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Autore: nefastia    14/02/2014    9 recensioni
Harry aveva capito tutto fin dalla prima volta che Hermione aveva chiamato per nome Draco Malfoy, per loro Malfoy o Malferret, per tacere delle centinaia di appellativi e nomignoli poco cortesi. Mai, assolutamente mai, Draco.
Quindi quando a Hermione, in un attimo di distrazione usci dalle labbra quel nome, Harry capì al volo.
«Herm, scusa se mi intrometto, c’è qualcosa tra te e Malfoy?»
«Non … non direi che ci sia qualcosa … non proprio.»
«Vorrei … mi piacerebbe – le parole non sono mai state la specialità di Harry – Insomma, non voglio impicciarmi in cose che non mi riguardano, ma … Malfoy non è pericoloso, non più come prima, almeno. Sappiamo che la sua famiglia ha seguito la corrente, come al solito e tra qualche mese giureranno di non aver mai conosciuto Voldemort. Non può torturarti e ucciderti, forse, ma penso che sia lo stesso pericoloso per te. In un altro modo.»
«Che vuoi dire?»
«Hermione, lui è un egoista. Tu la persona più generosa e altruista che conosca. Non c’è molto da dire, basta fare due più due. Si approfitterà di te in modo vergognoso.»
«È probabile, in effetti. Sai, Harry, sapere di dover morire non è un buon motivo per suicidarsi. Lui adesso mi fa felice»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Harry Potter, Lucius Malfoy, Molly Weasley, Ron Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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9-      Se sei infelice è tutta colpa tua

 

 

La mattina del matrimonio lo sorprende insonne.

Si è rifiutato di dormire nello stesso letto con Astoria, come fa dalla sera in cui ha spiato la conversazione tra lei e suo padre, e siccome lei non ha voluto lasciare la sua camera, se n’è andato lui.

Quella sera, entrando in camera, lei si era sorpresa di trovarlo nel letto e gli si era avvicinata con inequivocabili intenzioni: ovviamente quella di provare subito il trucchetto suggerito da Lucius per annullare l’incantesimo contraccettivo. Draco si era visto obbligato a fuggire.

Ogni notte sigilla la porta della stanza per paura che, tra lei e suo padre, gli giochino qualche brutto scherzo per obbligarlo a copulare.

Ora non c’è più tempo per riflettere, per dubitare, per tergiversare.

Tra due ore sarà il marito di Astoria. E dovrà mettere in cantiere il figlio.

No, non un figlio, solo un erede.

 

*****

 

Un gufo picchietta alla finestra.

È il rapporto di una delle agenzie americane.

Una donna di nome Herminie Berger, con la figlia di tre anni, Antonia, si è imbarcata, dieci giorni fa,  all’aeroporto di New Orleans, su un volo diretto a Port au Prince. È stata individuata di recente nell’isola e la sua descrizione corrisponde perfettamente a quella della donna e della bambina da lui ricercate.

Il loro agente l’ha individuata per caso, mentre faceva spesa in un negozio e sembra convinto della sua identità, però non ha potuto fotografarla subito. L'unica ummagine, presa per strada e da lontano, è molto sgranata, tuttavia lui potrebbe riconoscerla, se fosse lei.

L’agenzia ipotizza che la donna sia riuscita a procurarsi falsi documenti e lo invita a raggiungere New York al più presto, attraverso passaporta, o a inviare un indirizzo di posta elettronica attraverso cui comunicare e poter mostrare le foto fatte alla donna.

Che diavolo è una posta elettronica? E come farebbe lui a conoscerne l’indirizzo, se non ha idea nemmeno di cosa o chi si stia parlando?

Deve partire subito.

Esce di corsa dalla stanza e attraversa il corridoio, affollato di elfi e damigelle, che strillano vedendolo a torso nudo correre come un pazzo verso la stanza della sposa,  che poi sarebbe la sua. Ha bisogno di vestirsi in modo normale e prendere la sua borsa ma nella stanza dove ha dormito non c’è altro che il tight per le nozze.

Spalanca la porta e tre donne si girano sorprese a guardarlo.

La madre di Astoria urla che porta sfortuna e si para davanti alla figlia in vestaglia e all’abito bianco posato sul letto.

Draco apre la bocca per annunciarle le sue intenzioni ma Astoria è più veloce. Supera con un balzo la barriera materna e gli punta contro il dito indice come fosse una bacchetta.

«NO! Scordatelo! Non rimanderai il matrimonio un’altra volta per correre dietro alla tua baldracca! Incomincia a pensare a me, perché lei è storia vecchia!» Lui pensa a quanto piccola sia Port au Prince, rispetto a New York, al fatto che potrebbe anche essere solo una tappa, un depistaggio. Quando lui sarà arrivato lei potrebbe non essere più là. Pensa che deve fare presto. «Tu mi sposerai questa mattina stessa e questa sera, in questo letto tu farai l’amore con me e concepirai un figlio nel mio ventre. E ti scorderai per sempre ogni altra donna, compresa quella lurida puttana sanguesporco che ti sei sbattuto e che da oggi in poi per te è MORTA!»

Draco ha guardato quella con cui dovrebbe dividere la vita vomitargli addosso la sua condanna e solo in quel momento tutte le sue riflessioni giungono alla loro naturale conclusione.

In un lampo di puro intuito scopre la verità che non era riuscito, finora, a dire a se stesso.

Solleva la bacchetta verso di lei.

Lei spalanca gli occhi e si ritrae spaventata.

Lui sposta di pochi gradi la direzione della bacchetta e, senza una parola, incendia il suo abito da sposa bianco e prezioso.

Fa un falò del letto in cui credeva, sinceramente, che avrebbe concepito un figlio, un giusto erede per la sua famiglia.

Brucia senza ripensamenti il suo destino di purosangue.

«Se vuoi scopare in quel letto fallo», sussurra a denti stretti. «Facci dei figli, sposati, muori, fai il cazzo che ti pare, fallo con chi ti pare. Ma non con me! Con me hai chiuso.»

Si veste in fretta, senza curarsi di Astoria, né di sua sorella, né di tutte le persone che si sono affacciate per capire cosa stesse succedendo, senza badare alle contumelie della sua ex futura suocera, quando si sfila le mutande davanti a lei, senza una misera parola di scuse.

Afferra la sua piccola borsa e la apre per controllare il contenuto in mezzo alle grida, al fuoco che sta divorando le cortine del letto e si attacca alle tende, al fumo che riempie la stanza.

A nessuno viene in mente un incantesimo freddafiamma per evitare la distruzione completa delle suppellettili.

Lucius, richiamato da Astoria, gli urla dietro, lo copre di insulti e lo minaccia con la bacchetta, senza ottenere la sua attenzione.

Draco richiude la borsa senza guardare nessuno e senza dar segno di accorgersi della confusione che lo circonda. Si lancia fuori della stanza, travolge un fattorino che, cadendo, getta in aria un centinaio di rose bianche. Lui le calpesta correndo lungo il corridoio, verso le scale.

Ed è in cima alle scale, addobbate di fiori e nastri dal gusto impeccabile, che lo raggiunge, alle spalle, lo schiantesimo di Lucius, lo scaraventa in avanti, lo solleva, alto sopra la scalinata, lo lascia cadere e ruzzolare fino in fondo, svenuto, sanguinante, con l’omero spezzato che fuoriesce dal braccio e perfino dalla manica della giacca.

 

*****

 

Il matrimonio è rimandato di nuovo.

Non annullato, solo rimandato.

La sposa si compra un altro vestito, lo sposo passa un mese al San Mungo, per rimettere insieme le ossa e superare la commozione cerebrale e il leggero stato di coma, conseguenza del suo incidente.

I giornali fanno grasse tirature con la storia del giovane bellissimo purosangue che ha un terribile incidente proprio la mattina del matrimonio, fanno illazioni sulle cause della sfortuna di cui è vittima questa unione, già rimandata un numero imprecisato di volte.

Non appena il giovane in questione si riprende abbastanza da poter tornare a casa, Lucius entra nella sua nuova stanza provvisoria senza  bussare.

«Ti sposerai esattamente tra quindici giorni. Mi sono informato, per quella data potrai muovere bene il braccio e non avrai problemi a fare il tuo dovere.»

«Non lo farò.»

Ha parlato sottovoce. Lucius, che ha già girato le spalle per uscire, si ferma sulla porta. Non è sicuro di aver capito.

«Cosa? Cosa hai detto?»

«Non mi sposerò. Né fra quindici giorni né fra trenta. Non sposerò mai Astoria.»

Allora aveva sentito bene!

«Se non lo farai di tua spontanea volontà ti metterò sotto imperio e lo farai comunque.»

«Ammesso che tu ci riesca, prima o poi recupererò le mie facoltà. Sappi che se mai mi dovessi trovare sposato contro la mia volontà o incastrato in qualsiasi modo, ammazzerò sia te che lei e lo farò sembrare un incidente. Sarò il giovane purosangue più sfortunato d’Inghilterra e piangerò come si deve. Se mai dovesse succedere qualcosa di brutto alle persone che amo, non avrà più importanza farlo sembrare un incidente, ti ammazzerò dopo averti fatto soffrire tanto da farti supplicare la morte.»

Lucius boccheggia. Il tono di suo figlio lo costringe a prendere sul serio le sue minacce.

Malgrado la sua esperienza di Mangiamorte, non è affatto certo di poter tenere testa a suo figlio in un duello. Senza contare che lo potrebbe sorprendere nel sonno o in qualsiasi momento, lo potrebbe sopraffare fisicamente, per via dell'età e della sua menomazione.

E non è così stupido da sottovalutare la determinazione di Draco

«Che hai intenzione di fare?» chiede in tono ancora forzatamente arrogante.

«Niente che ti riguardi.»

«Sei mio figlio e il mio erede, hai dei doveri verso di me e verso il nome che porti.»

«E allora?»

«E allora tutto quello che devi fare è sposarti e dare un erede alla casata.»

«Ho una figlia. Se ti piace bene, se non ti piace disconoscimi. Sei ancora in tempo a fare altri figli, perché da me, l’unico erede che avrai è lei.»

«Maledetto stronzo, non oserai! È per colpa tua che sono…»

Draco si solleva sul letto a fatica, ma con tutta la foga che le sue condizioni gli concedono.

«NO! Non è vero! TU, non io, TU ti sei mescolato a quella feccia purosangue che ha messo il proprio destino nelle mani del figlio pazzo di un babbano!»

«Come osi!»

«TU, pezzo di imbecille, mi hai consegnato al tuo Lord e mi hai fatto marchiare senza domandarmi se fossi d’accordo!»

«Era ovvio.»

«Un cazzo! Non era ovvio per niente! Io non ho tradito nessuno, ma se l’avessi fatto ne avrei avuto mille ragioni! Se sei uno storpio ringrazia te stesso e non mi mettere in mezzo! MAI PIÙ!»

 

*****

 

Arriva, non si sa da dove, alle indiscrete orecchie di Rita Skeeter l’illazione che il matrimonio più atteso del secolo è stato rimandato tante volte non per sfortunati e casuali eventi, ma perché lo sposo non fa altro che cercare in tutto il mondo, come un pazzo, una donna, di cui nessuno conosce il nome.

Qualche ingenuo rispolvera il nome di Hermione Granger, con cui si mormorava, anni addietro, che il giovane avesse un flirt, ma la Skeeter, che conosce il mondo magico e la sua aristocrazia come nessun altro, boccia nettamente l’ipotesi. Quella ragazzina priva di attrattive e di eleganza non potrebbe mai affascinare il golden-boy, lo scapolo più ambito!

Si lanciano quindi le ipotesi più spericolate, perché, parliamoci chiaro, trovarne una più bella, ricca e affascinante di Astoria Greengrass, è davvero dura!

Così, ora innamorato di una veela, ora legato a sé da una strega orientale che gli ha maledetto la virilità impedendogli di andare con altre donne, il silenzioso, riservato e quasi scorbutico purosangue, diviene protagonista, suo malgrado, di infiniti romanzi, mentre si spiano i suoi frequenti viaggi all’estero, si contano i gufi che affluiscono alla sua casa o al suo ufficio e perfino la quantità della posta babbana che perviene al suo indirizzo, mentre la fidanzata purosangue non tenta nemmeno più di stabilire la data delle nozze ma rifiuta ostinatamente di lasciare il Manor.

Dopo sei mesi, l’interesse si è ormai affievolito, in un ultimo geniale sprazzo, la Skeeter lo paragona all’eroe di certe storie babbane, un tale che combatteva mostri inesistenti, affrontando mulini a vento e scambiando pecore per eserciti nemici e finisce bastonato. Così come il nostro cerca disperatamente una donna che chissà mai se esiste davvero.

 

*****

 

Hermione si sposta, cambia nazione più volte, cercando quella in cui allevare i suoi figli con un minimo di tranquillità, dove poter lavorare, perché se per lei e Eltanin sono sufficienti le rimesse dall’Inghilterra, rappresentate dalla piccolissima rendita, costituita dai suoi genitori in vista degli studi superiori, e dagli affitti delle due case, tre figli necessiteranno sicuramente di entrate maggiori.

Snobbando i consigli di Jean prova ad Haiti, per prima cosa, immaginando una vita a basso costo in una capanna sul mare, ma l’estrema povertà dell’isola la deprime quasi quanto la presenza di militari stranieri. Infine, dopo aver fatto conoscenza con il primo uragano, decide che non è quello il posto giusto.

Scende lentamente verso sud, attraversando l’America centrale, e addentrandosi poi in quella meridionale, attraverso paesaggi e costumi tanto differenti che la lasciano senza fiato. Per fortuna da quelle parti è tutto meno costoso che negli States.

Il Venezuela l’affascina per molti mesi, per la varietà geografica e culturale. A San Cristobal nascono i due gemelli: un maschio e una femmina, così biondi da provocarle un urto nel petto.

All’ospedale ha dovuto presentare i propri documenti senza alcuna alterazione, o avrebbe rischiato di vedersi negata la maternità dei figli in caso fosse potuta rientrare in patria. Quindi lascia il Venezuela appena si riprende abbastanza da poterlo fare.

Trascorre qualche tempo in Argentina, ancora scossa dalla crisi economica, infine trova il suo posto nel mondo: Salvador de Bahia.

Imparare il portoghese non è un problema, non per lei, la città è una meraviglia, prima ancora di aver concluso la specializzazione apre un piccolo ambulatorio in uno dei quartieri periferici e disperati della città e fa il tirocinio sul campo. Non tutti possono pagare e all’inizio è piuttosto dura. Va meglio quando la sua fama di ottima pediatra si diffonde oltre i confini del quartiere. Arrivano pazienti più danarosi e quindi la possibilità di aprire due ambulatori: uno in centro, con parcelle elevate, l’altro gratuito, vicino ad una delle bidonville alla periferia della città.

Compra una piccola casa, due stanze, il bagno e la cucina. Tutto a piano terra, due scalini fuori del portone, un portico di legno, un piazzale circondato da limoni, un gigantesco albero di mango, un piccolo orto.

Scrive a Harry e gli chiede di andarla a trovare. Sente forte la nostalgia degli amici. E di Draco.

Lui ormai avrà quella sua famiglia purosangue e si sarà dimenticato di lei.

Ha cambiato di nuovo nome: ha scelto un nome del posto, che nessuno usa, ormai tutti la chiamano Dona Flor. I suoi figli sono Nina, Rodrigo e Remedios.

 

*****

 

Draco non è riuscito a trovare Hermione: ha scoperto che quella che gli investigatori sospettano sia lei, ha passato meno di due mesi ad Haiti e che non è stata più vista dopo un disastroso uragano.

Ha visto anche la famosa foto di questa Herminie, veramente di pessima qualità. Non è sicuro che sia lei: porta grandi occhiali e ha i capelli cortissimi, la figura  troppo pesante, per essere lei, anche ipotizzando che si sia un po’ ingrassata. Però la bambina che la tiene per la mano e che la guarda dal basso in alto sembra proprio Eltanin.

È andato di persona ad Haiti ma non ha trovato indizi convincenti. In ogni caso, se anche fosse stata lei, adesso non è più lì. Ha un brivido all’idea che potrebbe essere una delle molte vittime dell’uragano.

No, impossibile, è una strega, non può essere la vittima anonima di un evento atmosferico.

Torna a Londra.

Ha lasciato il Manor senza dire una parola. Semplicemente non è tornato. Le poche cose che considerava sue sono bruciate nell’incendio della sua stanza. Non ha niente da fare lì, non ha voglia di rivedere suo padre, né Astoria che vive ancora lì e continua a dire di essere la sua fidanzata.

Ormai sono molti mesi che paga l’affitto della casa dei genitori di Hermione, che c’è di meglio?

Non sa che fine abbiano fatto i mobili, forse in un magazzino, forse venduti. Ricompra solo lo stretto necessario. Hermione troverebbe tremendamente anonima quella mobilia, ma a lui non importa: quando tornerà ci penserà lei a trasformare quel dormitorio in una casa.

Ha un paio di elfi che considera suoi e che gli obbediscono, gli basta chiamarli. Una è la sua anziana balia, l’altro è quello che i genitori gli hanno regalato per il suo decimo compleanno. Loro non vorrebbero essere liberati ma Draco impone di accettare uno stipendio e turni di riposo. Hermione lo crucerebbe se gli facesse trovare elfi in schiavitù nella sua casa.

 

*****

 

Ormai da anni vive solo, nella casa semivuota.

Continua a ricevere i rapporti negativi delle agenzie. Ha chiuso la collaborazione con alcune di quelle nordamericane e ne ha contattate altre, in vari paesi del Centro America e del sud. Ogni tanto fa un viaggio per verificare un avvistamento, un’ipotesi.

Lavora per suo conto, lasciando perdere le “imprese di famiglia”. Ha acquistato una casa editrice e una compagnia di assicurazioni e partecipazioni ad altre imprese magiche e babbane, utilizzando i capitali ereditati dalla famiglia Black e non ha più messo piede al Manor.

La casa editrice è quasi un passatempo per Malfoy. L’ha comprata più pensando a Hermione che per fare un buon affare. Ha immaginato quanto avrebbe goduto nell’occuparsi personalmente dei libri da pubblicare.

Quello da cui ricava i maggiori introiti è la compagnia di assicurazioni.

Almeno fino a quando i rimborsi non aumentano in modo preoccupante. Stranamente tutti nello stesso settore e nella stessa zona del paese.

Gli ispettori non vengono a capo di nulla, i danneggiati sono per lo più babbani e la cosa strana è che, interrogati dagli ispettori dopo alcuni mesi non ricordano quasi nulla del danno all’abitazione che aveva dato luogo al rimborso.

Alla fine Malfoy e i suoi ispettori giungono concordemente alla soluzione che i disastri fossero simulati con la complicità di un mago che, dopo aver incassato tutto o in parte il rimborso dell’assicurazione, oblivia il malcapitato babbano e ripara il danno senza lasciare traccia di sé.

Quindi la “Malfoy Insurance”, nella persona del suo proprietario, si rivolge agli auror per una sospetta truffa perpetrata da uno o più maghi sconosciuti ai suoi danni.

Malfoy ha così l’occasione di rivedere Potter dopo più di due anni.

Un giovane auror lo fa accomodare nell’ufficio. Lui siede e aspetta, domandandosi se sia opportuno chiedergli di nuovo della Granger.

Alla fine decide per il no. È praticamente certo che abbia mentito la prima volta e non si farà scrupolo di farlo di nuovo.

Passano dieci minuti e Potter non si vede ancora. Si alza e incomincia a camminare qua e là per l’ufficio, guardando le foto sui ripiani dello scaffale  e sulla scrivania. La maggior parte le riconosce facilmente: la moglie, la famiglia Weasley, un paio di mocciosi, forse i suoi figli, una foto del trio ai tempi della scuola. Guarda con nostalgia la piccola Hermione, di forse tredici o quattordici anni, sfiora la carta, le accarezza con un dito i capelli, la guancia minuscola.

Una foto coloratissima attira la sua attenzione: una donna abbronzata, seduta sull'erba, con un largo cappello che le nasconde gli occhi, un abito arancione e tre bambini seminudi addosso, una bimba di forse cinque anni, con le treccine scure e due piccoli biondissimi, uno dei quali allunga la sua mano sul mento della donna, dal sorriso splendente.

Non si spiega perché quell’immagine lo attragga tanto. Il sorriso di quella donna lo affascina inspiegabilmente.

In quel momento entra Potter.

«Buon giorno, Malfoy. Cosa ti serve?»

«Potter, chi è questa donna?»

«È una cugina di Ginny. Non credo che ti interessi.»

Strano, perché la foto è babbana, non si muove. Ginevra Weasley ha parenti babbani?

«Non lo so. Il suo sorriso mi ricorda Hermione. Mi hai mentito già una volta su di lei e adesso lo stai facendo di nuovo.»

«Tiri a indovinare. In ogni caso, se l’avessi fatto, avrei avuto ottimi motivi.»

«Non sono ottimi motivi. Lei è mia.»

«Lei non appartiene a nessuno. Credi che sia un cavallo?»

«E non ci possono essere ottimi motivi per separare un padre da sua figlia.»

«Ma ne possono esistere per allontanare una figlia da un non-padre che non intende prendersi cura alla luce del sole ma solo gettarle le briciole come a un cane.»

«Il mondo magico è…»

«Cosa, è crudele? Lo so bene. Lo è più che mai con figli del letto sbagliato.»

«Non sai quello che dici. Io sono suo padre. Dovunque lei sia è mia figlia.»

«Però io so che tutti i miei figli si chiamano Potter e se domandi chi è il loro padre sanno cosa rispondere, non devono inventarsi niente.»

«Adesso che ragione hai per negarmi questa informazione? Non mi sono sposato, lo sai.»

«Ti direi qualcosa se sapessi dov’è…»

«Sì, ci credo.»

«…E se lei mi chiedesse di farlo.»

«Ma lo sa che non mi sono sposato?»

«Come faccio a saperlo?»

Draco vede rosso, afferra Potter per il bavero.

«Tu non glielo hai detto? Non le hai detto che non mi sono sposato?»

«Non sono il tuo assistente personale! Sei venuto qui solo per interrogarmi su Hermione?»

«No. Ma solo perché non serve a niente. Se servisse a ritrovarla, a sapere qualcosa di lei, mi accamperei davanti alla tua porta.»

«Non fare la vittima. Se sei infelice è tutta colpa tua.»

Che novità, lo sa che è colpa sua. Se c’è una sola cosa che ha capito è quella, che è stato un idiota. Non solo non riesce a fare il suo dovere di purosangue senza il suo sostegno, ma nemmeno ha speranze di poter vivere una vita semplicemente decente. Mai più.

Ed è stato ancora più idiota a sottovalutare Potter e il rapporto che ancora c’è, evidentemente, tra lui e la sua mezzosangue.

L’unico che avrebbe dovuto mettere sotto stretta sorveglianza è Potter. Lui sa dov’è e di sicuro è rimasto in contatto con lei. Le cimici non sono servite, ha scoperto presto che andavano in tilt troppo spesso. Sapeva che c’erano e le neutralizzava ogni volta che lo trovava necessario.

Sarà lei quella della foto? E allora Eltanin è cresciuta così tanto? E gli altri bambini? Di chi sono?

Potrebbe avere qualcuno. A questo pensiero il cuore accelera e il respiro si mozza.

Parla velocemente con Potter delle questioni riguardanti il lavoro e se ne va.

 

 

 

 

 

 

 

 

Se sei infelice è tutta colpa tua: ovvero “Il libretto dei proverbi tibetani”, a cura di Fabio Zanello. È esattamente quello che dichiara di essere: una raccolta di proverbi e quello che gli dà il titolo è uno di questi, particolarmente azzeccato, secondo me. 

   
 
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