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Autore: ElaSmoakQueen    15/02/2014    9 recensioni
Ciao a tutte :)
Eccomi, di nuovo, qui con la mia prima, o seconda, FF su Arrow e più precisamente sulla coppia: Oliver e Felicity. L'altra era una OS xD Tutto ciò, mi è venuto in mente dopo aver visto la 2x13. Ah, in caso non abbiate ancora visto la puntata.. non leggete questa OS. PERICOLO SPOILER.
Bene.. vi auguro buona lettura. Ci ribecchiamo a fine capitolo, nel mio angolino ^_^
Ela.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Sarah Lance
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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In quel di Central City.

- Oh, grazie a Dio. – aveva detto Felicity, appena arrivata nella camera 209 di quel grandissimo ospedale e non appena aveva visto il suo amico libero da tutti quei tubi che gli uscivano da ogni parte possibile del corpo.
Il viaggio era stato abbastanza tranquillo, era riuscita persino ad appisolarsi nel treno e non appena aveva messo i piedi sul suolo di quella grande città, era come se tutte le sue preoccupazioni fossero scomparse. Ma lei sapeva che più che scomparse, il suo cervello le aveva nascoste da qualche parte in profondità nel suo cuore e anche se non voleva pensarci, prima o poi ci avrebbe fatto i conti.
Ma adesso aveva un (altro) ragazzo al quale riservare le sue complete attenzioni.
Barry era stato felicissimo di vederla lì, al suo capezzale, quando si era svegliato quella mattina e l’abbraccio spontaneo che la ragazza gli aveva riservato, aveva fatto allargare ancora di più il sorriso sul viso del ragazzo.
- Sono felice che tu sia qui e grazie per tutto il tempo che hai passato qui, mentre ero ancora in coma! Le infermiere, parlano parecchio. – disse il ragazzo, sciogliendo l’abbraccio.
- Di nulla! E.. preferisco dire mentre dormivi! “Essere in coma”, non implica qualcosa di particolarmente positivo e divertente. – disse lei, con la sua solita parlantina e mimando le virgolette.
Quei piccoli gesti riempirono Barry di gioia, il quale non era certo che avrebbe trovato qualcuno al suo risveglio, se mai, durante il suo stato comatoso, ci avesse pensato. E non Felicity, tra l’altro, dopo quello che aveva capito dalla sua ultima, e unica, visita a Starling City.
- Ah, ok. Sì, direi che suona meglio! Non credevo saresti venuta.. – disse. – Ma ti ringrazio! E dimmi, come vanno le cose nella squadra? – chiese, cercando di smorzare la tensione che si stava creando.
- Solita vita. Solite cose. Sai com’è: abbiamo acciuffato un po’ di criminali, ho commesso chissà quanti altri crimini federali, ho beccato di nuovo il mio capo a letto con una donna.. – e lì, si fermò. Gli occhi fissi sul pavimento, mentre le guance le si coloravano di un rosa acceso.
- Oh.. ehm, mi sono perso un po’ di cose, allora! – disse il ragazzo, cercando di far sorridere la sua amica. Era strano come, pur essendo rimasto solo per due giorni a Starling City, si fosse accorto persino lui della tensione che c’era tra quei due, mentre i diretti interessati fingevano di non vedere o capire.
- Barry, onestamente, sono venuta qui per te.. quindi, basta parlare di me. Come stai? – chiese, sfoggiando un bellissimo e sincero sorriso.
Il ragazzo che non era affatto stupido, aveva capito che Felicity stava cercando di liquidare un discorso che non aveva voglia di affrontare al momento e così lasciò correre. Ma prima di rispondere pensò che, in modo ironico, era più lei che aveva bisogno di lui in quel momento che lui di lei.
- Io sto bene, i medici dicono che i parametri sono buonissimi e che, anche se non se lo spiegano, sono in perfetta salute. Ma c’è una cosa ancora più strana. Ieri, c’erano qui due dottori e stavano parlando tra di loro, e mentre fingevo di riposare ho ascoltato cosa dicevano. Sai com’è, sono più propensi a parlare chiaro quando il diretto interessato non è cosciente o presente.. – disse il ragazzo.
- Sì, ok Barry, lo so. Ma cosa hanno detto? – chiese impaziente la ragazza, rendendosi conto di come dovevano sentirsi tutti quelli che si erano trovati a parlare con lei. Quel piccolo difetto ce l’aveva anche lei e molte volte era stato la causa di piccoli “richiami” da parte di Oliver.
- Sì, certo. – disse Barry, sorridendo all’amica. – Li ho sentiti dire che, dopo i primi giorni di coma, i miei parametri vitali erano abbastanza buoni e stabili.. ma ancora non riescono a capire perchè ci ho messo così tanto a svegliarmi. Ed anche ora, Felicity, io mi sento alla grande. Non come se mi avesse colpito un fulmine e fossi stato in come per mesi. Tutto questo è assurdo. Dovrò cominciare a studiarmi! – continuò il ragazzo.
- Sì, ok! Ma prima che ti fai a pezzettini e mi sarà impossibile parlare con te, potresti spiegarmi che cosa è successo quella sera? – chiese Felicity.
- Oh, beh.. i ricordi sono un po’ confusi. Ricordo perfettamente che stavo parlando con te al telefono.. – e sorrise alla ragazza, alludendo al discorso che le aveva fatto.
- Lo ricordo perfettamente anch’io. Vai avanti! – disse la ragazza, ricambiando il sorriso.
- E dopo esserci salutati, ho notato che qualcosa non andava nell’acceleratore di particelle. E poi ricordo di essere stato colpito da un fulmine rosso.. sì, so che sembra strano, ma era rosso. E sono stato scaraventato chissà dove per la stanza. Mio Dio, ma che diamine mi è successo? – chiese a Felicity e solo in quel momento le preoccupazioni sulle conseguenze dell’incidente salirono tutte in superficie.
- Ehi, Barry, tranquillo.. insieme riusciremo a capire cosa c’è che non va. Ma credo tu stia abbastanza bene! Anche se i medici non se lo spiegano, i tuoi valori sono buoni e non c’è motivo di preoccuparsi. – cercò di rincuorarlo Felicity.
- Ok. Ok.. grazie! – disse Barry, sistemandosi nel letto.
- Mi scusi, signorina, ma devo chiederle di uscire. Il tempo di effettuare un elettrocardiogramma e un prelievo di controllo e può rientrare. – disse l’infermiera che era appena entrata nella camera.
Felicity annuì e prese giusto la borsa, poi uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle. Si appoggiò al muro, nel corridoio pieno di medici e infermiere e pazienti, e nell’attesa prese il cellulare.
Sul display comparve l’icona intermittente di un messaggio. Era da parte di Diggle.
“Ehi Felicity, avvisa quando arrivi a Central City. E come sta Barry? Ciao.”, lesse mentalmente il messaggio e mentre le si formava un dolce sorriso, cominciò a digitare la risposta.
- Ah, John.. sei davvero un caro amico! – sussurrò, mentre inviava la risposta.

Nel frattempo, a Starling City.

- Diggle, quanto altro tempo ci vuole per localizzarlo? – chiese Oliver, alquanto spazientito mentre indossava la giacca della tuta, dopo gli allenamenti.
- Ehi, amico, non è il mio campo.. ok? Felicity è il genio dei computer e tra l’altro, ha anche aggiornato qualche programma.. Oh diamine. Ero un soldato non un hacker. – disse Diggle, abbandonando le braccia lungo la sedia, mentre la “finestra” aperta sul monitor evidenziava il suo insuccesso.
- Direi che siete persi senza quella ragazza. Una vittoria per il sesso femminile! – dichiarò Sara, mentre si avviava verso il suo “spogliatoio”. Erano stati, lei ed Oliver, fuori tutta la notte ed era stata la “caccia” più inconcludente ed irritante a cui avesse mai partecipato. Il suo co-vigilante era praticamente irascibile, l’aveva persino innervosito il fatto che fosse Diggle a “guidarli”. E, anche se molto probabilmente il ragazzo non se ne era accorto, lei gli aveva chiaramente sentito sussurrare qualcosa su un “risveglio che poteva avvenire in un altro momento” e un “maledizione”.
La “caccia” si era conclusa con un Oliver ancora più nervoso di quando erano usciti, un Diggle che stava per distruggere a pugni qualsiasi aggeggio informatico presente nel covo e con lei che, per togliersi di mezzo, aveva pensato fosse meglio tornarsene a casa e farsi una bella doccia. Tanto, per quella sera, avevano finito.
- Mi sa che chiunque abbia screditato la frase “le donne hanno una marcia in più”, debba decisamente ricredersi. – disse Digg mentre cercava di capirci qualcosa.
- Chiamala. Dille che abbiamo bisogno di lei. – disse Oliver, senza lasciare all’amico il tempo per ribattere, mentre si stava dirigendo verso il suo “spogliatoio”.
- Oh Dio, finirò per far fuori qualcuno. A mani nude. – disse Diggle fra sè, mentre spegneva tutto e si apprestava ad andare via.
Se l’era aspettato che quei giorni sarebbero stati un incubo, ma viverli era anche peggio. Arrivare a fine giornata, evitando di sparare a zero qualsiasi cosa gli passasse nella mente ed evitando di beccarsi qualche freccia in una qualsiasi parte del corpo, era difficile.
Non riusciva davvero a capire perchè il suo amico si ostinasse a farsi del male in quel modo, quando bastava parlare con la diretta interessata, mettere a nudo i propri sentimenti.. anche se sapeva che chiedere una cosa del genere ad Oliver era come chiedere alla Luna di brillare di luce propria. Impossibile.
Ma la situazione stava degenerando, era convinto che anche Sara avesse intuito qualcosa. Da quando Felicity era andata via, quei due non si erano minimamente avvicinati. Nonostante qualche notte prima avessero scaricato la loro tensione.
E non voleva abbassarsi al “comando” di Oliver, non voleva essere il suo schiavetto. Era una cosa che avevano messo in chiaro sin dall’inizio della loro collaborazione. Ma, d’altro canto, sapeva che se non l’avesse fatto lui, la situazione nel covo sarebbe peggiorata e prima o poi, o si sarebbe beccato una freccia in un occhio o l’avrebbe scagliata lui contro qualcuno.
Così, prese il telefono, digitò il numero della ragazza e avviò la chiamata.
 
Tornando a Central City.


- Ok, John, grazie della chiamata. Sarò lì il prima possibile, tieni duro. – disse Felicity, chiudendo la comunicazione e sorridendo alle ultime parole che le aveva detto il suo amico.
“Ti prego, Felicity, sei l’unica che può evitare che il vulcano esploda. Aiutaci a trovare questo maledetto e poi puoi tornare a Central City.”.
Già si immaginava una scenata simile a quella che le aveva riservato Oliver quando, tornata da Central City, non era riuscita a rintracciare Shrapnel. Che questa volta, l’avesse riservata a Digg?
Al sol pensiero, ridacchiò sottovoce e pensò alla responsabilità che aveva lasciato in mano a Diggle. Un po’ si dispiaceva per l’amico, ma quella fuga le era servita. L’aveva aiutata a non pensare intensamente a Oliver e Sara, e forse a farsene una ragione.
- Perché ridacchi? Chi era al telefono? – chiese Barry, mentre si sistemava nel taxi che li avrebbe portati a casa del ragazzo.
Dopo che l’infermiera aveva fatto le ultime analisi di routine e che tutta l’equipe medica si era accertata che il loro “strano” paziente stesse bene, avevano deciso di mandarlo a casa. Visto anche che l’assistenza non gli mancava.
Barry, da bravo ragazzo qual’era, aveva categoricamente vietato a Felicity di prenotare in uno di quei squallidi hotel in città e si era offerto di ospitarla a casa sua dove, aveva detto, c’erano tutte le comodità. Così, avevano chiamato un taxi e avevano sgombrato la stanza 209.
- Era Diggle. Hanno un piccolo problema e hanno bisogno dei miei servigi. – disse la ragazza, per evitare di attirare l’attenzione dell’autista sulla loro conversazione.
- Capito. Ne parliamo dopo. – disse il ragazzo. Poi indicò la destinazione al taxista e questo partì a tutta velocità, facendo schiacciare Felicity contro il sedile posteriore. Non era più abituata alla guida spericolata dei taxisti, da quando aveva una macchina tutta sua e da quando c’era la sicura guida di Diggle a scortarli.
Il viaggio fu breve e Felicity non la smetteva di pregare silenziosamente, dentro di sè, e solo quando si fermarono sotto casa del ragazzo, tirò un sospiro di sollievo e scese velocemente dall’auto.
- Allora, cosa sta succedendo? – chiese Barry, una volta che furono al sicuro dentro le mura di casa sua.
- C’è un nuovo criminale in giro: un tale Doctor Hood. Un misto tra Robin Hood e Doctor Jeckill?! Non lo so, questi criminali hanno molta fantasia nel scegliersi i loro pseudonimi. Fatto sta che sta uccidendo persone dei ceti più alti, li priva dei propri organi e li dona ai più poveri. Ok, sto per vomitare. – spiegò Felicity, sedendosi su una delle sedie di casa Allen.
Appena entrata si era sentita subito a suo agio e guardandosi attorno le sembrava quasi di essere entrata in casa sua, solo abitata dalla sua versione maschile. La casa era molto semplice: constava di un ingresso/cucina molto spazioso, una camera da letto ed un bagno. Non c’erano quadri alle pareti, non c’erano ninnoli e soppramobili vari, come c’era da aspettarsi dalla casa di un ragazzo. C’era un solo computer portatile, sull’isola, in cucina e una tv su di una mensola.
- Beh, il nome ha un senso dopotutto. Fammi accendere il computer così prenotiamo il primo treno disponibile, ok? – esordì Barry.
- Prenotiamo? – chiese la ragazza, avendo capito dove voleva andare a parare il ragazzo. – Oh, no. Tu non vieni, sei appena uscito dall’ospedale. Devi riposarti. – continuò Felicity.
- Andiamo, sto bene. Davvero! L’hanno detto anche i dottori, non c’è nulla che non va in me. E poi non ci metteremo mica a scalare montagne, ce ne staremo seduti nel covo a sviscerare ogni minima informazione su questo assassino. Cosa che comunque farei stando anche qui, a casa mia. Quindi, io vengo! – concluse Barry.
Stranamente Felicity non aveva molta voglia di convincerlo ad ascoltarla ed avere qualcuno che le stesse vicino nel covo, tutto il tempo, non era poi una così cattiva idea.
“Oh andiamo, Felicity Smoak! Non starai provando la carta della gelosia.. vero?”, pensò, mentre il ragazzo prenotava i biglietti per la mattina dopo.
- Ecco fatto! Starling City, la coppia Smoak/Allen è di nuovo in gioco. – disse il ragazzo, sorridendole gentile.
“Oh, al diavolo.”, pensò Felicity. Ed in quel preciso istante, lasciò tacere la sua parte razionale e si lasciò guidare dall’istinto e da tutta quella marea di sentimenti che le riempivano il cuore, lo stomaco e tutto il resto.
Quella notte dormì davvero comoda sul divano di Barry, dopo aver obbligato il ragazzo a dormire lui nel letto perché era lui quello appena uscito dall’ospedale dopo mesi di coma. Barry aveva capito che se voleva avere l’occasione di accompagnarla a Starling City, avrebbe almeno dovuto accontentarla su quell’aspetto. I due ragazzi si addormentarono presto, lasciando, per quella notte, la mente libera da qualsiasi pensiero e preoccupazione.

To be continued...

 
 «Quella pazza dell’autrice.»
Ciao ragazze!
Sorpresa!! :D Sì, eccolo il nuovo capitolo. Sono riuscita a scriverlo prima del previsto.. e visto che i miei cari libri di “Patologia” mi aspettano sulla scrivania e mi guardano anche male, ne ho approfittato. Anche se penso di riuscire a postare, regolarmente, un capitolo a settimana. Ma visto che ieri era San Valentino, ma non sono riuscita a trovare l’ispirazione giusta, un piccolo regalo ci stava e ve lo faccio oggi ^_______^
Ma veniamo al capitolo.. Allora, che ne dite? La coppia “Smoak/Allen” è di nuovo in azione, pronta a far rosicare qualche criminale e qualche eroe di nostra conoscenza! XD Ahahahahahahah!
Preparatevi a vederlo soffrire, non ho intenzione di cedergli Felicity su di un piatto d’argento.. quindi, meglio che si mette l’anima in pace. Deve S O F F R I R E! u.u
Come al solito, fatemi sapere cosa vi è piaciuto, cosa non vi è piaciuto e cosa vorreste vedere nel prossimo episodio. Non vi assicuro di accontentarvi, perché dipende se ho scritto o meno il capitolo e a che punto sono arrivata, ma potreste comunque ispirarmi :D
Grazie, come sempre, a chi ha letto e recensito, e a chi ha letto in silenzio! Vi adoro! <3
Alla prossima settimana, con un altro capitolo!
Ciao ciao e buon fine settimana!
Ela.
   
 
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