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Autore: Alena18    19/02/2014    14 recensioni
La vita è come il mare calmo di notte, meraviglioso e insidioso, pronto a rivelare i suoi troppi iceberg.
Le persone sono come una gigantesca nave, come il Titanic, che fende l'aria gelida del mare, in qualsiasi momento può andare alla deriva senza mai ritrovare la giusta rotta, incapace di evitare quelle montagne di ghiaccio.
Lei, Britney, era il Titanic.
Lui, Zayn, era il misterioso mare.
Lui, Harry, era il pericoloso iceberg.
Non si può evitare l'inevitabile.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trust me


La mattina seguente El mi svegliò in maniera poco carina. Mi alzai velocemente e, ancora piene di sonno, ci dirigemmo verso i bagni, non erano molti, ma almeno erano separati da quelli dei maschi.
In campeggio eravamo trentacinque studenti, un numero minimo; le docce a disposizione per le ragazze, come per i ragazzi, erano otto. Diciotto femmine e diciassette maschi. Ovviamente avremmo organizzato dei turni per non creare nessun tipo di problema con altre ragazze.
Corremmo in bagno con i vestiti che avremmo dovuto indossare, preparati già la sera prima. Alla toilette trovammo solo alcune ragazze, sospirai sollevata, non mi piaceva essere osservata mentre mi preparavo. Velocemente ci facemmo una doccia fredda, ci asciugammo e ci vestimmo truccandoci poi leggermente. 
Corremmo subito alla base dove trovammo già i professori e altri studenti; in pratica dovevamo ascoltare le indicazioni dateci da loro, dopodiché dirigerci ognuno ai propri corsi della giornata.
Io per quel giorno seguivo il corso di escursione del prof. Jones con altri dieci alunni, tra cui Zayn e Niall. Almeno c’era qualcuno che conoscevo.
Durante le due ore, il prof. ci parlò della flora e della fauna che caratterizzava quel posto e stranamente fui attenta, così potei scoprire che lì la natura era composta da molte piante di costituzione delicata e da insetti e serpenti, molti dei quali velenosi. Odiavo i serpenti. Mi facevano schifo e soprattutto paura. Troppo viscidi, troppo pericolosi.
 

Passarono alcune settimane.
Imparai a conoscere Niall, era molto timido e non parlava molto, ma cercavo di far emergere il suo lato divertente, quanto era dolce quel ragazzo.
Anche Liam lo era e aveva anche un grande (ma non troppo) senso di responsabilità.
Zayn era sempre molto carino con me. Passavamo molto tempo insieme, ma mai da soli, c’era sempre qualcuno che ci dava fastidio o che ci interrompeva, la maggior parte delle volte chi ci rompeva le scatole era Harry. Non faceva altro che mettersi tra noi. Lo potevo sopportare una, due, tre volte, ma poi basta, diventava irritante e pesante, alle volte mi tenevo persino alla larga da Zayn per evitare il riccio.
 

Era il sette luglio e quel giorno mi toccava seguire il corso di immersione della prof. Smith che sarebbe durato all’incirca un’ora e trenta minuti. Mi piaceva immergermi e poi quel lago sembrava stupendo, l’acqua era limpida, cristallina. Era ampio e profondo stando a quello che diceva la Smith. Avevo già seguito altre volte quel corso, ma non ci avevano mai fatto fare pratica, non ci eravamo mai immersi. Sarebbe stata un’esperienza fantastica.
Zayn non poté partecipare, non sapeva nuotare e così rimase seduto sull’erba a guardare noi altri che ci dirigevamo verso il centro del lago il quale, oltretutto, era il punto più profondo e freddo. Mi dispiaceva per lui, era lì solo, chissà se avesse preferito venire con noi lo stesso. Be’, probabilmente in quel momento gli faceva più paura che altro l’acqua. Mi abituai ben presto alle temperature del lago e cominciai a guardarmi intorno. El, Lou, Niall e Liam, di loro non c’era neanche l’ombra, probabilmente avevano altri corsi. Mi sentivo sola, ero l’unica ragazza senza un compagno e non conoscevo nessuno.
Io facevo parte di un gruppo di dodici componenti e ognuno di noi, una volta arrivati nel cuore del lago, poteva andare dove voleva a patto che tutti avessimo un compagno. Be’, io appoggiavo quella scelta. Non mi sarei mai immersa da sola, la profondità, ma soprattutto il buio, mi mettevano i brividi. Fu la prof. a scegliere i partner di ognuno di noi ed io capitai con Harry. Tra tante persone, proprio lui. Cosa poteva essere stato? Il destino? Il fato? No, la iella!
Ci cambiammo infilandoci una muta e un paio di pinne.
 
Tutti arrivammo al centro di quel lago e man mano che passavano i minuti ognuno di noi scompariva sotto le sue acque.
Senza dire niente ad Harry, che era lì da svariati secondi che mi fissava sorridendo, mi infilai la maschera ed il tubo per l’ossigeno e mi immersi. Mi ero sempre sentita in soggezione quando qualcuno mi guardava, mi fissava. Odiavo quella sensazione e Harry nonostante lo avesse capito da sé, continuava a fare quello che gli pareva.
Una volta scesa ad una profondità di circa cinque metri mi voltai leggermente, quel tanto che bastava a farmi scorgere Harry a pochi centimetri da me. Ruotai gli occhi verso l’alto e mi arresi per sempre alla speranza di potermelo levare dai piedi.
Scendemmo molto in profondità, l’acqua era pulitissima e scura, ma non ci impedì di poter ammirare quello straordinario spettacolo. C’erano moltissimi tipi di pesce. Pesci gatto, trote, salmoni, anguille e tanti altri. Mi era sempre piaciuto osservare il mondo sottomarino da vicino, lo facevo spesso da bambina con mio padre. Lui amava pescare e adorava mangiare ogni tipo di pesce, a differenza di me. Io detestavo ogni singola creatura del mare cucinata, partendo dall’odore nauseante alla consistenza della carne spesso viscida.
Avevo portato con me anche una macchina fotografica, così feci delle foto che ritraevano pesci, pesci inseguiti da Harry, Harry inseguito da pesci, io che cercavo di accarezzare un pesce, io con Harry e tante altre. Non era male come compagno di immersione.
D’un tratto il riccio mi disse, attraverso il linguaggio dei segni che ci era stato insegnato, di fare una gara fino in superficie. Non ero mai stata molto veloce e abile nel nuotare, ma me la cavavo abbastanza bene e magari con un po’ di fortuna lo avrei battuto.
Accettai. Mi sorrise soddisfatto e convinto di vincere. Quel suo gesto mi rese ancora più determinata. Chiusi gli occhi riducendoli a due fessure, pronta a partire.
Ero in vantaggio. Sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene, la pressione dell’acqua sbattere contro il mio corpo, pronta a tirarmi giù non appena avessi smesso di nuotare. Mi voltai senza fermarmi e vidi Harry raggiungermi con una certa facilità. Mi chiedevo se mi avesse dato quel vantaggio di proposito. Eravamo fianco a fianco e la fatica, la stanchezza si stavano facendo sentire. Ma quanto eravamo scesi? Io ancora non vedevo la luce del sole filtrare attraverso l’acqua. Chissà quanto ci mancava ancora.
Mi ero lasciata trasportare dai pensieri e così Harry ne approfittò. Mi sorpassò con un’abile mossa lasciandomi indietro, alle sue spalle, in compagnia di una scia di bollicine provocate dalle sue pinne. Facevano il solletico, ma mi impedivano la visuale. Erano tantissime e sembravano non finire mai, così cominciai ad agitarmi, a muovere le mani per spazzarle via, ma più non stavo ferma più si formavano bolle e meno era la forza nelle braccia e nelle gambe.  Avrei di sicuro perso la gara. Peccato, avrei potuto batterlo. Qualche secondo dopo tutti quei puntini bianchi scomparvero ed io ero finalmente pronta a ripartire. Misi in moto le gambe, ora più riposate, e distesi le braccia davanti a me.
Cominciai a muovere gli arti, ma rimanevo ferma lì. Cosa succedeva? All’improvviso mi accorsi che la bombola di ossigeno si era incastrata tra due rocce che si innalzavano dal fondo, chissà a quanti metri più sotto di me. Mi dimenai cercando di sfuggire alla stretta degli enormi scogli, ma inutilmente. Mi guardai intorno alla ricerca di Harry, speravo che fosse ancora nelle vicinanze, ma non avrei comunque potuto chiamarlo. Forse mentre nuotava si era accorto delle mia assenza dietro di lui e in quel momento stava già cercandomi tra le acque fredde di quel lago all’apparenza innocuo. Passò qualche minuto, ma del riccio neanche l’ombra. Probabilmente non aveva avuto tempo, non poteva perdere di vista il suo obbiettivo: vincere quella maledetta gara.
Presi forza e decisi di cavarmela da sola, era l’unica cosa su cui potevo contare in quel momento, me stessa. Non persi il controllo, sapevo che in quelle situazioni bisognava mantenere la calma. Respirai affondo, raccolsi quante più forze e quanta più aria potevo e mi liberai con un’agile mossa della bombola d’ossigeno che pesava sulle mie spalle. Mi ero agitata un po’ troppo e così facendo persi la macchina fotografica e la maschera che tenevo appese al braccio. Cercai di recuperare almeno la maschera, più fondamentale delle foto, ma niente, non riuscivo a vederla.
Cominciai a nuotare, sbattendo ripetutamente le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco ciò che avevo davanti, ma non vedevo niente, solo immagini sfocate. Gli occhi mi bruciavano. L’aria nel mio corpo scarseggiava e le forze stavano venendo meno ed io probabilmente non ero neanche a metà strada. Paura, ecco cosa sentivo. Per quanto potessi aver cercato di soffocare quell’emozione, essa si fece viva in me, senza preavviso, senza lasciarmi spazio. Il cuore a mille, i polmoni strizzati, non potevo farcela. La mancanza d’aria mi provocava un dolore nel petto e il terrore di morire era ancora più forte. Fui presa da spasmi che portarono all’agitazione ogni singola cellula del mio corpo. Ero come l’ago di una bussola, impazzito, senza freni. Mi contorcevo dalla paura e dal dolore. Cercavo di vivere, di combattere, ma sapevo come sarebbe andata a finire. Negli ultimi attimi di lucidità che mi rimanevano, scorsi tra le acque qualcosa, era proprio di fronte a me, immobile, ero io che tra le contorsioni mi avvicinavo sempre di più. A cosa stavo andando incontro? Sperai solo con tutta me stessa che fosse Harry.
Quello fu il mio ultimo pensiero, prima che l’oscurità si abbattesse su di me. 
 
 
 
Harry’s Pov
 
Era in vantaggio così decisi di aumentare la velocità e la sorpassai. Continuai a nuotare senza mai fermarmi, ero stato invaso da una scarica di adrenalina che rendeva tutto più emozionante e divertente. Mentre nuotavo mi resi conto di quanto in profondità eravamo scesi, sembrava così poco giù, ma invece c’eravamo immersi almeno fino ai quaranta metri se non di più. Era stata un’esperienza fantastica. Vedere flora e fauna del mondo marino. Mitico. Poi con lei era tutto più divertente. Avrei voluto che Bri mi conoscesse veramente, per quello che ero, non per chi volevo far credere di essere. Lei era come suo cugino Louis, con il quale avevo stretto un’ottima amicizia. Buffo, dato che eravamo partiti con il piede storto. Bri era così energica e solare, era raro vederla abbattuta e triste. Ma se la conoscevo bene, qualcosa prima o poi si sarebbe spezzato dentro di lei.  
 
Finalmente vidi la luce del sole e sbucai fuori dall’acqua esultante per la vittoria, con un sorriso che mi partiva da un orecchio e arrivava all’altro. Mi tolsi la maschera che mi portò via qualcuno dei miei preziosi ricci. Mentre aspettavo che Bri riemergesse mi beai del calore del sole che mi asciugava i capelli. In lontananza cominciavo a vedere alcuni compagni che sbucavano dall’acqua e si dirigevano alla riva, il punto di ritrovo. Alzai il polso sinistro e guardai l’ora sul mio orologio. Le undici e trenta. Tra mezz’ora dovremo farci trovare alla base, pensai. Mi guardai intorno ancora, magari sarebbe spuntata da un’altra parte o era già riemersa e mi stava facendo uno scherzo.
Non la vidi.
Mi gettai sott’acqua, bagnandomi di nuovo i capelli che scottavano sotto i caldi raggi estivi. 
Altri cinque minuti erano passati. Ancora nulla. Sbuffai scocciato e un tantino preoccupato. Se era uno scherzo a me non faceva ridere.
Le undici e quaranta.
Ero lì ad aspettarla da quindici minuti. Ma che fine aveva fatto? Decisi che non avrei aspettato oltre. Mi immersi. E se era uno scherzo? Se mi stava prendendo in giro? Be’, allora me l’avrebbe pagata perché mi stavo agitando. Ma se invece le era capitato qualcosa? Se si era fatta male? Se quel lago era una specie di copia del Lago di Loch Ness e sotto quelle acque si nascondeva un mostro che si era imbattuto in Bri?
La mia mente stava cominciando a vagare impazzita tra mille ipotesi, ognuna diversa dall’altra, alcune plausibili e altre no. Una volta raggiunti i primi dieci metri di profondità mi guardai intorno con la speranza di trovare Bri, ma senza successo.
Continuai a scendere. La luce del sole era scomparsa e le acque erano blu. Tutto quel percorso un’ora prima lo avevo fatto con lei e ora mi ritrovavo da solo e preoccupato mentre ripercorrevo i nostri passi. Non avrei mai dovuto lasciarla indietro. Non avrei mai dovuto proporre di fare una gara. Che stupido. Ero ormai arrivato intorno ai quaranta metri di profondità, ma nulla, nessuna traccia di lei. E se non l’avessi trovata? Cosa avrei fatto? Come lo avrei detto agli altri? E a Louis? E come avrei fatto ad andare avanti io? A continuare a vivere senza maledirmi ogni giorno? Ero terrorizzato all’idea di non poterla più vedere, ma non mi arresi.
Arrivai quasi sul fondo e lì vidi innalzarsi una grande roccia. Mi avvicinai e notai uno strano oggetto giallo. Lo presi, lo tastai e con un po’ di fatica riuscii a mettere a fuoco l’immagine. Era la macchina fotografica che aveva Bri. Quando avevamo iniziato la sfida, ce l’aveva legata al polso, ma come era arrivata laggiù? Spalancai gli occhi e cominciai a girovagare verso il fondo in cerca di lei.
Mi legai al polso la macchinetta e continuai a sperare. Notai poi, incastrata fra le rocce a una decina di metri dal fondo, l’attrezzatura di Bri. Era la sua bombola con l’ossigeno e, poco ma sicuro, quella non doveva trovarsi lì, ma sulle spalle di Bri, a darle aria per vivere. Andai completamente nel panico. Che cosa le era capitato? Terrore. Una sensazione fortissima, mai provata prima.
Scesi ancora più giù, cercando di restare lucido e freddo, ma mi risultò impossibile quando notai qualcosa sospeso nell’acqua scura e terribilmente opprimente. E quel qualcosa era lei, era Bri priva di sensi. Mi trattenni dallo spalancare la bocca nel tentativo di urlare e nuotai verso di lei. Quando la raggiunsi intorno a lei, alla sua testa, c’era una sostanza rossa che si mescolava con l’acqua. Sangue. Ebbi un tuffo al cuore quando capii che era suo. Continuava a sgorgare fuori da un brutto taglio sulla sua fronte, si apriva proprio sulla parte alta del capo. Sentii il cuore accelerare nelle mie orecchie, ma mi feci forza, potevo farcela. La presi tra le mie braccia e cercai di risalire in superficie il più velocemente possibile. Per un secondo la guardai in volto: era pallida, molto pallida. E se ero arrivato troppo tardi? Cancellai quel pensiero dalla mia mente e mi concentrai nel nuoto, sempre più faticoso, sempre più estenuante. D’un tratto però mi resi conto che la mancanza d’aria non era dovuta allo sforzo che stavo facendo, bensì all’ossigeno che stava terminando.  Le gambe cominciarono a pesare e le braccia facevano male, ma mancavano ancora oltre quindici metri alla superficie, non l’avrei abbandonata. Se lei stava lottando per vivere era solo colpa mia, io l’avevo messa scioccamente in pericolo.
L’ossigeno venne meno, così trattenni quanto più fiato potei e nuotai, nuotai fino a non sentire più le gambe, nuotai fino a bere dell’acqua, nuotai fino a sentirmi affogare, nuotai fino ad uscire da quella trappola mortale.
Le nostre teste sbucarono fuori dall’acqua insidiosa, subito mi liberai della maschera tossendo e respirando finalmente aria fresca. Ma mi sentivo troppo stanco e quelle bombole rappresentavano solamente un peso in più, così le tolsi, afferrando saldamente Bri e trascinandola fino alla riva più vicina, anche se opposta a quella dove saremmo dovuti essere.
Raggiunsi la sponda sfinito e ormai senza più forze, ma avevo con me Bri, era già qualcosa. La tirai sulla terra umida e senza pensarci su molto, afferrai la canotta che avevo sotto la muta e strappai un pezzo di stoffa legandolo intorno alla ferita sulla sua fronte. Poi le posai in fretta l’orecchio sul petto: non sentivo nulla. Percepii il mondo crollarmi addosso. Scattai indietro e mi passai una mano fra i capelli bagnati.
 
-Cazzo- sibilai –Cazzo, cazzo, cazzo- continuai come se quella parola potesse in qualche modo aiutarmi. Sapevo cosa dovevo fare, ma il problema era come farlo. Non avevo mai fatto un massaggio cardiaco, non sapevo nulla in merito. Se solo avessi prestato un minimo di attenzione alle lezioni!
Presi un respiro profondo, chiusi gli occhi e mi convinsi di poterlo fare. Quanto poteva essere difficile dopotutto?
Posizionai le mani sul petto di Bri e presi a spingere, contando i colpi per poi scendere sulle sue labbra, aprirle e soffiarci dentro quanta più aria potevo. Feci la stessa identica cosa per almeno cinque volte, tentando di ignorare il pensiero della sua bocca così vicina alla mia eppure così lontana. Poi, finalmente, Bri si mosse, prendendo a sputare fuori tutta l’acqua che aveva ingerito, annaspando in cerca d’aria, spalancando i grandi occhi verdi arrossati e lucidi. –Grazie al cielo- sussurrai sorridendo, incapace di non provare immensa felicità. La vidi battere le palpebre ripetutamente, poi le sue iridi si posarono nelle mie e fu come se mi stesse guardando per la prima volta.
 
-H-Harry- balbettò e sul suo viso si disegnò una smorfia di dolore mentre portava una mano alla fronte –Cosa… cosa è successo?- chiese spostando poi lo sguardo sulle sue dita sporche di sangue –Perché sto sanguinando, Harry?- domandò e potei avvertire il suo respiro accelerare. Avrei dovuto tranquillizzarla, ma non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi occhi –Harry?- chiamò con fiato pesante –Harry, ti prego, dimmi che cosa è successo- implorò con le lacrime che cominciarono a rigarle il viso. La paura che lessi nei suoi occhi mi diede l’impulso necessario per tornare in me.
 
-Va tutto bene, Bri. È solo un taglio, starai bene, ti do la mia parola- affermai con il tono più sicuro che conoscessi, ma in realtà non sapevo cosa sarebbe successo, però ero certo che sarebbe stata bene e riuscii a farlo credere anche a lei che, mentre le accarezzavo il viso, schiuse le labbra tentando un sorriso, il quale si trasformò subito in una smorfia sofferente. Mi voltai e vidi i ragazzi del corso dall’altra parte del lago, riemergere –Ehi!- urlai –Ehi, siamo qui! Ehi!- gridai sbracciandomi e finalmente mi videro. Sorrisi per poi tornare a Bri –Stanno venendo a prenderci, okay?- domandai retorico e lei annuì debolmente –Tu devi solo restare sveglia e fidarti di me-.
 
La sentii stringere forte la presa sulla mia mano per poi schiudere le labbra –D’accordo-.



 
 



Saaaaalveee!! 

Scusatemi per l’immenso ritardo, sono stata impegnata con la scuola e taaante altre rotture di scatole. Come il francese che mi sta aspettando. Lo detesto e per di più il professore ci chiama Animali!
Vabbe’ passando oltre il mio professore pazzo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Be’ Bri rischiava la morte poverina :’(
Aggiornerò presto anche l’altra ff “Una nuova vita”.
Questo è il trailer di “Welcome to the Hell” http://www.youtube.com/watch?v=AP0vo-v3z9k 
Grazie a tutte di tutto! 
Ora vi lascio, auguratemi buona fortuna per francese :’(
Baci
Alena18 xxx

 

  
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