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Autore: smarties89    12/02/2014    5 recensioni
Durante una delle solite visite in ospedale dopo i problemi al cuore, Slash incontra una donna, Lyla. Tra i due si instaurerà subito un legame forte, fatto di fisicità e disperazione.
Ma Lyla nasconde un segreto: forse non sarà fortunata come il chitarrista e non riuscirà a cambiare il suo destino.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duff McKagan, Matt Sorum, Nuovo personaggio, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lyla capì che c’era qualcosa di strano appena aprì gli occhi, quella mattina: nessun arto di Slash era abbarbicato a lei, segno che lui non era a letto.
Allungo una mano e sentì che le lenzuola erano fredde e che quindi lui era già in piedi da un pezzo; fece per tirarsi su e vide sul suo comodino un bigliettino del riccio: ‘Oggi sarai da sola, ma avrai le cure e le attenzioni di una principessa. Ci vediamo stasera. Je t’aime.’
Fece una risatina, vedendo come si fosse calato benissimo nella parte del galantuomo francese…ma poi la sua vena apocalittica e pessimista tornarono subito a galla, dicendole che sarebbe successo qualcosa…qualcosa di non poco conto.
Si alzò lentamente, ingollando per prima cosa le sue pillole per il cuore; nel salotto della suite c’era la sua infermiera e un cameriere, che stava allestendo un tavolo con qualsiasi ben di dio sopra.
 
“Buongiorno, signorina Simard.” Dissero all’unisono.
 
“Lyla. Chiamatemi Lyla.” Bofonchiò sedendosi al tavolo. “Che succede?”
 
“Il signor Hudson ci ha dato delle precise indicazioni. Dopo la colazione e la visita medica di routine, avrà a sua disposizione una massaggiatrice, un’estetista, una parrucchiera e una sarta. Alle 19 verrà a prenderla la limousine.”
 
“Limousine? E per andare dove?”
 
“Questo non mi è stato detto signorina Simard.”
 
“Mi chiamo Lyla, maledizione…” si limitò a pensare, dato che non voleva essere maleducata con quel poveretto che stava solo facendo il suo lavoro.
 
Il sospetto che stesse per succedere qualcosa stava diventando una certezza e non era per nulla tranquilla. Cosa che notò subito l’infermiera, facendole il solito elettrocardiogramma mattutino…persino una macchina personale, si era procurato quel maledetto chitarrista!
Fortunatamente, il massaggio fu molto rilassante e si assopì anche un poco sotto le esperte mani della massaggiatrice. Ma tornò l’ansia quando comparvero un’estetista, una parrucchiera e una sarta.
 
“Buongiorno, signorina Lyla! Mi chiamo Madeleine e sono la sua sarta personale. Ora le farò provare un abito e mentre poi si dedicherà a trucco e parrucco, farò i ritocchi necessari all’abito.”
 
La sarta tirò fuori da una grande scatola uno splendido abito blu stile impero.
 
“Oh mio dio!” esclamò la mora.
 
“Le piace?”
 
“Certo…certo che mi piace.”
 
I presenti, che ormai erano certezze, erano sempre più…certi. E ciò non era un bene.
Madeleine glielo fece indossare, notando subito come le fosse abbondante nella ripresa sotto il seno, decorata da delle sottili perline argento.
Lyla si sentì demoralizzata vedendo quanto fosse dimagrita nelle ultime settimane: il giorno fatidico era sempre più vicino e il cuore continuava a non trovarsi.
Aveva fatto sprecare solamente dei gran soldi a Slash, che comunque per lei continuava a non badare a spese.
Non prestò la minima attenzione a tutto quello che la sarta blaterava e si fece togliere l’abito e piazzare su una sedia per il parrucco come se fosse stata una bambola di pezza.
Aveva avuto un pensiero, riguardo a quella giornata e alla serata…e non poteva essere. Slash non poteva farlo.
Rimase un automa per le tre ore e mezza in cui la resero bella come non si vedeva da tempo: ormai il velo di fondotinta che si dava quotidianamente non bastava più a coprire le occhiaie e i segni di stanchezza che aveva sul viso sin da quando si alzava la mattina. Le guance erano diventate scavate, aveva perso chili pur cercando di mangiare il più possibile e il seno, a sua volta, aveva perso quasi una taglia.
Stava diventando un mostro: sarebbe dovuta essere preparata, ma proprio in quel momento, quando esitò a riconoscersi nello specchio, si rese conto che a certe cose non si può mai essere preparati.
Le dissero che era tardi, che la limousine era già sotto che la aspettava e Lyla, dopo aver preso la borsetta argentata, salì in ascensore.
Era sola: per la prima volta da quando era arrivata a Parigi era sola. Né camerieri, infermieri o semplicemente Saul.
Sola.
In un secondo, bloccò l’ascensore, tra il quinto e il quarto piano; si sedette a terra, senza preoccuparsi di sgualcire l’abito e pensò a quello che Slash stava per fare.
O almeno, che lei sospettava stesse per fare.
Cosa gli avrebbe detto?
Era ferma da pochi minuti, quando una voce riecheggiò nella cabina dell’ascensore.
 
“Signorina Simard, sta bene?” domandò qualcuno.
 
“Mi chiamo Lyla, cazzo!” pensò, prima di rispondere.

“Sì! Sì sto bene!” disse sbloccando l’ascensore: probabilmente avesse indugiato ancora un po’ avrebbero chiamato l’esercito.
 
Nella hall non guardò nessuno, dato che non aveva alcuna voglia né di dare spiegazioni, né di sentire altri blaterare.
Non riusciva a non pensare che a quello che stava per accadere.
Come aveva sospettato, la limousine la portò alla Tour Eiffel, dove la invitarono a salire sull’ascensore che portava al ristorante.
Era vuoto, quella sera. C’era solamente un tavolino, accanto alla terrazza da cui si vedeva tutta la città. Il primo istinto fu quello di correre verso le grate, per guardare il meraviglioso panorama che si stagliava di fronte a lei.
Ma poi vide Slash, sbucare da dietro un angolo, con le mani incrociate dietro la schiena.
 
“Sei bellissima…” le disse.
 
“il vestito era abbondante…sono dimagrita troppo.”
 
“Sei splendida comunque.” Le disse baciandola a fior di labbra.
 
“Che succede, Saul?”
 
“Volevo farti una sorpresa…sai, volevo fosse una serata speciale.”
 
Lyla non rispose, vedendo piano piano realizzarsi quello che più di tutto aveva temuto.
Slash portò le mani in avanti, mostrando una scatolina di raso blu come il suo abito; il chitarrista si inginocchiò e con un sorriso emozionato ma felice, le fece la domanda che Lyla non avrebbe mai voluto sentirsi dire:
 
“Lyla, amore mio, vuoi sposarmi?”
  
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