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Autore: Nuel    15/02/2014    2 recensioni
Dieci anni prima, Draco Malfoy ed Hermione Granger si odiavano a morte, poi la vita è andata avanti, li ha allontanati, li ha provati, solo per ricongiungerli, apparentemente per caso, in una sala d'attesa, un uomo ed una donna diversi, con un passato che forse non condivideranno mai ed un futuro incerto, come tanti altri come loro.
Mi rituffo nel mondo di HP dopo anni di assenza, cambiando pairing e tematiche, solleticata da un'idea bizzarra: Draco ed Hermione in una sala d'attesa. Non avevo pensato ad una trama precisa, ma solo ad alcuni momenti che potrebbero appartenere a tanti altri personaggi, ma in cui ho immaginato proprio loro due.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Draco Malfoy odiava recarsi al ministero della magia.
Aveva la sensazione che, trattandosi di lui, il ministro se la prendesse comoda e lo lasciasse in sala d’attesa molto più di quanto non facesse con chiunque altro.
Almeno, questa volta, a tenergli compagnia sulle poltroncine della sala d’attesa c’era una strega piuttosto attraente.
La stava tenendo d’occhio già da un po’: non molto alta, sembrava ben fatta sotto la tunica dai colori pastello che esaltavano il colore dei suoi capelli, trattenuti dietro la nuca da un bel fermaglio.
Aveva l’aria distinta, il viso curato, schiena e spalle dritte... strano che non se la ricordasse dai tempi della scuola.
Erano passati quasi dieci anni dalla fine della scuola e lui non si era diplomato ad Hogwarts come aveva sempre pensato sarebbe accaduto.
Dopo la fine della guerra, i Malfoy non godevano certo di buona reputazione e lui era provato, stanco... come tutti, probabilmente, ma lui non era "tutti" e non poteva farsi vedere in quello stato. Sapeva che sarebbe sembrata una fuga e... beh, lo era.
Durmstrang sarebbe stata una buona soluzione, sarebbe stato quasi come essere a casa e invece no: la scelta era caduta su Beauxbatons: Durmstrang sapeva troppo di "arti oscure" ed era stato reputato che fosse meglio tenersene alla larga.
Così, aveva frequentato l’ultimo anno di scuola sul continente, tra Veela di una bellezza conturbante, francesi sfrontate e libertine e spagnole passionali e decise.
Dopo il diploma aveva deciso di rimanere in Francia per un po’ di tempo, molto preso da una travolgente relazione con una mezza veela che lo aveva trascinato nella Parigi magica per il tempo necessario a fare suoi i raffinati gusti della capitale francese.
Si era aggiunto qualcosa di frivolo al suo essere un Malfoy, qualcosa che lo aveva fatto sentire così "bene" che aveva deciso di mantenere la cadenza francese anche quando era tornato in Inghilterra.
Suo padre l’aveva convocato con urgenza dopo cinque anni di latitanza dal suolo inglese e Draco, suo malgrado, aveva fatto ritorno in patria.
Aveva salutato le sue amiche col nasino all’insù con una scena da operetta, molto tealtrale, molto patetica, baciamano, fanciulle in lacrime... aveva salutato la Ville Lumière con champagne a profusione e poi aveva preso una passaporta per ritrovarsi nella bigia, triste, campagna inglese.
Nebbia, aria fredda a pungergli il viso. Aveva sospirato e... Merlino, quanto gli era mancata casa!
Aveva dimenticato quanto amasse l’Inghilterra, col suo sole pallido ed il cielo coperto, le ragazze dai tratti spigolosi e l’incarnato pallido... aveva pensato di odiarli, quando era lontano, ma no: lui amava il suo mondo. Era un Malfoy, infondo e lì era quasi un re.
          «Mademoiselle – Adorava il fracese! - posso invitarla a prendere un tea

-o-

Hermione Granger si era accorta da un po’ degli sguardi che Draco Malfoy le lanciava.
Avrebbe preferito tenere la debita distanza da quell’individuo, ma in sala d’attesa c’erano solo loro ed era già fortunata che lui non le parlasse.
D’altro canto, era abbastanza logico che lui non si abbassasse a rivolgere la parola ad una sporca nata babbana, ma dopo un po’ si rese conto che lui non doveva averla riconosciuta.
Erano forse dieci anni che non si vedevano e lei era sicuramente cambiata.
Gli ultimi anni, in particolare, non erano stati i più facili che avesse affrontato: niente a che vedere con la guerra contro Voldemort, certo, ma la vita l’aveva messa a dura prova: dopo la fine della scuola, lei e Ron avevano iniziato a programmare il loro futuro assieme: prima Hermione avrebbe dovuto sistemare alcune cose nel mondo babbano e poi avrebbero potuto cercare lavoro, comprare casa, sposarsi...
Per lei non era stato difficile trovare un impiego presso la Gazzetta del Profeta, ma non era andata altrettanto bene a Ron: la scuola di specializzazione per Auror si era rivelata molto selettiva e Ron aveva accumulato stress.
Nemmeno quando era finalmente diventato un Auror la situazione era migliorata.
Troppo stress.
Avevano rimandato, rimandato, rimandato... fino a che non era più stato possibile farlo.
Hermione era rimasta incinta.
R
on era al settimo cielo. Tutta la sua famiglia lo era ed Hermione moriva dalla voglia di farlo sapere anche ai suoi genitori.
Si era presa qualche giorno di ferie per stare un po’ con loro: era da tanto che non li andava a trovare.
Andava tutto bene. I suoi genitori erano entusiasti quanto lei, non vedevano l’ora di diventare nonni.
Poi era svenuta sui gradini di casa.
Era caduta, aveva battuto la testa.
I suoi genitori avevano chiamato l’ambulanza, c’era stata la corsa all’ospedale.
Niente San Mungo. Era nella Londra babbana, con la sua famiglia babbana.
Quando si era svegliata, c'erano i suoi genitori: sua madre l'aveva abbracciata stretta, piangendo e suo padre le aveva sorriso, sollevato.
Quello che non c’era più era il suo bambino.
O bambina.
L’avrebbero chiamata Rose. O forse Hugo, se fosse stato un maschio.
Ron era impazzito dal dolore. Aveva accusato i suoi genitori, lei, che aveva voluto andarli a trovare. Avevano litigato e lei era scappata.
I suoi genitori l’avevano riaccolta a braccia aperte e, in poco tempo, avevano organizzato un viaggio per tenerla lontana da Londra e dai brutti ricordi, almeno fino a quando non si fosse sentita in grado di affrontarli.
          Hermione sgranò gli occhi quando sentì quell’invito con cadenza francese.
Avrebbe potuto ridere, ma si limitò a sorridergli «Oui».
 

-o-

Draco non si era ancora accorto di chi fosse la giovane stega con cui stava amabilmente conversando alla caffetteria del ministero.
Chicchieravano del più e del meno e ridevano pacatamente, come non gli capitava troppo spesso di fare, da quando era rientrato a Londra: suo padre non l’aveva convocato per le mille cose per cui avrebbe potuto aspettarsi Draco.
          Arrivato a Malfoy Manor si era accorto subito che qualcosa non andava: non vedeva i suoi da anni, se non via camino e... nessuno era andato ad accoglierlo, se non un elfo domestico, dal naso lungo e le orecchie afflosciate che lo aveva pregato con tono uggiolante di raggiungere il padre nel suo studio.
Draco ci era andato subito. Era diventato un bell’uomo, alto quanto Lucius, più snello, con l’aria un po’ scanzonata. Ah! Paris! Aveva operato una metamorfosi su di lui, l’aveva fatto sbocciare, lontano dall’imbalsamato contegno di suo padre, ma Lucius Malfoy era quel genere di uomo che sembra tutto d’un pezzo e poi... «Padre» Draco era entrato nello studio sorridendo, aspettandosi di trovarci entrambi i genitori, invece, con suo padre c’era una giovane donna che gli aveva sorriso un po’ imbarazzata.
«Ciao, Draco.» La sua voce emergeva dai ricordi della giovinezza del rampollo di casa Malfoy e Draco non ebbe più di un paio di secondi di esitazione.
«Asteria Greengrass?»
Draco aveva avuto un brutto presentimento, ma non aveva la minima idea di quanto peggiore fosse la realtà.
«Figliolo – Lucius aveva iniziato con tono insolitamente cauto. - Devo chiederti un "piccolo" sacrificio.»
Draco conosceva suo padre: non gli avrebbe mai imposto un matrimonio definendolo "sacrificio": avrebbe puntato sui vantaggi sociali ed economici, sull’avvenenza di Asteria... Si era fatto attento, occhieggiando verso la giovane... la ricordava più magra.
«Figliolo...»
«No, Lucius. Lascia che sia io a dirglielo.» Asteria aveva preso la parola interrompendo Malfoy senior e Draco aveva trovato la cosa estremamente strana.
Asteria si era avvicinata, più giovane di Draco di un paio d’anni, Serpeverde e Sanguepuro. Bella, decisa... Draco non la vedeva da quando era una quindicenne in divisa, intenta a studiare nella sala comune della loro casa.
«Sono incinta, Draco.»
Draco era stato tentato di farle le congratulazioni, ma qualcosa non gli tornava: cosa c’entrava lui?
«Sono incinta di tuo fratello.»
Draco aveva strabuzzato gli occhi ed era rimasto a bocca aperta guardarla raggiungere suo padre.
Lucius le aveva sorriso, prendendole la mano.«Come puoi ben capire, Draco, questa volta tua madre non mi perdorenerebbe. Sarebbe utile che tu riconoscessi il figlio di Asteria, quando verrà al mondo. Infondo, è un Malfoy.»
Così era diventato il padre di Scorpius e, per un po’, aveva pensato persino che avrebbe potuto sposarne la madre: Asteria gli era sempre piaciuta, ma infondo... era l’amante di suo padre e, fino a quando Lucius fosse stato in vita lui sarebbe sempre stato unicamente un marito di facciata.
Comprendeva sua madre, ma... noblesse oblige. C’erano dei compromessi da accettare, per far parte di un certo mondo e tutti, nella sua famiglia, lo sapevano.

-o-

Ridere le faceva un gran bene e ridere con Draco Malfoy era qualcosa su cui Hermione non avrebbe mai scommesso.
«Mi perdoni! Non vorrei mai farle perdere tempo!» Stava ancora ridendo, Draco.
«Oh no! Il ministro mi lascia sempre ad aspettare per ore, quando devo parlarci!»
«Fa così anche con lei?! Pensavo di essere l’unico sulla sua lista nera!»
Hermione rise di nuovo «Mi sa che in quella lista c’è anche il mio nome!»
«A proposito di nome, sono Draco Malfoy.» Le porse la mano ed Hermione smise di ridere.
          Per un lunghissimo periodo non era più stata capace di ridere: il suo mondo era terminato con una caduta sui gradini della sua casa babbana. Aveva dormito per la durata di tutto il volo da Londra a Napoli. Sua madre aveva detto che le servivano sole e mare per riprendersi e la figlia di una sua cara amica stava facendo uno stage in Italia.
Dopo un mese, Hermione aveva iniziato a stare meglio: il suo incarnato era diventato più sano, aveva ritrovato l’appetito e aveva scoperto che la pasta poteva lenire qualche ferita del cuore.
Aveva cominciato a viaggiare per l’Italia: Roma, Firenze, Milano, Venezia... aveva visitato musei, chiese, ma senza mai comprare una guida.
Tutte le meraviglie che le riempivano gli occhi le rimarginavano anche il cuore, senza dover pensare.
Per una volta sentiva la necessità di spegnere il cervello e vivere di emozioni positive.
Grazie alla complicità della sua nuova amica aveva imparato un sacco di cose: a camminare coi tacchi alti e con un libro in testa, quali colori esaltassero i suoi capelli ed i suoi occhi e quale taglio d’abiti le stesse meglio.
«Ora sì sembri una donna in carriera!» Le aveva detto la sua amica ad un certo punto ed Hermione aveva capito che era il momento di salutare la splendida Italia e tornare a Londra, a dire addio a Ron e riprendere in mano la sua vita.
Aveva ripreso il suo posto alla Gazzetta del Profeta e si era occupata di qualsiasi argomento spinoso capitasse nel mondo magico.
Con Ron non aveva più parlato dopo avergli reso l’anello di fidanzamento ed averlo sciolto da ogni promessa le avesse fatto. Harry e Ginny si erano dovuti abituare all’idea, ma in fondo anche le loro vite andavano avanti.
«Sicuro di voler stringere la mano ad una Sanguesporco?» Hermione gli sorrise ed attese la sua risposta. Possedeva una serenità contagiosa e Draco ne rimase conquistato.
«Granger?» Finalmente l’aveva riconosciuta ed era... sbalordito. No, interdetto!
Quando era avvenuto che quello spaventapasseri della Granger fosse diventata quella splendida strega?
«Mai stato più sicuro!» La sua voce aveva un tono basso e virile che mandò un brivido lungo la schiena di Hermione, che gli porse la mano, ampliando il sorriso.

   
 
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