Capitolo
16
Inquietudine
Un
flebile gemito, accompagnato dal lieve agitarsi del corpo stanco fra le lenzuola
sottili, fu sufficiente a ridestare l’attenzione di Dorian, distogliendolo
bruscamente dal lieve torpore che l’aveva pervaso per qualche indecifrabile
istante.
Il
giovane trasalì; sbatté le palpebre, liberandosi della nebbia del sonno che
proiettava un velo opaco dinnanzi alla propria visuale, ed il suo sguardo si
concentrò nuovamente sulla figura immersa nel sonno. Un guizzo di terrore gli
serpeggiò lungo la schiena informicolita, quando avvertì il respiro di Fernand
accelerare improvvisamente. Spalancando le palpebre per distinguerne più
agevolmente i contorni nella penombra, Dorian lo osservò far leva sulle deboli
spalle, nell’inconscio e vano tentativo di mutar posizione sullo scomodo
giaciglio.
Deglutendo
a fatica, Dorian seguì con lo sguardo il movimento del suo giovane amico, il
braccio che si sollevava tremante, portando la mano delicata a sfiorare
mollemente il collo. Il volto di Fernand si modellò in un’espressione di
eloquente fastidio, come se qualcosa
avesse appena scalfito la parte che ora indugiava a strofinare con sonnolento
languore.
Il
cuore di Dorian saltò un battito, arrestando per un istante il proprio palpitare
furioso, mentre, come un doloroso, lugubre scampanellio nella testa, i frammenti
del mosaico precipitarono nella sua mente fino a tentare di assumere una certa
forma di coerenza, avvicinandosi pericolosamente a quella che, in un lampo,
parve essere la loro postazione corretta. Trattenne il
fiato.
Nessun
segnale era del tutto innocente.
Immobile,
osservò accigliato i tratti del viso di Fernand distendersi nuovamente nella
quiete del sonno ed il movimento del braccio ricadere molle sulle lenzuola.
Ritorse nervosamente una ciocca di capelli biondi tra le dita, in attesa, scosso
da un brivido d’indefinibile angoscia che gli si era sinistramente insinuato
lungo la spina dorsale.
Non
era stata un’allucinazione.
Intento
a vegliare meticolosamente su Fernand, su ogni moto impercettibile che il suo
sonno tradiva, Dorian si avvide soltanto allora dell’ombra sottile comparsa alle
sue spalle. Ambrosie si accostò al capo del letto, il volto indecifrabile nel
suo pallore altero ed accennò in direzione di Fernand con un gesto
lieve.
Dorian
prese un lungo respiro, rovistando nella propria mente alla ricerca di parole
adatte a rivelare ad Ambrosie le proprie nebulose constatazioni riguardo
all’improvviso malessere di Fernand. Esitando con mano incerta, scostò dal collo
del giovane adagiato sul letto i lunghi capelli scomposti ed indicò con un gesto
la fonte dei propri timori.
Vide
Ambrosie sbiancare alla luce tremolante della candela e portarsi una mano alle
labbra con fare pensoso, in quell’unico gesto di debolezza che mai la vide
manifestare, dall’istante in cui Fernand si era accasciato privo di
forze.
Ghiaccio.
Simile
al ghiaccio, ad un primo, superficiale contatto.
Chiunque,
in questo momento, comincerebbe a nutrire i propri timori sulla natura di eventi
che non sembrano prestarsi a ragionevoli spiegazioni: ora come ora, Ambrosie non
rappresenta un’eccezione. Ma neppure un giustificato terrore pare piegarla al
punto da tradire in lei qualche sintomo di fragilità e scalfire la sua coltre di
gelida razionalità.
Il
ghiaccio non cede dinnanzi alla paura.
Un
lampo di consapevolezza lo scosse: non era la prima volta che Fernand si era
sentito male.
Non
è la prima volta… Non è la prima volta che Fernand accusa malori ingiustificati?
Che si abbatte al suolo sotto i nostri occhi, senza apparente
motivo?
Se
davvero le cose sono andate così, non è una mia malata allucinazione che tutto
ciò cominci ad assumere contorni inquietanti.
-
Cos’ha sul collo? – Ambrosie sfiorò la gola del fratello in corrispondenza degli
impercettibili forellini rosso vivo che spiccavano sulla carne
pallida.
Dorian
scosse il capo, scuro in volto, impotente dinnanzi agli eventi, la voce che
s’incrinava sotto la cappa di un’angosciosa e ancor torbida
consapevolezza.
-
Vorrei saperlo, Ambrosie.
La
ragazza si morse dolorosamente il labbro, soffocandone il
tremito.
-
Tisi? – mormorò in un fievole squittio.
Il
giovane serrò le labbra in segno di diniego.
-
è la prima cosa che ho escluso –
rispose asciutto, reprimendo dentro di sé la propria
angoscia.
-
Fernand non fa che ignorare il problema. Perché non me ne hai parlato subito,
Dorian? – incalzò Ambrosie, il cui fare inquisitorio e nervoso si amalgamava
ormai perfettamente all’ansia martellante che lentamente riguadagnava il
sopravvento.
-
Io non credevo… – Dorian si morse nervosamente le unghie, la mente in
subbuglio.
-
Bisogna chiamare un dottore! – lo interruppe bruscamente la
ragazza.
Riguadagnata
repentinamente la propria fermezza, la voce di Ambrosie echeggiò roca e priva di
sfumature di panico nella sua impronta risoluta.
Il
ragazzo annuì mestamente. Mosse gli occhi tutt’intorno, a disagio, pervaso da un
vago senso d’oppressione.
-
Dannato du Lac! – la mano corse ad artigliare il petto in un gesto carico di
profonda frustrazione, ormai fuori d’ogni controllo.
Un
bagliore d’ira, di rimando, percorse gli occhi di
Ambrosie.
-
Che diavolo… Dorian, cosa dici? Credi che questo abbia importanza, ora? Il
divieto di vagare di notte per la città? Se è questo ciò che temi, allora io
dico che il duca du Lac e le sue recenti disposizioni possono andarsene
bellamente all’inferno! – proruppe la donna, trafelata, lasciando che la propria
lucidità, parsa incrollabile fino a quel momento, sfumasse in un sibilo acuto –
Mio fratello ha bisogno di un medico.
Dorian
indugiò sul da farsi, misurando la piccola stanza con passi
incerti.
Serrò
le palpebre, tastando dolcemente fra le dita il polso di Fernand. Il calore
della pelle dell’amico e la percezione del battito regolare sotto il suo tocco
gli infusero una tenue, incomprensibile parvenza di
serenità.
-
Fernand… Sta soltanto dormendo – sussurrò, rapito – Lamentava una grande
stanchezza. Ed averlo ammesso è già tanto, per uno come tuo fratello. Fernand ha
solo bisogno di riposare.
Ambrosie
corrugò la fronte. Crollò sulla sedia di fianco al capezzale del fratello, il
volto fra le mani.
-
Non è normale, Dorian. Non di nuovo! – scrollò le spalle in un mesto sospiro,
sprofondata in quell’angolo della stanza, all’ombra delle proprie opprimenti
riflessioni – Non ce la faccio. Vorrei che gli ultimi giorni trascorsi fossero
stati semplicemente una specie d’incubo spaventoso. Un orribile
incubo.
È
ciò che vorremmo tutti.
Dorian
fece per dischiudere le labbra come a voler replicare, per poi risolversi al
silenzio. Immobile accanto alla finestra chiusa, fissò la nuca bionda di
Ambrosie.
-
Forse… è meglio che io vada a
chiamarlo io – azzardò.
La
ragazza si volse nella sua direzione, posando lo sguardo su di
lui.
-
Lascia stare, Dorian – gli sussurrò, accompagnando le sue parole con un gesto
stanco – Per stanotte.
-
Sembrava solamente… Stanco – mormorò il ragazzo in una sorta d’ipnotica, fioca
cantilena, il respiro che faticava ad oltrepassare l’ostica barriera delle
labbra tremolanti – Finché non è crollato in questo strano torpore. E tutto può
sembrare, fuorché un sonno tranquillo.
Il
flusso dei pensieri che, fuori controllo, Dorian manifestava ad alta voce,
s’interruppe solo quando, con un gesto perentorio della mano, Ambrosie gli
impose di tacere. Un colpo secco vibrato al portone si propagò per l’ambiente.
La ragazza aggrottò le sopracciglia, mentre lo sguardo circospetto mutava
fulmineamente la sua prospettiva, allontanandosi dal viso contratto di Dorian ed
indugiando tentoni in direzione del rumore sordo che li aveva distolti dalle
loro congetture.
-
Fernand… Ambrosie! Aprite!
Ambrosie
si sollevò di scatto, un istante dopo aver identificando la voce che la
reclamava al di là dell’ingresso.
Emilie…
Cosa fa, a quest’ora?
Sollevò
il passante.
-
Emilie, che diavolo…
-
Fammi entrare, Ambrosie.
La
ragazza non fece quasi in tempo a richiudersi l’uscio alle spalle, che Emilie la
spinse da parte, precipitandosi oltre l’ingresso con passi furiosi, il volto
congestionato dalla tensione.
Ambrosie
e Dorian si scambiarono un’occhiata sgomenta; persino Raphäel, raggomitolato
fino a quel momento in un angolo dell’androne in un muto dormiveglia, lasciando
quasi in sospeso la propria presenza, riemerse dalla propria indolente
solitudine e posò uno sguardo vigile ed interrogativo sulla donna appena
sopraggiunta.
Dorian
avvertì l’angoscia strisciargli nel petto con un’intensità tale che, per un
istante, ebbe l’illusione che il proprio corpo ne fosse scalfito fino in
superficie.
-
Cos’altro è accaduto? – il giovane incrociò le braccia sul petto, controllandone
il tremito.
-
Non si tratta di me – puntualizzò Emilie.
Il
duro sguardo color caffè, che Dorian giurò di non aver mai visto sconvolto come
in quel momento, saettò intorno alla stanza e sui
presenti.
-
Riguarda Auguste.
* *
*
Il
volto di Fernand s’increspò in un misto fra paura e frustrazione, quando Emilie
ebbe concluso il proprio confuso resoconto.
Si
era ridestato di soprassalto, richiamato dall’improvviso trambusto e dal parlare
concitato della donna che era piombata improvvisamente in casa sua. Era stato
sufficiente udire il nome di Auguste risuonare fra le pareti con funerea
intensità, perché Fernand si fosse precipitato nell’androne come una furia, il
volto disfatto, le membra nervose e gli stivali ai piedi.
Rivide
per un istante gli occhi di Auguste bruciare nei propri in un monito di
disapprovazione. In una rocambolesca panoramica, rivide la mano dell’uomo che lo
stava conducendo sull’orlo della follia scattare fulminea e
colpirlo.
Ma,
con ogni probabilità, ora è Auguste ad essere in pericolo, e di tutto il resto
poco importa. Non so cos’abbia in mente né cos’abbia a che vedere tutto ciò con
i ribelli o con Lucien, malgrado qualunque congettura in proposito mi
terrorizzi.
Auguste
gioca con la propria vita come in una volgare scommessa fra gli ubriachi di
un’osteria, ed io non posso aiutarlo.
Non
so dove sei né dove vuoi arrivare questa notte, ma so che stai andando incontro
alla rovina, lentamente, forse in questo momento, forse domani stesso, ed io non
posso nulla per impedirlo.
-
Io… Devo andare da lui – fu la sua risposta istintiva.
Il
volto di Fernand s’infiammò di collera e malcelata delusione, nel momento in cui
ravvisò sui volti dei presenti lo stesso disarmante, inappellabile dissenso che
da sempre – tanto da averlo reso ormai avvezzo – aveva percepito negli occhi di
Auguste, posto di fronte alle sue più stravaganti
iniziative.
No,
non andrai da nessuna parte, Fernand.
C’era
forse bisogno di puntualizzarlo?
Chinò
mestamente lo sguardo, la sconfitta che gli bruciava sulla carne viva. Per un
istante, il suo inconscio si era nuovamente illuso di poter in qualche modo
offrire ad Auguste il proprio aiuto. Qualunque fosse stata la natura effettiva
delle circostanze. Invece, si era ritrovato con la propria volontà ancorata al
pavimento, privo di qualsiasi certezza e possibilità d’azione concreta. Nessuna
certezza riguardo a ciò che aveva in mente Auguste: il
buio.
Fernand
sapeva di essere in grado a malapena di reggersi in piedi – Ambrosie aveva
ragione, e a rammentarglielo nella sua bruciante oggettività era bastato un solo
sguardo categorico. Aveva ignorato le premure di sua sorella e di Dorian. Si era
lasciato andare stancamente sul divano, le tempie pulsanti ed una sgradevole
sensazione di vertigine ad assillarlo.
Ma
quella notte, Auguste aveva deciso di regolare fantomatiche faccende in sospeso
di proprio conto e di mettere a repentaglio se stesso.
Fernand
aveva dovuto rassegnarsi a restare a guardare, e la snervante consapevolezza di
essere ancora una volta impossibilitato a muovere un solo dito per Auguste fece
sì che il suo ultimo baluardo di giudizio si smarrisse fra le trame della
disperazione.
Immobile
sul divano disadorno, Fernand si strinse nella camicia stropicciata,
rabbrividendo al gelo dello sconforto, nella cocente, sfiancante attesa di una
soluzione che non giungeva dalla bocca di nessuno dei
presenti.
Emilie
stava compunta accanto al camino, il volto tirato che tradiva un’inquietudine
accortamente dissimulata, e Fernand ebbe la netta sensazione che fosse più
infastidita che preoccupata dagli avvenimenti che si erano consumati dinnanzi ai
suoi occhi, dei quali si era impegnata a tracciare un resoconto pressoché chiaro
ed attendibile.
In
ansia più per le effettive sorti di un amore che aveva estorto ad Auguste con
l’astuzia, giorno dopo giorno, piuttosto che per le reali intenzioni del suo
uomo. Maledetta
arpia.
Troppo
comodo se fosse davvero così, Fernand?
Lo
sguardo di Raphäel indugiava troppo di frequente in direzione di Ambrosie, in
attesa, quasi, di un gesto d’assenso da parte della ragazza. Le iridi corvine
che fremevano fra le palpebre delicate, spiccavano come due perle scure
sull’incarnato d’alabastro. Fernand intercettò dolorosamente lo scambio di
sguardi, prima di distogliere il viso in un moto
d’insofferenza.
Hai
forse capito come giocare la situazione a tuo favore, Raphäel. Hai compreso lo
spirito di questa città, ma ciò non ti fa onore. Hai intravisto in tutto questo
un’occasione appetitosa che ti consentirà di farti bello agli occhi di mia
sorella, di Auguste o, forse, dei ribelli al gran
completo?
Dorian
pareva l’unico ancora in grado di ragionare lucidamente circa le cause ed il
significato degli strani avvenimenti che avevano visto Auguste discutere
concitatamente con due sconosciuti poco affidabili, per poi condurli verso i
suoi propositi con la minaccia. Troppo preso dalle proprie congetture, Dorian,
lo sguardo smarrito in un punto impreciso dinnanzi a sé, per curarsi
dell’eventualità di captare possibili risvolti d’interesse personale insiti
nelle loro sventure.
Grazie
al cielo, qualcuno è ancora in possesso di un cervello
pensante.
-
Non azzardo – dichiarò Emilie con malcelata petulanza – Ma i due uomini che
Auguste ha minacciato di morte, credo fossero a conoscenza di segreti poco
convenienti. E questo, Auguste sembrava saperlo bene.
L’angoscia
e l’incertezza erano ormai sfumati sul volto di Emilie, recando spazio al suo
tono consueto, autoritario e vagamente pretenzioso.
-
Cosa volete insinuare? – la interruppe Fernand, il volto acceso di un malcelato
livore.
Raphäel
parve condividere le sue perplessità dinnanzi all’atteggiamento astioso e
diffidente della donna.
Persino
il buon Raphäel comincia a nutrire dei dubbi. Ma lui, con ogni probabilità, è
proprio il tipo che non riporrebbe completa fiducia neppure su sua madre. Il
presunto ascendente che esercita su Ambrosie è l’unico dato certo che lo
riguarda.
-
Intendo proprio dire, Fernand – riprese Emilie, sibillina – che Auguste non è
uno sprovveduto e, se ha ritenuto di dover… convincere quei due uomini a
seguirlo, è ben consapevole di quale sia la ragione.
Il
ragazzo avvertì un fremito d’irritazione attraversarlo fino alla punta delle
dita.
-
Intendete forse dire che nasconde qualcosa? Auguste ha perso il suo miglior
amico ed è comprensibilmente furioso. Non so cos’abbia a che vedere con tutto
questo, ma i vostri sospetti sono così… Tremendamente stupidi ed infamanti!
Pretendete forse di conoscere tutto di lui?
-
Fernand!
Vide
Ambrosie tentare di dissuaderlo con un’occhiata carica di rimprovero dalla
strada rischiosa che stava impudentemente imboccando, malgrado, con ogni
probabilità, lei stessa condividesse i suoi punti di
vista.
La
diretta interessata ignorò il blando tentativo da parte della ragazza di sedare
gli animi e rivolse a Fernand uno sguardo sarcastico.
-
Credi di saperlo tu, ragazzo? Allora, ti pregheremo fin da ora di illuminarci in
proposito! Perdonami – insinuò, tagliente – Non ho tenuto in conto che forse eri
forse troppo impegnato a fare a botte nelle taverne e a divulgare opuscoli
satirici illegali, trascinando Auguste nelle tue trovate, perché potessi
cogliere simili sottigliezze. È così?
Un
intenso rossore incipriò le gote di Fernand. Il giovane chinò lo sguardo,
ferito.
-
è questo ciò che pensate? –
squittì – Non vi è mai andata giù la causa per la quale lottiamo: è così. Perché
non vi sforzate di essere obiettiva almeno nei riguardi di
Auguste?
-
Lo sarei, Fernand – Emilie lo soppesò con lo sguardo duro – Se avessi la più
pallida garanzia che tutto ciò non rappresenti per lui il passaggio obbligato
verso la rovina. Sei troppo giovane: forse, se riuscissi almeno una volta a
guardare obiettivamente ai vostri intenti e levarti dagli occhi quelle bende
d’idealismo sconsiderato, capiresti che la posta in gioco è ben più elevata di
quanto immagini.
-
Credo possa bastare.
Fu
Ambrosie a frapporsi con decisione tra i due contendenti.
Gli
occhi di Dorian, diventati all’improvviso tremendamente seri, saettarono da lui
ad Emilie, soppesando entrambi con gravità.
-
Scannarvi non vi servirà a nulla – soggiunse, asciutto – Credo sia più opportuno
mettere per il momento da parte le vostre… divergenze d’opinione e concentrarvi
su fatti reali, piuttosto che su strane supposizioni.
Fernand
annuì, assorto.
- A
dire il vero – sussurrò impercettibilmente – Credevo di aver deposto le armi da
tempo.
Emilie
stette ritta ed immobile a contemplare il fuoco morente; poi, inaspettatamente,
mosse qualche timido passo in direzione del ragazzo.
Fernand
credette di aver scorto per la prima volta in quelle iridi altezzose una sorta
di manifestazione benevola nei suoi riguardi.
-
Non ti sono ostile, Fernand. Non voglio accusarti di nulla, e non credo che tu
desideri trascinare nei guai i tuoi compagni – le labbra piene, una macchia
rossa che s’imponeva prepotente sull’incarnato chiaro, si dischiusero appena,
abbozzando un vago sorriso – Entrambi desideriamo che Auguste rientri a casa
stanotte. Non sei convinto?
Il
giovane si strinse mestamente nelle spalle.
Non
sono certo se sia la mia percezione ad ingannarmi, ma credo – temo, piuttosto? –
di aver intravisto in lei qualcosa che mi porta a dedurre, non a torto, che
Emilie abbia deciso, per una volta, di anteporre il bene di Auguste ai propri
voleri.
Serrò
le palpebre, cullandosi languidamente nel cupo, insidioso sconforto che sentiva
scorrere inarrestabile dentro di sé. La fredda luce della luna filtrava nella
sala, mescolandosi al tiepido chiarore delle candele accese e delle ultime
fiamme del focolare che si avviavano al proprio declino in una triste
danza.
Sua
sorella Ambrosie guardava risoluta dinnanzi a sé, posando gli occhi di tanto in
tanto sui volti dei presenti. Sembrava risoluta e fiera, improvvisamente decisa
su cosa fare. Fernand trasalì appena, sconcertato dal mutato atteggiamento, e
prese a soppesare silenziosamente i gesti volitivi che tradivano l’ansia
febbrile della ragazza e lasciavano intuire il malcelato nervosismo che le
attraversava la mente.
Il
ragazzo sentì il proprio cuore procurargli una fitta lungo il petto: ancora una
volta, gli occhi azzurri di Ambrosie puntavano chiaramente su di lui. Trattenne il
respiro.
Si
sforzò di non considerare quanto la figura di Raphäel si fosse scolpita
inesorabilmente in lei e nel suo animo, talora turbandola, talora infondendole
quella strana ed inspiegabile eccitazione, quello slancio irrequieto e
adrenalinico che la spingevano ad impugnare le redini dell’iniziativa e a
muoversi con inconsueto slancio e sicurezza.
Fernand
serrò i pugni fino a far sbiancare le nocche, le unghie che si conficcavano
dolorosamente sul palmo della mano.
Troppe.
Troppe volontà, troppe forze si dibattono alla cieca le une contro le altre
fuori di me, fuggendo dinnanzi ai miei occhi, troppo fulminee perché io possa
afferrarle. Mi perdo…
In
fin dei conti, Raphäel non è cattivo; è solo troppo infiocchettato di buoni
pensieri, ai miei occhi, piuttosto che d’intenzioni realmente
tangibili.
Se
davvero fosse così, perché non riesco a non sentirmi come vittima di una trama
oscura che sembra condizionare e manipolare tutto ciò che si muove intorno a
me?
-
Dobbiamo trovare Auguste – proruppe d’un fiato Raphäel.
Un
silenzio teso pervase la stanza come una cappa caliginosa.
-
Dobbiamo trovarlo – proseguì – e assicurarci che stia
bene.
Fernand
intravide nelle parole del ragazzo l’impronta delle intenzioni che Dorian ed
Ambrosie avevano nutrito sin dal momento in cui Emilie aveva rivelato loro
l’accaduto.
-
Non è semplice, Raphäel – lo interruppe Emilie, il volto scettico – Nessuno ha
idea di dove sia diretto, né di che intenzioni abbia
davvero.
Il
volto pallido del giovane si corrugò in un sorriso indecifrabile, mentre un
chiarore sibillino gli rischiarava le iridi.
-
Ammettiamo per un’assurda ipotesi, madame – esordì, la voce soffusa di una
sottile venatura sarcastica.
Distolse
furbescamente lo sguardo dalla donna.
-
Ammettiamo che un’idea circa la meta di Auguste stia prendendo forma nella mia
mente. Per quanto io possa sbagliarmi.
Fernand
corrugò la fronte, soprappensiero. Raphäel cerca di confondere le idee
all’avversario, considerò, studiandolo di nascosto.
La
voce di Raphäel echeggiava nella sua mente con una cadenza ipnotica ed
estremamente affascinante, evocando nell’animo di Fernand le movenze sinuose ed
allettanti di un serpente.
Eppure,
le sue intenzioni non sono malvagie. Non possono esserlo. Se così fosse, non
affiderei tanto spregiudicatamente l’incolumità di Auguste – del mio Auguste! –
alle sue enigmatiche deduzioni.
-
Chissà… – proseguì Raphäel, cogitabondo – Se ci impegnassimo a ragionare con un
po’ di calma e a ricordare,
potrebbero sempre emergere particolari interessanti. Chi sono i due uomini che
discutevano con Auguste, Emilie?
-
Non lo so – si affrettò a ribadire la donna con falso
zelo.
Negli
occhi vigili di Emilie trapelava ormai con chiarezza disarmante una diffidenza
tangibile nei riguardi del ragazzo e la ferrea ostinazione nei propri
intenti.
-
So soltanto che Auguste non si fidava di loro, e a ragione –
concluse.
Raphäel
scosse le spalle, annuendo con fare indolente.
-
Se non altro, dalla vostra camera siete senz’altro riuscita a udire parte della
loro discussione, dico bene?
Emilie
lo fissò con somma frustrazione. Arricciò le labbra, sconfitta, ritraendosi come
una gatta al cospetto di un aggressore più forte di lei.
Aveva
ottime ragioni a voler tenere per sé quanto era riuscita a carpire riguardo alle
intenzioni di Auguste e non era del tutto sicura di quanto, nell’interesse del
suo compagno, fosse opportuno ragguagliare Raphäel e gli altri circa gli
avvenimenti di quella notte.
Raphäel
la sovrastava da vicino con la sua figura alta, lo sguardo fiero e pulito di chi
sa come ottenere quanto gli occorre senza ricorrere alle minacce o all’inganno.
Emilie cedette.
-
Parlavano d’impadronirsi di armi e munizioni destinate alle milizie del duca –
sputò fuori le parole come a volersi liberare di un boccone amaro – Di un lavoro
sporco svolto dai due malviventi per suo conto… Di qualche compromesso. Poi,
evidentemente, qualcosa non è andato per il verso giusto.
-
Capisco – Raphäel sorrise trionfante, e l’apparente gentilezza del suo sguardo
sortì l’effetto di inasprire in modo quasi inconsapevole la propria vittoria su
Emilie, la quale lo fulminò con un’occhiata gelida ed
ostile.
Non
aveva prestato riguardo al turbinio di reazioni che i nuovi particolari in
merito sortirono nei presenti.
Dorian
fu il primo a riscuotersi dal momentaneo, iniziale sgomento e dalle rapide
riflessioni che avevano seguito le rivelazioni della donna. Rivolse uno sguardo
d’intesa a Fernand ed Ambrosie, per poi annuire con benevolenza in direzione di
Raphäel.
-
Hai idea su cosa fare ora, Raphäel? – Dorian sorrise ambiguo, calandosi il
tricorno sul capo.
-
Al deposito di munizioni – lo precedette – È là che sono
diretti.
- È
meglio che venga con voi – s’intromise di colpo Fernand e, in un gesto
meccanico, indossò la giacca.
Le
tue intenzioni sono così prevedibili, Fernand; i tuoi gesti avventati, come
sempre, sono trasparenti come uno specchio d’acqua alla luce dell’alba. E
qualcuno, in questa stanza, ha ben compreso come tenere a bada i fervori dei
fratelli LaRoche.
Persino
Ambrosie si mosse in direzione di Dorian e Raphäel, alla disperata ricerca di un
ferreo pretesto per prendere parte alla spedizione dei due
uomini.
-
Fernand.
Il
ragazzo non poté fare a meno di trasalire, quando una mano pallida si posò
delicata e prepotente sulla sua spalla, trattenendolo sul posto con una presa
appena percettibile. Fernand si volse rapito in direzione di Raphäel, ormai ad
un palmo da lui. Immobile, il giovane sbatté le palpebre e lo fissò in viso.
Raphäel lo sovrastava di una spanna, così vicino da poterne percepire il respiro
su di lui. Fernand indugiò con lo sguardo sulla massa arruffata di folti capelli
corvini che circondava il volto bianchissimo di Raphäel; in silenzio, ne studiò
i tratti sottili, nitidi nella penombra, composti in fattezze intrinsecamente
attraenti nella loro irregolarità, lo sguardo fermo circonfuso di un alone
indecifrabile e vagamente inquietante.
-
Ascoltami – esordì mestamente Raphäel in un sussurro – Stavolta, sono convinto
che una persona in più non farà alcuna apprezzabile differenza. Un solo uomo
sarebbe davvero poco, in fin dei conti; ma tre, siamo già in troppi – si morse
il labbro – Per il duca, tre ribelli in un unico colpo sarebbero una vera
fortuna: è già abbastanza rischioso avventurarsi sotto il coprifuoco, con le
guardie del duca che pattugliano la città. Ma non si tratta soltanto di questo:
in un’altra situazione, nessuno rifiuterebbe il tuo intervento, ma non questa
notte. Sei ancora così debole… È meglio così, Fernand:
credimi.
Se
quello stesso individuo, quel Raphäel Lemoine che aveva sedotto sua sorella, si
era introdotto in casa sua, l’aveva insultato e provocato al punto tale da
generare in lui una reazione violenta, avesse osato indirizzargli un simile
discorso soltanto poche ore prima, Fernand era certo che gli avrebbe lasciato un
segno sulla faccia come ricordo, prima ancora che riuscisse ad avvicinarsi a lui
con atteggiamento così confidenziale.
-
Non m’importa – replicò il ragazzo, il volto angosciato e confuso – A me
interessa soltanto che qualcuno ritrovi Auguste quanto
prima.
Ed
ora, che diavolo succede? Vi è qualcosa di nuovo nel fatto che Fernand LaRoche
manchi totalmente della capacità di starsene al proprio
posto?
Non
voglio compatimenti da parte di nessuno. Non voglio sentire “mi dispiace,
Fernand”.
Ora,
mi aspetta soltanto l’attesa.
Chinando
lo sguardo, troppo orgoglioso per insistere, Fernand annuì distratto e si
strinse al braccio di Ambrosie, la quale parve condividere la sua medesima
frustrazione, benché avesse pilotato di nascosto la situazione, trasmettendo i
propri intenti a Dorian e Raphäel.
Dorian
gli rivolse un sorriso appena accennato e velato di tristezza, mentre con un
dito gli scostava un ricciolo dalla guancia.
-
Non dovete preoccuparvi – sussurrò a Fernand ed Ambrosie – Auguste non è uomo da
correre rischi senza aver calcolato, e sono certo che Raphäel abbia un asso
nella manica.
-
Io farei a meno di coltivare cieche convinzioni, Dorian – Emilie sovrastò il
gruppetto con un moto di disappunto.
-
Abbiamo forse una scelta migliore? – ribatté il giovane con petulanza – Salvo,
com’è ovvio, ignorare completamente il fatto che Auguste potrebbe eventualmente
essere in difficoltà ed abbandonarlo alla propria mercé. O magari… Ma che
sciocco, perché non averci pensato prima? Avvertire le autorità e lasciare tutto
nelle loro mani: sono certo che, nella posizione di Auguste, non vi sua
alternativa più valida! – concluse, sarcastico.
Emilie
seguì con lo sguardo carico di disprezzo il tragitto di Raphäel e Dorian, finché
quest’ultimo non richiuse il portone alle proprie spalle.
-
Pazzi! – sibilò con cupa amarezza, quando i due ebbero abbandonato la dimora di
Ambrosie e Fernand – Sono completamente pazzi. Che cosa sperano di
ottenere?
Ambrosie
non poté trattenere un mezzo sorriso compiaciuto, nonostante un filo d’angoscia
le stringesse il petto al pensiero di cosa, in quel momento, si stesse
inevitabilmente consumando fra le mura di Noir Trésor.
- E
tu, Ambrosie, non sei migliore di loro.
Il
mio cantuccio:
Salve
a tutti!
Innanzitutto,
chiedo infinitamente scusa per il ritardo (mai accumulato un intervallo così
lungo. *Soltanto* qualche mesetto innocente, che volete sia mai!^^). Purtroppo,
tra lezioni, esami, crisi d’ispirazione e casini vari, le cose hanno finito per
procedere inevitabilmente a rilento.
Passo
subito subito ai ringraziamenti: ai lettori, a quanti finora hanno seguito le
vicissitudini di Noir Trésor – magari
spedendomi sotto sotto qualche improperio, causa atroce ritardo
nell’aggiornamento –, a coloro che hanno aggiunto NT tra i Preferiti, nonché a
tutti coloro che hanno lasciato una piccola recensione al mio
lavoro.
In
particolare, Renovatio, la cui
recensione con relativa, splendida analisi del personaggio di Auguste mi ha
fatto incredibilmente piacere!^^
Acqua
torbida in superficie che non ha paragoni con quella del fondo… Ho amato questa
frase, capace di riassumere nelle sue sfaccettature la personalità di Auguste.
Estendo i miei ringraziamenti e mi scuso in anteprima se ho dimenticato
qualcuno… Purtroppo, alle 3.37 della notte di fronte alla pagina di Word può
accadere questo e altro!
Alla
prossima!^^