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Autore: Warm me up and breathe me    11/02/2014    1 recensioni
Talvolta l'impedimento od ostacolamento di una azione o intenzione, non ha altro effetto se non quello di far si che l'ostacolato desideri compiere queste ultime ad ogni costo.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben, Harmon, Tate, Langdon, Violet, Harmon, Violet, Harmon
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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«Violet... Svegliati, porca puttana.» Visi indistinti, voci scomposte, mani sudicie sul suo volto, labbra contratte. Distesa, pallida, intorpidita. La prima informazione a cui il suo cervello fece a benda fu che era svenuta. «Finalmente, marmocchia.» Rosy, quella stronza dai capelli rossi e il corpo troppo grasso per essere normale, insieme al suo gruppetto di amiche, era davanti a lei. 'Ci risiamo' pensò con riluttanza. Le gambe non le facevano più male dall'ultima volta che era svenuta in quello stesso bagno. 'Mi sto abituando al dolore.' ammise fiera. «Che avete da guardare? Non ne avete visto abbastanza per oggi?» Con tutte le sue forze tentò di alzarsi e ci riuscì. Infondo era molto meno esile di quanto pensasse e lo sforzo non fu immane. Gli occhi misero finalmente a fuoco ciò che era successo e ciò che stava succedendo. Bastò guardarsi allo specchio che un vortice di immagini la trasportò indietro nel tempo. Era mattina, una bella mattinata secondo il suo punto di vista. Cielo grigio, aria umidiccia e My chemical romance a tutto volume nelle orecchie. Non gliene fregava molto che sua madre aveva il 100% del tempo visioni ed attacchi di panico dall'ultima volta che tre strane persone erano venuti a far loro 'visita'. Lei non aveva paura, ma quella stupida di sua madre si. E non gliene fregava nemmeno se suo padre l'aveva scoperta a fumare. Tanto non avrebbe mai avuto il coraggio di metterla in punizione poiché... Beh, questa è un'altra storia. Da quando lui e la mamma avevano litigato a morte, giurandosi di non vedersi più (per poi ricordarsi di avere una figlia), la nuova casa era sembrata una perfetta soluzione per i loro punti di vista ma per Violet Harmon significava solo una cosa: Fuga. Ma, per una volta, quella 'fuga' si era rilevata più interessante di quanto potesse credere. A differenza del padre che non era cambiato affatto e della madre che credeva che tutto fosse apposto, Violet era cambiata. Aveva incontrato Tate, il suo vero amore. Lui era come lei. Lui non aveva paura di niente. Eppure aveva qualcosa di peculiare, qualcosa che se Violet avesse toccato, si sarebbe scottata molto più di quanto potesse credere. Tornando a noi, quella mattina così perfetta, Violet era andata a scuola ma qualcosa era andato storto. Qualcosa che l'aveva fatta irrimediabilmente correre nel bagno e sferrare un pugno al vetro così per avere una lama ben affilata per le tipe come lei. Per il compito della settimana scorsa, non aveva studiato niente perché Tate voleva starle accanto quanto poteva e così, durante quel compito, aveva scritto molte stronzate tra cui 'Cane' al posto di 'Repubblica' e 'Cazzo' al posto di 'Serata'. Quella mattina il suo professore l'aveva umiliata e di conseguenza le ragazze di Rosy l'avevano chiamata 'Cane'. Poteva sopportarlo. Ma poi, alzatasi per andare all'interrogazione il professore rammentò ciò che era successo la settimana scorsa e tutti risero di lei. Soprattutto poi, nel vedere la sua faccia quando il professore le toccò il culo. 'Cane' avrebbe voluto dirgli. Ed invece era scappata. Come i suoi genitori. Quando sei dentro ad un circolo vizioso, non te ne esci più. Anche un insignificante azione o frase può sembrarti l'alibi giusta. «Rosy, ho della roba a casa mia. Perché non vieni? Potremmo porre pace tra di noi.» Improvvisamente il piano di Tate per attirare la cagna nella merda sembrava più geniale di quanto non lo era già. «Ragazze, lasciatemi sola col cane.» Rispose capelli di sangue. Le ragazze la obbedirono senza esitazioni. «Ci sto, perché sono in astinenza. Ma non dirlo a nessuno.» 'E così anche le puttane hanno un tallone di Achille.' Pensò divertita. «Vieni stasera verso le otto.» E per dar tono alla sua frase, fece una riverenza ed uscì muovendo accuratamente le anche come avrebbe fatto qualcuna di loro. La strada del ritorno non era difficile, eppure le sembrò lunga e faticosa. Cercò invano le chiavi di casa e guardò sopra la sua stanza. Avrebbe tanto voluto che Tate fosse li. Richiuse quel pensiero in un cassetto gettando la chiave nella tasca. Ora stava per entrare a casa. Doveva mentire, di nuovo. «Violet, finalmente sei arrivata. Il pranzo è pronto.» Esclamò suo padre con l'aria soddisfatta sul volto. Lei lo fissò provando un senso di nausea. Salì sopra di corsa, chiudendosi nel bagno. Salì le maniche della maglietta e si fissò allo specchio. Pochi secondi dopo, il suo sangue scorreva incessante nel lavandino. Era una sensazione calda e piacevole. Una perfetta alchimia.
  
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