Something
Great
Capitolo 4
“Memories
The love I
left behind
I still
think about it all the time
Nothing
stays the same
Maybe I’m
to blame...
...I
can’t let go
Holding
all the dreams I used to know”
Zayn cercò di rallentare fino
all’ultimo,con un movimento del polso più lieve possibile,lo scatto della
serratura della porta di casa sua,inutilmente,perché bastarono un paio di
secondi e la porta gli si spalancò davanti con un piccolo schiocco.
Sospirò,entrando in casa e poggiando le
chiavi sul mobile dell’ingresso,la tracolla ancora in spalla,sopra il suo
solito cappotto nero e semplice,gli occhiali appena appannati e un libro fin
troppo pesante sul braccio opposto alla borsa.
Era stanco,spossato,e il suo cervello
sembrava quasi sbattere contro le pareti del cranio per il mal di testa che
aveva e che gli faceva desiderare soltanto di buttarsi sul letto,vestito così
com’era,e dormire nel silenzio più totale che in quel momento regnava
nell’appartamento.
Silenzio che durò poco perché neanche
il tempo di arrivare nel salotto a poggiare tutto che il suono penetrante e
fastidioso come non mai,in quel giorno in cui la sua testa già scoppiava,di un
paio di tacchi contro il parquet che si avvicinavano velocemente risuonò con
forza,seguito poco dopo da una voce squillante e acuta.
<< Amore,menomale che sei tornato!
Dobbiamo assolutamente andare a fare la spesa,vengono i miei a cena ed è già
tardi… >>
Il suo cervello esausto si scollegò
automaticamente mentre abbandonava le sue cose e il cappotto sul bracciolo della
poltrona,nonostante sapesse fosse una cosa che faceva impazzire Perrie,per poi
abbandonarsi lui stesso sul divano,togliendosi gli occhiali e prendendosi la
radice del naso tra due dita.
<< Zayn >> lo sproloquio
della sua ragazza si interruppe all’istante con quel richiamo indispettito
<< Mi stai ascoltando? E poi cavolo,ti ho detto mille volte di non
lasciare la tua roba in giro! >>
Ascoltare. Il problema forse era proprio
quello,che lui ascoltava o forse che lei parlava troppo e non ascoltava mai
nessuno,sempre pronta però a lamentarsi per la mancanza di attenzione e per
mille altre cose,dal lavoro fin troppo modesto di Zayn per darle la vita
perfetta che voleva,ai colleghi invidiosi o alla vicina che usava un detersivo
dall’odore troppo forte per lavare le scale.
Alzò lo sguardo su di lei,finalmente a
giudicare dal suo sguardo contrariato,fissandola senza quasi vederla,come sempre
più spesso gli succedeva.
In fondo,Perrie era la sua fidanzata da
tanto,troppo tempo ormai.
L’aveva incontrata all’inizio
dell’ultimo anno di liceo,quando lei si era trasferita con la sua famiglia in
quella piccola cittadina in cui lui invece era cresciuto,un anno più piccola ma
un piccolo uragano di energie che ci aveva messo ben poco a farsi notare.
La Perrie di 17 anni che aveva catturato
il suo sguardo ormai 6 anni prima,tra i 500 e più della loro scuola,aveva
lunghi capelli viola e scompigliati,un sorriso enorme,occhi azzurri
truccatissimi e abiti stravaganti che in quel paesino privo di novità la
facevano apparire perfino più speciale di quanto non fosse.
E Zayn,il ragazzo più bello e popolare
della scuola,non se l’era certo fatta sfuggire.
Era nato tutto più come una sorta di
gioco,il classico stereotipo da liceo in cui il giocatore di football (basket in
questo caso) e la principessa del ballo devono stare insieme a tutti i
costi,belli e perfetti come nessun altro potrebbe essere,ma poi qualcosa era
cambiato.
Zayn,Zayn molto prima e molto più di lei
in effetti,si era innamorato di quel sorriso aperto,di quegli occhi del colore
del cielo,dei capelli lilla con le radici biondo grano,della sua risata
cristallina e della sua voce melodica che gli canticchiava nell’orecchio
quando stavano insieme.
Di quei tempi lontani,quei primi tempi
insieme in cui per essere felici bastava stare sdraiati su un prato a guardare
il cielo o passeggiare mano nella mano tra le vie del centro,Zayn non avrebbe
cambiato niente,così come non avrebbe cambiato tutte le volte in cui subito
dopo le lezioni all’università lui,che la patente non l’aveva presa mai,si
faceva accompagnare dai compagni al suo vecchio liceo giusto in tempo per
vederla uscire e corrergli incontro,gettandogli le braccia al collo e
sussurrandogli all’orecchio un “Mi sei mancato” sincero.
Il loro sembrava quasi un amore alla
“The Notebook”,dolcezza e passione fuse insieme,con urla altissime e spinte
quando litigavano e baci profondi poi per fare pace.
Quando tutto aveva iniziato ad incrinarsi
Zay non se n’era neanche accorto.
Aveva 21 anni allora e studiava
letteratura perché la sua ragazza l’aveva spinto a cercare di inseguire
almeno uno dei suoi sogni e perché la scuola d’arte sarebbe stata troppo
lontana da lei per poterci andare davvero o anche solo pensarci,innamorato
com’era appena diplomato.
Fu così che una sera di fine febbraio
Perrie aveva suonato alla porta del suo piccolo monolocale,preso per avere uno
spazio che fosse solo loro,senza il caos di tre sorelle che giravano per casa,
stranamente senza le sue chiavi,senza cappotto,i capelli appiccicati alla fronte
per la pioggia e il trucco completamente sciolto e disfatto per l’acqua e le
lacrime.
Gli si era lanciata addosso così,piangendo
e stringendosi a lui,come se fosse l’ultima volta,senza neanche riuscire a
spiegargli cosa fosse successo,spezzandogli il cuore con quella visione così
triste.
C’erano volute ore prima che riuscisse
a calmarsi e,abbracciati stretti sul divano di casa sua,a dirgli che suo padre
aveva avuto una promozione e che si trasferivano tutti di nuovo a South Shields,la
sua città d’origine,ma a Zayn c’era voluto meno di un secondo per dare
ascolto al suo cuore,senza pensare nemmeno,e dire “Vieni a vivere con me”.
Perrie,sempre la stessa,sempre quella di
cui si era perdutamente innamorato,l’aveva guardato per un paio di secondi
senza parole,sorpresa,e poi aveva sorriso,l’aveva baciato,aveva sussurrato
quel “si” mille e mille volte durante quella notte.
Lì tutto era cambiato,con quel “si”
e con il suo trasloco,quell’entrata ingombrante in una casa forse troppo
stretta per due,con quelle routine che in lontananza avevano sempre combaciato
ma che messe a contatto si erano scontrate inesorabilmente,con una proposta di
matrimonio fatta solo perché ormai sembravano destinati a stare insieme per la
vita.
Allora erano cominciati gli infiniti
litigi,i “perché non metti mai apposto” e “ti avevo chiesto di fare la
spesa”,ma la verità,nel fatto stesso che quelle frasi fossero praticamente
sempre pronunciate dalla stessa persona nella loro coppia,era che Perrie era
cambiata.
Non che lui non lo fosse; era cresciuto
ovviamente,e da quel ragazzo un po’ spaccone del liceo che faceva il duro per
essere popolare,aveva lasciato uscito il vero sé stesso,quello più calmo e
riflessivo,controllato,quasi timido,molto più propenso a una serata con un buon
libro che davanti a una partita di calcio con dei finti amici; ma la sua
ragazza,così come pochi altri,quello Zayn l’aveva sempre conosciuto,nei
momenti tranquilli,nei momenti da soli.
Quella della sua fidanzata,invece,era
stata una vera e propria trasformazione,a partire dai boccoli biondo grano
perfettamente acconciati ai vestiti eleganti e fin troppo severi per la sua
giovane età,fino anche al carattere che più cresceva più diventava sempre più
serio,meno giocoso,meno dolce anche,troppo impegnata con il lavoro in una grande
azienda che le aveva trovato il padre per stare un po’ con lui e fare tutte
quelle cose insieme che avevano sempre fatto e che li aveva uniti come coppia.
Niente più serate al luna park,niente più
picnic al parco,solo lavoro e cene aziendali,fredde e asettiche come non
mai,casa loro (una nuova e più grande) che diventava tirata a lucido e
impersonale come gli appartamenti delle riviste di arredamento man mano che lei
ne prendeva il controllo assoluto.
Poi Zayn aveva finito gli studi e aveva
trovato quel lavoro da supplente più o meno fisso al liceo di Doncaster,un buon
inizio per lui che voleva insegnare,e nelle liti la sua ragazza,colei che
l’aveva spinto ad inseguire i propri sogni più di ogni altro,aveva cominciato
a rinfacciargli il lavoro troppo modesto,lo stipendio troppo basso,il guadagnare
meno di lei,il non essere alla sua altezza,il non essere in grado di darle la
vita ricca e agiata che aveva sempre fatto grazie ai suoi genitori e che credeva
di meritare.
Tutte frase che Perrie si era rimangiata
ma che erano state ripetute più e più volte e che,dopo lo shock iniziale
quando per la prima volta se le era sentite rivolgere,colpendolo più forte di
un pugno in pieno viso,si erano incise dentro di lui,facendogli iniziare a
chiedere a sé stesso se davvero quella persona che lo voleva ferire al punto da
dirgli cose del genere potesse essere quella giusta.
Eppure lui amava Perrie,si era detto,o
forse l’aveva amata,amata così tanto che nel ricordo di quell’amore non
voleva perdere tutta una vita costruita insieme,tutti quei progetti e quei sogni
che ora sentiva così distanti.
Per quello ora si ritrovava lì,seduto
sul divano a sentirla mentre si lamentava ancora una volta e mentre ancora una
volta gli chiedeva di fare ciò che voleva lei,sempre e comunque.
Sapeva anche perché i suoi genitori
sarebbero stati lì quella sera e per un attimo,magari anche di più,si pentì
come non mai di non aver colto la grande opportunità che gli si era presentata
per mettere fine a quella storia fantasma fra loro e dirle un “no” quando
lei gli aveva chiesto “Ci sposiamo?”.
Sarebbe bastato così poco,solo due
lettere,ma ancora una volta non ce l’aveva fatta e ancora una volta era
incatenato a quella vita,ora più che mai.
Perciò si alzò dal divano e uscì,Perrie
che gli parlava nell’orecchio ancora e ancora mentre si dirigevano al
supermercato,conscio che se nel giro di sei mesi quella ragazza che non amava da
tempo sarebbe stata sua moglie sarebbe stata solo colpa sua.
Sua e di quella debolezza assurda di non
saperle dire di no,sua e della promessa fatta a sé stesso di non vederla triste
mai più…
Anche se in fondo,ormai,significava
distruggere sé stesso.
Per un po’ di fluff di San Valentino:
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Per una storia fantastica scritta da una
ragazza davvero brava:
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