali. Avevo mio zio e mia cugina. Avevo i Potter. Sono intelligente e dotato e bello..."
"E umile."
"Quello che voglio dire," Sirius continuò, "ho avuto ogni opportunità di fare le cose giuste, e non puoi dare la colpa solo al fatto che io sia un teenager stupido, perché James—James è nella mia stessa barca, e lui è stato quello che ha salvato Piton. Devi ammettere che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato in me."
Finì la sigaretta e la buttò nel fuoco. Lily rimase in silenzio per un bel po’.
"Ho una buona e una cattiva notizia," continuò alla fine. "La buona notizia è che non c’è niente di intrinsecamente sbagliato in te. Ti è più difficile essere buono, ecco tutto. E un sacco di gente è così, quindi ecco la cattiva notizia. Solo perché ha una famiglia... di merda, non significa che hai una scusa per arrenderti e fare quel che cavolo ti pare. Hai la responsabilità di fare la cosa giusta, anche se non vuoi e anche se è difficile. È davvero tutto qui. Hai una scelta—hai sempre una scelta."
"Così," fece Sirius, "Ho scelto di uccidere Piton."
"Forse," fece Lily franca. "Certo hai scelto di fare uno scherzo stupido. Ma c’era Potter a risolvere tutto. Nessuno è morto. Non sei stato espulso. Remus non è stato espulso o imprigionato. Silente non ha scoperto nemmeno... nemmeno la parte sugli Animagi. Hai un’altra occasione, Sirius."
"Non se non mi perdonano," il Malandrino le ricordò. "Non se Lupin e James e persino Peter non possono perdonare e dimenticare come fai tu, Evans, il che è altamente improbabile."
"Non dico che non ci vorrà tempo, Sirius, ma... ti perdoneranno. Siete... siete i dannati Malandrini! Siete praticamente ragazze, per quanto siete vicini!"
Sirius sorrise, un po’ più sincero. "Una fottuta ottimista."
"Una realista," Lily lo corresse precisa. Stava per dire buonanotte quando notò una lettera, indirizzata a Sirius, appoggiata sul tavolo davanti a loro. "E quella cos’è?"
Sirius scrollò le spalle. "'Non lo so. È del ministero. L’ho ricevuta stamattina, ma ho paura ad aprirla."
Lily scosse la testa e si alzò dal divano. "Tu dormi un po’."
"Ci proverò."
"Bene."
Sorrise stanca e poi scomparve su per le scale del dormitorio delle ragazze. Sirius sedette da solo, a fissare il fuoco, per un bel po’. Alla fine, allungò la mano e raccolse la busta con le pergamene e il loro sigillo Ministeriale. Strappandola per aprirla, lesse la prima delle due pagine allegate.
Gentile Sig. Black,
A causa del Suo corrente domicilio alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non Le è stato possibile essere presenta alla lettura del Testamento di Alphard Black, che si è verificata Venerdì, 21 Maggio. Da esecutore del testamento, porgo le mie scuse per il ritardo verificatosi nella sua lettura, ma non era a noi chiara la di cui locazione. In ogni caso, è mio compito riportarle le seguenti informazioni, in quanto beneficiario del Sig. Black. Inclusa è la copia di parte del testamento, riguardante Lei medesimo. Tutti i fondi menzionati saranno trasferiti alle camere blindate Gringott elencate da Suo zio non più tardi di Venerdì, 28 Maggio.
Le mie più sincere condoglianze per la dipartita di Suo zio, e si senta libero di mandare un gufo nel caso avesse qualsiasi richiesta riguardo le ultime volontà di Alphard.
In fede,
Edmond Prewett
Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia
Sotto-Dipartimento di Legge
Commissione per la Valuta della Magia
La seconda pagina portava nell’angolo il sigillo di un incantesimo di duplicazione, era datata a Marzo inoltrato, ed era stata scritta dalla mano di Alphard Black.
A mio nipote, Sirius Orion Black, lascio la maggior parte del mio patrimonio monetario che equivale all’ammontare della somma di quattrocento settantacinque mila galeoni, da essergli versati alla mia morte. Con amore, e i migliori auguri, al mio buono e fidato nipote.

Anche se non avesse saputo che senza alcun dubbio il letto di Sirius era vuoto, James pensò che se ne sarebbe accorto lo stesso. Stava steso nel suo letto, a fissare in su senza tregua e a riflettere sul fatto che sei anni nello stesso dormitorio gli avevano dato una strana familiarità con i suoni tipicamente notturni. Se si concentrava, James riusciva a isolare chi dei suoi compagni di stanza stesse russando, chi respirava troppo forte, chi faceva cigolare il letto girandosi sul fianco, e quale rumore solito mancava alla sinfonia notturna. Suonava— si sentiva—diverso. James aveva passato troppe notti insonni nel suo dormitorio per non accorgersene.
L’orologio sul suo comodino gli diceva che erano le tre e sei minuti del mattino; aveva già provato con la lettura, la conta degli Kneazle, i compiti di Erbologia, e a rivivere i G.U.F.O. di Storia della Magia, eppure James semplicemente non riusciva a dormire. Tutto quello che voleva era scivolare nell’incoscienza come avevano fatto i suoi compagni di stanza (persino Remus riusciva a dormire, dannazione), eppure il suo letto aveva iniziato ad essere scomodo, e pensava che il retro della testa gli prudesse esageratamente.
Se solo fosse riuscito a spegnere il cervello, forse anche il resto del corpo si sarebbe riuscito a spegnere come si deve. Ma non riusciva a smettere di pensare, e non riusciva a smettere di sentirsi orribile.
Sirius. Sì, Sirius era lì (nel suo cervello), certo. Sirius che li tradiva, Sirius che lo diceva a Piton, Sirius espulso dalla squadra di Quidditch, Sirius fuori dai Malandrini...
"Sta per andare là sotto, oltrepassare il platano, vedere Moony, e—puoi immaginare?"
Rivivere quella notte era già abbastanza doloroso, ma la cosa peggiore erano i pensieri inevitabili di quello che sarebbe potuto accadere... se fosse arrivato troppo tardi... se Remus avesse morso Piton, o se l’avesse ucciso…
Nell’ultima settimana, James aveva messo in subbio un sacco di cose—le sue amicizie... i Malandrini... ogni scherzo che avesse mai fatto... ogni cosa che avesse fatto con Sirius per gli ultimi sei anni... ma non aveva, nemmeno una volta, dubitato la chiarezza a cui era approdato quella notte. Nemmeno una volta aveva avuto dubbi sul fatto che Sirius era—che Sirius doveva essere—fuori. Fuori dai Malandrini, fuori dalla sua famiglia...
E allora perché non riusciva a dormire?
"Non far finta che ti sarebbe interessato anche un minimo di Piton se non fosse stato per lei..."
James sapeva che non era vero. Ma sapeva anche che aveva sentito un bisogno inspiegabile di provare che non fosse vero. Ed era stato così arrabbiato con tutto e tutti. Aveva avuto bisogno di un altro obiettivo, e, Merlino lo aiuti, pensava anche davvero tutto (o quasi tutto) quello che aveva detto a Lily. Tutto quello che riguardava Piton, comunque.
Eppure, non avrebbe dovuto dirlo, e, pentendosene mentre se ne stava sdraiato lì, James si spostò sul fianco e chiuse occhi, sforzandosi di cancellare il ricordo.
Lily adesso lo odiava. Lo odiava davvero, sul serio, probabilmente anche più di prima. Pensava fosse cambiato (non lo aveva fatto, in realtà no); aveva pensato che forse... ma non aveva più importanza, no? Sirius era fuori; non sarebbe più dovuto essere una figura chiave della vita di James. Con nessuna speranza di redenzione, Sirius sarebbe piano piano scivolato ai margini della coscienza di James, alla fine si sarebbe arreso coi suoi tentativi di essere perdonato e sarebbe scomparso. Questo (il pensiero) era sgradevole... doloroso, davvero. Quasi doloroso come la consapevolezza che lui, James, aveva fatto la stessa cosa. Per quanto riguardava Lily, James sapeva che, come Sirius nei confronti dei Malandrini, era fuori.

Lily non odiava James.
Alle tre e sei minuti del mattino, Lily riconobbe questo fatto. Non lo odiava. Proprio no.
Era ancora arrabbiata e a ragione, certo, e non riusciva a pensare all’incidente senza sussultare, ma non lo odiava. Allo stesso tempo, riconobbe due verità inalienabili.
Prima, che non sarebbe mai stata amica di James Potter.
Era impossibile. Durante l’anno passato, aveva pensato che forse, in qualche modo, sarebbero potuti essere amici in qualche misura. Aveva pensato che forse James fosse una persona alla cui amicizia non si sarebbe mai, in fondo, opposta. Ma questo era prima—adesso, avevano litigato, e lui aveva detto quelle cose, ed era stato tutto portato alla luce come una brutta ferita che lei aveva provato, senza successo, a nascondere con delle bende.
C’erano sempre stati degli argomenti taboo nelle sue interazioni con James: Piton il primo, e il precedente (o, a quanto pare, non così precedente) affetto di James nei suoi confronti un altro. Ma con rabbia, e senza rimpianti, tutti e due erano stati rivelati e approfonditi, e non potevano tornare indietro. Avevano detto tutto—tutto.
E quindi, la seconda verità:
Con James, sfortunatamente, non era rimasto nient’altro da dire.
  
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