Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: tommoslaugh    18/02/2014    1 recensioni
I miei occhi scuri, scrutarono per bene tutto ciò che mi circondava, compresa la mia camera, ormai vuota. Ora che stavo andando via, mi accorsi che quella stanza vuota, aveva qualcosa nascosto. Ma non capivo cosa. Tutta la mia attenzione ricadeva sulle pareti bianche, quasi ingiallite dal tempo, un tempo che non ho mai dedicato a questa stanza.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
08:30 Washington Forks – Stati Uniti. 5 Luglio 2011
 
In quei giorni mi sentivo diversa. Non riuscivo ad essere completamente felice, come se qualcosa dentro di me mancasse. Come se ci fossero piccoli spazi mancanti. Ma era veramente così brutto avere diciassette anni? O sono semplicemente io ad essere un disastro? Oppure è il fatto di non avere più una madre accanto che ti consoli nel momento del bisogno? Magari il vuoto di cui parlo un giorno svanirà. Tutto questo lo pensavo guardando il viso di Alec che mi guardava come se gli facessi tenerezza. Distolsi lo sguardo da lui e guardai davanti a me cercando di seguire la lezione. Improvvisamente si avvicinò lentamente al mio orecchio, poco dopo parlò.
 
-C’è qualcosa che ti preoccupa, Kristen?- Sentivo il suo fiato sul mio orecchio, avevo la sensazione che scendesse per tutto il mio corpo provocando dei brividi.
-N-no, è tutto okay.- Deglutii lentamente.
-Sicura? Sai, con me puoi parlare.- Sussurrò nuovamente.
-Signor Russell, la prego di fare silenzio. Urlò la signora Jones. Tutto stava diventando strano, e io non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, ma qualcosa c’entrava con lui. Quel ragazzo quando ti guardava sapeva mandare in tilt il tuo cervello, era così affascinante…ma oltre al suo fascino c’era qualcos’altro da non farti più capire nulla. Avete mai avuto la sensazione quando cercate di allontanarvi da qualcuno, ma allo stesso tempo non volete per paura di perdere tutto? Era così che mi sentivo in quell’istante. Non lo conoscevo davvero bene, ma sentivo di non poter andare via. O forse ero io a non volero? Volevo conoscerlo meglio, dovevo. C’era qualcosa in lui che mi incuriosiva a tal punto di andare avanti. Di sapere cosa fosse realmente.
 
13:30 Washington Forks – Stati Uniti. 12 Luglio 2011
 
Avevo deciso di lasciarmi tutto alle spalle, che dovevo cominciare da capo senza troppe preoccupazioni. Volevo vivermi ogni minuto, ogni secondo, ogni attimo di questa nuova vita. Di vivere ogni minima cosa, che siano baci, carezze, risate, abbracci. Volevo essere felice a modo mio, senza troppe complicazioni. Ed è proprio quello che farò a partire da questo momento. Quando richiusi l’armadietto, trovai Alec difronte a me che sorrideva. “Un angelo” se così potevo definirlo. Magari un angelo nero perché era esattamente ciò, era cupo ma anche persona più bella che avessi mai visto in vita mia.
 
-Ti va di uscire stasera?- Parlò poco dopo.
-Così? All’improssivo?- Alzò un sopracciglio, come se fosse curioso.
-Non avrai mica paura, Isabelle Foster?- Lanciò un sorriso come se fosse una specie di sfida. Sorrisi anch’io, poi parlai.
-Paura? La paura l’ho abbandonata da un po’ di tempo. O almeno credo.- Non volevo rendere triste un momento, quando fino ad una manciata di secondi fa ci sorridevamo spensierati.
-La paura non va mai via del tutto. La paura c’è sempre, anche se noi pensiamo di non averne.- Il suo viso s’incupì. Fece una pausa poi parlò di nuovo.
-Uhm, bene ci si vede stasera. Non accetto un no. Ah, se hai bisogno, chiamami.- Mi porse un bigliettino con sopra il suo numero di cellulare, poi sorrise di nuovo e poi scappò. Quindi, stasera sarei uscita per la prima volta con qualcuno da quando sono qui. La giornata era diversa, conservava qualcosa di bello delle altre volte e l’avrei conclusa nei migliori dei modi. Divertendomi e facendomi degli amici. Partendo da Allan e Alec.
 
13:45.
 
-Kris!- Mi voltai, e vidi Allan che correva.
-Allan, ciao.- Sorrisi guardandolo.
-Kris, come stai?- Ora camminavamo vicini, uno affianco a l’altro, era piacevole avere qualcuno con cui parlare che non fosse “L’Angelo Nero”.
-Bene, grazie.- Poco dopo la mia risposta, il silenzio si stava facendo imbarazzante, così lo ruppe fermandosi di colpo davanti a me.
-Senti Kris, volevo chiederti se volessi uscire con me stasera. A vedere un film, ovviamente. O magari a mangiare qualcosa, quello che preferisci.- Non poteva andare peggio. Ero confusa, non sapevo cosa fare, o “L’Angelo Nero” o Allan.
-Ehm…Allan…mi dispiace, devo già uscire con un amico.- Feci una pausa, poi ebbi l’idea di invitarlo.
-Uhm…se vuoi puoi venire anche tu. È una serata tra amici, no?- Mi guardò con la bocca socchiusa, poi parlò.
-Se non creo disturbo, è okay.- Abbozzò un leggero sorriso.
-Perfetto, a stasera.- Sorrisi.
-Bene. Ci vediamo stasera, ciao Isabelle.-
-Oh…ti prego, chiamami semplicemente Kris.-
-Allora, ciao Kris.- Rise di gusto, lo salutai con un cenno e ricominciai a camminare verso casa mia. Il vento cominciava a farsi gelido, e le nuvole divennero nere. Una leggera pioggia cominciò a scendere lentamente. Continuai a camminare sotto la pioggia, quando poi arrivò mio padre con l’auto. Mi fece segno di salire, così il tragitto fino a casa fu in silenzio.
 
14:08.
 
-Com’è andata a scuola?- Disse preparandosi una tazza di caffè.
-Solito. È tutto okay. Ah, papà, oggi esco.-
-Con chi?- Disse sorpreso.
-Allan e un mio compagno di classe.- Dissi versandomi dell’acqua in un bicchiere, facendone poi un gran sorso.
-Con due ragazzi? Cioè, sei l’unica ragazza?- Disse a mo’ di rimprovero, come se fosse la cosa più strana del mondo.
-E allora? Non mi mangeranno mica, sono due amici. Gli unici che ho.-
-Fa come ti pare. È l’unica cosa che ti riesce meglio.- Posò la tazza di caffè sul tavolo e poi andò di nuovo via.
-Vado di nuovo al lavoro, e oggi ho il turno di notte. Quindi non combinare guai, per favore.- Dopo aver detto questo, ci fissammo per qualche secondo, sapevo che quello che stavo per fare sarebbe stata la prima volta dopo anni. Non eravamo più quelli di prima da quando mamma ha chiesto il divorzio. Le cose non funzionavano più, papà perse il lavoro e mamma ci lasciò da soli. Così imparammo a vivere cercando di risparmiare su tutto. Finché un giorno trovò un lavoro che sconvolse tutto. Così ci siamo allontanati perché lui non era quasi mai a casa, e io rimanevo sempre sola. L’abbracciai di scatto, mi mancava abbracciarlo. Mi mancava il suo odore dolce, mi mancava la dolcezza che dava con un solo abbraccio. Mi mancava il mio papà.
-Ti voglio bene, papà.- Queste furono le uniche parole che uscirono fuori dalla mia bocca. Le uniche emozioni che riuscii a far uscire fuori. Ci mise un po prima di ricambiare l’abbraccio, mi diede un dolce bacio sui capelli, poi parlò.
-Te ne voglio anch’io, Kris. Tanto.-
 
19:50.
 
-Non credi che sia in ritardo? Cioè, è mezz’ora che aspettiamo.- Disse Allan, ormai stufo di aspettare.
-Avrà avuto un imprevisto, che ti costa aspettare?- Una decina di minuti dopo, lo vidi arrivare. Più bello che mai.
-Scusami, ho avuto un imprevisto.- Mi guardò, poi guardò Allan e poi di nuovo me. Allan lo guardava come se fosse la cosa più strana che abbia mai visto in vita sua, e l’atmosfera stava cominciando ad essere imbarazzante.
-Che ci fa lui qui, Kris?- Si conoscevano. Avrei giurato di aver spalancato gli occhi.
-V-voi vi conoscete?- Dissi sorpresa.
-Si.- Risposero insieme. Si vedeva che non erano in ottimi rapporti, ma non volevo rovinare la serata. Volevo essere felice.
-Oh bene, allora perché non andiamo a bere qualcosa?- Dissi sorridendo, cercando di non essere agitata.
 
21:30.
 
Per il resto della serata non c’era molto da dire. I due non hanno fatto altro che scambiarsi occhiate minacciose, siamo rimasti tutti e tre in silenzio per tutta la sera. Non poteva andare peggio, perché peggio di così non c’era nulla. È stato orribile, l’atmosfera non faceva altro che peggiorare minuto dopo minuto, attimo dopo attimo. Sembrava che io non ci fossi più, come se non esistessi. Era come essere soli in un luogo affollato. Era proprio così che mi sentivo, e stavo cominciando di nuovo a rendere tutto triste. Ne avevo abbastanza della tristezza che mi circondava, ma quando cercavo di cambiare le cose, tutto si rivoltava di nuovo contro di me. Mi ritrovavo di nuovo punto e daccapo, e non sapevo da che parte cominciare per essere felice. Girai intorno alla mia stanza, finché poi non mi ricordai di quel vecchio libro che avevo preso. Quella donna, con quei occhi azzurri che subito divennero rosso acceso, sono rimasti bloccati nella mia mente. Spolverai un po’ quel libro, poi subito dopo sentii la portiera di una macchina sbattere. Forse era mio padre, ma quando mi affacciai alla finestra non trovai lui. Poi mi ricordai che lui questa notte non sarebbe rientrato. Quello che vidi furono solo dei uomini alti e magri vestiti con lunghi abiti neri, che si dirigevano verso la porta di casa mia. Erano forse venuti per il libro? Il libro tanto prezioso che avevo rubato? Subito dopo, il vetro della finestra si ruppe in mille pezzi e un sasso non molto grande rotolò tra i miei piedi. La paura ormai invase tutto il mio corpo, e infatti era come aveva detto lui. “La paura non va mai via del tutto. La paura c’è sempre, anche se noi pensiamo di non averne.” Presi subito il libro e il cellulare, corsi in bagno per chiudermi a chiave. Mi ricordai il bigliettino che mi aveva dato Alec, e pensai subito di chiamarlo. Non volevo piangere, ma avevo paura. Subito sentii la porta del bagno bussare forte, la maniglia si muoveva molto velocemente. Lì, pensai che ero fregata. Che sarebbero entrati e che sarebbe successo qualcosa.
 
-Pronto?- Disse lui dall’altra parte del telefono.
-Aiutami.- Sussurrai con gli occhi spalancati e le lacrime che scendevano lentamente.
-Kris? Dove sei?- Disse in preda al panico anche lui. La porta bussò ancora una volta, poi dopo si fermò.
-A casa mia, ti prego aiutami. Fa veloce.- Sussurrai nuovamente. Lui attaccò la telefonata, mi alzai e nascosi il libro dentro il cassetto del mobiletto. Dieci e lunghi minuti dopo, sentii la sua voce.
-Kris? Kris, dove sei?- Urlò.
-Alec, sono qui!- Dissi aprendo la porta del bagno, tremavo ancora. Avevo paura, a stento riuscii a parlargli.
-Kris! Stai bene?- Disse correndo verso di me, sembrava un Angelo. Un Angelo innamorato, e questo fece un certo effetto dentro di me. Mi prese in braccio per portarmi in camera, mi poggiò sul letto, poi mi guardò dritta negli occhi qualche secondo. Sembrava un’infinità, come se avesse bloccato di nuovo il tempo. Abbastanza tempo da mandarmi in paradiso.
-Ora riposa, okay?- Sussurrò leggermente.
-Non andare via. Resta qui con me.- Furono le mie ultime parole, così mi addormentai in un sonno profondo, dove potevo vivere qualcosa che non ci sarebbe mai stato. Dove sarei stata felice.








Salve a tutti, so che vi ho fatto aspettare un po di tempo prima di pubblicarlo, ma ci ho messo un po per scriverlo. Se vi è piaciuto, vi prego fatemelo sapere tramite una recensione, è davvero importante per me sapere la vostra opinione. Grazie, ci vediamo al prossimo capitolo:)
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: tommoslaugh