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Autore: kuutamo    12/02/2014    1 recensioni
"Your love is the only thing I live for in this world
Oh how I wait for the day your heart burns
In these heavenly flames I have already scorched in
I just want you to know I'll always be waiting"
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La casa che Ville mi aveva trovato era piccola, ma mi si cuciva perfettamente addosso. Per pagarla, nonostante l'ottimo prezzo, avrei dovuto lavorare sodo, quindi mi trovai un lavoro, l'unico che sapessi fare. 

Facevo la cameriera in una tavola calda non troppo lontano dal mio quartiere, in modo tale da non dover camminare troppo per tornare a casa, ne prendere mezzi di trasporto. La gente era deliziosa, tutti erano gentili e le teste calde si potevano contare sulle dita di una mano. La paga veniva data ogni settimana: la cosa era così grandiosa che la prima settimana non volevo neanche crederci. In quelle poche settimane avevo anche fatto progressi con la lingua e avevo imparato un po' di parole , come kukka, kuka, sataa, nyt , koira, kissa e cose del genere.

Avevo creato la mia routine e dovevo ringraziare Ville per questo. Lui aveva dato il via diciamo, e mi aveva spronata. Non so come avesse fatto, ma avevo come l'impressione che avesse intuito qualcosa, ma che se lo fosse tenuto per se, quindi non glie lo chiesi. Ci eravamo visti qualche volta, ma in questo periodo lui stava provando duramente con la band quindi ci eravamo sentiti solo per telefono. Quella sera dovevamo cenare insieme, ma quando gli avevo chiesto cosa preferiva lui aveva risposto di sorprenderlo: non voleva dirmi nemmeno quali erano i suoi piatti preferiti, accidenti. Cosa poteva piacere a un finnico? Non ne avevo idea: in un primo momento avevo pensato alla pizza, ma non avevo idea di cosa sarebbe uscito dal forno, e soprattutto quale forma avrebbe assunto, quindi lasciai stare e optai per la pasta, così comprai la barilla, che qui costa un occhio della testa, e preparai una salsa.

Ville arrivò in ritardo, ma io ero ancora in alto mare, quindi lo ringraziai mentalmente di aver fatto tardi e continuai la mia impresa. Quando arrivò era tutto in tavola.

" Entra su! È la prima volta che la vedi sistemata "

" Ciao Matilda, scusa ma non sono riuscito a chiamare un taxi, così sono venuto a piedi"

" È un bel po' fin qui vero?" - Gli chiesi chiudendo la porta alle mie spalle. Ville mi porse il giubbotto e lo appesi sulla sedia.

" Non molto, ma non volevo sbagliare indirizzo, quindi ho dovuto fare un po' di mente locale. - disse, gesticolando e massaggiandosi la tempia. Poi si guardò intorno e dopo un po' rise.- Ma sembra la camera di una teenager! "

" Eh? Ah la casa. Dai perché? Ho portato con me i miei poster, non avrei mai potuto non appenderli! E non fare finta che non ti piacciano, se ti lascio troppo tempo da solo sei capace di staccarli e rubarteli"

Lui fece la finta faccia sorpresa, ma sapeva che non attaccava, quindi mi diede ragione. 

" Bene bene, cos'hai fatto di buono questa sera? Sarà meglio per te che sia qualcosa di fantastico perché oggi non ho mangiato praticamente nulla e ho bevuto solo due birre alle prove , e poi tu sei italiana"

" Non dovresti bere a stomaco vuoto .." dissi con una nota triste nella voce.

' Non dovresti bere affatto ' 

" Siediti è già tutto in tavola, devo prendere solo qualcosa da bere dal frigo, vieni "

Mi abbassai e presi la coca dal frigo e poi lo richiusi. 

" Ville.."

"Si ?" -stava già  mangiando . Questo mi fece sorridere.

" Perché non hai voluto dirmi cosa avresti voluto mangiare? Almeno ci avrei preso di sicuro." -dissi.

" Ma a me piace quello che hai cucinato, ci sono anche le verdure vedi?- disse prendendo una zucchina e mostrandomela, facendola quasi cadere- E poi io non ho molte cose preferite"

" Si, ma tu non mi dici mai niente di te, nemmeno cosa ti piace mangiare " 

Lui mi guardò dal suo posto, di fronte a me, ci pensò e poi si decise a parlare. 

" E va bene - esordì posando la forchetta accanto al piatto - amo mangiare la pizza, anche se dopo i tour ho un po' d'intolleranza dato che la mangiamo spesso, ma mi piace molto perché è semplice. Mhm vediamo, quando sono qui, a casa, mi piace comprare quante più verdure possibili e cerco ogni volta di mangiarle in modi diversi. La carne non mi piace molto, ma non la evito. Mi piace la frutta e , vediamo.. tutto qui " - disse guardandomi soddisfatto.

" Non c'è nulla che ami più di ogni altra cosa o che so, di cui non ne hai mai abbastanza? "

" Mhm c'è una cosa.. Quando ero piccolo a volte capitava che dormissi da mia nonna, e lei, quando mi fermavo, per colazione mi preparava un tuorlo d'uovo con un sacco di zucchero. Poi mi faceva sedere sulle sue gambe e mi guardava mentre lo finivo tutto in pochi minuti. Ero troppo piccolo per ricordare il nome di quell'intruglio delizioso, ma ricordo quell'odore come se fosse ieri, mi riporta indietro ecco.. "- era pensieroso, ma sembrava perdersi con piacere in quei pensieri quindi non lo interruppi e mi misi a guardarlo. 

Lui dopo un po' si accorse di essere ancora tra le nuvole così mi pose la stessa domanda. 

" Anche a me piace la pizza, e più o meno quello che piace a te, ma quello di cui non farei mai a meno sono i burritos. Li ho mangiati pochissime volte ma sono deliziosi, se non li hai mai provati te li consiglio !" 

"Allora appena li troverò , li ordinerò! " 

Il suo cellulare squillo all'improvviso con una di quelle suonerie predefinite, così io lo incitai a rispondere. Si scusò e andò verso la finestra. Io mi alzai dalla tavola, togliendo i piatti sporchi, giusto per far finta di non ascoltare visto che era impossibile in un ambiente così piccolo. Ville si sforzava di parlare a bassa voce, ma io sentivo la voce che era dall'altro capo del telefono che inondava il silenzio.

" No, sono fuori… Stasera non posso raggiungerti, ma se hai bisogno di parlarmene verrò domani…- si grattò la fronte leggermente esasperato e molto imbarazzato, poi si girò verso di me e si accorse che lo stavo guardando- no Sandra, te l'ho detto stasera non è possibile, sono con Matilda " 

Silenzio. Da tutte e due i capi del telefono.

" Si, salutami Jesse , ciao" - pigiò il tasto rosso e ripose il telefono in tasca.

" Scusa Matilda, era Sandra, non so se la conosci, mi ha chiesto di raggiungere lei e qualche amico al club, le avevo detto di essere impegnato questa sera ma c'ha provato lo stesso " 

Era imbarazzato e seccato e in quel momento riascoltai le sue parole nella mia testa, riavvolgendole e premendo replay. Mi piaceva il fatto che le aveva già detto del suo impegno, era stato carino da parte sua. 

" Matila, ci sei? "

" Si scusa, ero sovrappensiero. Comunque so chi è, ne ho sentito parlare " - dissi con indifferenza, che ovviamente Ville colse.

" Ti sta antipatica? " -mi chiese sorridente. 

" No, per carità è una persona come un'altra, una di quelle che mi stanno indifferenti intendo, ma..vedi non vorrei essere invadente ma ho un'impressione su di lei, ma me la terrò per me se tu non vorrai saperla"

" No no dimmi, sono curioso" - nel frattempo si era seduto ma questa volta sul divanetto, mentre io che stavo sparecchiando mi avvicinai e feci lo stesso. Aveva l'aria davvero di qualcuno che lo volesse sapere, ma chissà perché avevo paura di dirglielo. 

" Vedi, ecco… Per ogni persona che vedo, che conosco, dentro di me c'è qualcosa come una sorta di sesto senso che mi fa avere delle sensazioni su quella persona. E su Sandra, nonostante non mi abbia fatto nulla, ho delle sensazioni negative. Cioè, sai, come quando dentro di te senti che c'è qualcosa di sbagliato. Non è scientifico, lo avverti e basta "- conclusi affaticata. Mi era uscito tutto d'un fiato, senza intoppi. Un po' perché non volevo fermarmi e perdere il filo, e un po' perché non volevo rimanere a fissarlo negli occhi a lungo. Si grattò il mento e poi ci pensò su.

" So cosa vuoi dire. Beh a volte abbiamo tutti delle impressioni sulle altre persone. Sandra però non è così malvagia se la conosci. Non ti nascondo che all'inizio non mi faceva impazzire, ma non è male."

Annuii. Si era creato una sorta di silenzio, e non vedevo l'ora che si togliesse di torno. 

In quel momento la mia bocca parlo, e lei sola. Non sapevo davvero dove diavolo fosse andato a finire il mio cervello in quell'istante. Mi pentii di non essere invisibile, perché dovevo sottostare a quello sguardo.

" É la tua fidanzata?" - le parole uscirono fluide. Ci fu silenzio. La sola cosa chiara che si riusciva quasi ad udire era la forza con cui gli occhi di Ville uscirono dalle orbite. Lui cercò di contenere la sua reazione, ma era troppo tardi. 

" Ah, però, vedo che non c'hai girato intorno molto" -disse guardandomi, cercando di districare la sua espressione in un sorriso, come si fa con i nodi. So che era difficile per lui parlare delle sue cose, lo avvertivo. Ma in quel momento il senso d'invadenza della mia domanda sfacciata non mi dispiacque. Desideravo da tanto che si aprisse con me, anche se di uno spiffero, e questa volta leggevo nei suoi occhi che era pronto a farlo e che lo voleva. Che io lo chiami desiderio o semplicemente bisogno di parlare con qualcuno, nei suoi occhi e da come si comportava, mi aveva fatto capire che voleva parlarne con me, poteva, e anche se lo aveva chiesto in quel modo così indiretto, io ero felice di essere lì. Si schiarì la voce e alzò lo sguardo. In quel momento avrei voluto dirgli che ero pronta ad ascoltarlo, e forse chissà, lui mi aveva sentita. 

" La conosco da qualche tempo, ricordo sfocatamente di averla vista in passato a qualche concerto, ma principalmente è amica di mio fratello, o per lo meno prima. Sai, è la classica ragazza che fa la modella e a cui piace divertirsi, ma è un tipo tranquillo. A volte però è esasperante: mi parla continuamente dei problemi del suo lavoro, con la manager; una volta volle provare a trovare un produttore per incidere un disco, e tutti le fecero capire che non era insomma, abbastanza 'brava'… Lei se la prese a morte, e non ti dico che periodo fu quello… Usciamo spesso in gruppo e beviamo insieme qualcosa, ma altre volte ci troviamo da me o da lei con i suoi amici. La sua compagnia non mi dispiace, ecco… " 

In quei momenti avrei tanto voluto sapere cosa gli passava per la mente, quali erano i pensieri che scorrevano sovrapposti alle sue parole, quei fantasmi che affollavano le sue iridi e che sembravano volgere il suo sguardo nel vuoto, controllarlo. Lo guardai e piegai la testa da un lato; lui ricambiò il mio sguardo e poi ricominciò.

".. C'è stato un bacio, una volta; non ero sicuro che lei avesse capito come stavano le cose davvero, e quando ci ha provato ne ho avuto la conferma. A quel punto provai a spiegarglielo senza tanti giri di parole e lei, mi ricordo - raccontava ridendo - si fece rossa come un peperone , e poi disse che le andava bene. Ma si vedeva chiaramente che era seccata e delusa. Non c'ha più riprovato ma non credo che si sia data per vinta, chissà cosa riserva il futuro " - ammiccò. Non capii del tutto cosa intendesse dire, ma andava bene così. Avevo indagato abbastanza, e quella confessione mi bastava. 

" Allora, cos'hai da dire?" - mi chiese soddisfatto, ormai con quell'imbarazzo iniziale lasciato alle spalle.

" Penso che mi piace .."

" Chi, Sandra? "

" Ma no . Cioè, te l'ho detto come la penso. No, dicevo, mi piace il fatto che tu ne abbia parlato con me, ecco" 

A quelle parole gli s'intenerì lo sguardo.

" So che mi sono appena impicciata dei fatti tuoi, e se ti da fastidio sarà l'ultima volta, giuro, ma mi piacerebbe rifarlo ogni tanto. È bello che tu ti apra.. " - abbassai lo sguardo. Ora ero io che stavo per diventare rossa come un peperone. Lui rise.

" Dai non fare quella faccia. Non t'imbarazzare, mettila così: se non volevo parlartene non l'avrei fatto. Quindi tranquilla, non me la sono presa! "

" Grazie.. "

" Oh, devi smetterla di dire grazie Matilda, infondo siamo amici, tu non mi hai mai dato modo di dubitare di te, in alcun modo, quindi beh, io mi fido "

Quelle parole furono le più belle che mi potesse dire, e io le apprezzai, le apprezzai con tutto il cuore. 

Alzai lo sguardo e sentii che le lacrime stavano per scivolare giù dal viso come su uno scivolo d'acqua. Mi avvicinai con un movimento rapido e lo abbracciai forte, mentre da sopra la sua spalla alzavo gli occhi verso il soffitto bianco per ricacciare quelle stramaledette lacrime indietro da dove erano venute. Lui rimase di sasso, infatti riuscivo a sentire tutto il suo stupore attraverso il corpo che per un attimo rimase impietrito. Un secondo dopo però, appena se ne rese conto, ricambiò l'abbraccio e lo sentii rilassare i muscoli e stringermi a sua volta. Passò la sua mano sulla mia spalla e poi parlò. 

" Ehi, calma non ho detto niente di che "

" Ne sei sicuro ? " - gli chiesi. Dopo un attimo di esitazione avvertii il suo sorriso che si stava facendo largo sulle labbra e sulle guance. Anche lui lo aveva capito.

" Mi stupisce che per te sia così importante " - un po' mi ferì con quelle parole. In quel momento sciogliemmo l'abbraccio. 

" Mi viene naturale .. " 

" Allora sono contento che sia così, weird girl . E tu invece? "

" Io cosa?" 

" Ti fidi di me? "

" Completamente " 

Non esitai un attimo. Insomma aveva parlato con me per non so quale miracoloso motivo, mi aveva accolta, mi aveva guidata.

La mia fiducia in lui si era creata da sola, spontaneamente, e anche nel caso in cui lui non si sarebbe fidato di me, avrei potuto raccontargli ogni cosa, ogni singolo momento della mia vita, lui lo avrebbe custodito. 














Note: 

Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, mi stupisco sempre di più. Kiitos.

La canzone che mi ha ispirato per il titolo del capitolo è " Thousand miles away " di una band che si chiama Embrio, che ha tra le sue influenze anche gli Him; consiglio di ascoltare qualcosa. L' album della canzone si chiama Gabriel's grief; l'ho ascoltato durante la stesura.
 

 

  
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