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Autore: Saeko Nogami    13/02/2014    3 recensioni
Quando tua sorella minore porta il tuo stesso nome, ma in versione più figa ed esotica, è praticamente impossibile che non nascano delle rivalità. Specialmente se quella mocciosa riesce a fare tutto prima di te e i tuoi genitori non riescono proprio a non fartelo pesare. E quando la piccola Coraline annuncia il suo matrimonio, Caroline non può far altro se non ricorrere a misure drastiche.
Tutti nella vita cerchiamo qualcosa. Caroline, cerca solamente il modo di primeggiare una volta per tutte su sua sorella. O forse no?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il viaggio in macchina è stato estenuante. Per qualche ora ho vagato per Niceview Valley senza una meta precisa, poi mi sono ricordata di avercelo, in effetti, un posto dove andare. E quindi, dopo dodici ore di viaggio, ora eccomi qui: a New York. La grande mela, la città che non dorme mai. E in effetti, spero vivamente che le mie amiche non stiano dormendo, o che almeno si sveglino presto. Non le ho ancora neppure avvertite che sarei arrivata. Come la prenderanno? Mi caccieranno a calci da casa loro? Decido che è il caso di spegnere per un po' il cervello, mentre – sulle note di Rihanna – mi appresto a passare sopra il ponte più famoso del mondo.

Siamo sedute al tavolo in salotto, con le mie due migliori amiche dai tempi delle scuole medie. Angie e Sheila. Le due veline: la bionda e la castana. Anche se, per la cronaca, l'unica che potrebbe somigliare ad una velina è Sheila. E' bellissima. Comunque, sono rispettivamente estetista e graphic designer. Si sono trasferite a New York dopo la laurea, per lavoro. Angie ora è estetista personale di diverse star di Brodway. Sheila, invece, lavora per la Pear, importante azienda leader nell'elettronica.

Per mia fortuna, Sheila era già sveglia quando l'ho chiamata, pare che stesse facendo le pulizie. Angie, invece, l'abbiamo svegliata al mio arrivo.

«O muori da eroe, o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo» Spara Sheila, incrociando le gambe sul divano.

«Ma si può sapere che c'entra?» La riprende Angie, mentre io già sento la rabbia di ieri sera che svanisce lentamente. Quando sono con loro mi sento davvero a casa.

«Una bella frase c'entra sempre» Si difende la grafica, poggiando la testa sulle nocche.

«E così sei scappata» Riprende Angie, rivolta a me.

«Già.» Annuisco.

«Il tuo novello ex non è proprio una persona simpatica» Sospira Sheila, non cambiando di un millimetro posizione.

«Da omicidio. E anche tua sorella. Anzi, io a quella l'avrei già uccisa da un pezzo» Angie ancora non riesce a credere a quel che mi è successo. Quando ho raccontato loro la mia terribile festa di compleanno, non riuscivano a concepire come mia sorella e Richard potessero cadere così in basso.

«Ricordatevi che la miglior vendetta è vivere felici» Cita Sheila, scrociando le gambe e puntando il dito a mo' di maestrina.

«Oh sant'Iddio, ma la smetti con queste frasi fatte?» Sbotta la bionda, alzando gli occhi al cielo.

Sheila sembra prendersela sul personale. «Non sono frasi fatte! Sono perle di saggezza»

«Possiamo tornare a concentrare l'attenzione su di me?» Le interrompo, a metà tra il divertito e l'irritato.

«Scusa, tesoro, hai ragione. Allora adesso che hai intenzione di fare?» Angie torna a rivolgere l'attenzione su di me, seguita subito da Sheila.

Torno a prendermi la testa tra le mani, affranta. «Be', a casa non posso tornarci. E se potessi restare da voi per un po'...»

«Ma certo che puoi, ti vengono pure i dubbi?» Le mie due amiche si lanciano un'occhiata complice, mentre Sheila pronuncia la frase.

«Dovrò cercarmi un lavoro qui» Sospiro.

«Non hai dei risparmi, da parte?» Chiede Angie.

«Sì, però...»

Non faccio in tempo a finire la frase, che Sheila m'interrompe. «E allora niente lavoro. Senti, hai un'azienda da mandare avanti, Carol. Va bene il periodo di vacanza, ma prima o poi dovrai tornare»

«Ma tanto ci pensa quell'arpia a mandare avanti tutto» Mi lagno, rendendomi conto da sola che sono parecchio irritante.

«Non ha esperienza. Manderà l'azienda in bancarotta, se non ci sei tu» S'accalda Angie, lanciandomi uno sguardo eloquente.

«E allora che dovrei fare?» Domando, più a me stessa che alle altre.

Sheila prende a contare sulle dita. «Be', anzitutto devi riequilibrare i tuoi chakra e...»

«Ma sai almeno cosa sono, i chakra?» La interrompe Angie, ridacchiando.

«Una parola orientale che sta benissimo nel contesto? Non distrarmi. Dicevo: riequilibrare i chakra, ritrovare te stessa, farti fare dalla sottoscritta un biglietto da visita tutto nuovo...» La grafica mi lancia uno sguardo complice.

«E a che mi serve il biglietto da visita?» Mi stupisco, dubbiosa.

«La smettete d'interrompermi? Il biglietto da visita è un modo per dire "Sono una persona nuova!" Fidati, è un qualche tipo di filosofia orientale che ti migliora la vita» Conclude, sminuendo il tutto con un gesto della mano.

«Semplicemente sei una stakanovista» Ridacchia l'estetista.

«Ho già in mente un progetto che ti darà un'aria straprofessionale!» Esclama poi Sheila, battendo le mani eccitata.

Io ed Angie ci guardiamo in silenzio per qualche secondo, aspettando che la nostra amica esca dal suo mondo fatto di colori e font, e torni tra noi.

Ci mette ben quindici secondi a riprendersi: li ho contati. «Ah, e poi ovviamente dovremo trovarti un nuovo ragazzo. Questo si può già cominciare da 'sta sera!» Si entusiasma, di nuovo.

«Con quei capelli?» Fa dubbiosa Angie.

«Che hanno che non va i miei capelli?» Esclamo, sulla difensiva.

Sì, okay, forse non ho i capelli più splendenti e luminosi del mondo, ma ci sono affezionata ai miei capelli. Insomma, sono miei! Sono i miei capelli, è come... è come se rappresentassero me, no?

«Non darle retta, stai benissimo» Minimizza ancora Sheila.

«Ma tu non hai un lavoro dove andare?» Angie ridacchia, puntandole il dito contro.

«No, oggi è sabato. Tranquilla, Carol, non dimenticare mai: non può piovere per sempre» Conclude la castana, poggiandomi una mano sul braccio.

Certo, non può piovere per sempre. Era un tuono in lontananza, quello?

«Prima o poi ti toglierò la TV» Borbotta Angie, grattandosi la fronte.

Prevedo un nuovo dibattito, tra le due. E per quanto mi divertano i loro continui sproloqui, non posso ignorare che sono comunque circa ventidue ore che non dormo. «Ragazze? Vi spiace se vado a dormire?» Domando, a nessuna in particolare.

Sheila annuisce. «Certo. Dormi con me, 'ché Angie russa»

«Ma non è vero!» Si difende l'altra.

La nostra amica la ignora bellamente, indicandomi il mini corridoio in fondo al soggiorno «La camera è per di là»

Annuisco, anche se la sua risposta non è stata per nulla esauriente. La troverò da sola, tanto riconoscerei a chilometri la stanza di una delle due.

«Ah, Carol?» Mi chiama Angie, mentre mi allontano.

Mi volto, con la stanchezza dipinta sul volto.

Le mie due amiche mi sorridono solari. «Auguri di buon compleanno!» Esclamano all'unisono.

Sorrido di rimando, chiedendomi se se ne fossero dimenticate ieri, per poi avviarmi verso la camera di Sheila.

 

Sono passati tre mesi da quando sono arrivata a casa delle ragazze. Non è che abbia dormito per tre mesi. Insomma, non sono certo la bell'addormentata, o che so io. Anzi, a dirla tutta in questi tre mesi è come se fossi rinata. Non mi prendevo una vacanza da... Be', da quando mi sono laureata, più o meno. Sono stata chiusa in quell'azienda senza sosta per quattro anni. Capite cosa sono quattro anni? Millequattrocentosessantun giorni. Dal lunedì alla domenica, costantemente a pensare al lavoro. Uscivo il sabato sera, e cercavo intanto di inventare una nuova strategia di marketing. Pranzavamo con la famiglia la domenica e pensavo a come aumentare i profitti. Le mie amiche uscivano, si sposavano, si fidanzavano, e io cercavo un modo per tirar fuori l'azienda da cavilli legali. E-mail, telefonate, lettere. Continuamente, senza sosta, ventiquattr'ore al giorno, sette giorni su sette. Vivevo col cellulare incollato all'orecchio, rinchiusa nel mio ufficio o col portatile sempre sotto mano. Avevo trovato Richard al terzo anno dell'università. E be', non avevo mai neppure pensato di lasciarlo. Certo, a volte mi dava sui nervi, il sesso era monotono e noioso, per poi scomparire del tutto, ormai non ci scambiavamo più neppure un bacio da mesi, o altre volte semplicemente non riuscivo neppure a trovare la voglia di sentirlo. Ma ero convinta che ormai fosse tutto sistemato. Che sarei stata con lui per sempre, che ci saremmo sposati e che io avrei continuato a lavorare, lavorare, lavorare. Avrei portato l'azienda a un nuovo livello internazionale, avrei... Non ho mai neppure pensato di lasciare Richard, semplicemente perché avevo paura che altrimenti sarei rimasta sola. Quando mai avrei trovato il tempo di incontrare un nuovo ragazzo? E fin'ora, non mi ero mai neppure resa conto di tutto questo, perché semplicemente non avevo mai avuto il tempo di pensarci. Continuamente preoccupata di compiacere i miei genitori, continuamente in ansia per mia sorella che non faceva altro che superarmi per ogni cosa... e a quel che volevo io non ci avevo mai pensato. Questi tre mesi di vacanza a casa delle ragazze mi hanno davvero risollevato, mostrato un nuovo punto di vista. Mi hanno fatto capire che la vita è una sola, e che non puoi sprecarla a compiacere gli altri. Per la prima volta da non so quanto tempo, ho fatto shopping. E l'ho fatto per me. Non sono andata a cercare un vestito da indossare alla festa d'affari del momento, ma semplicemente perché avevo voglia di indossare qualcosa di nuovo. Angie mi ha portato anche dal parrucchiere, che ha ridato una qual certa dignità ai miei capelli. E mi ha insegnato a truccarmi. Mi ha mostrato il magico mondo degli ombretti, che fino a oggi non avevo mai neanche comprato, neppure per errore. Poi siamo uscite, ci siamo divertite. Ho ripreso a pulire casa, era da una vita che non lo facevo: non ne avevo mai tempo. E devo dire che lavare i piatti, spolverare, o anche passare l'aspirapolvere, con la musica a tutto volume e ballando per casa usando la scopa come microfono... Be', è un ottimo modo per scaricare la tensione: è divertente! Così come è divertente ritrovarsi tutte a cena assieme, raccontandosi le disavventure della giornata, ridendoci sopra. E' divertente andare tutte assieme il sabato a fare la spesa, per poi tornare a casa, prepararsi e uscire in fretta e furia a bere, mangiando un hot dog per strada. Mi diverto ad ascoltare gli scleri di Sheila a proposito del cliente di turno che ha il senso estetico di un clown, o quelli di Angie su qualche star, che continua a mangiare schifezze e quindi il suo viso è pieno di brufoli, e ogni volta per toglierli o nasconderli Angie passa le pene dell'inferno.

Ovviamente, non ho cercato un nuovo lavoro, perché prima o poi tornerò all'azienda. Onestamente, sto pensando a un anno sabatico. Per fortuna in tutti questi anni di lavoro, complice il vivere a casa dei miei, sono riuscita a mettere da parte una bella somma e sopravvivo tranquillamente, riuscendo anche a pagare l'affitto alle mie nuove coinquiline. Ho spento il cellulare, non ho più toccato il PC e mi sono totalmente disconnessa dal mondo. La mia famiglia non l'ho più sentita: non mi hanno neppure cercata. Comincio seriamente a dubitare che possa essergli importato qualcosa della mia fuga. O magari si sono talmente offesi da non volermi più sentire. Ma non ha importanza, per ora. Per ora, voglio solo rilassarmi e ritrovare serenità. Tutto questo, mentre sto stirando. Sì, ho addirittura preso a stirare. E c'è di più: mi diverto! Anche se sono fortunata che a casa faccia piuttosto fresco, perché stirare col caldo è una vera tortura. Dovrebbe essere vietato dalla legge stirare in estate. Ho preso anche a far palestra. Ora devo dire tutto sommato di sentirmi più in forma, anche se non sono dimagrita di un etto. Ma va be', non è problematico: il mio fisico mi piace abbastanza così com'è. Lo ammetto, mi sento davvero una persona nuova. Ho smesso con questo stupido e inutile senso di inferiorità nei confronti di mia sorella, ho smesso con la competizione. A chi diavolo importa se ha un nome più esotico del mio? A chi diavolo importa se è stata più brava di me nello studio e nel lavoro? E poi, a chi vuoi che importi se è anche riuscita a trovare il tempo per accaparrarsi l'uomo perfetto? Appunto. A nessuno. Specialmente non importa a me. Ora passerò questo periodo della mia vita a divertirmi, a recuperare tutto quello che ho perso negli ultimi anni. A sistemarmi, a farmi bella, a trovare qualcosa di divertente da dire. Sì, perché mi sono annoiata di parlare solo ed esclusivamente del mio lavoro, con gli altri. Ho anche altri interessi, no? Poi, altro lato positivo, non lavorando sono riuscita a seguire diverse serie TV. E' bello potersi guardare i film e i telefilm in diretta, senza doverli registrare per vederli quando si torna a casa. Certo, la pubblicità a volte è lunga, ma tutto sommato è utile. Ad esempio, grazie alla pubblicità, abbiamo comprato una lavatrice nuova ultrasilenziosa. Che si è rotta dopo due settimane. Però sono state due settimane stupende, per fare il bucato.

Finisco di stirare l'ultimo paio di Jeans e porto in tutta calma i vestiti ordinati e piegati nelle rispettive camere, lasciandoli sul letto. I miei, ovviamente, finiscono dritti nell'armadio.

Mi guardo attorno, contemplando in che altro modo posso ammazzare il tempo. Il bagno l'ho pulito questa mattina. Magari ci sarà una qualche macchia di sapone? Corro a controllare, ma con mio grande disappunto mi accorgo che è tutto perfettamente in ordine e luccicante. Anzi, sembra di essere in una di quelle pubblicità di Mastroolindo, con tanto di sbrilluccichio palesemente incollato sopra con qualche simil photoshop. Sospiro rassegnata. Sono appena le undici, che altro posso fare? Le ragazze sono andate al lavoro e sono a casa tutta sola. Ma non mi annoio, eh. Non mi annoio affatto. Anzi, io adoro stare a casa da sola. Adoro non dover lavorare, svegliarmi ogni mattina, controllare ventiquattr'ore su ventiquattro l'azienda. Davvero, l'adoro. Occuparsi tutto il giorno della casa e del frigo è molto più divertente. Ah, il frigo, ecco! Sono già le undici, magari potrei preparare qualcosa di sfizioso per pranzo, per quando tornano le ragazze. D'altro canto tre ore sono poche per cucinare, no? Mentalmente, mi appunto il menù del giorno: spaghetti al pomodoro, lombata arrosto come secondo e per dessert direi che può andare la torta al lime. Be', magari è un po' troppo, considerato che le ragazze non mangiano poi così tanto, ma in caso si può sempre mettere tutto in frigo, poi, no? Nulla andrà sprecato.

Sto giusto per piazzarmi ai fornelli, quando qualcuno suona al citofono. Oddio, saranno ospiti? Ma non sono pronta per ricevere ospiti! E poi chi potrebbe mai essere? Sistemandomi rapidamente i capelli, corro a rispondere.

«Sì?» Faccio all'interfono. Okay, forse non è un modo di rispondere al citofono molto professionale, ma sono ufficialmente durante il mio anno sabatico. E poi, c'è sempre la mia nuova filosofia di vita: "A chi importa?"

«Un raccomandata per...» Già m'immagino il postino scorgere il pacchetto per cercare il nome. «Caroline Cage?»

Per me? Una raccomandata per me? E chi potrà mai essere? «Ultimo piano» L'informo, pigiando sul tastino che apre il portone. Chissà cosa può essere. Magari è arrivato il pacchetto "Photoshop per cretini" che ho ordiato settimana scorsa. Sheila vuole a tutti i costi insegnarmi a usare quel programma demoniaco, ma non ci riesco proprio. Oltre ai filtri e al contrasto, non riesco a fare di più. Poi non è che Sheila sia proprio una brava insegnante. Prima ti spiega due passaggi su cinque e poi, quando vede che tentenni, ti toglie il mouse dalle mani e prende a fare tutto lei. E guai se le fai una domanda mentre lavora! Così, ho pensato che avrei potuto imparare qualcosa usando un corso per corrispondenza. Insomma, lei sarebbe stata contenta, e l'avrei lasciata credere che è stato grazie merito suo se ho imparato qualcosa. Che poi non sarebbe del tutto falso: se non mi avesse rotto per insegnarmi a usarlo, non avrei mai pensato di ordinare un corso per corrispondenza. Ingegnoso, no?

Quando sento il suono dell'ascensore, apro in automatico la porta.

«Coraline Cage?» Domanda il postino, dopo essersi guardato un istante attorno e avermi notata.

«Sono io» Confermo con un sorriso.

«Un documento?» Fa lui, guardando in basso.

Caspita, mister simpatia, proprio, eh? «Sì» Faccio, guardandomi le mani, come se il documento potesse comparire dal nulla.
Ah, già.
«Un momento» Dico, correndo in camera e prendendo il portafogli dalla borsa. Prendo il documento e torno alla porta. «Ecco qua» Concludo, porgendoglielo. Mentre lui controlla il nome, io mi torturo le mani pensando a quanto sono venuta orribile in quella foto. Secondo me a quelle macchinette automatiche dev'esserci un programma particolare che rende appositamente brutte le foto da inserire nei documenti.

«Ecco a lei» Mi fa, porgendomi il documento e un pacchettino che ha tutta l'aria di essere un regalo.

Li prendo titubante. Non sembra il mio Photoshop per cretini.

«Una firma, per favore?» Prosegue il postino, porgendomi ora una cartellina e una penna.

Lo squadro un po' in crisi, guardando ora il pacchettino tra le mani e ora quella stupida cartellina. Alla fine, con un sospiro, poggio per terra pacchetto e documento e firmo la ricevuta.

«Grazie, buona giornata» Conclude il tipo, girando sui tacchi e tornando verso l'ascensore.

«Grazie a lei...» Cerco di dire, ma lui già si è volatilizzato.

Bene. E ora vediamo: che sarà mai?

Soppeso il pacchettino tra le mani, come facevo la sera della Vigilia da piccola, nel tentativo di indovinarne il contenuto. Sembra leggero, quindi direi che all'interno non c'è nulla di elettronico, né tanto meno un soprammobile. E sicuro non è una bomba, quindi aprendolo non dovrei esplodere. Dunque, per togliermi ogni dubbio, mi appresto ad aprirlo.

Come alzo il coperchio, una farfallina colorata esce fuori dal pacchetto, prendendo a volare per casa. Stupita, osservo il contenuto del pacchetto: due buste da lettera.

«Oddio...» Commento a bassa voce, cercando l'involucro in cui era avvolto il pacchetto per leggerci il mittente. Come scorgo il suo nome sento all'istante una fitta allo stomaco e lo stimolo a rigettare tutto quel che ho mangiato negli ultimi mesi. «Ti prego...» Mormoro a qualunque divinità sia in ascolto, mentre mi appresto ad aprire la prima delle buste nel pacchetto.
 

Non so esattamente quanto tempo sia passato. Sto accucciata a terra, schiena contro il tavolino, cercando di ritrovare la mia filosofia zen.

Okay, Carol, ascoltami con attenzione: non ti importa nulla, okay? Ma proprio assolutamente niente di niente. Continuo a ripetermi le parole d'incoraggiamento. A me non importa. Anzi, non importa proprio a nessuno. A chi vuoi che importi che mia sorella minore si sta per sposare? A chi vuoi che importi che è stata stronza come al solito nella sua lettera? A chi vuoi che importi che nell'invito di matrimonio si sono chiamati "Barbie e Ken"? Sì. Sì, avete capito bene. "Barbie e Ken sono lieti d'invitarti al loro giorno più bello". Ma chi diavolo scrive Barbie e Ken in un invito di nozze? Ma poi si rendono conto che Barbie è un'oca e Ken è uno sfigato? Insomma, d'accordo che non sopporto mia sorella, ma non mi pare un'oca proprio per niente. Ecco. Se mai una vipera, una iena, un avvoltoio, una vespa, una formica... ma un'oca proprio no! Ecco, una formica. A una formica ci somiglia: le formiche sono bastarde. Tanto piccole e innocue ma quando meno te lo aspetti ti sbranano vivo. Non per nulla le formiche erano usate come strumento di tortura dai nativi, no?

A interrompere il mio ripasso di zoologia è il suono di una chiave nella serratura. Alzo lo sguardo giusto in tempo per vedere le mie amiche che aprono la porta. E come le guardo, nonostante tutto, mi vien da ridere. La farfallina che era uscita dal pacchetto svolazza qualche istante attorno a loro per poi uscire dalla porta. Restiamo tutte in silenzio, immobili, per qualche secondo, poi Angie si guarda alle spalle e indica fuori. «Era una farfatta, quella?»

Annuisco rialzandomi, mentre Sheila si avvicina ai fogli sul tavolo.

«E come ci è arrivata una farfalla fin qua?» Chiede anche Angie, chiudendosi la porta alle spalle. Apro la bocca per rispondere, ma vengo interrotta da Sheila. «E queste cose sono?» Fa, indicando i fogli sul tavolo.

«Ecco...» Cerco di parlare, ma ancora m'interrompono.

«C'era una farfalla in casa. Non me la sono sognata. C'era.»

«Barbie e Ken si sposano? E' uno scherzo?»

«Come diavolo c'è entrata una farfalla in casa?»

«Mi lasciate spiegare?» Sbotto in fine.

Le ragazze si voltano all'unisono verso di me, in silenzio.

«Grazie» Mormoro dopo qualche istante. Poi prendo un bel respiro e racconto loro del postino.

«"Cara sorellina, sono tre mesi che non ci sentiamo e in questo tempo ti sei persa un sacco di novità. Prima fra tutte: MI SPOSO! Spero che torni a casa almeno per il mio matrimonio, visto che ti vorrei come damigella d'onore. Nel pacchetto anche l'invito con il +1 (porta chi vuoi, mi raccomando).

PS: Carina l'idea della farfallina, vero? L'ho visto in un film. Smile.

Ti aspetto, Coraline"» Finisco di leggere ad alta voce la lettera di mia sorella e alzo lo sguardo sulle ragazze, che annuiscono con l'aria di chi ha capito ogni cosa.

«Questo spiega molte cose. La farfalla, ad esempio» Mormora Angie, indicando ancora la porta.

«Sapevate che il battito d'ali di quella farfalla può scatenare un uragano chissàdove?»

«Sì. Ma più importante: come faceva mia sorella a sapere dove spedire il pacchetto?» Domando a Sheila, che prende a guardarsi le scarpe con aria colpevole.

«Quando sei arrivata da noi, che sei andata a dormire, ha chiamato tua nonna preoccupata, per chiedere se eri qui. Ovviamente le abbiamo detto di sì» Spiega Angie, col tono di chi si sta giustificando.

Ah. Ecco, dunque. Non era che non gliene importava niente. Non erano troppo offesi per preoccuparsi per me. Semplicemente sapevano dov'ero, sapevano che stavo bene. E devo ammettere che questa consapevolezza già mi fa sentire meglio, mi fa sentire meno abbandonata, anche se in effetti sono stata io ad abbandonare loro.

«E quindi chi dovrebbe essere questo "+1"?» La voce di Sheila s'insinua nei miei pensieri.

«Chi vuoi che sia? E' il modo presa-per-i-fondelli di quell'arpia per farle notare che è single» Spiega Angie, con una nota di risentimento.

«Be'. Ma allora Carol dovrebbe tornare a casa con un bel ragazzo, no?» Propone Sheila eccitata.

«Giusto! Aspetta, prendo l'agenda...» E subito la bionda si avvia verso la camera.

Okay, ora basta. «La smettete di parlare come se non fossi presente?» Sbotto, bloccando entrambe.

«Che c'è che non va?» Mi chiede Angie, col busto ancora rivolto a metà verso il corridoio.

Già. Che c'è che non va? «Che devi prendere a fare l'agenda?»

Si volta totalmente e fa qualche passo verso di me. «Cerco qualche amico non-palesemente-gay che possa accompagnarti» Spiega come si farebbe a un bambino.

Qualche amico non-palesemente-gay. Ma come sono ridotta? Sospirando mi lancio letteralmente sul divano. «Faccio così pena?» Domando a nessuno in particolare. Con la coda dell'occhio noto Sheila lanciare un'occhiataccia a Angie, per poi sedersi vicino a me. «Ma no che non fai pena...» Cerca di tirarmi su il morale.

«Non è questo che intendevamo, tesoro» Anche Angie fa retromarcia, spinta dai sensi di colpa. «Insomma, ti sei lasciata da appena tre mesi, nessuno si aspetta che tu abbia già un nuovo ragazzo»

«Semplicemente gliela volevamo far vedere a tua sorella» S'accoda la bruna.

«Certo», mormoro affranta, «e pensate che sono talmente disperata da aver bisogno che un vostro amico omosessuale si finga etero» Mi rendo conto da sola di essere lagnosa, ma non posso farne a meno. «Sono talmente disperata che secondo voi non potrei mai trovare normalmente qualcuno che m'accompagni. Anzi, sono talmente disperata che...»

«Tesoro, forse ti sfugge che tua sorella ti chiede di essere a casa tra tre giorni?» La voce ironica di Angie interrompe il mio piagnisteo greco.

Ah, già. Ho tre giorni di tempo soltanto. In effetti non ci avevo pensato. Mi abbatto ancora di più, coprendomi il viso con le mani. «Non ce la posso fare...»

Sento Sheila posarmi una mano sulla spalla. «Sai che c'è? Ho un'idea!» Esclama poi euforica. Sollevo lo sguardo su di lei e noto che anche Angie la guarda interrogativa. «Be'? Che fate ancora così?» Squittisce, battendo le mani. «Forza. Vestirsi e prepararsi: 'sta sera si va per locali a rimorchiare!»

«Giusto!» Insorge anche Angie. «E a te trucco io» Aggiunge, puntandomi il dito contro tutta allegra, per poi dirigersi in camera. «Magari una tonalità rosata o forse qualcosa di più scuro?» Borbotta tra sé, prima di fare retro front e dirigersi al frigo. «Non ho ancora pranzato» Risponde ai nostri sguardi perplessi.

Per fortuna negli ultimi tempi ho cucinato per un esercito e quindi il frigo è ancora ricolmo di avanzi. Alla fine tra pranzo, doccia, trucco, parrucco e discussione con l'armadio si fanno le 20 e ci apprestiamo a uscire di casa. Come saliamo in ascensore, la farfalla ci segue ed entra con noi. D'altro canto era rimasta chiusa nell'atrio tutto questo tempo, non essendoci finestre. In ascensore non proferiamo parola, mentre la farfallina ci svolazza attorno allegra. Come si aprono le porte con il "ding" dell'ascensore aspettiamo che ci preceda all'uscita e le teniamo il portone aperto finché non è di nuovo libera.

«Ha preso l'ascensore» Mormora Sheila, stupita.

«Non un commento» Scandisce la bionda col tono di chi non ammette repliche e si appresta ad uscire dal palazzo.

«Ha preso l'ascensore con noi. E' entrata, ha aspettato, è uscita» Prosegue l'altra.

«Smettila»

«Dobbiamo riacciuffiarla» Fa poi d'un tratto, guardandosi attorno per cercarla. «Non capite? E' una farfalla ammaestrata! Possiamo allestire uno spettacolo e farci i soldi» Cerca di coinvolgerci, guardandoci come se fossimo delle stupide che non riescono a capire niente.

Noto al mio fianco Angie mordersi il labbro.

Oddio, ora riprendono a discutere. «Da che locale cominciamo?» Le distraggo e subito la situazione si fa più rilassata.

Chissà che fine farà quella farfalla, comunque.

Angie e Sheila si accordano su dove portarmi e ha inizio la missione "Trovare un figo da portare al matrimonio". Sì, lo so, è un po' presto, sono appena le otto di sera; sì, lo so, è mercoledì e non è esattamente serata per le uscite; sì, lo so, sperare di incontrare qualcuno per invitarlo a conoscere la mia famiglia tra tre giorni è da pazzi. Senza contare che probabilmente lui stesso sarebbe un potenziale malato mentale accettando. Ciò nonostante, noi siamo fiduciose. E continuiamo ad essere fiduciose quando troviamo ancora chiusi tutti i locali "in"; e anche quando Angie discute con una tipa all'osteria; e anche quando al Plasma 501 becchiamo un tipo di clientela dark assai inquietante, con lenti a contatto fosferescenti e strani tatuaggi sul collo. Noi continuiamo ad essere sempre fiduciose, probabilmente complici le due birre prese all'osteria, i tre manhattan al Plasma 501, i quattro kamikaze presi in quel localino carino un po' fuori porta. E ora sto sorseggiando il terzo cocktail sconosciuto dall'invitante colore blu elettrico al bancone "vip" di un esclusivo lounge bar nel centro città. Per entrare qui abbiamo sganciato un bel centone al buttafuori, ma ne è valsa la pena. Mi volto verso una ragazza che sorseggia un drink effervescente verde lime. «Poi voglio quello!» Esclamo alle ragazze, con voce abbastanza alta da sovrastare la musica. Loro scoppiano a ridere. «Ma dovresti scegliare... scelere... scegliere. Ecco, scegliere» Biascica Angie e tutte scoppiamo a ridere. «Non ridete, sono seria!» Ride, scandendo bene le parole. «Dovresti scegliere un maschietto, non da bere!» Riesce a dire in fine e riprendiamo a ridere.

Mi guardo rapidamente attorno. «Okay, okay. Allora scelgo lui!» Esclamo allegra, indicando un tipo dai baffi improponibili.

«Pikachu, scelgo te!» Mi fa eco Sheila, lanciando un'invisibile sfera poke'. E di nuovo tutte a ridere.

«Ssh, ssh! Buone, ne arriva uno» Ci zittisce Angie, con ampio gesticolare. Immediatamente cerchiamo di trattenere la ridarella, cercando contemporaneamente di assumere una posa seducente. Ma quanto siamo allegre 'sta sera?

«Cosa posso offrirvi, belle fanciulle?» Un tipo in t-shirt verde viscido si poggia al bancone rivolto a noi.

Sento Sheila esclamare lusingata: «Ci ha chiamato belle fanciulle!»

La ignoro, rivolgendomi al tipo. «Ah, io voglio quel coso effe... effarveccen... con le bollicine color lime» M'entusiasmo, additando energicamente il suddetto cocktail.

Il tipo fa un sorrisetto di circostanza e allunga una banconota al barista. «Un "coso con le bollicine color lime" per la signorina» Poi torna a rivolgersi a noi. «Allora, baldoria 'sta sera, eh?»

«No», risponde Angie. «Siamo qui in missione» Spiega, impettendosi e noi prendiamo ad annuire con vigore, appoggiandola.

«Ma non mi dite» Fa lui, con palese noia camuffata. «E che tipo di missione?»

«Siamo in missione per conto di Dio!» Cita Sheila, levando il braccio al soffitto con fin troppo entusiasmo.

«Siamo in cerca di un uomo, ma è un segreto» Gli rispondo, avvicinandomi a lui e abbassando la voce con fare complice.

«In cerca di un uomo?» Domanda ancora, lievemente più interessato.

«Il "coso lime con le bollicine" per la signorina» S'intromette il barista, porgendomi il drink. Lo afferro avida, allontanando da me il bicchiere vuoto e annuisco al tipo. «Sto cercando un maschietto da presentare alla mia famiglia questo sabato» Gli rivelo, osservando l'effervescenza ipnotica del cocktail. «Tu che fai sabato?» Chiedo poi serissima, tra le risate delle ragazze, sorseggiando dalla cannuccia. Lui resta sbigottito qualche momento, poi lo vedo che comincia a indietreggiare, borbottando qualche scusa. Potrei giurare d'averlo sentito imprecare e dire qualcosa come "Tutte le matte a me?" Ma non ha importanza, noi continuiamo ad essere fiduciose. E continuiamo ad esserlo anche quando ci cacciano dal locale perché è ora di chiusura; e ancora quando vaghiamo per la città alla ricerca di altro alcol, ma troviamo tutto serrato. Siamo del tutto euforiche, invece, quando individuiamo un negozietto aperto h24 e possiamo far scorta di alcolici; e lo siamo ancora di più quando attacca a diluviare e non si vede l'ombra di un taxi, quindi ce la facciamo a piedi fino a casa, saltellando e cantando a squarciagola "It's raining man!", anche se di uomini manco a pagarli.

«Non è una cattiva idea!» Esclama d'un tratto Angie, bloccandosi sotto la pioggia.

Di che sta parlando?

«Stai scherzando.» Commenta Sheila, fermandosi anche lei.

Ma solo io noto che stiamo ferme sotto il diluvio universale? Nonostante la voglia di correre a casa, mi fermo di conseguenza a loro, cercando di capire di cosa stanno parlando.

«No che non scherzo: non è affatto una cattiva idea» Continua la bionda, sempre più sicura di sé.

«Ma di che state parlando?» M'intrometto.

«Di quello che hai detto tu» Fa sbrigativa Angie, mentre mi già di vedere il criceto nella sua testa che sfiata per la troppa corsa.

«E che ho detto?» Sono decisamente confusa, visto che non ho aperto bocca, se non per cantare.

«Massì, degli uomini che manco a pagarli» Spiega irritata, come se stesse parlando con una completa idiota.

"Degli uomini che manco a pagarli"? Ma l'ho detto ad alta voce? E pian piano si fa strada in me la consapevolezza di quel che sta proponendo. «Stai scherzando.» Commento l'ovvio, serissima.

«Non farmi eco» Si lamenta Sheila in tono infantile.

Sotto la pioggia pungente e copiosa, Angie ci fa un sorrisetto furbo e ci lancia uno sguardo complice. «Muovetevi!» Ci sprona, prendendo a correre. Che altro possiamo fare se non seguirla ridendo? Tre cretine che zompettano allegre sotto la pioggia alle quattro del mattino. Chissà cosa penserebbero le persone di noi, se solo ci vedessero.

 

Un fastidiosissimo e troppo acuto trillo mi fa scoppiare la testa. Dove sono? Apro un occhio e me ne pento all'istante quando la luce mi distrugge la cornea. Voglio morire. Un accenno di nausea mi fa girare di lato e mi rendo conto solo in questo momento che sono per terra. Dio, se è scomodo questo pavimento! Sono a pezzi. Mi fa male la testa, le ossa mi sembrano tutte rotte, la nausea non vuole saperne di lasciarmi e questo stramaledetto trillo è incessante. Alla fine capisco che deve trattarsi del campanello della porta. Mio Dio, ma che ore sono? Mi alzo lentamente, sforzandomi di aprire gli occhi e puntandoli sulla sveglia. L'orario lampeggia allegro: le 07:13. E' l'alba, cavolo. Chi diavolo si mette a suonare insistentemente all'alba?

«Fallo smettere» Biascica Angie e riesco ad individuarla sul letto. Com'è che lei ha dormito sul letto, mentre io per terra? Mi sa che ieri ci siamo prese davvero una bella sbronza. Che abbiamo fatto, poi?

L'ennesimo trillo mi trafigge dolorosamente il cervello e Sheila mugola, mentre Angie si schiaccia il cuscino sulle orecchie.

Okay, ho capito. Svogliatamente mi alzo dal pavimento e mi avvio all'ingresso. Ancora un trillo. «Arrivo, arrivo» Mormoro arrabbiata. Chiunque sia a quest'ora del mattino, giuro che lo uccido.

Dalla camera proviene il grido di Angie. «Cazzo, sono le sette!» La immagino mentre scatta subito sull'attenti e sento anche Sheila imprecare. Eh, già che è appena giovedì. Le ragazze oggi lavorano.

Mi avvicino alla porta e osservo dallo spioncino, ma tutto quel che riesco a scorgere è una chioma bionda perfettamente laccata.

«Chi è?» Chiede Sheila, giungendomi alle spalle mentre si stropiccia gli occhi. Arriva anche Angie, con la stessa domanda nello sguardo. Faccio spallucce, mentre mi rendo conto che l'unico modo per rispondere alla domanda è aprire. Un nuovo trillo mi fa sobbalzare e apro la porta un po' troppo in fretta. Resto a bocca aperta, mentre osservo il tipo di fronte a me. E' di una bellezza disarmante, altissimo e bello grosso. 

Lui mi guarda qualche istante spaesato e poi sorride. «Nick Gray. Caroline, giusto?» Chiede, affascinante.

Nick Gray? Perché questo nome non mi suona nuovo? Poi, nella mia mente, balena un flash di ieri sera. Oh, cazzo. Oh mio Dio. Mi porto la mano sul viso, osservandolo sbigottita. Poi agisco d'impulso. E gli chiudo la porta in faccia.

  
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