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Autore: Cassandra Morgana    18/06/2008    2 recensioni
Un tiranno ed una città a un soffio dalla guerra civile.
Un gruppo di ragazzi improvvisati ribelli, persi nelle sfuggenti sfaccettature del loro essere e del loro ruolo, fra le trame di un complesso interagire nel mondo.
Una minaccia soffusa che aleggia nell'aria...
Un luogo immaginario e un momento storico immaginario, "riconducibile" al XVIII secolo europeo.
Benvenuti a Noir Trésor!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Noir Trésor ~'
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Capitolo 16

Inquietudine

 

 

Un flebile gemito, accompagnato dal lieve agitarsi del corpo stanco fra le lenzuola sottili, fu sufficiente a ridestare l’attenzione di Dorian, distogliendolo bruscamente dal lieve torpore che l’aveva pervaso per qualche indecifrabile istante.

Il giovane trasalì; sbatté le palpebre, liberandosi della nebbia del sonno che proiettava un velo opaco dinnanzi alla propria visuale, ed il suo sguardo si concentrò nuovamente sulla figura immersa nel sonno. Un guizzo di terrore gli serpeggiò lungo la schiena informicolita, quando avvertì il respiro di Fernand accelerare improvvisamente. Spalancando le palpebre per distinguerne più agevolmente i contorni nella penombra, Dorian lo osservò far leva sulle deboli spalle, nell’inconscio e vano tentativo di mutar posizione sullo scomodo giaciglio.

Deglutendo a fatica, Dorian seguì con lo sguardo il movimento del suo giovane amico, il braccio che si sollevava tremante, portando la mano delicata a sfiorare mollemente il collo. Il volto di Fernand si modellò in un’espressione di eloquente fastidio, come se qualcosa avesse appena scalfito la parte che ora indugiava a strofinare con sonnolento languore.

Il cuore di Dorian saltò un battito, arrestando per un istante il proprio palpitare furioso, mentre, come un doloroso, lugubre scampanellio nella testa, i frammenti del mosaico precipitarono nella sua mente fino a tentare di assumere una certa forma di coerenza, avvicinandosi pericolosamente a quella che, in un lampo, parve essere la loro postazione corretta. Trattenne il fiato.

                     

Nessun segnale era del tutto innocente.

 

Immobile, osservò accigliato i tratti del viso di Fernand distendersi nuovamente nella quiete del sonno ed il movimento del braccio ricadere molle sulle lenzuola. Ritorse nervosamente una ciocca di capelli biondi tra le dita, in attesa, scosso da un brivido d’indefinibile angoscia che gli si era sinistramente insinuato lungo la spina dorsale.

 

Non era stata un’allucinazione.

 

Intento a vegliare meticolosamente su Fernand, su ogni moto impercettibile che il suo sonno tradiva, Dorian si avvide soltanto allora dell’ombra sottile comparsa alle sue spalle. Ambrosie si accostò al capo del letto, il volto indecifrabile nel suo pallore altero ed accennò in direzione di Fernand con un gesto lieve.

Dorian prese un lungo respiro, rovistando nella propria mente alla ricerca di parole adatte a rivelare ad Ambrosie le proprie nebulose constatazioni riguardo all’improvviso malessere di Fernand. Esitando con mano incerta, scostò dal collo del giovane adagiato sul letto i lunghi capelli scomposti ed indicò con un gesto la fonte dei propri timori.

Vide Ambrosie sbiancare alla luce tremolante della candela e portarsi una mano alle labbra con fare pensoso, in quell’unico gesto di debolezza che mai la vide manifestare, dall’istante in cui Fernand si era accasciato privo di forze.

 

Ghiaccio.

Simile al ghiaccio, ad un primo, superficiale contatto.

Chiunque, in questo momento, comincerebbe a nutrire i propri timori sulla natura di eventi che non sembrano prestarsi a ragionevoli spiegazioni: ora come ora, Ambrosie non rappresenta un’eccezione. Ma neppure un giustificato terrore pare piegarla al punto da tradire in lei qualche sintomo di fragilità e scalfire la sua coltre di gelida razionalità.

Il ghiaccio non cede dinnanzi alla paura.

 

Un lampo di consapevolezza lo scosse: non era la prima volta che Fernand si era sentito male.

 

Non è la prima volta… Non è la prima volta che Fernand accusa malori ingiustificati? Che si abbatte al suolo sotto i nostri occhi, senza apparente motivo?

Se davvero le cose sono andate così, non è una mia malata allucinazione che tutto ciò cominci ad assumere contorni inquietanti.

 

- Cos’ha sul collo? – Ambrosie sfiorò la gola del fratello in corrispondenza degli impercettibili forellini rosso vivo che spiccavano sulla carne pallida.

Dorian scosse il capo, scuro in volto, impotente dinnanzi agli eventi, la voce che s’incrinava sotto la cappa di un’angosciosa e ancor torbida consapevolezza.

- Vorrei saperlo, Ambrosie.

La ragazza si morse dolorosamente il labbro, soffocandone il tremito.

- Tisi? – mormorò in un fievole squittio.

Il giovane serrò le labbra in segno di diniego.

- è la prima cosa che ho escluso – rispose asciutto, reprimendo dentro di sé la propria angoscia.

- Fernand non fa che ignorare il problema. Perché non me ne hai parlato subito, Dorian? – incalzò Ambrosie, il cui fare inquisitorio e nervoso si amalgamava ormai perfettamente all’ansia martellante che lentamente riguadagnava il sopravvento.

- Io non credevo… – Dorian si morse nervosamente le unghie, la mente in subbuglio.

- Bisogna chiamare un dottore! – lo interruppe bruscamente la ragazza.

Riguadagnata repentinamente la propria fermezza, la voce di Ambrosie echeggiò roca e priva di sfumature di panico nella sua impronta risoluta.

Il ragazzo annuì mestamente. Mosse gli occhi tutt’intorno, a disagio, pervaso da un vago senso d’oppressione.

- Dannato du Lac! – la mano corse ad artigliare il petto in un gesto carico di profonda frustrazione, ormai fuori d’ogni controllo.

Un bagliore d’ira, di rimando, percorse gli occhi di Ambrosie.

- Che diavolo… Dorian, cosa dici? Credi che questo abbia importanza, ora? Il divieto di vagare di notte per la città? Se è questo ciò che temi, allora io dico che il duca du Lac e le sue recenti disposizioni possono andarsene bellamente all’inferno! – proruppe la donna, trafelata, lasciando che la propria lucidità, parsa incrollabile fino a quel momento, sfumasse in un sibilo acuto – Mio fratello ha bisogno di un medico.

Dorian indugiò sul da farsi, misurando la piccola stanza con passi incerti.

Serrò le palpebre, tastando dolcemente fra le dita il polso di Fernand. Il calore della pelle dell’amico e la percezione del battito regolare sotto il suo tocco gli infusero una tenue, incomprensibile parvenza di serenità.

- Fernand… Sta soltanto dormendo – sussurrò, rapito – Lamentava una grande stanchezza. Ed averlo ammesso è già tanto, per uno come tuo fratello. Fernand ha solo bisogno di riposare.

Ambrosie corrugò la fronte. Crollò sulla sedia di fianco al capezzale del fratello, il volto fra le mani.

- Non è normale, Dorian. Non di nuovo! – scrollò le spalle in un mesto sospiro, sprofondata in quell’angolo della stanza, all’ombra delle proprie opprimenti riflessioni – Non ce la faccio. Vorrei che gli ultimi giorni trascorsi fossero stati semplicemente una specie d’incubo spaventoso. Un orribile incubo.

È ciò che vorremmo tutti.

Dorian fece per dischiudere le labbra come a voler replicare, per poi risolversi al silenzio. Immobile accanto alla finestra chiusa, fissò la nuca bionda di Ambrosie.

- Forse… è meglio che io vada a chiamarlo io – azzardò.

La ragazza si volse nella sua direzione, posando lo sguardo su di lui.

- Lascia stare, Dorian – gli sussurrò, accompagnando le sue parole con un gesto stanco – Per stanotte.

- Sembrava solamente… Stanco – mormorò il ragazzo in una sorta d’ipnotica, fioca cantilena, il respiro che faticava ad oltrepassare l’ostica barriera delle labbra tremolanti – Finché non è crollato in questo strano torpore. E tutto può sembrare, fuorché un sonno tranquillo.

Il flusso dei pensieri che, fuori controllo, Dorian manifestava ad alta voce, s’interruppe solo quando, con un gesto perentorio della mano, Ambrosie gli impose di tacere. Un colpo secco vibrato al portone si propagò per l’ambiente. La ragazza aggrottò le sopracciglia, mentre lo sguardo circospetto mutava fulmineamente la sua prospettiva, allontanandosi dal viso contratto di Dorian ed indugiando tentoni in direzione del rumore sordo che li aveva distolti dalle loro congetture.

- Fernand… Ambrosie! Aprite!

Ambrosie si sollevò di scatto, un istante dopo aver identificando la voce che la reclamava al di là dell’ingresso.

Emilie… Cosa fa, a quest’ora?

Sollevò il passante.

- Emilie, che diavolo…

- Fammi entrare, Ambrosie.

La ragazza non fece quasi in tempo a richiudersi l’uscio alle spalle, che Emilie la spinse da parte, precipitandosi oltre l’ingresso con passi furiosi, il volto congestionato dalla tensione.

Ambrosie e Dorian si scambiarono un’occhiata sgomenta; persino Raphäel, raggomitolato fino a quel momento in un angolo dell’androne in un muto dormiveglia, lasciando quasi in sospeso la propria presenza, riemerse dalla propria indolente solitudine e posò uno sguardo vigile ed interrogativo sulla donna appena sopraggiunta.

Dorian avvertì l’angoscia strisciargli nel petto con un’intensità tale che, per un istante, ebbe l’illusione che il proprio corpo ne fosse scalfito fino in superficie.

- Cos’altro è accaduto? – il giovane incrociò le braccia sul petto, controllandone il tremito.

- Non si tratta di me – puntualizzò Emilie.

Il duro sguardo color caffè, che Dorian giurò di non aver mai visto sconvolto come in quel momento, saettò intorno alla stanza e sui presenti.

- Riguarda Auguste.

 

* * *

 

Il volto di Fernand s’increspò in un misto fra paura e frustrazione, quando Emilie ebbe concluso il proprio confuso resoconto.

Si era ridestato di soprassalto, richiamato dall’improvviso trambusto e dal parlare concitato della donna che era piombata improvvisamente in casa sua. Era stato sufficiente udire il nome di Auguste risuonare fra le pareti con funerea intensità, perché Fernand si fosse precipitato nell’androne come una furia, il volto disfatto, le membra nervose e gli stivali ai piedi.

Rivide per un istante gli occhi di Auguste bruciare nei propri in un monito di disapprovazione. In una rocambolesca panoramica, rivide la mano dell’uomo che lo stava conducendo sull’orlo della follia scattare fulminea e colpirlo.

 

Ma, con ogni probabilità, ora è Auguste ad essere in pericolo, e di tutto il resto poco importa. Non so cos’abbia in mente né cos’abbia a che vedere tutto ciò con i ribelli o con Lucien, malgrado qualunque congettura in proposito mi terrorizzi.

Auguste gioca con la propria vita come in una volgare scommessa fra gli ubriachi di un’osteria, ed io non posso aiutarlo.

 

Non so dove sei né dove vuoi arrivare questa notte, ma so che stai andando incontro alla rovina, lentamente, forse in questo momento, forse domani stesso, ed io non posso nulla per impedirlo.

 

- Io… Devo andare da lui – fu la sua risposta istintiva.

Il volto di Fernand s’infiammò di collera e malcelata delusione, nel momento in cui ravvisò sui volti dei presenti lo stesso disarmante, inappellabile dissenso che da sempre – tanto da averlo reso ormai avvezzo – aveva percepito negli occhi di Auguste, posto di fronte alle sue più stravaganti iniziative.

 

No, non andrai da nessuna parte, Fernand.

 

C’era forse bisogno di puntualizzarlo?

 

Chinò mestamente lo sguardo, la sconfitta che gli bruciava sulla carne viva. Per un istante, il suo inconscio si era nuovamente illuso di poter in qualche modo offrire ad Auguste il proprio aiuto. Qualunque fosse stata la natura effettiva delle circostanze. Invece, si era ritrovato con la propria volontà ancorata al pavimento, privo di qualsiasi certezza e possibilità d’azione concreta. Nessuna certezza riguardo a ciò che aveva in mente Auguste: il buio.

Fernand sapeva di essere in grado a malapena di reggersi in piedi – Ambrosie aveva ragione, e a rammentarglielo nella sua bruciante oggettività era bastato un solo sguardo categorico. Aveva ignorato le premure di sua sorella e di Dorian. Si era lasciato andare stancamente sul divano, le tempie pulsanti ed una sgradevole sensazione di vertigine ad assillarlo.

Ma quella notte, Auguste aveva deciso di regolare fantomatiche faccende in sospeso di proprio conto e di mettere a repentaglio se stesso.

Fernand aveva dovuto rassegnarsi a restare a guardare, e la snervante consapevolezza di essere ancora una volta impossibilitato a muovere un solo dito per Auguste fece sì che il suo ultimo baluardo di giudizio si smarrisse fra le trame della disperazione.

Immobile sul divano disadorno, Fernand si strinse nella camicia stropicciata, rabbrividendo al gelo dello sconforto, nella cocente, sfiancante attesa di una soluzione che non giungeva dalla bocca di nessuno dei presenti.

Emilie stava compunta accanto al camino, il volto tirato che tradiva un’inquietudine accortamente dissimulata, e Fernand ebbe la netta sensazione che fosse più infastidita che preoccupata dagli avvenimenti che si erano consumati dinnanzi ai suoi occhi, dei quali si era impegnata a tracciare un resoconto pressoché chiaro ed attendibile.

In ansia più per le effettive sorti di un amore che aveva estorto ad Auguste con l’astuzia, giorno dopo giorno, piuttosto che per le reali intenzioni del suo uomo. Maledetta arpia.

 

Troppo comodo se fosse davvero così, Fernand?

 

Lo sguardo di Raphäel indugiava troppo di frequente in direzione di Ambrosie, in attesa, quasi, di un gesto d’assenso da parte della ragazza. Le iridi corvine che fremevano fra le palpebre delicate, spiccavano come due perle scure sull’incarnato d’alabastro. Fernand intercettò dolorosamente lo scambio di sguardi, prima di distogliere il viso in un moto d’insofferenza.

 

Hai forse capito come giocare la situazione a tuo favore, Raphäel. Hai compreso lo spirito di questa città, ma ciò non ti fa onore. Hai intravisto in tutto questo un’occasione appetitosa che ti consentirà di farti bello agli occhi di mia sorella, di Auguste o, forse, dei ribelli al gran completo?

 

Dorian pareva l’unico ancora in grado di ragionare lucidamente circa le cause ed il significato degli strani avvenimenti che avevano visto Auguste discutere concitatamente con due sconosciuti poco affidabili, per poi condurli verso i suoi propositi con la minaccia. Troppo preso dalle proprie congetture, Dorian, lo sguardo smarrito in un punto impreciso dinnanzi a sé, per curarsi dell’eventualità di captare possibili risvolti d’interesse personale insiti nelle loro sventure.

Grazie al cielo, qualcuno è ancora in possesso di un cervello pensante.

 

- Non azzardo – dichiarò Emilie con malcelata petulanza – Ma i due uomini che Auguste ha minacciato di morte, credo fossero a conoscenza di segreti poco convenienti. E questo, Auguste sembrava saperlo bene.

L’angoscia e l’incertezza erano ormai sfumati sul volto di Emilie, recando spazio al suo tono consueto, autoritario e vagamente pretenzioso.

- Cosa volete insinuare? – la interruppe Fernand, il volto acceso di un malcelato livore.

Raphäel parve condividere le sue perplessità dinnanzi all’atteggiamento astioso e diffidente della donna.

 

Persino il buon Raphäel comincia a nutrire dei dubbi. Ma lui, con ogni probabilità, è proprio il tipo che non riporrebbe completa fiducia neppure su sua madre. Il presunto ascendente che esercita su Ambrosie è l’unico dato certo che lo riguarda.

 

- Intendo proprio dire, Fernand – riprese Emilie, sibillina – che Auguste non è uno sprovveduto e, se ha ritenuto di dover… convincere quei due uomini a seguirlo, è ben consapevole di quale sia la ragione.

Il ragazzo avvertì un fremito d’irritazione attraversarlo fino alla punta delle dita.

- Intendete forse dire che nasconde qualcosa? Auguste ha perso il suo miglior amico ed è comprensibilmente furioso. Non so cos’abbia a che vedere con tutto questo, ma i vostri sospetti sono così… Tremendamente stupidi ed infamanti! Pretendete forse di conoscere tutto di lui?

- Fernand!

Vide Ambrosie tentare di dissuaderlo con un’occhiata carica di rimprovero dalla strada rischiosa che stava impudentemente imboccando, malgrado, con ogni probabilità, lei stessa condividesse i suoi punti di vista.

La diretta interessata ignorò il blando tentativo da parte della ragazza di sedare gli animi e rivolse a Fernand uno sguardo sarcastico.

- Credi di saperlo tu, ragazzo? Allora, ti pregheremo fin da ora di illuminarci in proposito! Perdonami – insinuò, tagliente – Non ho tenuto in conto che forse eri forse troppo impegnato a fare a botte nelle taverne e a divulgare opuscoli satirici illegali, trascinando Auguste nelle tue trovate, perché potessi cogliere simili sottigliezze. È così?

Un intenso rossore incipriò le gote di Fernand. Il giovane chinò lo sguardo, ferito.

- è questo ciò che pensate? – squittì – Non vi è mai andata giù la causa per la quale lottiamo: è così. Perché non vi sforzate di essere obiettiva almeno nei riguardi di Auguste?

- Lo sarei, Fernand – Emilie lo soppesò con lo sguardo duro – Se avessi la più pallida garanzia che tutto ciò non rappresenti per lui il passaggio obbligato verso la rovina. Sei troppo giovane: forse, se riuscissi almeno una volta a guardare obiettivamente ai vostri intenti e levarti dagli occhi quelle bende d’idealismo sconsiderato, capiresti che la posta in gioco è ben più elevata di quanto immagini.

- Credo possa bastare.

Fu Ambrosie a frapporsi con decisione tra i due contendenti.

Gli occhi di Dorian, diventati all’improvviso tremendamente seri, saettarono da lui ad Emilie, soppesando entrambi con gravità.

- Scannarvi non vi servirà a nulla – soggiunse, asciutto – Credo sia più opportuno mettere per il momento da parte le vostre… divergenze d’opinione e concentrarvi su fatti reali, piuttosto che su strane supposizioni.

Fernand annuì, assorto.

- A dire il vero – sussurrò impercettibilmente – Credevo di aver deposto le armi da tempo.

Emilie stette ritta ed immobile a contemplare il fuoco morente; poi, inaspettatamente, mosse qualche timido passo in direzione del ragazzo.

Fernand credette di aver scorto per la prima volta in quelle iridi altezzose una sorta di manifestazione benevola nei suoi riguardi.

- Non ti sono ostile, Fernand. Non voglio accusarti di nulla, e non credo che tu desideri trascinare nei guai i tuoi compagni – le labbra piene, una macchia rossa che s’imponeva prepotente sull’incarnato chiaro, si dischiusero appena, abbozzando un vago sorriso – Entrambi desideriamo che Auguste rientri a casa stanotte. Non sei convinto?

Il giovane si strinse mestamente nelle spalle.

 

Non sono certo se sia la mia percezione ad ingannarmi, ma credo – temo, piuttosto? – di aver intravisto in lei qualcosa che mi porta a dedurre, non a torto, che Emilie abbia deciso, per una volta, di anteporre il bene di Auguste ai propri voleri.

 

Serrò le palpebre, cullandosi languidamente nel cupo, insidioso sconforto che sentiva scorrere inarrestabile dentro di sé. La fredda luce della luna filtrava nella sala, mescolandosi al tiepido chiarore delle candele accese e delle ultime fiamme del focolare che si avviavano al proprio declino in una triste danza.

Sua sorella Ambrosie guardava risoluta dinnanzi a sé, posando gli occhi di tanto in tanto sui volti dei presenti. Sembrava risoluta e fiera, improvvisamente decisa su cosa fare. Fernand trasalì appena, sconcertato dal mutato atteggiamento, e prese a soppesare silenziosamente i gesti volitivi che tradivano l’ansia febbrile della ragazza e lasciavano intuire il malcelato nervosismo che le attraversava la mente.

Il ragazzo sentì il proprio cuore procurargli una fitta lungo il petto: ancora una volta, gli occhi azzurri di Ambrosie puntavano chiaramente su di lui. Trattenne il respiro.

Si sforzò di non considerare quanto la figura di Raphäel si fosse scolpita inesorabilmente in lei e nel suo animo, talora turbandola, talora infondendole quella strana ed inspiegabile eccitazione, quello slancio irrequieto e adrenalinico che la spingevano ad impugnare le redini dell’iniziativa e a muoversi con inconsueto slancio e sicurezza.

Fernand serrò i pugni fino a far sbiancare le nocche, le unghie che si conficcavano dolorosamente sul palmo della mano.

 

Troppe. Troppe volontà, troppe forze si dibattono alla cieca le une contro le altre fuori di me, fuggendo dinnanzi ai miei occhi, troppo fulminee perché io possa afferrarle. Mi perdo…

 

In fin dei conti, Raphäel non è cattivo; è solo troppo infiocchettato di buoni pensieri, ai miei occhi, piuttosto che d’intenzioni realmente tangibili.

Se davvero fosse così, perché non riesco a non sentirmi come vittima di una trama oscura che sembra condizionare e manipolare tutto ciò che si muove intorno a me?

 

- Dobbiamo trovare Auguste – proruppe d’un fiato Raphäel.

Un silenzio teso pervase la stanza come una cappa caliginosa.

- Dobbiamo trovarlo – proseguì – e assicurarci che stia bene.

Fernand intravide nelle parole del ragazzo l’impronta delle intenzioni che Dorian ed Ambrosie avevano nutrito sin dal momento in cui Emilie aveva rivelato loro l’accaduto.

- Non è semplice, Raphäel – lo interruppe Emilie, il volto scettico – Nessuno ha idea di dove sia diretto, né di che intenzioni abbia davvero.

Il volto pallido del giovane si corrugò in un sorriso indecifrabile, mentre un chiarore sibillino gli rischiarava le iridi.

- Ammettiamo per un’assurda ipotesi, madame – esordì, la voce soffusa di una sottile venatura sarcastica.

Distolse furbescamente lo sguardo dalla donna.

- Ammettiamo che un’idea circa la meta di Auguste stia prendendo forma nella mia mente. Per quanto io possa sbagliarmi.

Fernand corrugò la fronte, soprappensiero. Raphäel cerca di confondere le idee all’avversario, considerò, studiandolo di nascosto.

La voce di Raphäel echeggiava nella sua mente con una cadenza ipnotica ed estremamente affascinante, evocando nell’animo di Fernand le movenze sinuose ed allettanti di un serpente.

 

Eppure, le sue intenzioni non sono malvagie. Non possono esserlo. Se così fosse, non affiderei tanto spregiudicatamente l’incolumità di Auguste – del mio Auguste! – alle sue enigmatiche deduzioni.

 

- Chissà… – proseguì Raphäel, cogitabondo – Se ci impegnassimo a ragionare con un po’ di calma e a ricordare, potrebbero sempre emergere particolari interessanti. Chi sono i due uomini che discutevano con Auguste, Emilie?

- Non lo so – si affrettò a ribadire la donna con falso zelo.

Negli occhi vigili di Emilie trapelava ormai con chiarezza disarmante una diffidenza tangibile nei riguardi del ragazzo e la ferrea ostinazione nei propri intenti.

- So soltanto che Auguste non si fidava di loro, e a ragione – concluse.

Raphäel scosse le spalle, annuendo con fare indolente.

- Se non altro, dalla vostra camera siete senz’altro riuscita a udire parte della loro discussione, dico bene?

Emilie lo fissò con somma frustrazione. Arricciò le labbra, sconfitta, ritraendosi come una gatta al cospetto di un aggressore più forte di lei.

Aveva ottime ragioni a voler tenere per sé quanto era riuscita a carpire riguardo alle intenzioni di Auguste e non era del tutto sicura di quanto, nell’interesse del suo compagno, fosse opportuno ragguagliare Raphäel e gli altri circa gli avvenimenti di quella notte.

Raphäel la sovrastava da vicino con la sua figura alta, lo sguardo fiero e pulito di chi sa come ottenere quanto gli occorre senza ricorrere alle minacce o all’inganno. Emilie cedette.

- Parlavano d’impadronirsi di armi e munizioni destinate alle milizie del duca – sputò fuori le parole come a volersi liberare di un boccone amaro – Di un lavoro sporco svolto dai due malviventi per suo conto… Di qualche compromesso. Poi, evidentemente, qualcosa non è andato per il verso giusto.

- Capisco – Raphäel sorrise trionfante, e l’apparente gentilezza del suo sguardo sortì l’effetto di inasprire in modo quasi inconsapevole la propria vittoria su Emilie, la quale lo fulminò con un’occhiata gelida ed ostile.

Non aveva prestato riguardo al turbinio di reazioni che i nuovi particolari in merito sortirono nei presenti.

Dorian fu il primo a riscuotersi dal momentaneo, iniziale sgomento e dalle rapide riflessioni che avevano seguito le rivelazioni della donna. Rivolse uno sguardo d’intesa a Fernand ed Ambrosie, per poi annuire con benevolenza in direzione di Raphäel.

- Hai idea su cosa fare ora, Raphäel? – Dorian sorrise ambiguo, calandosi il tricorno sul capo.

- Al deposito di munizioni – lo precedette – È là che sono diretti.

- È meglio che venga con voi – s’intromise di colpo Fernand e, in un gesto meccanico, indossò la giacca.

 

Le tue intenzioni sono così prevedibili, Fernand; i tuoi gesti avventati, come sempre, sono trasparenti come uno specchio d’acqua alla luce dell’alba. E qualcuno, in questa stanza, ha ben compreso come tenere a bada i fervori dei fratelli LaRoche.

 

Persino Ambrosie si mosse in direzione di Dorian e Raphäel, alla disperata ricerca di un ferreo pretesto per prendere parte alla spedizione dei due uomini.

- Fernand.

Il ragazzo non poté fare a meno di trasalire, quando una mano pallida si posò delicata e prepotente sulla sua spalla, trattenendolo sul posto con una presa appena percettibile. Fernand si volse rapito in direzione di Raphäel, ormai ad un palmo da lui. Immobile, il giovane sbatté le palpebre e lo fissò in viso. Raphäel lo sovrastava di una spanna, così vicino da poterne percepire il respiro su di lui. Fernand indugiò con lo sguardo sulla massa arruffata di folti capelli corvini che circondava il volto bianchissimo di Raphäel; in silenzio, ne studiò i tratti sottili, nitidi nella penombra, composti in fattezze intrinsecamente attraenti nella loro irregolarità, lo sguardo fermo circonfuso di un alone indecifrabile e vagamente inquietante.

- Ascoltami – esordì mestamente Raphäel in un sussurro – Stavolta, sono convinto che una persona in più non farà alcuna apprezzabile differenza. Un solo uomo sarebbe davvero poco, in fin dei conti; ma tre, siamo già in troppi – si morse il labbro – Per il duca, tre ribelli in un unico colpo sarebbero una vera fortuna: è già abbastanza rischioso avventurarsi sotto il coprifuoco, con le guardie del duca che pattugliano la città. Ma non si tratta soltanto di questo: in un’altra situazione, nessuno rifiuterebbe il tuo intervento, ma non questa notte. Sei ancora così debole… È meglio così, Fernand: credimi.

Se quello stesso individuo, quel Raphäel Lemoine che aveva sedotto sua sorella, si era introdotto in casa sua, l’aveva insultato e provocato al punto tale da generare in lui una reazione violenta, avesse osato indirizzargli un simile discorso soltanto poche ore prima, Fernand era certo che gli avrebbe lasciato un segno sulla faccia come ricordo, prima ancora che riuscisse ad avvicinarsi a lui con atteggiamento così confidenziale.

- Non m’importa – replicò il ragazzo, il volto angosciato e confuso – A me interessa soltanto che qualcuno ritrovi Auguste quanto prima.

 

Ed ora, che diavolo succede? Vi è qualcosa di nuovo nel fatto che Fernand LaRoche manchi totalmente della capacità di starsene al proprio posto?

Non voglio compatimenti da parte di nessuno. Non voglio sentire “mi dispiace, Fernand”.

Ora, mi aspetta soltanto l’attesa.

 

Chinando lo sguardo, troppo orgoglioso per insistere, Fernand annuì distratto e si strinse al braccio di Ambrosie, la quale parve condividere la sua medesima frustrazione, benché avesse pilotato di nascosto la situazione, trasmettendo i propri intenti a Dorian e Raphäel.

Dorian gli rivolse un sorriso appena accennato e velato di tristezza, mentre con un dito gli scostava un ricciolo dalla guancia.

- Non dovete preoccuparvi – sussurrò a Fernand ed Ambrosie – Auguste non è uomo da correre rischi senza aver calcolato, e sono certo che Raphäel abbia un asso nella manica.

- Io farei a meno di coltivare cieche convinzioni, Dorian – Emilie sovrastò il gruppetto con un moto di disappunto.

- Abbiamo forse una scelta migliore? – ribatté il giovane con petulanza – Salvo, com’è ovvio, ignorare completamente il fatto che Auguste potrebbe eventualmente essere in difficoltà ed abbandonarlo alla propria mercé. O magari… Ma che sciocco, perché non averci pensato prima? Avvertire le autorità e lasciare tutto nelle loro mani: sono certo che, nella posizione di Auguste, non vi sua alternativa più valida! – concluse, sarcastico.

Emilie seguì con lo sguardo carico di disprezzo il tragitto di Raphäel e Dorian, finché quest’ultimo non richiuse il portone alle proprie spalle.

- Pazzi! – sibilò con cupa amarezza, quando i due ebbero abbandonato la dimora di Ambrosie e Fernand – Sono completamente pazzi. Che cosa sperano di ottenere?

Ambrosie non poté trattenere un mezzo sorriso compiaciuto, nonostante un filo d’angoscia le stringesse il petto al pensiero di cosa, in quel momento, si stesse inevitabilmente consumando fra le mura di Noir Trésor.

- E tu, Ambrosie, non sei migliore di loro.

 

 

 

 

 

 

 

Il mio cantuccio:

Salve a tutti!

Innanzitutto, chiedo infinitamente scusa per il ritardo (mai accumulato un intervallo così lungo. *Soltanto* qualche mesetto innocente, che volete sia mai!^^). Purtroppo, tra lezioni, esami, crisi d’ispirazione e casini vari, le cose hanno finito per procedere inevitabilmente a rilento.

Passo subito subito ai ringraziamenti: ai lettori, a quanti finora hanno seguito le vicissitudini di Noir Trésor – magari spedendomi sotto sotto qualche improperio, causa atroce ritardo nell’aggiornamento –, a coloro che hanno aggiunto NT tra i Preferiti, nonché a tutti coloro che hanno lasciato una piccola recensione al mio lavoro.

In particolare, Renovatio, la cui recensione con relativa, splendida analisi del personaggio di Auguste mi ha fatto incredibilmente piacere!^^

Acqua torbida in superficie che non ha paragoni con quella del fondo… Ho amato questa frase, capace di riassumere nelle sue sfaccettature la personalità di Auguste. Estendo i miei ringraziamenti e mi scuso in anteprima se ho dimenticato qualcuno… Purtroppo, alle 3.37 della notte di fronte alla pagina di Word può accadere questo e altro!

Alla prossima!^^

 

 

   
 
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