Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: Neko no Yume    20/02/2014    3 recensioni
A volte Tokyo è una città pericolosa. A volte la tua famiglia ha le fattezze di un gruppetto sparuto di ragazzini dai sorrisi inestinguibili e i nasi sanguinanti. A volte ci sono cose che non riesci a lasciarti alle spalle. E a volte va bene così. (kagakuro; aokuro; lieve kisekasa)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“E così lo chiamate Corte dei miracoli.”
Il tono di Kagami straripava sarcasmo, sebbene misto a un briciolo di eccitazione.
“Esatto,” confermò Tetsuya per l'ennesima volta nel giro della mattinata, maledicendo mentalmente il momento in cui, mentre tornava dal supermercato, si era imbattuto in un Pel di carota affamato di informazioni e pronto ad auto-invitarsi a casa sua (cosa che l'aveva anche costretto a mettere Nigou alla porta perché il novizio sembrava avere un sacro terrore verso i canidi).
“Quel campetto disastrato,” riprese il suddetto Pel di carota, e Tetsuya si ritrovò a pensare per un microsecondo a come sbarazzarsi di un cadavere.
“Takao-kun l'ha voluto chiamare così dopo aver visto Notre-Dame de Paris,” spiegò con calma quasi innaturale. “E avrebbe anche continuato a chiamare Midorima-kun Esmeralda, se lui non l'avesse picchiato dopo la quinta volta.”
La risata di Kagami era così simile a quella di Aomine (forse solo un po' più spensierata) che gli venne spontaneo stringersi nella felpa che ormai portava solo quando era in casa, senza nessuna possibilità di essere visto da occhi indiscreti.
Kagami parve accorgersi del cambio del suo stato d'animo e tornò sin troppo serio, lo sguardo fisso sulla felpa del padrone di casa.
Nonostante la zip non fosse allacciata, si vedeva benissimo quanto gli stesse larga: le maniche erano state arrotolate e gli sommergevano ugualmente le mani, le sue spalle nuotavano nella stoffa, l'orlo giaceva ripiegato sulle sue ginocchia.
Se Tetsuya si fosse messo il cappuccio avrebbe avuto con tutta probabilità il volto coperto sino alla punta del naso.
“Ti piacciono i vestiti larghi?” decise di informarsi Kagami, per poi pentirsene immediatamente nello scorgere un lampo di sofferenza negli occhi del suo ospite.
Era svanito in un attimo, ma lui era sicuro di non esserselo immaginato.
“Non particolarmente,” rispose Tetsuya con la solita voce priva di qualsivoglia intonazione. “Questa non apparteneva a me in origine.”
Parve prendersi qualche istante per fare ordine tra i ricordi, poi alzò lo sguardo verso Kagami e proseguì.
“Era di Aomine-kun, me l'ha prestata tempo fa e mai più voluta indietro. Credo fosse una delle sue preferite.”
“Spero che tu l'abbia lavata a novanta gradi prima di metterla!”
“Questa stoffa non ha bisogno di un simile lavaggio, Kagami-kun.”
Tetsuya stava per fargli vedere l'etichetta a supporto della propria affermazione, ma Kagami lo interruppe con un sonoro sbuffo.
“Stavo solo scherzando,” borbottò, mentre il suo cervello cercava di pensare a cosa potesse trovarci tutta quella gente in un tipo come Aomine. “Tu e lui siete... amici?”
Questa volta Tetsuya si irrigidì visibilmente, sebbene la sua espressione facciale continuasse a non subire cambiamenti osservabili senza l'aiuto di un microscopio.
Osservò quel ragazzo venuto da oltre l'oceano, quel Pel di carota alto il doppio di lui, con lo sguardo che hanno i bambini quando cercano schegge di vetro sul bagnasciuga e il silenzio covato per due mesi che minacciava di scoppiare.
“Siamo cresciuti insieme,” si decise alla fine. “Io, Aomine-kun, Momoi-san e alcuni degli altri ragazzi che hai visto ieri.”
Kagami non sembrava intenzionato a interromperlo, o almeno non ancora.
"È probabile che mi considerasse il suo migliore amico, prima che diventassi il suo ragazzo.”
Kagami sentì andargli la saliva di traverso e non riuscì a trattenere un attacco di tosse, che Tetsuya si limitò a osservare in silenzio.
“Ti porto un bicchiere d'acqua?” chiese dopo l'ennesimo spasmo, ma Kagami fece violentemente cenno di no con la testa, per poi inspirare ed espirare a fondo un paio di volte.
“State insieme?” riuscì a sibilare dopo aver recuperato il controllo sui propri polmoni.
Di nuovo il lampo di sofferenza negli occhi chiari di Tetsuya.
“Non più, è durato poco.”
“Oh.”
Kagami avrebbe voluto saperne di più, si vedeva da come aveva raddrizzato la schiena e si sforzava disperatamente di ostentare una noncuranza che non aveva, fallendo su tutta la linea.
D'altronde, Tetsuya aveva bisogno di parlare.
“Sono stato io a lasciarlo,” proseguì quindi dopo qualche secondo di silenzio. “Stava diventando troppo pericoloso per lui.”
Taiga inarcò un sopracciglio.
“Pericoloso?”
“Esatto. Kagami-kun, qui non tutti sono pronti ad accettare una cosa del genere, ma Aomine-kun si è sempre rifiutato di nascondere la nostra relazione.”
“E qualcuno l'ha presa sul personale,” provò a indovinare Kagami, la voce insolitamente bassa.
“Haizaki e i suoi, quei ragazzi che hai visto il primo giorno,” confermò lui in tono persino più sommesso. “Una volta durante un match gli hanno quasi rotto una gamba, è stato Kise-kun a tirarlo via in tempo...”
Le parole gli si rattrappirono in gola davanti al ricordo di quel piede infilato in un anfibio logoro, pronto a calare sul polpaccio di Aomine, pronto a spezzarglielo, e Kagami non riuscì a trattenersi dall'allungare un braccio verso di lui per scompigliargli i capelli.
Con delicatezza.
Tetsuya accettò il gesto nell'unico modo che gli sembrava possibile in un momento del genere: evitando di sottrarvisi.
Poi, quando quelle cinque dita si staccarono dalla sua testa con un ultimo buffetto che era una carezza camuffata, lo sfogo riprese in modo tanto naturale da far pensare che non si fosse mai interrotto.
“Avevo paura, mi sentivo responsabile per qualsiasi cosa potesse accadergli e allo stesso tempo sapevo che lui non avrebbe smesso di stringermi davanti a loro, né loro avrebbero abbandonato i propositi di fargli del male alla prima occasione.”
Tetsuya sembrava più tranquillo, ma Kagami preferì comunque venirgli incontro ancora una volta.
“E tu hai deciso di lasciarlo nella speranza che se ne dimenticassero presto,” concluse al suo posto, ricevendo in risposta un vago cenno di assenso.
“All'inizio l'ha presa piuttosto male, ottuso com'è, ma Momoi-san è riuscita a calmarlo con sorprendente facilità,” ricordò, le labbra incurvate in un sorriso appena abbozzato nel pronunciare la parola ottuso. “Lei è la ragazza più intelligente che abbia mai conosciuto, deve aver intuito qualcosa da sola.”
Kagami ripensò al modo in cui Momoi l'aveva scrutato la prima volta che si erano visti e quando aveva disputato quel disastroso uno contro uno con Aomine senza riuscire a trattenere un brivido di puro terrore: si era sentito come durante una radiografia.
“Quei bastardi come hanno reagito?” si informò nel tentativo di allontanare lo sguardo di Momoi dai suoi ricordi il prima possibile.
“Aomine-kun non ha più avuto problemi,” fu la risposta asciutta e Kagami avrebbe voluto insistere, chiedere Tu invece? Tu hai avuto problemi? Hai fatto da parafulmine senza emettere un fiato?, ma il modo in cui Tetsuya si stava strofinando un braccio lo dissuase.
A cosa sarebbe servito?
Lui si sarebbe indignato, l'avrebbe scosso per le spalle gridandogli di togliersi quell'espressione triste dalla faccia, col solo effetto di riaprire vecchie ferite.
“Non so se mi facciate venire i nervi più tu o quei bulletti da strapazzo,” sentenziò alla fine, capendo all'istante di aver fatto bene dal tiepido, fugace sorriso che colse sulle labbra di Tetsuya.


Ormai erano un paio di settimane che Taiga conduceva la vita dell'habitué alla Corte dei Miracoli, quel campetto era diventato una sorta di rifugio assai male in arnese nel quale trovare riparo da studio e lavoretti.
Un posto in cui lasciarsi tutto alle spalle e divertirsi con avversari degni di tale nome, in cui poter sperare nel privilegio di capitare nello stesso team di Kuroko e diventare il fulcro del suo peculiare stile di gioco che permetteva al ragazzino di sparire e ricomparire sul campo con la stessa padronanza di una regina sulla scacchiera.
Era disposto persino a tollerare la vicinanza di Aomine se questo significava poter godere di un tale spettacolo, anche se aveva notato sin da subito quanto Kuroko si sforzasse di evitare gli orari in cui sapeva di poter incontrare il suo ex.
Ex. Ex ragazzo.
Il solo pensiero faceva ribollire Taiga di una rabbia sorda alla quale non riusciva a trovare un'origine plausibile.
Poi, come capita a volte, bastò un particolare del tutto insignificante a districare la matassa confusa che aveva davanti e a mettergli in mano un'estremità del filo con delicatezza, come a dire Ecco, tieni. Era facile, no?
Accadde durante un caldo giovedì pomeriggio: qualcuno aveva portato uno stereo e la Corte fluttuava nella canicola impregnata di musica da strada, così comune negli Stati Uniti da fargli venire un groppo alla gola per la nostalgia.
Takao e Izuki si stavano dando scherzosamente battaglia al centro del campetto (non erano niente male per essere giapponesi, diamine), mentre qualche altro ragazzo ballava lì vicino o faceva il tifo.
Taiga si accorse della presenza di Kuroko solo dopo aver mosso qualche passo dentro la Corte e rischiò di inciampare nei suoi stessi piedi per lo stupore.
Kuroko Tetsuya, scricciolo dai grandi occhioni blu e dalla tendenza a scolorare davanti al minimo raggio di luce, stava ballando.
A essere onesti il suo ballare consisteva principalmente nello spostare il peso del corpo da un piede all'altro a tempo di musica, ma Taiga si rese conto di non riuscire a distogliere lo sguardo da quel volto inclinato verso lo stereo, da quel collo scoperto, dagli occhi socchiusi, dal modo in cui le braccia si piegavano al petto in un gesto appena percettibile. Da tutto Kuroko.
Quando il ragazzo si voltò verso di lui, Taiga osservò i suoi occhi tornare a mettere a fuoco e gli sembrò che quel minuscolo cambio di espressione gli avesse lanciato una scossa elettrica breve quanto un battito di ciglia, intensa abbastanza da farlo rabbrividire.
“Kagami-kun,” lo salutò il maledetto ragazzino con un sorriso che era un'altra scossa elettrica. L'ennesima.
“Oggi niente basket?” si informò lui a bruciapelo; gli sarebbe servita parecchia attività fisica per cancellare del tutto i brividi che ancora si sentiva correre lungo la spina dorsale.
“Pare di no,” sentì mugugnare un Kasamatsu insolitamente rassegnato. “Quando si mettono a ballare è la fine, non c'è niente che noi possiamo fare.”
Taiga doveva aver fatto una faccia davvero sconsolata, dato che adesso Kuroko si era alzato sulla punta dei piedi per scompigliargli i capelli (già non molto composti in partenza).
“Stasera giocano i Celtics, vero?” gli chiese, senza fermarsi ad aspettare una risposta. “Possiamo vedere la partita insieme se alla fine sei riuscito a montare il televisore senza distruggerlo nel tentativo.”
Kagami non si prese neanche la briga di offendersi.
“Certo!”


La prima cosa che Tetsuya notò nel mettere piede in casa di Kagami fu il surreale ordine che vi regnava.
Si era immaginato di trovare il classico caos da adolescente allo sbando, ma il piccolo appartamento l'accolse con odore di pulito e un ordine quasi maniacale nel quale il chiassoso Kagami Taiga sembrava un perfetto pesce fuor d'acqua.
Il pesce in questione doveva aver notato il suo stupore (sebbene fosse solo appena accennato, dato che Tetsuya era una persona educata), perché si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito nella sua direzione.
“In America avevo una coinquilina assurdamente disordinata, ho dovuto imparare a compensare per i suoi disastri,” spiegò con un sospiro. “Puro spirito di sopravvivenza.”
Per un attimo Tetsuya si chiese che razza di persona avesse potuto spingere Kagami a tanto, poi virò su immagini del ragazzo che sfoggiava un grembiulino sbandierando uno scopettone e il suo cervello gli fece presente che la cosa si stava facendo allarmante.
Meglio accendere la TV.
Per fortuna ci aveva già pensato il padrone di casa, che ora lo stava invitando con un gesto a sedersi accanto a lui sul divano e che Tetsuya si affrettò a raggiungere, ben felice di poter dirottare i propri pensieri sulla partita di basket in procinto di iniziare.
Le voci dei telecronisti vibravano di entusiasmo mentre sproloquiavano a proposito delle ultime partite giocate dai Celtics e dalla squadra avversaria, della condizione smagliante di alcuni giocatori e degli infortuni di altri, riuscendo a trasmettere il loro entusiasmo sino a loro due.
Tetsuya si sistemò un po' meglio sul divano, poi l'arbitro lanciò in aria la palla.
Il giocatore dei Celtics addetto alla contesa riuscì a impadronirsene in un'unica movenza fluida e l'istante dopo l'aveva già passata a un suo compagno di squadra, che si stava facendo largo per il campo con altrettanta agilità.
Ma il team avversario non era da meno e dovette passare qualche minuto intriso delle imprecazioni malamente trattenute di Kagami prima che la sua squadra riuscisse ad andare a canestro per la prima volta.
“Sì!” esclamò a quel punto, le mani chiuse a pugno in segno di vittoria.
Tetsuya gli rivolse un tiepido sorriso a cui l'altro rispose con un ghigno che andava da orecchio a orecchio, poi entrambi riportarono la propria attenzione sul match in corso.
Il primo e il secondo quarto sembrarono passare in un lampo, scanditi da azioni capaci di lasciare entrambi col fiato sospeso e da conseguenti scambi di battute su quanto fossero bravi entrambi gli schieramenti, finché all'inizio del terzo quarto l'ala grande dei Celtics, Brandon Bass, non eseguì una schiacciata che, Tetsuya dovette ammettere controvoglia, gli aveva appena fatto venire la pelle d'oca.
“Wow...” fu il brillante commento di Kagami, imbambolato accanto a lui con espressione da triglia.
“Davvero wow,” convenne lui, per poi concedersi un sorrisetto dall'aria sospettosamente ironica. “Però, Kagami-kun, devi ammettere che Kobe Bryant appartiene a un livello di netto superiore.”
L'altro lo fulminò con uno sguardo che avrebbe potuto ridurlo in un mucchietto di cenere.
“Ma se non giocano neanche nella stessa posizione!” berciò furente. “Che senso ha fare paragoni?”
Per un attimo Tetsuya credette di temere davvero per la sua incolumità, ma Pel di carota doveva essersi accorto del suo cipiglio divertito, dato che l'ostilità nei suoi occhi era stata appena rimpiazzata da una luce sin troppo scaltra.
“Ahah, molto divertente.” lo sentì sentenziare, appena prima di gettarsi su di lui.
Il solletico arrivò senza che lui potesse cercare di difendersi in alcun modo e Tetsuya si ritrovò a contorcersi come un'anguilla, schiacciato tra Kagami e il divano, privo di qualsiasi via di fuga.
“Allora lo soffri!” sentì ridere il suo aggressore mentre quelle maledette mani continuavano a martoriargli i fianchi, strappandogli un'indecorosa sequela di risatine e suoni imploranti per i quali si ripromise di fargliela pagare molto, molto cara.
Quando, finalmente, Kagami decise di fermarsi, a entrambi mancava il fiato.
“Maledetto...” ansimò Tetsuya, ancora intrappolato sotto di lui.
La sua voce si perse nell'improvviso silenzio caduto tra loro, mescolandosi ai suoni che provenivano dal televisore a cui nessuno stava più prestando attenzione.
Kagami teneva le mani posate sui suoi fianchi e lo fissava come incantato, gli occhi annebbiati dallo stesso smarrimento con cui Aomine l'aveva guardato dopo il loro primo bacio.
Tetsuya fece appena in tempo ad accorgersi con orrore di star ricambiando il suo sguardo, poi le labbra di Kagami travolsero ogni briciola di resistenza presente in lui.
Erano calde, umide, un po' screpolate forse.
Ed erano premute contro le sue in attesa di una risposta che Tetsuya non tardò a fornire.
Che fosse per esorcizzare l'onnipresente immagine di Aomine che lo tormentava da due mesi o per il semplice fatto che la lingua di Kagami sembrava sapersi muoversi così dannatamente bene nella sua bocca, Tetsuya si ritrovò ad allacciare le gambe attorno a quelle dell'altro e arricciare il naso in segno di protesta quando le attenzioni di quelle labbra si spostarono verso il suo collo.
I denti di Kagami saggiarono piano la sua pelle, succhiando e mordendo, lasciandosi dietro una scia di segni rossastri, mentre le sue mani gli scivolavano sotto la stoffa della maglietta.
Le sentiva tracciargli geometrie sconnesse sulla schiena, soffermarsi nel punto in cui le costole si intravedevano sotto la carne, poi proseguire imperterrite e indisturbate, fino a fermarsi con un tremito leggero a un soffio dall'orlo dei suoi pantaloni.
Il tutto mentre quelle labbra a cui non avrebbe mai dovuto cedere continuavano a torturargli il collo, le orecchie, la bocca.
A Tetsuya sembrò di tornare a respirare solo quando le sentì allontanarsi abbastanza da non avvertire più il fiato dell'altro sul viso, ma gli bastò tornare a guardare gli occhi di Kagami per capire che presto gli sarebbe di nuovo mancato il respiro.
Continuavano a fissarlo con la stessa urgenza di prima, se non di più, e lui non si sorprese nel notare la scintilla che li illuminò per un istante, né nel sentire subito dopo le mani di Kagami sfilargli i pantaloni con una fretta quasi tenera.
Quasi, dato che probabilmente stavano per andare a letto insieme e lui aveva ancora addosso l'odore di un altro uomo.
Kagami doveva aver capito quanto gli piacessero le sue labbra, perché gli sollevò le gambe nude senza esitazione, facendogliele posare sulle spalle e inclinando il collo per lasciargli un bacio sul polpaccio.
Tetsuya si ritrovò a raschiare la stoffa del divano mentre l'altro lasciava scorrere la punta delle dita avanti e indietro dalla caviglia al ginocchio e la sua bocca seguiva lo stesso percorso con una lentezza capace di far impazzire perfino lui.
Quando lo sentì spingersi un po' più in avanti, quel che bastava per poter passare alle cosce, temette di poter venire da un momento all'altro solo per quelle carezze.
Poi Kagami posò le labbra bagnate di saliva sul rigonfiamento che premeva contro la sottile stoffa dei suoi boxer e, dannazione, adesso le mani di Tetsuya gli stavano artigliando il collo, tanti saluti all'autocontrollo.
“Tetsu...”
Oppure no.
Non così. Aomine lo chiamava così.
Era stato stato il ritornello dell'ultima volta in cui avevano fatto l'amore, quel Tetsu.
E Tetsuya si odiava per questo, ma non aveva ancora dimenticato.
“Kagami-kun,” si costrinse a mormorare, puntellandosi sui gomiti nel tentativo di incontrare il suo sguardo. “Basta.”
Lui gli lanciò un'occhiata improvvisamente preoccupata, arrestandosi di colpo.
Forse capì, forse il pensiero di ciò che gli aveva ricordato non lo sfiorò nemmeno, ma gli lasciò libere le gambe e a lui tanto bastava.
Rimettersi i pantaloni, avviarsi verso l'ingresso, infilare le scarpe ai piedi e rivolgergli un ultimo sguardo incerto gli sembrò l'unica cosa giusta da fare, nonostante Kagami avesse l'aria di essere appena andato in pezzi.
Poi la porta gli si chiuse alle spalle con un tonfo non abbastanza forte da coprire il suono di qualcuno che sferrava un pugno contro qualcosa.






Yu's corner.
Bentrovati miei cari!
La vicenda inizia a complicarsi, eh? Eheheh.
Per chi se lo stesse chiendendo, Kobe Bryant gioca nei Lakers ed è per questo che Kagami reagisce in quel modo quanto Kuroko lo menziona.
Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, sono conscia di non essere tagliata per le scene nsfw...
Un sentito grazie a tutti voi!
Bye bye,
Yu.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Neko no Yume