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Autore: Nembayo    16/02/2014    1 recensioni
Ambientata in un ipotetico futuro "felice", dove non esiste alcun Sebastain, e dove i personaggi di TMI sono cresciuti e hanno avuto figli. Figli che, ormai adolescenti, si trovano alle prese con amori, amicizie, guerre esteriori e personali.
Una "baraonda" (così come vengono definiti dall'ormai nonna Maryse) sta prendendo il sopravvento dell'Istituto di New York.
E quando Zoe e suo fratello Zaccaria, due Nephilim italiani spediti ad addestrarsi in America, faranno irruzione nelle loro vite, il caos aumenterà ancora di più. E quando antichi fantasmi risorgeranno e cercheranno di distruggere tutto ciò che è conosciuto, e quando i vampiri, inaspettatamente, diventeranno vivi, allora tutto si complicherà.
"La tristezza di una partenza
non è proporzionata;
non puoi sapere se all'arrivo sarai felice"
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NEW YORK E BACIMANO

La tristezza di una partenza
non è proporzionata;
non
puoi sapere se all'arrivo sarai felice”


Zoe posò il trolley pesante e moderno sul pavimento antico della biblioteca, passandosi una mano tra i capelli ribelli e decisamente troppo lunghi. Suo fratello, al suo fianco, se ne stava seduto svogliatamente sulla sua valigia, lo sguardo rivolto alla figura che si stagliava davanti alla lunga finestra.

-Zoe, Zaccaria, benvenuti all'Istituto di New York.- la figura si fece avanti. Era una donna alta e bella, nonostante l'età. I capelli neri erano striati di ciocche grige, ma gli occhi non avevano perso niente della loro lucentezza color cielo primaverile. Indossava una maglia leggera nera e dei jeans larghi. Ostentava una posa austera e decisa, che Zoe aveva sempre invidiato in lei.

-Zia Maryse.- Zack fece un sorriso, alzando la mano in segno di saluto.
Zack aveva due anni più di Zoe, ma le sembrava che certe volte ne avesse dieci meno. Aveva un che di infantile e delicato, nei tratti del viso e nel modo di parlare. Un qualcosa che lo rendeva irritante e affascinante insieme. I capelli biondissimi di suo padre erano pettinati in un ciuffo dritto sulla testa. Zoe arricciò attorno al dito una ciocca castana di capelli, sorridendo a sua zia.

Maryse Trueblood era la sorella di loro madre, Christiane Trueblood, di circa quindici o venti anni più giovane di lei, in effetti. Christiane si era sposata con Daniele Colleverde, direttore dell'Istituto fiorentino, in Italia. Zoe era cresciuta là, tra le colline infinite della Toscana, l'odore di terra e vino e sole sempre nelle narici, i boschi sconfinati. Era cresciuta in un Istituto sperso nel verde, fuori città, circondato soltanto dal giallo e dal verde dell'erba e degli alberi.
I suoi genitori avevano poi deciso di mandarli a studiare a New York, una città decisamente più pericolosa di Firenze e delle colline toscane. Semplicemente, in Italia, nella loro zona, non c'erano molti demoni con cui addestrarsi. Qualche Raam, Vermithrall, e niente più. A Nascosti, invece, erano parecchio impegnati. Branchi di lupi mannari occupavano le vecchie case abbandonate in mezzo ai campi, le fate italiane avevano la loro sede nel sottosuolo di un terreno vicino a Lucca, in Toscana, e i vampiri amavano le fabbriche abbandonate, buie e solitarie. Ma secondo Christiane e Daniele non bastava. Volevano che Zoe e Zaccaria imparassero meglio a sopravvivere.
E quindi avevano abbandonato tutto e tutti, e si erano ritrovati in quella città sempre rumorosa, puzzolente di macchine e smog e gas, piena di luci al neon, clacson, dove non si vedevano le stelle nel cielo e dove il vento non portava odore di funghi e terra bagnata, ma di detersivi buttati nei fiumi inquinati. Zoe, appena atterrata, dopo il volo in aereo, aveva storto immediatamente il naso, catalogando quella città come la sua spreferita in assoluto. Si chiedeva come facesse la gente a preferire un qualcosa di così caotico, e sporco, e puzzolente, a una casetta in mezzo alla pianura. Forse lo pensava perché era sempre vissuta tra Idris e la toscana, che in quanto a bellezza naturale battevano la maggior parte dei luoghi sulla Terra.
-So che il viaggio è stato tranquillo, dico bene?- sorrise con calore, dello stesso sorriso della mamma, pensò Zoe. Non vedeva la zia da quando era piccolissima, ma era praticamente identica a come la ricordava. Ed era molto simile a sua sorella, decisamente.
-Comunque, l'Istituto qua è totalmente pieno di vita, caotico e rumoroso. Non so quanti ospiti aveste al vostro Istituto, ma dovrete abituarvi al chiasso persistente che si trova qua.- sospirò, scrollando le spalle.
Zoe aveva sperato che, al contrario del caos della città, l'Istituto fosse un luogo più tranquillo, ma ovviamente la fortuna non voleva saperne di essere dalla sua parte.
Ringraziò la zia, e poi seguì suo fratello a cercare una stanza libera, tirandosi dietro il trolley comprato solo qualche giorno prima, e che non avrebbe utilizzato per un bel po' di tempo. L'idea di vivere in mezzo a tante persone la stava opprimendo.
Le mancavano già la silenziosa Gaia, il piccolo e paffuto Malcom, Serafina e le sue melodie per pianoforte, Valentino e la sua passione di riportare animali sperduti all'Istituto, e persino quel bisbetico del loro istruttore, Giorgio Corvofiore. Le mancavano sua mamma, così simile alla zia nell'aspetto ma decisamente più calda e gentile, e suo padre alto, grosso e austero, con i suoi rari sorrisi che facevano risplendere tutto l'Istituto.
Salutò Zack con un cenno della testa, spingendo la porta della sua nuova camera, con un sospiro rassegnato.

Zoe aveva vissuto in un Istituto molto più piccolo di quello di New York ma che, di forma, era praticamente simile. Non l'aveva ancora visitato, ma sospettava che la cucina fosse al piano più basso, quello dove c'era l'ascensore che portava giù nella cattedrale.
All'ora di cena si legò i lunghi capelli in una crocchia malfatta, aprì la porta e si incamminò per il corridoio, raggiungendo una rampa di scale che portava al piano di sotto. Sorrise, aggrappandosi al corrimano e scendendo i gradini due alla volta, saltando gli ultimi tre e arrivando su un pianerottolo che dava ad altri due corridoi. Si guardò attorno, inarcando un sopracciglio. Era sicura che la cucina forse da qualche parte lungo uno di quei due corridoi, ma non aveva idea di quale fosse.
Stava per imboccare quello alla sua destra, quando una voce la fermò.
-Da quella parte si arriverebbe alla stanza addestramenti, e a meno che tu non sia solita mangiare tra armi angeliche, ti consiglierei di andare a sinistra.-
Zoe si voltò, e scoprì sulle scale un ragazzo, che stava scendendo lentamente. Doveva avere circa la sua età, ma sembrava parecchio più esile. Aveva i capelli scuri e due penetranti occhi grigi. La pelle era chiarissima. -Maryse mi ha detto che sarebbero arrivati i suoi nipoti dall'Italia. Tu sei Zoe?- chiese, avvicinandosi e afferrandole una mano. Zoe fece per indietreggiare, e rimase sbigottita quando il ragazzino posò un lieve bacio sul dorso della mano.
-Stai scherzando?- strillò lei in italiano, tirando via svelta la mano, guardandolo stranita.

Lui rise. -Amo l'italiano, anche se non gli strilli in italiano. Mi spiace, i miei genitori sono un po' all'antica, e questa è tra le cose che mi hanno insegnato. Io sono Henry, comunque.- disse.
Zoe sbuffò leggermente, cercando di assumere una posa un po' meno stizzita.

-Piacere, Henry.- rispose in inglese perfetto. All'Istituto in Italia aveva imparato l'Inglese, la lingua che serviva per comunicare tra tutti i Nephilim. -Adesso, dato che no, non mangio mai tra le armi, vado in sala da pranzo.- rispose.

-Vengo anche io, se non ti dispiace. Avrei un certo languorino.-
Languorino? Zoe era certa che non si utilizzasse più una parola come languorino dall'epoca dei cavernicoli.
Lui rise dolcemente, e parlò nuovamente. -Ti faccio strano, vero? È che non esco molto, e i miei genitori..-

-Sono due tipi all'antica, me l'hai già detto.- replicò lei, acida. Oh, incontrava un ragazzo strano ma dolce e gentile, in un Istituto straniero in cui sarebbe vissuta da quel momento in avanti, e lei che faceva? Rispondeva acidamente. Complimenti.
-Dio!- imprecò in italiano, tirandosi su una manica della camicetta a quadri che indossava. -Scusa, è che essermi trasferita qua è stato un po' uno shock.- cercò di scusarsi, arrossendo.

Henry scrollò le spalle, sorridendo.

-Stai tranquilla, ti capisco.- rispose. Zoe lo guardò, chiedendosi se la capisse veramente, o se lo dicesse soltanto per farla sentire più sicura. Aveva il viso dolce e infantile, simile a quello di suo fratello. Un qualcosa di delicato e deciso insieme.

-Eccoci.- Henry spinse una porta, e si ritrovarono in cucina.
A dispetto di quel che Zoe aveva creduto, non era poi così affollata. C'era suo fratello, in un angolo a parlare con un ragazzo alto e moro. Sembrava già a suo agio, e sorrideva. Poi c'era una ragazza con i capelli rossi, che parlava con una donna con gli stessi capelli rossi e ricci. Avevano la stessa pelle chiara e ricoperta di lentiggini, ma la ragazza, al contrario del verde acceso, aveva gli occhi di un dorato d'ambra. Poi c'era Maryse, che parlava con suo marito, Robert Lightwood. Zoe l'aveva conosciuto, e le era sempre sembrato un tipo schivo e riservato. Sorrideva di rado, ma in quel momento stava sorridendo, parlando con una ragazzina dai capelli lunghi, castani. Infine quella che doveva essere la figlia di Maryse, ovvero sua cugina, che era già adulta. Zoe si spremette le meningi per cercare di ricordare il suo nome. Annabeth, o Belle, Isabelle, non se lo ricordava. Comunque era praticamente identica a sua zia, se non fosse stato per gli occhi, due pozzi di carbone.
Tutto qua. Niente caos dirompente, né troppa gente, e nemmeno tanto casino. Zoe sospirò di sollievo, abbandonando Henry, che si stava avviando verso Maryse, e raggiunse suo fratello. Il ragazzo alto e con i capelli scuri incrociò il suo sguardo. Aveva un viso bello, elegante, da modello. Gli occhi erano di un colore quasi innaturale, di un azzurro così acceso da sembrare finto.

-Lei è tua sorella?- chiese, tirando una gomitata a Zack. Lui sorrise, annuendo.

-Già, è la piccola Zoe.-

-Piccola ci chiami la sorella di qualcun altro.- rispose acidamente lei, incrociando le braccia davanti la petto. -Stupido.-

Il ragazzo alto fece un'espressione stupita, e poi rise. Tese la mano, e per un istante Zoe ebbe paura che gliela baciasse, ma voleva soltanto stringerla, fortunatamente.

-Mi chiamo William, Liam per gli amici. Tu sei mia amica?- rise nuovamente.

Certo che non era sua amica, l'aveva appena conosciuto. Ma si decise a non dirglielo, e a chiamarlo Liam comunque. William era un nome così antico!
-Buono a sapersi, Liam.- disse, lanciando un'occhiata per la sala, per poi rivolgersi a Zack.

-Tutto qua? La zia aveva detto che c'era una baraonda di gente, ma aspettavo venti o trenta persone.- ammise. Ottimisticamente, avrebbe preferito veramente che non ci fossero venti o trenta persone. Era cresciuta tra pochissimi altri Nephilim, quattro della sua età, i suoi genitori, Giorgio e il piccolo Malcom, che aveva soltanto quattro anni. Solo loro, all'ombra delle colline e delle nuvole delicate e bianche. Niente a che vedere con le nubi grigie e opache che aveva visto nel cielo newyorkese, solo poche ore prima.

Liam rise di nuovo. Non era una brutta risata, ma Zoe la trovava snervante e del tutto inadeguata.

-Sono tutti da Taki: Max, Lottie, Tish, Chris, Kyle, Wool, Illa e Cecily. I vecchi invece penso siano o a mangiare da Jocelyn o al concerto di Simon e della sua band. Ma ce li vedi dei quarantenni a suonare nei pub? Dio!- rise nuovamente.
Zoe si era persa nella lista di nomi. Otto. Otto nomi di ragazzi, in più a quelli nella cucina. Si guardò nuovamente intorno, contando la ragazza rossa, quella con i capelli castani, lei, suo fratello, Liam ed Henry. Fece una breve addizione, che la portò a immaginarsi un esercito.

In quel momento voleva avere accanto soltanto Gaia, il suo silenzio e la sua risata dolce. Gaia era stata la sua migliore amica, in Italia. Aveva anche pensato di chiederle se volesse diventare la sua parabatai, qualche tempo prima. Ma poi era dovuta partire per New York. Le mancava come l'aria. E, in quel momento, l'aria le mancava terribilmente.

-Un esercito!- quasi strillò, cercando aiuto in suo fratello. Niente, lui sembrava tranquillo e sereno, come se già si fosse dimenticato delle corse nei boschi, dei greggi di mucche che avevano cavalcato, solo loro due, Gaia, Tino e Phina. Le veniva da piangere.
-Maryse preferisce chiamarli “baraonda”. Ma stai tranquilla. Wool, Tish e Cecily non vivono qua, tre in meno.-
Non era rassicurante, non era assolutamente rassicurante.
La figlia di Maryse (Jennifer, Marybelle, Anna?) li raggiunse proprio in quel momento, sorridendo. Era proprio identica alla zia.

-Ciao, cugini. Dio, dare del “cugino” a dei quindicenni mi suona parecchio strano.- il suo sguardo si perse un istante nel vuoto, come a ricordare la sua adolescenza passata, ma poi sorrise nuovamente. -Come vi trovate?-
Zack rispose con enfasi, ma Zoe sembrava incapace di pensare, parlare, fare qualsiasi cosa.

La donna (Genevieve, era quasi certa che si chiamasse Genevieve), mise loro davanti due piatti di pasta al ragù. Suo fratello mangiò con voracità, e Zoe passò la cena a spilluzzicare il cibo, senza mangiare veramente. Continuava a pensare all'Italia, al cielo aperto, al calore del sole sulla pelle, al silenzio e alla natura.
Prima che gli altri ebbero finito si alzò, borbottò qualcosa su voli stancanti e sveglia presto, e corse in camera sua. Si buttò sul letto e afferrò il cellulare, benedetta tecnologia!
Compose il numero di Gaia e aspettò pazientemente.
“Risponde la segreteria telefonica, se volete lasciare un mess..”
Zoe lanciò il telefono in fondo al letto e affondò il viso nei cuscini, frustrata.

Sarebbe stato un soggiorno lunghissimo, già lo sapeva.

 

**Angolo di One**
Ok, lo so, devo tipo finire la raccolta di os che avevo iniziato per Natale, su argomento natalizio.. ma visto che ho perso ispirazione per quelle cose, ho pensato di finirla il prossimo Natale, sempre se non mi odierete tutti quanti.
Nel frattempo, tra un impegno scolastico, uno sportivo, un'uscita in centro, la lettura e il fangirlizzare all day, mi sono messa a scrivere questo.
Ok, è un po' una cazzata, e di sicuro non la seguirà nessuno, anche perché io personalmente non ho mai seguito ff dove ci sono personaggi che non sono i personaggi già esistenti. Sono sempre un casino! E, beh, inizialmente anche questa vi sembrerà un casino allucinante, lo so!
Ma lasciatemi spiegare.
Praticamente volevo veramente scrivere qualcosa sui figli dei nostri eroi. Sui nuovi Herondale di Jace e Clary, sui Lewis, sui bambini adottati da Magnus e Alec, sui figli di Jem e Tessa (per chi non avesse letto la Principessa questo è uno spoiler, ops), sulla figlia adottata da Aline e Helen, sulla figlia di Jocelyn e Luke, su personaggi più trascurati come Raphael Santiago, che verrà più avanti, Jessamine Lovelace (altro spoiler: è un fantasma), e su due personaggi completamente inventati, che la mia mente malvagia ha voluto catalogare come nipoti di Maryse (nessuno si è mai chiesto della famiglia di Maryse? E se avesse dei fratelli/sorelle? Cioè dei cugini per Alec e Izzy?)
Ok, il cognome Colleverde l'ho preso dall'albero genealogico presente nella Principessa, e.. boh.. penso di aver finito qua.
Ah, qua sotto vi metto le foto di quelli che penso potrebbero essere i personaggi da me immaginati (quelli che sbucano in questo capitolo, almeno.. nel secondo perciò ci saranno soltanto foto e descrizioni, ma non è colpa mia, ok? Ok)
Scusate ancora per la confusione, e per l'obbrobrio di storia che mi sono messa a pubblicare.
Finisco con il dire che ho una marea di impegni e che posterò capitoli irregolarmente (e penso che voi stiate facendo i salti di gioia, good)
**schiva pomodori**
Ok, mi dileguo, ho parlato anche troppo.
Ciao,
One

 
Questa è Zoe Colleverde:
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Questo è Zaccaria Colleverde:
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Questo è Henry:
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Questo è William:
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(Gli altri li metterò nel prossimo capitolo, che arriverà molto presto, spero,
One)
  
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