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Autore: Eruanne    14/02/2014    10 recensioni
Un Regno circondato da montagne e brughiere desolate dimenticato da molti.
Una ragazza divenuta Regina a causa di un Fato inclemente.
Una richiesta d'aiuto contro un nemico ben noto caduta in mani lorde di sangue e sensi di colpa di un ritrovato Re sotto la Montagna.
La marcia ha inizio: porterà alla salvezza di entrambi?
Seguitemi in questo nuovo viaggio e lo scoprirete.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO TRE


Chi siede sul trono parla con voce limpida e chiara, seppur guastata dalla difficoltà con cui si esprime nella Lingua Corrente << Non siete Dain, Signore dei Colli Ferrosi? >>

Thorin incontra il suo sguardo e alza fieramente il capo, muove due passi avanti << Siamo i Nani di Erebor, venuti a rispondere alla vostra richiesta di aiuto. Thorin Scudodiquercia è il mio nome. Voi chi siete? >>

Gli occhi nocciola si sgranano appena ma rimangono freddi, le mascelle si contraggono leggermente non appena capisce chi si trova al suo cospetto; le dita stringono di poco i braccioli di pietra nera al sentire la sfrontatezza nella voce del nuovo – eppure indesiderato - venuto. Non può crederci davvero, però sa che quel nano non mente perché non è Dain.

Inghiotte con difficoltà la bile che raschia la gola, e si accinge a parlare << La Regina di Ered Mithrin. >>

Thorin riduce gli occhi chiari in due fessure per poterla guardare meglio: è giovane, ma non così tanto da meritarsi l'appellativo di ragazzina. Concorda che, probabilmente, può essere coetanea di Fili.

Scaccia quel doloroso fantasma e torna a concentrarsi sugli occhi che lo scrutano minacciosi, gelidi come ghiaccio; paiono inghiottiti dal trucco nero presente sulle palpebre, si perdono impedendogli di capire se sono grandi oppure piccoli, se sono aperti o disgustosamente serrati. L'aiuta solo il luccichio dato dalla luce ammaliante e spesso ingannatrice dei bracieri. Non è la prima volta che vede una nana truccata, poiché rammenta ancora il giorno dell'unione di sua sorella con il marito: la giovane, spensierata ed affascinante Principessa di Erebor aveva stregato parecchi nani rudi, quella lontana mattina. La sua bellezza era stata sovente paragonata alle gemme più luminose e preziose del Regno, e Thrain e Rella ne erano sempre stati oltremodo orgogliosi.

Per lunghi attimi permette ai dolci ricordi di trascinarlo con loro, poi si riscuote: non è il momento. Non è il luogo. Non è lei.

Nota che sul capo è posata una corona di oro e di quelli che paiono rubini fusi che creano intarsi geometrici sulla superficie liscia; constata che non è massiccia quanto quella che gli appartiene, perciò deduce sia appartenuta alla precedente regina e risalga ai tempi in cui il Regno di Ered Mithrin era molto più potente e ricco. Non si perde in ulteriori riflessioni, torna a concentrarsi sulla misteriosa donna; i capelli scuri non sono liberi ma acconciati sulla nuca, tipico segno di vedovanza: dunque è la Regina Reggente da quando il consorte è deceduto, non per altri motivi. Lo sbigottimento iniziale pare scemare, e sa che anche i compagni la pensano allo stesso modo: è oltremodo insolito per una nana governare, e il sapere che ciò ha una causa e non è progettato dal principio li conforta.

Un'ombra massiccia si muove ai suoi piedi catturando la sua attenzione: sconcertato, punta gli occhi in quelli pericolosamente gialli e affilati di una belva. Di un grosso Mannaro dal manto del colore della notte più nera. Spalanca le fauci e sbadiglia, si accorge di quelle presenze estranee nel suo territorio, bassi ringhi salgono dal suo stomaco e trovano compimento quando si infrangono sui denti aguzzi, liberandosi nell'aria dannatamente statica, sospesa. Ognuno attende, ognuno freme. La regina bisbiglia qualcosa e l'animale si placa un poco, però Thorin non riesce a rilassarsi: per la centesima volta si domanda in quale assurda situazione si è cacciato, in quale strana e così straniera circostanza ha cacciato tutti loro. L'ostilità che lei emana nei suoi confronti è pari alla sua voglia di rimangiarsi ogni parola e tornarsene a Erebor: e, per Mahal e tutti i Valar, è un desiderio veramente allettante.

Il lupo si è alzato e, dai gradini, troneggia maggiormente sull'assemblea; rimane placido mentre la giovane gli allunga una breve carezza dietro le orecchie, come farebbe una qualsiasi padrona nei confronti del suo animale domestico. Eppure vi è qualcosa che non lo convince del tutto, se ne accorge troppo tardi: non è un gesto d'affetto, ma un comando sapientemente nascosto. Difatti, una volta staccatosi dal contatto, inizia ad avanzare verso il basso mostrandosi in tutta la sua spaventosa e maestosa grandezza; gli si avvicina, e a Thorin non rimane altro che alzare fiero il capo senza mostrare vacillamento né timore. Si studiano, ogni muscolo è pronto a scattare, la mano sinistra indugia nello sfiorare il manico di Orcrist; il lupo lo annusa e, lento, gli gira attorno, distogliendolo dalla figura seduta sul trono che, malignamente divertita, finalmente decide di parlare.

<< Dovete perdonarlo. Non è abituato ad estranei. >>

<< Nemmeno noi. >> borbotta Dwalin, stringendo i pugni nel vedere quella disgustosa e pulciosa bestia gironzolare attorno all'amico.

Dopo secondi che paiono ore quella passa oltre, superando Thorin per dirigersi verso gli altri.

<< Posso immaginarlo >> si affretta a dire il Re di Erebor, sperando di ricondurla da lui prima che il tutto precipiti e tentando di rimediare alla schiettezza del parente << ma siamo giunti qui in pace, in risposta alla vostra richiesta d'aiuto. Gradiremmo conoscere i dettagli il più presto possibile, e partecipare all'organizzazione della difesa della montagna. >>

Ognuno dei nani lo studia, sposta con discrezione lo sguardo verso la regina, in muta attesa; lei inclina la testa di lato, schiude le labbra << Non ora. >>

Thorin stringe un attimo le labbra, preparandosi a ribattere con ferocia che non c'è tempo da perdere e che, se vogliono salvare quel misero regno e il suo misero popolo, occorre agire in fretta perché gli orchi non aspettano.

Lei capisce il suo disappunto, ed un sentimento di fastidio e collera monta nel petto; si costringe a calmarsi, perché così ha promesso.

Perciò si sbriga a terminare la frase, prima che l'ospite fraintenda << Sarete miei graditi ospiti a cena, e allora discuteremo di ogni dettaglio. Ora verrete scortati nelle vostre camere e sarete chiamati al momento stabilito; nel frattempo vi consiglio di riposarvi. >>

Ad un suo cenno con la mano destra alcuni servi e serve si mostrano, quasi come comparsi per magia dalla profondità delle tenebre che avvolgono il luogo. Thorin però non ha ancora terminato e, caparbio, muove qualche passo in avanti; com'è prevedibile il lupo nero inizia a ringhiare feroce, un avvertimento che lo obbliga a malincuore ad arrestarsi.

<< Prima di congedarmi, mia signora >> inizia, accennando un lievissimo inchino col capo che la donna interpreta come scherno << intendo conoscere il nome di colei che mi ha convocato e desidero sapere se i miei soldati sono stati condotti al riparo, negli alloggi assegnati. >>

La frase la spiazza, lo nota meglio ora che è più vicino al trono, a pochi passi dai suoi bassi gradini; la vede arrossire di rabbia e cercare con lo sguardo una figura alla sua destra e, seguendola, nota un nano anziano che annuisce impercettibilmente; di riflesso, si permette di espirare.

<< I vostri uomini sono già sistemati >> lo informa, fredda << mancate solo voi. In quanto al mio nome, non vedo come possa realmente interessarvi; comunque parlate con Nora, sovrana del regno. E adesso... >> lascia volutamente la frase in sospeso, facendogli intendere che non tollererà altre intrusioni.

Thorin sbuffa contrariato, notando quanto sia particolarmente affettuosa l'ospitalità di quei nani; non le rivolge alcun inchino, la sfida con gli occhi a redarguirlo finché segue il servo, finché non lascia la Sala del Trono alle spalle.

Solo allora si permette di guardare Dwalin; si scambiano un'occhiata, condividendo come sempre i medesimi pensieri e timori.

Devono stare attenti.

Molto attenti.




Espirò pesantemente e portò una mano alla radice del naso, massaggiando il punto caldo che doleva da morire; lo sguardo cadde sulle cosce coperte dalla stoffa rosso cupo finché non trovò la forma solida della corona. La sfiorò con la punta delle dita, provando un immenso sollievo nel sentire il metallo freddo al tatto; aveva bisogno di pensare eppure, allo stesso tempo, era stanca. Non aveva fatto altro da quando aveva congedato gli ospiti e i suoi consiglieri, rimanendo sola nella grande Sala del Trono.

Tentò di relegare in un angolo remoto la rabbia e il disgusto verso Thorin Scudodiquercia preferendo concentrarsi sul problema degli orchi e sulla possibile battaglia che, presto, si sarebbe scatenata ai piedi del suo regno. Lo stesso regno che per numerosi secoli era rimasto nascosto agli occhi di tutti, dimenticato, menzionato solo nelle leggende e negli antichi e impolverati libri di storia.

Non era pronta a rivelare all'intera Terra di Mezzo la sua esistenza. Nessuno di loro lo era.

Ciò che non riusciva a comprendere era perché avessero deciso di attaccarli, in che modo ne erano venuti a conoscenza; e, fatto non meno importante, perché Dain avesse deciso di negare il suo aiuto quando, al contrario, glielo aveva assicurato. La sua firma, nero su bianco, ricordava il suo obbligo. Alzò un angolo della bocca, ilare: forse l'ultimo dubbio l'avrebbe fugato quella sera stessa grazie al nuovo salvatore.

Entrambe le mani strinsero con foga i braccioli lucidi e neri, tanto che le nocche sbiancarono visibilmente; sentì di tremare e s'accorse che il lupo la stava fissando quasi riuscisse a leggerle l'anima. I suoi occhi luminosi sembrarono ammonirla, ordinandole di respirare: e, inconsciamente, eseguì.

Animale e donna si guardarono negli occhi lunghi istanti, e solo dopo che lei abbassò il capo per prima in ringraziamento quello tornò ad accucciarsi a terra. Vi era uno strano rapporto tra loro, non lo negava; ma, in fin dei conti, ciò non capitava tra due esseri che non si appartenevano? Si erano trovati insieme a causa di circostanze esterne ed estranee alla loro volontà; poco importava se si conoscessero da lunghi anni, da che lei ne aveva memoria: non le era mai appartenuto. Non era il Re. Una dolorosa morsa al cuore le spezzò il respiro, ma la scacciò quando udì rimbombare dei passi e l'inconfondibile tintinnio di una spada al fianco; indossò la corona e mutò espressione, tornando la regina imperscrutabile conosciuta all'interno di quelle mura.

Le ombre danzanti presero forma di un giovane nano di bell'aspetto dalla folta chioma color del grano; avanzò senza timore finché non raggiunse il lupo, rivolgendogli un rigido cenno col capo che l'animale sembrò apprezzare. Poi si rivolse a lei: portò la punta delle dita a toccare le palpebre abbassate e allungò le mani avanti a sé, nella direzione della sua sovrana.

<< Novità, Hagan? >>

<< No, mia signora. Le sentinelle non hanno scorto nulla, e io con loro; i fuochi sembrano spariti, inghiottiti dalla terra o dissolti nel cielo >> l'informò cupamente.

<< Non è confortante. Mi domando dove possano essersi rintanati >> sussurrò la giovane, afflosciando le spalle irrigidite << Tu pensi abbiano lasciato perdere qualsiasi tentativo di conquista? >> domandò, una flebile speranza nella voce.

<< Vuoi la verità? >>

<< Non mi aspetto altro da te, Capitano. Dì quel che devi. >>

Lo sguardo di Hagan non vacillò mai, nemmeno di fronte a quella brutale verità che, tuttavia, le avrebbe aperto gli occhi << Credo si stiano organizzando per la più imponente battaglia che gli Ered Mithrin abbiano mai visto. Dovremo essere pronti, perché quando arriveranno saranno brutali e spietati; non risparmieranno nessuno. >>

Alla frase, lo sguardo della giovane saettò sul suo viso e Hagan poté giurare di vederlo pieno di terrore. Sbatté le palpebre per ritrovare il contegno perduto, ma i tremiti incessanti e freddi che le percorsero il corpo furono ben difficili da cacciare. Annuì più volte e si alzò dal trono, scendendo i bassi gradini che la separavano da lui; quando si ritrovò ad un paio di passi gli fecce cenno di alzare il capo, poiché impegnato in un profondo inchino.

<< Il... Re di Erebor è assolutamente indispensabile, dunque. >>

Il tono disgustato non sfuggì alle orecchie del nano e, suo malgrado, si ritrovò ad annuire << Senza i suoi uomini non abbiamo speranze. I nostri soldati sono troppo pochi, e non possiamo chiedere agli anziani o ai giovani di imbracciare le armi: non abbiamo sufficiente tempo. >>

<< Non l'avrei chiesto comunque, giacché alcuni hanno visto troppi inverni, altri troppo pochi. Gli orchi non sono nemici da sottovalutare, ed ogni soldato impreparato equivale ad una loro vittoria. Non posso permetterlo >> strinse involontariamente i pugni, ma il Capitano ebbe cuore a non commentare.

<< Non accadrà >> ribatté fermamente il nano, portandosi il pugno destro al cuore << lo giuro sulla mia vita. >>

La sovrana alzò un angolo della bocca in un sorriso riconoscente << Ti ringrazio, Hagan, ma spero non ce ne sia bisogno. >>

<< Tu come stai? >> le domandò, dopo lunghi attimi di silenzio in cui entrambi si isolarono per riflettere.

Stavolta il sorriso si fece più ampio << E' il Capitano o l'amico che lo vuol sapere? >>

Alla risposta non poté far altro che imitarla, donandole un sorriso sincero seppur stanco << Entrambi, lo sai. Ma credo più l'amico >> concluse, strizzando l'occhio sinistro.

Si lasciò sfuggire un pesante sospiro, e intrecciò le dita delle piccole mani << La testa pare scoppiarmi di dolore e sono confusa, spaventata, arrabbiata. Molto arrabbiata. >>

<< Posso capirne il motivo >> si ritrovò a mormorare, venendo udito.

Strinse la mascella e inspirò a fondo << Non erano la tua famiglia, Hagan >> sibilò, furiosa.

<< Nora - >> tentò di parlare ma non glielo permise.

<< Abbiamo finito di discutere. Ti attendo a cena, dove sarai presentato agli ospiti e potremo discutere di una strategia di battaglia >> ordinò brusca, sorpassandolo per uscire dalla sala.

Hagan volle raggiungerla, fermandola per un braccio, ma il lupo parve capire le sue intenzioni perché si alzò di scatto dal pavimento di pietra mostrando le zanne scoperte e appuntite.

Nora si voltò, guardandolo freddamente e con superiorità: era tornata la donna imperscrutabile a cui aveva giurato fedeltà un anno addietro e per la quale avrebbe dato la vita, se necessario; eppure nella sua anima sapeva esserci ancora la principessa Nora. Ora, solo poche persone potevano ritenersi così fortunate da vederla, e lui non era tra queste; lo era stato – e in rari momenti lo era ancora – ma era irrimediabilmente cambiata da quando era salita al trono. Erano cambiati tutti con violenza, quel lontano giorno.

<< Andiamo, Khael. >>

Il lupo gli donò un ultimo sguardo guardingo con i suoi pericolosi occhi gialli e poi seguì la sua Regina, confondendosi tra le ombre nere.



E' immersa nel mondo dei sogni. Non ricorda da quanto tempo non sogna la sua infanzia, e si ritrova a commuoversi; inoltre, è da molto tempo – un anno e tre mesi, per la precisione – che non si sveglia durante la notte. Eppure, adesso, qualcuno la chiama e la scuote piano ma con fermezza e viene strappata ai suoi sogni così vividi e belli da sembrare reali; oh, quanto vorrebbe fossero tali! Ma tutta la sua vita è cambiata da un giorno all'altro e lei non è riuscita a far nulla; si è trovata a capo di un regno dovendo fare i conti con i sudditi e ciò che restava della sua famiglia.

<< Mia signora! Mia signora! >>

Apre gli occhi e scorge il volto di Gilla, la sua dama di compagnia; indossa un mantello sopra la camicia da notte, e pare angosciata. Ciò la desta del tutto, e si affretta a chiedere cosa succede.

<< Il Capitano Hagan è qui fuori, mia regina; chiede di vedervi, dice che è urgente. Molto urgente! >>

<< D'accordo >> mormora, scostando le coperte dal corpo; si siede sul materasso e poi si alza in piedi, mentre il cuore inizia ad accelerare i suoi battiti: se Hagan ha chiesto di vederla in piena notte significa che è accaduto qualcosa di grave << Aiutami ad intrecciarmi i capelli, non occorrerà una pettinatura elaborata. E portami la vestaglia e il mantello più pesanti che ho. >>

<< Sì, mia signora. >>

Gilla fa come richiesto e, dopo dieci minuti, è pronta per incontrare il soldato; lo trova nel salottino, davanti al focolare acceso mentre è intento a scaldarsi le mani. Indossa il mantello di pelliccia, il che significa che è appena rientrato tra le mura calde del palazzo dopo aver trascorso del tempo all'aperto.

La sente camminare verso di lui, si gira e inchina la testa frettolosamente, salutandola poi con il rito proprio della loro gente.

<< Che succede? >>

<< Mi rincresce svegliarti, mia signora, ma devi venire con me. C'è una cosa che devi vedere, là fuori. >>

Lo stomaco le si stringe doloroso, mentre uno spiacevole presentimento si fa strada nel cuore; conosce molto bene il soldato, sa per certo che deve trattarsi di una faccenda importante e delicata di cui, giustamente, non vuol parlare lì. Le sue stanze sono sicure – ella stessa se ne preoccupa per prima – ma è sempre meglio essere prudenti, specie in quei tempi. Annuisce e si ritrova a seguirlo lungo i vari corridoi e scale mal illuminati, salgono sempre più finché non raggiungono una porta di ferro. Prima di uscire, Hagan prende una lanterna e si volta a guardarla, illuminandole il volto teso e pallido.

<< Copriti bene, fuori il vento è pungente. >>

Non attende risposta perché si volta, la mano stringe la maniglia e tira verso di sé, aprendola. Una raffica la raggiunge in pieno volto facendole lacrimare gli occhi e congelare il naso, però questo non la ferma. Deve sapere. Deve vedere. Esce, ed il paesaggio mozzafiato le toglie il respiro; le stelle sono tantissime, puntini lontani e freddi nell'oscurità più nera della notte. Riconosce il Vecchio Astro e la Vecchia Madre, uno accanto all'altra e più luminosi di tutte le altre stelle, ma poi dei movimenti attirano la sua attenzione: nota due sentinelle, una anziana ben nota e una, giovane poco più di lei, che le rivolgono grandi inchini e mostrano un ossequioso rispetto.

<< Perdonaci, maestà >> si scusa l'anziano, non guardandola in volto.

<< Non hai nulla di cui scusarti, Bemli; non se è importante. >>

<< Lo è, signora. >>

Lei annuisce, e gli rivolge un piccolo sorriso di incoraggiamento; conosce Bemli da quando ne ha memoria ed è certa si tratti di una cosa importante quando nota la sua espressione seria e tesa, che le smorza il sorriso sulle labbra rosee.

<< Mostrami quel che devi. >>

<< Osservate laggiù, verso ovest. >>

Nora segue il percorso del dito e si blocca, schiudendo le labbra; una luce flebile e aranciata si intravvede appena nella Piana di Angmar. Il fiato le si spezza e per alcuni lunghi secondi non riesca ad articolare nulla, nemmeno un pensiero; poi si rivolge ai due nani.

<< Sono fuochi? >>

<< Yar, mia signora. Pensiamo lo siano >> le risponde Bemli, grattandosi pensieroso la lunga barba grigia.

<< Lo sono indubbiamente, maestà >> interviene Tosur, indicando poi il grande braciere alle sue spalle << I colori sono del tutto simili alle fiamme del fuoco. >>

Lei annuisce greve << Da quanto tempo li avete notati? >>

<< Da poco più di mezzora, e ho immediatamente mandato Tosur ad informare il Capitano. >>

<< E' così >> interviene il suddetto, puntando lo sguardo ai bagliori << ma ora paiono essersi smorzati un poco; forse si sono diretti dalla parte opposta. >>

<< E' quello che speriamo tutti. >> borbotta il più anziano del gruppetto, sconsolato.

Nora e Hagan si scambiano un'occhiata, capendosi: nessun posto può essere più sicuro della vedetta per parlare di quell'argomento delicato.

<< Avete fatto un buon lavoro, io per prima ve ne sono immensamente riconoscente. Ora, sareste così gentili da lasciarci soli qualche minuto? >>

Bemli e Tosur annuiscono, e dopo un breve inchino col capo se ne vanno lasciando soli i due giovani; Nora si stringe inconsciamente nel tepore del mantello mentre osserva quel cattivo presagio.

Rimangono in silenzio a lungo, i volti concentrati e apparentemente persi ed assenti finché non è lei a spezzare il silenzio << Verranno qui, non è vero? >> sussurra, senza voltarsi verso il viso del nano.

Lui, al contrario, sposta gli occhi verdi su di lei, soffermandosi sulla treccia frettolosa – alcuni capelli sono sfuggiti e seguono il percorso del vento – attorcigliata alla nuca; gli occhi e le palpebre non sono truccati mostrando chiaramente quanto quel viso sia giovane, e anche la corta barba castana lo dimostra: le donne non l'hanno folta quanto gli uomini, dato che alcune posseggono solo le basette, altre un po' di pizzetto e altre ancora - come Nora – un leggero e sottile velo di peluria.

Conscio di doverle rispondere, cerca di rimediare in fretta poiché sa quanto non ami attendere, specie se è una risposta tanto importante << Non voglio mentirti quando dico che non ne sono certo. Forse, o forse no. >>

<< Allora dobbiamo scoprirlo; mandiamo dei ricognitori. Penserai tu al numero e a chi inviare. >>
<< Come comandi. Ma credo sia opportuno pensare già ad un piano di difesa e d'attacco, in questo caso; non possiamo permetterci di giungere impreparati, se verranno. >>

<< Dobbiamo convocare i consiglieri e discuterne immediatamente >> a dispetto del tono calmo, Hagan ne intuisce la scontentezza e non può fare a meno di sogghignare.

<< Saranno deliziati di un risveglio in piena notte. >>

Nora fa una smorfia di scherno << Probabilmente raggiungeranno la Sala del Consiglio a mezzodì. Sempre se vorranno degnarmi della loro presenza. >>

<< Yar, forse. Però potrai sempre contare su mio padre, lo sai. >>

La regina si permette un lieve sorriso << Garan potrebbe essere l'unico a presentarsi, già >> sbuffa e si friziona le braccia con le mani per scaldarsi << Non mi importa, devono essere avvertiti immediatamente tutti quanti, dal primo all'ultimo. Non accetterò rifiuti. >>

<< Mi assicurerò che eseguano, mia signora. >>

<< Lo so. Andiamo, sarà una lunga notte, e una ancora più lunga giornata ci attende >> distolse a fatica gli occhi nocciola dal bagliore lontano e, col cuore gonfio di pena e paura si incamminò da dove erano venuti, ascoltando i passi pesanti del soldato alle sue spalle.


Esattamente un'ora dopo Nora e Hagan siedono nella Sala del Consiglio, attendendo che i nani arrivino per essere ragguagliati; con immenso compiacimento non devono aspettare molto perché ecco che, dalla porta, compare la figura bassa e tozza di Garan, padre del Capitano.

<< Mia regina >> la saluta, inchinandosi << Figlio >> aggiunge, sedendosi alla sua destra.

<< Benvenuto, Garan. >>
<< Dunque è vero? Si scorgono bagliori a ovest? >>

<< Precisamente, ma vorrei aspettare gli altri prima di raccontare: preferirei parlare una volta soltanto. >>

<< Come è giusto, mia signora >> un'altra voce, untuosa e sgradevole – al contrario di quella di Garan, profonda e dura – si aggiunge al trio; due figure fanno la loro comparsa, anche questi padre e figlio.

Nora reprime un moto di stizza nel vederli, ma non può far nulla: erano consiglieri già prima che si insediasse, e senza una valida motivazione non può cacciarli.

Li osserva prendere posto, notando le facce stanche e tirate di chi è stato fatto scendere dal letto troppo presto, e sapere che lei ne è l'artefice la rinvigorisce; finalmente giunge l'ultima coppia di nani e, ora che sono tutti seduti, a lei non resta che raccontare ciò che ha visto.

Man mano che procede nel succinto racconto nota i loro volti farsi attenti, le posture si irrigidiscono e le sopracciglia si corrugano; infine, cala il silenzio.

<< Per Mahal >> borbotta preoccupato Sisil, l'anziano consigliere << Ciò è orribile! >>

<< Suvvia, non significa nulla! >> interviene lo sgradevole Fanus, uno scintillio strano nei piccoli occhi acquosi neri come pece << Non prova che stiano venendo qui. >>

<< Potrebbero, mastro nano. >>

<< Mio caro ragazzo >> continua, rivolgendo un sorrisino compassionevole all'indirizzo di Hagan << nessuno, e ripeto nessuno, è a conoscenza della nostra presenza, e del regno. Di questo siamo sicuri. >>
Hagan si sta spazientendo, Nora se ne accorge; e, prontamente, decide di parlare << Potremmo esserci sbagliati. Eravamo convinti della nostra invisibilità, ci siamo crogiolati nella sicurezza troppo a lungo. Non vorrei dirlo, ma penso proprio che dovremo prepararci al peggio, miei signori: gli Ered Mithrin non sono più sicuri. >>

<< Sciocchezze! >> esclama Fanus, ricevendo una dura occhiata dalla maggior parte delle persone presenti << E' dall'anno 2570 della Terza Era che siamo nascosti come topi tra queste catene montuose! È semplicemente inaudito che ora un gruppo di orchi voglia attaccarci! >>

Un borbottio di assenso si leva dal gruppo ma stavolta è il giovane Hagan a prendere la parola << Dobbiamo vagliare tutte le possibilità. E una di queste prevede che vengano ad attaccarci >> dice calmo, seppur gli occhi lo tradiscano.

<< Dimmi, Capitano >> interviene un nano poco più vecchio di lui, seduto accanto a Fanus << hai provveduto a spedire dei ricognitori? >>

<< Certo, Doiran >> risponde glaciale il soldato, assottigliando lo sguardo verde << per ordine di sua maestà la regina. Ne sono stati inviati due a piedi e due a cavallo di lupi, cosicché possano battere meglio il territorio alla ricerca di tracce. >>

<< Siete soddisfatti? >> domanda ironica Nora vedendo che, almeno Doiran, mostra la decenza di abbassare gli occhi << Ora, ipotizziamo che la minaccia diventi reale: come procederemo? >> chiede, volendo coinvolgerli.

Garan stringe i pugni sul tavolo di pietra, combattivo << L'unica soluzione è scendere in battaglia. >>

<< Padre, non abbiamo sufficienti uomini, e i soldati non si moltiplicano dal giorno alla notte. >>

Un silenzio denso scende nella sala; ciascuno pensa a possibili soluzioni, una più improbabile dell'altra, fino a quando non se ne staglia una. Nessuno la espone, o non subito: non ne hanno il coraggio. Hagan raccoglie la sua determinazione, si gira verso la sovrana che, nel mentre, ha giunto le mani sotto al mento, incurante dell'etichetta; molto probabilmente è arrivata alla medesima soluzione, ed è comprensibile ne sia sconcertata tanto quanto loro.

<< Servirà l'aiuto dei Colli Ferrosi. >>

Gli occhi nocciola si sgranano di poco, sbatte le ciglia parecchie volte; si gratta inconsapevolmente la pelle della mano sinistra come ogni qualvolta è nervosa, ma nessuno se ne accorge: tutti guardano il soldato.

Lo sbigottimento è palpabile, nessuno sembra raccapezzarcisi; significherebbe la venuta di estranei nel loro regno. Certo, i Colli Ferrosi sono a conoscenza della loro esistenza ma, come da patto, non hanno mai valicato i loro confini. E ora si chiede non solo di passarli, ma addirittura di insediarcisi?

<< Assurdo, semplicemente assurdo >> borbotta Fanus e, per la prima ed unica volta, Nora si trova d'accordo col viscido consigliere.

Eppure sa anche lei che non vi è altra soluzione. È lacerata, lo sente: da una parte la lealtà al suo popolo, a suo padre e ai suoi avi prima di lui, che tanto hanno fatto per proteggere le Montagne Grigie da altri indesiderati visitatori; ma, dall'altra, vi è la distruzione di tutto ciò che tanto hanno faticosamente ricostruito. I piatti della bilancia non sono equiparati, ne è consapevole. Abbandonarsi al passato o abbandonare il futuro?

Vorrebbe chiedere consiglio, ma non può: è sola. Il fardello della reggenza grava sulle sue spalle come mai è successo; solo lei deve decidere.

E mentre attorno alla sua figura china in se stessa si sta scatenando un acceso dibattito, accoglie quella soluzione che potrà salvarli. O, almeno, spera.

<< Sia.>>

Di nuovo cala il silenzio, nessuno osa fiatare. Si sente trafitta da quegli sguardi allibiti però non si mostra indecisa, tutt'altro: alza il mento, fiera, e guarda ciascuno dei nani soffermandosi su uno in particolare.

<< Spediremo una richiesta di aiuto, sperando venga accolta; nel frattempo prepareremo delle strategie, qualsiasi mossa che possa aiutarci. >>

Fanus sbuffa forte per attirare l'attenzione, ci riesce << Mia signora >> comincia, fin troppo lusinghiero << non sappiamo neppure se siamo il loro obiettivo. >>

Una sorda collera minaccia di infiammarle l'animo e, solo in parte, riesce a contrastarla << Vuoi attendere che attacchino le Porte, per convincerti? Desolata, non aspetterò tanto. >>
<< Pazienta finché i ricognitori non tornano, regina. Non agiamo incautamente. >>

Nora assottiglia gli occhi verso Sisil, mentre sente gli eventi scorrere troppo velocemente dalle dita << Ascoltatemi, tutti voi! So bene quanto questa idea non incontri il vostro favore, perché i dubbi che provate sono i medesimi che mi colgono. Per centinaia di anni abbiamo mantenuto questo segreto, però adesso... adesso si presenta una grave minaccia che, se non arginata in tempo, porterà tutti noi alla rovina. Pensate alle vostre famiglie, ai risultati ottenuti negli anni, a tutto quello che abbiamo costruito con le nostre sole forze! Desiderate che tutto venga distrutto? Volete rivedere questo posto lambito dalle fiamme come l'ultima volta? >>

<< Maestà, stavolta non si tratta di draghi, bensì di meri orchi. Il regno è all'interno delle Montagne, e le Porte sono spesse e resistenti. Perché non barricarci e attendere che finisca l'assedio, se si arriverà a tanto? >>

<< Ben detto padre >> rincara Doiran << Non riuscirebbero ad entrare e noi saremmo salvi. >>

<< Sei uno sciocco se pensi questo, Doiran >> lo rimprovera Hagan, lanciandogli un'occhiata di puro fuoco << Le Montagne sono il nostro rifugio, è vero, ma abbiamo anche bisogno della luce del giorno e di ciò che sta all'esterno; per questo usciamo coi nostri lupi. Gli orchi sono creature tenaci, un misero assedio potrebbe diventare lungo e insopportabile per noi quanto per loro; diverrebbero irascibili e farebbero di tutto per entrare: troverebbero le altre porte nascoste – più sottili e vulnerabili – e le distruggerebbero. >>

<< Nessuno conosce gli orchi quanto te, Hagan >> parla Nora, ringraziandolo internamente per la solidarietà << Vorrei lo capiste anche voi, e che pensaste essere l'unica soluzione. Credetemi, se potessi trovare un altro modo piuttosto che chiamare Dain qui... >>

<< Lo attueresti. Lo sappiamo, maestà. >>

<< Ti ringrazio, Garan. Dunque, qual è il vostro verdetto? >>

<< Non abbiamo altra scelta, dico bene? >> dice sprezzante Sisil, uno dei più anziani << Mi ripugna questa idea, ma... per il bene del Regno, accetto. >>

<< Unicamente per il bene del Regno >> ripete Nora, cercando di non badare allo sguardo infuriato che le dona il nano.

<< Accetto anche io. Per il Regno >> la voce burbera di Malir si aggiunge, non le rivolge alcuna occhiata accusatoria, per sua immensa gioia.

Volta la testa verso sinistra, cerca i volti di Doiran e Fanus; il cuore sembra farsi strada attraverso il corpo, prega perché gli altri non sentano nulla tanto batte veloce. Le sembra di impazzire, vuole gridare loro di prendere una decisione, di non indugiare inutilmente in stupidi pensieri perché non v'è tempo.

Ed ecco, quando ogni speranza sembra scemare, Fanus si muove a disagio << Sia come dici, mia signora. >>

Immediatamente dopo anche il figlio si mostra d'accordo; annuisce, non dice niente. Nora non sa come interpretarlo ma si accontenta; non si aspetta una dimostrazione plateale di lealtà, non da loro due. La preoccupazione torna, riesce a rinchiuderla in una cella della mente sperando vi rimanga; sa che non accadrà, però le serve del tempo per pensare lucidamente.

<< Se tutto procede come programmato domani al massimo avremo qualche notizia dagli esploratori, e se entro sera non si faranno vivi invieremo lo stesso un corvo imperiale a Dain Piediferro. Ora occupiamoci di una linea difensiva. >>



Il giorno successivo giunge, e così anche la sera; dei quattro ricognitori ne tornano due, uno a piedi e malridotto e uno in groppa ad un lupo, ferito malamente alla gamba da artigli affilati. Nora viene subito informata, si presenta ella stessa alla Casa di Guarigione, posta ancora più in profondità nella montagna. Non appena i due nani la riconoscono tentano di alzarsi in piedi, ma le ferite non lo permettono, e nemmeno lei; ordina loro di sdraiarsi, e li esorta a raccontarle l'accaduto. Tenta di mantenersi distante e fredda, senza successo: sentire dell'imboscata e della brutalità con cui sono stati attaccati la paralizza, le mozza il respiro. Ascolta dell'uccisione disumana di cui sono stati partecipi, e le pare di figurarsi la scena: accerchiati, sono costretti a inginocchiarsi; il capo di quelle disgustose creature parla nella sua lingua raschiante e aspra, vuol sapere che fanno lì. Non ricevendo risposta decide di passare ai fatti: ordina che vengano trucidati solo due nani, gli altri servono come monito perché tornino da dove sono venuti e dicano che gli orchi si stanno muovendo, stanno venendo a prenderli.

Ciò che accade in seguito è un insieme di lame che cozzano e feriscono, di denti che dilaniano e inghiottono, di sangue che cola come un ruscello.

Nora desidera tapparsi le orecchie e fuggire, invece chiude gli occhi e respira lentamente per calmarsi.

Li ringrazia e si dispiace per i compagni deceduti e perché hanno rischiato la vita; i due le sono riconoscenti, necessitano di cure e lei li lascia alle sapienti mani dei guaritori.

Fa chiamare Hagan, è il momento di attuare il piano; tra le mani regge due foglietti di carta piegati con cura e pronti per essere spediti. Non attende molto tempo che il Capitano compare nella Sala del Trono, e insieme si avviano verso una terrazza scavata nel fianco della montagna, dove li attende un nano anziano incaricato di badare ai grandi e antichi corvi neri. Ne inviano due, per sicurezza; e mentre li osserva volare verso la destinazione prescelta, Nora si ritrova a pregare come mai in vita sua. Tutto dipende da loro, ormai. Si augura non incappino nei nemici.



Sono passati alcuni giorni, giorni nei quali Nora non è mai risultata più agitata e irrequieta; non prova piacere nel cibo, né sente il bisogno di dormire allontanando un attimo i pensieri che vorticano senza sosta. Come può riuscirci se, non appena chiude gli occhi, immagina orrendi scenari di morte, desolazione e paura? Nemmeno la sua famiglia riesce a distrarla, il che la demoralizza. Pensa costantemente ai corvi, a Dain, ai bagliori che paiono spariti ma che sa essere ancora presenti, da qualche parte là fuori.

Tamburella le dita sul marmo freddo del trono; non si è tolta la corona, gesto che compie ogni qualvolta si ritrovi sola. Il mal di testa la tormenta, stringendola nelle sue soffocanti spire; a stento ode i ringhi sommessi di Khael, così come a stento si accorge del soldato fermo ai piedi del trono, inginocchiato a terra e con la mano destra al petto.

<< Mia signora, i soccorsi sono arrivati. >>

Nora alza la testa di scatto, la speranza brilla come una delle fiammelle attorno a lei; ringrazia Mahal e tutti gli dei per questo dono inatteso, però quel che ode subito dopo la fa ripiombare nell'apprensione.

<< Purtroppo non si trattano dei Nani dei Colli Ferrosi. >>

<< Come sarebbe a dire? >> domanda, iniziando ad infervorarsi << Parla in fretta, te lo ordino! >>

Il giovane alza timoroso gli occhi alla sua figura per poi riabbassarli contrito, incerto se continuare o meno: ma la sua regina glielo ha ordinato, lui deve obbedire anche se non la renderà felice << Thorin Scudodiquercia si presenta come salvatore. >>

Di certo ha capito male, deve esserci uno sbaglio. Il Re di Erebor?

Aggrotta la fronte e stringe le mani a pugno, la rabbia monta prepotente: Dain ha infranto il patto e ha inviato il cugino, fautore della sua sofferenza e della sua dannata condizione. E ora lei dovrebbe accoglierlo a braccia aperte? Ah!

D'improvviso il pensiero del pericolo in cui verte la sua gente squarcia la cortina di dolore e ira; pur non volendolo ammettere lei ha bisogno di lui, e della asce e spade che porta. Di certo i suoi soldati sono in numero nettamente maggiore a quelli presenti negli Ered Mithrin, e questo può rappresentare un notevole vantaggio contro gli orchi.

Ripensa a Thorin Scudodiquercia e alla sofferenza che ha provocato tra quelle mura, alla disperazione che ne è seguita e che è presente ancor oggi, come un fantasma che non vuol abbandonare i propri carnefici e gli affetti che ama.

Si riscuote ricordandosi dell'uomo che attende una sua parola << Bene, portalo qui. Quanti nani ha al seguito? >> chiede, fredda come l'inverno più rigido.

<< Quattrocento, mia signora. >>

Un numero sbalorditivo, constata sorpresa. Solo i soldati di Scudodiquercia sono pari all'intera popolazione sotto il suo comando.

<< E' solo? >>

Il giovane la guarda perplesso, non comprendendo immediatamente la domanda; poi però scuote la testa << Viene con la sua Compagnia, e sono in dieci. >>

<< Capisco. Vai, torna laggiù. >>

Esegue e, una volta rimasta sola, chiama le serve affinché preparino le varie stanze; poco prima di congedare l'ultima, però, cambia repentinamente idea << Il sovrano di Erebor starà più comodo nella stanza dell'arazzo dorato. >>

La nana si inchina << Come comandi. >>

Oh sì pensa, tornando a sedersi sullo scranno in attesa dell'arrivo dei consiglieri e degli ospiti decisamente più comodo.





Il nano che lo condusse alla sala da pranzo si presentò in perfetto orario, e Thorin non poté far altro che seguirlo lungo quei corridoi fiocamente illuminati; si girò indietro numerose volte, e la sensazione d'essere costantemente osservato non gli piacque nemmeno un po', anche se lo reputò sciocco e privo di fondamento. Non vi erano che loro, e le ombre delle fiamme sui muri un tempo affrescati e ricoperti di arazzi ora sbiaditi.

Si stava lasciando suggestionare da quel luogo che sapeva di antico e desolato, tutto qui. E ciò era dovuto in buona parte alla totale assenza di nani: a parte qualche sporadico domestico – e i consiglieri che aveva avuto il piacere di conoscere – non vi era nessun altro, lì. Fatto che lo preoccupò più di quanto potesse esprimere.

Riuscì a calmarsi parzialmente quando Dwalin li raggiunse, vestito nel suo abito da cerimonia migliore; nonostante l'aspetto nobile, trasudava la caratteristica forza e durezza che Thorin apprezzava. Anche senza le sue asce o i tirapugni incuteva comunque soggezione, e ciò li avrebbe aiutati enormemente durante il corso della serata.

Non parlarono, per timore che il servo ascoltasse e riferisse tutto alla sua signora; non appena formulò quel pensiero fu inevitabile soffermarsi a pensare a quella nana così misteriosa, così fredda e autoritaria come ogni sovrano che si rispettasse. Lo incuriosiva, non lo negava: non tanto come nana in sé, avrebbe solo voluto dei chiarimenti riguardo il suo popolo e il suo regno del quale non avevano mai sentito parlare. Come erano sopravvissuti alla terribile devastazione operata dai Draghi del Nord? Come erano riusciti a ristabilirsi lì e a convivere con la Brughiera Arida e il luogo ostile? Quali tecniche avevano adoperato per sopravvivere finora?

Dubitava fortemente di riuscire a relegare l'orgoglio per chiederglielo, e sospettava che lei non volesse rispondergli; aveva inteso chiaramente che non era ben accetto, anche se il motivo gli era sconosciuto. Vi aveva pensato a lungo e a fondo, mentre passeggiava avanti e indietro nella stanza assegnatagli, però non era giunto a nessuna conclusione; come poteva essere responsabile di qualcosa che mai aveva commesso? Come poteva suscitare odio profondo in una persona mai vista prima? Forse il suo aspetto le rammentava un personaggio sgradevole con cui aveva avuto a che fare... no, troppo campato in aria, lo sentiva. C'era una spiegazione più tortuosa e nascosta, che rifletteva in qualche modo ciò che rappresentava per lui quella nana: era sfuggente quanto il fumo che si cerca invano di tenere tra le dita.

Talmente perso nei meandri della mente si accorse a malapena che l'ambiente sembrò rischiararsi e, in effetti, ora ai muri vi erano appese più lanterne dalle candele quasi consumate; svoltarono un'ultima volta a destra e dopo alcuni metri una porta dorata con due guardie dal mantello rosso cupo sopra la corazza sbarrarono loro la strada. Il servo non parlò né le degnò di una occhiata, limitandosi ad aprire l'ingresso per condurli in una stanza ampia e ben illuminata, segno ch'era frequentata abitualmente. Thorin – dovette ammetterlo - si era aspettato un banchetto numeroso e sontuoso, segno che la giovane regina voleva impressionarli, ma venne nuovamente sorpreso. Sette persone lo attendevano, inclusa lei, già seduta a capotavola di un lungo tavolo di legno; c'era molto cibo, notò, la maggior parte del quale composto da prodotti della terra come grossi tuberi e verdure che mai aveva visto.

La regina si alzò venendo imitata dai sudditi e, con un gesto, gli indicò il posto vuoto alla sua destra, fermandolo per presentargli un giovane nano seduto a sinistra.

<< Questi è Hagan, Capitano delle mie guardie personali. Sono certa che sarà la persona più indicata con cui parlare di strategie. >>

I due si squadrarono a lungo, e Thorin mostrò più che volentieri il disappunto nel trovarsi invischiato in quella situazione e in quel luogo assolutamente estraneo da ogni logica; Hagan, d'altra parte, palesò il suo fastidio verso quel nano e la sua gente in modo più che diretto, tanto che Thorin si ritrovò a sogghignare malignamente avendolo compreso.

Non si sedettero subito poiché Nora si allontanò dando loro la schiena; si diresse ad un tavolino d'argento e prese tra le mani una coppa colma di cibo, dirigendosi poi in fondo alla stanza, dove sorgeva un altare di pietra che Thorin non aveva scorto quando era entrato. Appoggiò con estrema delicatezza la ciotola sul piano orizzontale, e successivamente si inchinò chinando la testa adorna di trecce; pur non vedendola in volto intuì che si portava le dita agli occhi chiusi per poi indirizzare le mani in avanti, coi palmi ben tesi verso la pietra. Con stupore di entrambi i Durin la giovane iniziò ad intonare una canzone in Khuzdul che il sovrano sotto la Montagna interpretò come ringraziamento alla dea Yavanna, dispensatrice di frutti. Purtroppo non capì le parole, poiché non parlava molto bene l'idioma antico; lui conosceva il Neo Khuzdul, benché parlasse la Lingua Corrente. I nani austeri presenti si aggiunsero alla salmodia e la imitarono, tuttavia senza prostrarsi; Dwalin incrociò il suo sguardo, facendogli capire quanto li considerasse anormali, e Thorin dovette trattenersi dal ridere forte. Passata l'ilarità della situazione, però, ammise di non aver mai assistito ad un rito tanto arcaico, considerandolo affascinante a dispetto della stranezza.

Durò poco, la voce limpida della giovane disperse le ultime note nell'aria, spegnendosi del tutto; solo allora si rialzò e si risedette, aprendo il banchetto dopo essersi servita per prima.

Venne fatta qualche domanda di circostanza, ma per il resto tutto si svolse nel più completo silenzio: gli ospiti non erano di certo avvezzi a conversare amabilmente con altre persone, e i residenti non erano abituati a intrattenere invitati.

Ciascuno fremeva per il momento successivo al pasto, quando avrebbero finalmente parlato; fu naturale mangiare in fretta, e persino Nora si ritrovò a sbrigarsi, conscia solo di voler porre fine a quella lunga giornata e a quel periodo pressoché interminabile.

Quando anche l'ultima briciola fu spazzolata e l'ultimo goccio di birra densa – incredibilmente deliziosa, pensò Dwalin – sparì nelle loro gole, per Nora giunse il momento di iniziare la riunione.

<< Se volete seguirmi, dovremmo spostarci nella stanza adiacente. >>

Thorin si morse la lingua, onde evitare uscite inopportune e scorbutiche; era stanco di tutti questi misteri e faccende nascoste: era troppo chiedere di palare chiaramente, senza ricorrere a inutili indovinelli?

Non esternò alcun pensiero, limitandosi a seguirla con le braccia incrociate al petto; giunsero in una stanza poco più piccola, una specie di anticamera di uno studio sul cui tavolo era stata spiegata con cura una mappa della zona. Ora sì che si iniziava a ragionare davvero!

<< Dunque, come immagino sappiate alcuni giorni fa abbiamo scorto dei bagliori sospetti verso ovest, al di là del Monte Gundabad >> Nora indicò il punto picchiettando con l'indice sulla cartina << Probabilmente si erano radunati nella Piana di Angmar. >>
<< Naturale >> commentò Dwalin, passandosi una mano sulle mandibole.

<< Per precauzione abbiamo inviato quattro ricognitori, e solo due sono tornati indietro, raccontando di orde di orchi bardati di tutto punto e pronti a dar battaglia. Speravamo avessero preso un altro cammino, purtroppo non è stato così: pare si stiano dirigendo qui, e non ne conosciamo il motivo >> concluse, amareggiata.

<< Non credo sia importante quanto, piuttosto, pensare ad arginare qualsiasi loro attacco >> replicò Thorin, rivolgendole un'occhiata profonda.

Nora si ritrovò a non sostenere gli occhi azzurri, e tornò a concentrarsi sulla mappa per ritrovare sicurezza.

<< Ho notato che la Porta Principale non è molto sicura in alcuni punti: presenta delle crepe, e si rischia di rovinarla ancora di più solo muovendola. Come prima ristrutturazione potremmo partire da lì, e– >>

<< Sono state ricostruite dopo l'avvento dei draghi, e sono perfettamente in grado di respingere degli orchi >> lo interruppe Nora, accigliandosi.

Thorin strinse gli occhi, ed una lieve ombra di sorriso sarcastico gli dipinse le labbra sottili << Temo d'essere in disaccordo. Se non sono mai state controllate – e presumo d'aver ragione – presenteranno delle falle. Non è così, Capitano? >>

L'interpellato lo guardò serio, per poi rivolgere una breve occhiata di scuse alla sua signora; si ritrovò ad annuire, e Nora represse a stento un verso scontento << Yar. Purtroppo non abbiamo mai pensato ad un lavoro di riparazione, ma credo sia giunto il momento. >>

Thorin sogghignò, piuttosto gaio nell'aver avuto ragione anche stavolta << Abbiamo sufficienti nani per un lavoro rapido eppure efficace. >>

<< Non sappiamo neppure se abbiamo tempo, potrebbero arrivare da un momento all'altro >> Fanus si affrettò a contestare, scuotendo la testa.

Dwalin e Thorin si guardarono sconcertati, constatando quanto poco sapessero di battaglie – eccetto Hagan, che si premunì di rispondergli con pazienza e calma.

<< Le vedette e altri ricognitori saranno in grado di avvertirci di qualsiasi pericolo imminente; nel frattempo agiremo come stabilito. >>

<< D'accordo >> mormorò Nora, catalizzando inevitabilmente l'attenzione su di sé << se questo sarà in grado di fermarli... ben venga. >>

<< Saranno una protezione in più, ricordatelo >> i loro occhi si incontrarono di nuovo, e stavolta Thorin poté rimirarli a lungo scorgendovi ansia e paura, celati nella profondità di quegli specchi nocciola << Nessun muro vi metterà mai al sicuro. Un muro è solido solo quanto i nani che lo difendono >> si ritrovò a sussurrare, non badando ad altro che a lei, così vicina eppure così distante.

La giovane schiuse le labbra, e sbatté le palpebre una volta soltanto, ritrovando il consueto tono di voce << Non nutro dubbi sul valore dei miei sudditi >> almeno, per la maggior parte di essi.

Il Re di Erebor si ritrovò a sorridere un poco, meravigliandosi della fiducia che la regina nutriva verso il suo popolo; per uno stupido attimo si chiese se il sentimento fosse reciproco, ma preferì cambiare i suoi pensieri << Immaginavo >> disse semplicemente.

Nora non seppe come interpretare quella risposta, se di biasimo oppure di convinzione, e non volle appurarlo. Al momento le importava praticamente molto poco di quel che Thorin Scudodiquercia poteva pensare di lei e della sua gente; ciò che contava era solo il suo aiuto, niente altro. E poi, se i Valar avessero voluto, se ne sarebbe tornato alla sua Montagna Solitaria e ai suoi tesori.

Si impose di calmarsi giacché la rabbia parve rinforzarsi brutalmente, alimentata da quelle considerazioni.

Hagan prese la parola, con sua immensa gratitudine << Divideremo i nani tra la riparazione di fortuna della Porta e la forgiatura di nuove armi e armature. >>

<< Non avrei saputo dirlo meglio >> intervenne Dwalin, cercando con gli occhi il volto dell'amico e re << Sei d'accordo? >>

<< Assolutamente. Dovremo agire in velocità senza tralasciare l'accuratezza; un minimo errore o disattenzione e tutto risulterà vano. >>

<< Non accadrà, mio signore >> disse convinta Nora << I miei fabbri e muratori sono persone competenti. >>

Lo sfidò con lo sguardo a ribattere il contrario, chiedendogli silenziosamente se anche i suoi nani fossero all'altezza delle aspettative e del compito delicato che si prospettava loro; e Thorin raccolse la provocazione senza riflettere << I miei compagni non sono da meno, e io con loro, se ve lo state domandando. >>

Si accorse d'aver indovinato poiché la vide arrossire un po' sotto il suo sguardo glacialmente calmo.

<< Allora faremmo meglio a sbrigarci. Gli orchi non attenderanno i nostri comodi >> passò in rassegna i volti dei consiglieri, rimasti in silenziosa attesa durante quello scambio di battute; si angosciò, chiedendosi perché non fossero intervenuti col loro parere: erano contrari ad ogni idea ma non avevano intenzione di confessarglielo, preferendo agire alle sue spalle come sempre? No, si rassicurò. Solo la lealtà di due di loro era incerta, ma gli altri si erano professati più di una volta dalla sua parte e d'accordo con lei in ogni decisione; sperò col cuore che anche questa occasione fosse così.

<< Naturalmente no, mia regina >> Fanus – proprio lui – parlò per tutti, inchinando il busto in riverenza << Provvederemo subito a scegliere gli uomini più adatti. >>

<< Molto bene; se è tutto, per stasera possiamo ritirarci. Domani mattina appena dopo l'alba dovranno essersi formate le varie squadre. Affido a voi consiglieri la direzione dei lavori: i nani risponderanno a voi, ma pretendo di venire informata per ogni più piccola questione. >>

I sei si inchinarono a confermare il proprio assenso e, per un lungo attimo, Nora si tranquillizzò; forse questa situazione d'emergenza avrebbe appianato ogni dubbio sulla sua reggenza, ed ogni bisbiglio alle sue spalle si sarebbe affievolito in nome della pace e della protezione verso la loro casa. Lo sperò con tutta se stessa. Così come si augurò di non perdere le staffe nei confronti dell'ospite, anche se di questo dubitò fortemente più di una volta. Non se l'avesse avuto costantemente accanto a rammentarle ogni spiacevole fatto.

<< Bene, buonanotte a tutti voi, e grazie per la partecipazione >> con questa ultima frase li congedò e, rapida, si diresse verso l'uscita; mai come ora necessitava di una lunga dormita.



<< Bé, è andata bene, no? >> chiese Dwalin, una volta giunti alla porta della stanza di Thorin << Mi aspettavo un'imboscata e un giretto nelle segrete di questo orrido posto, a dirti la verità. Però sono lieto d'aver concordato un piano d'azione, questo sì. >>
Thorin alzò una mano, guardandosi velocemente attorno << Parla piano, Dwalin. Non mi fido di queste mura, benché meno dei suoi abitanti. >>

Il guerriero si adombrò, muovendo la testa calva sia a destra che a sinistra << Pensi che ci tengano d'occhio? >> sussurrò circospetto.

L'altro alzò le sopracciglia, mostrandosi convinto << Non siamo propriamente bene accetti, anche se non ne capisco il motivo. Persino i ricognitori che ci hanno portati qui trasudavano disprezzo, e la regina ne è stata l'apoteosi. Non so, non mi sento tranquillo; vorrei che tutto si concludesse in fretta per poter ritornare al sicuro. >>

<< Sono ben strani, te lo concedo >> sentenziò l'amico << E sento che molte cose sono state omesse; d'altronde, però, stiamo aiutando la piccola reginetta a salvare il regno: un minimo di ringraziamento non sarebbe male, alla fine. >>

<< Piccola reginetta? >> chiese scherzoso Thorin, lasciandosi scappare un mezzo sorriso.

In risposta, l'altro scrollò le possenti spalle << Chiamala come ti pare, persino col suo nome, ma trovo che questo le calzi a pennello; certo, se preferisci “vedova” non mi opporrò di certo! >>

<< Ah, non sarò certo io a ricordarglielo, grazie. Preferisco conservare quel minimo di rispetto che prova nei confronti del mio titolo, non certo della mia persona >> d'improvviso cancellò qualsiasi traccia di divertimento, tornando serio; gli occhi azzurri furono percorsi da un guizzo scuro mentre si accingeva a parlare << Prima di coricarti ti chiedo un ultimo favore, Dwalin: avverti gli altri, saranno in pensiero oltre che curiosi. >>

<< Era proprio ciò che volevo chiederti. Consideralo già fatto. >>

<< Ti ringrazio. E dì loro di presentarsi qui domani mattina poco prima dell'alba; dovremo discutere sul da farsi, e questa camera sembra la scelta migliore almeno finché non troviamo un altro luogo più appartato. >>

<< Certo, vado subito. Vedi di riposarti per bene, non hai una bella cera. >>

Thorin incrociò le braccia al petto, alzando ilare un sopracciglio << Senti chi parla. >>

Ridacchiarono brevemente, poi Dwalin lo salutò con una pacca sulla spalla sinistra e si incamminò verso gli alloggi dei compagni, meno sfarzosi dei loro poiché non appartenenti alla stirpe di Durin; Oin e Gloin si erano lamentati parecchio, ma dopo che Thorin ebbe sedato ogni protesta imponendosi duramente si erano calmati ed avevano accettato quel piccolo smacco al loro grande orgoglio.

Scosse la testa al ricordo, e si permise un lungo sospiro spossato poiché il corpo necessitava di riposo senza la costante presenza di pensieri; fece vagare lo sguardo verso destra, dove si scorgevano altre porte di legno massiccio e si bloccò, riconoscendo la figura posizionata di spalle della giovane regina; si era fermata non appena si era accorta di altre due decisamente più basse che le correvano incontro e senza pensarci due volte si era accucciata allargando le braccia, accogliendovi un piccolo nanetto che aveva iniziato a tempestarla di parole pronunciate in Khuzdul. Avevano iniziato a ridere e lei gli aveva scompigliato i corti capelli biondi per poi allungare il braccio libero verso un'altra sagoma – stavolta una bambina poco più grande – che si era rifugiata senza indugio nell'abbraccio rassicurante della sovrana. O madre, in quel caso.

Thorin provò una strana sensazione che non riuscì a spiegarsi, che non riuscì a nominare; rimase nascosto furtivo dietro l'angolo del corridoio ad osservare quel terzetto, felice di essersi ritrovato dopo una estenuante giornata lontani l'una dagli altri, e un pensiero lo attraversò rapido radicandosi nell'animo.

Prima che tutto fosse finito avrebbe tentato di capire il motivo di tanto odio. E, se possibile – si ritrovò a pensare scioccandosi di sé – avrebbe cercato di rimediare al torto inconsapevolmente causato.





CANTUCCINO DELL'AUTRICE

Non posso credere d'averlo concluso, ommamma O.o! E non posso credere d'averci messo così tanto (di nuovo -.-''); sto prendendo una gran brutta abitudine, ma l'ispirazione e il tempo hanno deciso di mettersi contro di me :'(, dannati maledetti! Come detto da Vera76... ho aggiornato proprio per San Valentino XD hahahahahah! Ho quasi paura dei tuoi poteri soprannaturali, caspita O.o! XP Bene, che ne pensate? L'entrata di Nora è di vostro gradimento ;)? E quella dei consiglieri? So che molto probabilmente tutto sarà confuso e poco chiaro, ma sapete come sono fatta: mica pretendete che tutto si spieghi subito, no? Dove sarebbe il bello, altrimenti ^^? Intanto spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche per come è stato impostato e per i sentimenti che spero d'aver trasmesso, e mi scuso ancora per il ritardo, sigh. Ah, piccola nota: il nome del lupo, Khael, in Khuzdul significa “il lupo dei lupi”; nome appropriato per il lupo della regina, vi pare ;)?

Ringrazio le carissime Carmaux_95, LadyDenebola, Eressea Manx, innamoratahobbit, Krystal91, Lady_Daffodil, Vera76, lily75, Yavannah, MrsBalck90, Lady of the sea che hanno speso tempo a recensire :))) che farei senza di voi???

Ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le Preferite, Seguite e Ricordate e grazie a chi legge soltanto :) :).

Un bacione grande, alla prossimaaaaaa

Anna :*


P.S. Mi sono accorta che non ho risposto a tutte le recensioni <.



  
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