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Autore: Neko no Yume    26/02/2014    4 recensioni
A volte Tokyo è una città pericolosa. A volte la tua famiglia ha le fattezze di un gruppetto sparuto di ragazzini dai sorrisi inestinguibili e i nasi sanguinanti. A volte ci sono cose che non riesci a lasciarti alle spalle. E a volte va bene così. (kagakuro; aokuro; lieve kisekasa)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Erano le otto di domenica mattina e Daiki non si trovava nel suo letto a poltrire.
Il motivo principale di una tale disgrazia era la nefasta creatura con cui aveva la sfortuna di condividere quel buco di appartamento in cui si era rifugiato qualche anno prima: Satsuki Momoi.
A quanto pareva quel periodo del mese aveva deciso di farle una sorpresina con una settimana di anticipo e lei si era resa conto di non avere in casa neanche uno straccio di antidolorifico, ragion per cui l'aveva svegliato nel suo unico giorno libero con la minaccia di evirarlo seduta stante se non fosse andato immediatamente a comprarle l'ibuprofene.
Lui, da bravo cavalier servente con un discreto attaccamento alle proprie capacità riproduttive, era schizzato verso la farmacia più vicina, aveva comprato tre tipi di medicinale diversi ed era tornato da Satsuki, che lo aspettava rantolante sul proprio letto.
Per fortuna l'ibuprofene aveva fatto effetto quasi subito e Daiki era uscito indenne da quell'incubo mattutino.
Veni, vidi, vici.
Peccato però che ormai gli fosse completamente passato il sonno, motivo per il quale ora stava vagando come uno spettro per le strade del quartiere.
Sentiva il bisogno di camminare, prendere una boccata di aria fresca, svuotare la mente; ma soprattutto sentiva il bisogno di vedere la persona che da due lunghi mesi era la causa del perché avesse la necessità di smetterla di pensare.
Di pensare a lui, per essere precisi.
E quale modo peggiore di farlo che capitare del tutto per caso davanti a casa sua per un saluto?
Daiki sapeva di essere inopportuno, eppure non riuscì a fermarsi dal prendere un respiro profondo e suonare il campanello.
Per un lungo momento credette di averlo disturbato troppo presto, o magari che l'altro fosse talmente addormentato da non averlo neanche sentito, poi la porta si aprì e un Kuroko Tetsuya in pigiama fece la sua comparsa davanti a lui.
Aveva l'aria distrutta.
“Tetsu!” esclamò Daiki, dimenticandosi persino di fare qualche battutina sui capelli scompigliati dell'amico. “Che è successo?”
L'altro si strofinò un occhio arrossato nel tentativo di focalizzare l'attenzione sul suo visitatore.
“... Aomike-kun?” chiese, e la sua voce era solo molto, molto assonnata.
Cosa che strappò un sospiro di sollievo a Daiki, impegnato a scostarlo con delicatezza dall'ingresso ed entrare in casa assieme a lui.
La seconda sorpresa di quella visita fu la calma che seguì il suo arrivo: di solito il cane di Tetsu impiegava dai due ai tre nanosecondi per saltargli addosso, abbaiando come un forsennato.
“Nigou?” chiamò incerto, senza ricevere risposta.
“È stato male tutta la notte, stavo per portarlo dal veterinario.”
Ecco spiegata l'aria da zombie.
“Tu non lo porti da nessuna parte,” decretò Daiki cinereo. “Ci penso io, intanto riposati.”
Tetsu provò ad aprire la bocca per replicare, ma l'occhiataccia che ricevette fu sufficiente a zittirlo, almeno per una volta.
Poi lui gli fece cenno di seguirlo in camera da letto e lì gli indicò Nigou, che se ne stava steso sulle lenzuola con un'aria non diversa da quella di Satsuki prima che l'antidolorifico facesse effetto.
“Ehi, bestiolina,” lo salutò Daiki, la voce carica di una tenerezza di cui pochi l'avrebbero mai ritenuto capace.
Il cagnolino voltò appena il capo verso di lui e agitò la coda per qualche secondo quando lui lo prese in braccio per adagiarlo dentro un vecchio borsone che gli stava porgendo Tetsu, ma niente di più.
Si vedeva lontano un miglio che aveva qualcosa che non andava.
“Dopo cena ha iniziato a tossire e guaire tutto il tempo, credo gli sia andato di traverso qualcosa...” spiegò il suo padrone.
“Va bene, capito. Ora fila a letto, torniamo presto.”
Silenzio.
“Grazie, Aomine-kun.”
Daiki sbuffò, per poi incamminarsi verso la clinica veterinaria con il borsone/trasportino stretto al petto.
Per fortuna l'ambulatorio era poco distante da lì e a quell'ora di domenica mattina non c'era anima viva, quindi il veterinario poté riceverli subito, per poi comunicargli che Nigou aveva semplicemente ingoiato un osso di pollo, strozzandovisi, ma che al momento era finalmente riuscito a mandarlo giù e l'unico inconveniente era la gola un po' irritata da tutto quel tossire.
Mentre parlava gli lanciò un'occhiata indagatrice che lo fece raggelare sulla sedia e chiedersi se Tetsu non l'avesse combinata grossa in qualche modo; del resto gli era parso di sentire da qualche parte che dar da mangiare il pollo al proprio cane fosse pericoloso proprio per via delle ossa.
Non appena ebbe ricevuto il permesso di riportare Nigou a casa, si affrettò a dileguarsi con quanta più nonchalance possibile (ovvero assai poca), percorrendo a passo svelto la strada che lo separava da casa di Tetsu.
Prima di uscire si era fatto dare le chiavi per non svegliarlo una volta tornato, eppure non si sorprese di trovarlo seduto sul letto, in attesa.
“Si era solo strozzato con un ossicino,” riferì mentre lasciava il cane libero di trotterellare verso il suo proprietario.
Tetsu recepì la notizia in silenzio, la testa che ciondolava e le mani impegnate a lisciare piano il pelo sul dorso di Nigou, accoccolato al suo fianco.
Aveva le palpebre gonfie di sonno e arrossate, eppure sorrideva.
Sorrideva con gli occhi sfiniti e adoranti di una madre.
“C'è qualcosa che non va, Tetsu?” si costrinse a indagare Daiki, anche perché continuare a perdersi in quello sguardo non era consigliabile. “Insomma, non è da te dare del pollo al cane.”
L'altro si prese qualche istante prima di rispondere, spostando la propria attenzione verso Daiki solo quando Nigou si affrettò verso la sua cuccia nell'altra stanza.
“Non è nulla,” biascicò alla fine, per poi lasciarsi crollare di schiena sul materasso.
Daiki non si fece problemi a imitarlo, allungando un braccio verso di lui con l'intenzione di scompigliargli i capelli già parecchio indisciplinati.
Tetsu però doveva già essere mezzo addormentato perché ne approfittò per raggomitolarsi al suo fianco, il viso sepolto nella stoffa della sua maglietta.
Rimasero così per alcuni minuti: Tetsu vinto dalla stanchezza e Daiki che gli carezzava distrattamente la testa, finché non fu proprio Tetsu a riportarli entrambi alla realtà.
“Sono una persona orribile,” mugugnò a mezza voce, provocando una risatina ironica nel suo ospite.
“Solo perché hai dato del pollo a Nigou?”
Lui scosse piano la testa contro il suo petto e per un attimo, solo per un attimo, Daiki si sentì dilaniato tra il bisogno di stringerlo a sé con tutta la sua forza e quello di scappare il più lontano possibile, lontano dalla loro storia finita male.
Ma era pur sempre il grande Aomine Daiki e di conseguenza rimase immobile.
“Allora si può sapere che cosa c'è?” chiese soltanto, sperando che la sua voce non tradisse troppo il nervosismo che lo stava attanagliando.
“Devi promettermi che non ucciderai nessuno, Aomine-kun,” sentenziò Tetsu in un tono che privo della vena di sonno che aveva in quel momento non sarebbe stato meno perentorio di quello di Akashi.
“Posso provarci,” celiò lui in risposta.
“Aomine-kun.”
“Okay, okay, prometto.”
Che diavolo doveva aver combinato quel ragazzino per fargli promettere una cosa del genere con tanta serietà?
“L'altro giorno stavo per andare a letto con Kagami-kun.”
Ecco che aveva combinato.
“E me ne sono andato perché non sapevo con che nome avrei potuto chiamarlo.”
Per quanto fosse difficile da digerire, Daiki dovette ammettere di essere stato colto del tutto alla sprovvista.
E come tutte le volte in cui veniva preso alla sprovvista, lasciò che l'istinto prendesse il sopravvento su quel poco di buonsenso che possedeva, ritrovandosi a sovrastare un Tetsu intento a fissarlo imperturbabile come sempre.
“Tu cosa,” sillabò in preda a qualcosa che somigliava pericolosamente a pura e seplice rabbia.
“Sono stato sul punto di andare a letto con Kagami-kun,” ripeté Tetsu con una calma ben più innaturale della sua solita faccia da poker.
Forse era stata la notte insonne a dargli l'incoscienza di rivelargli qualcosa del genere dopo il modo in cui l'aveva lasciato e successivamente evitato ad arte, o forse secondo il suo bacatissimo senso di giustizia era qualcosa che lui aveva il diritto di sapere; eppure Daiki riusciva a percepire con una chiarezza commovente il tremore che scuoteva entrambi.
“Ma non sapevo se l'avrei chiamato col suo nome o col tuo, quindi me ne sono andato,” proseguì Tetsu, che adesso suonava quasi rassegnato. “Kagami-kun non se lo sarebbe meritato.”
Le mani di Daiki si contrassero attorno alle lenzuola.
“Invece io merito di sentirmi dire tutto questo?” sibilò a denti stretti.
Lui non gli rispose, ma neanche distolse lo sguardo dal suo e all'improvviso a Daiki tornò in mente il modo in cui l'aveva guardato la prima volta che l'avevano fatto, mortalmente fiducioso.
L'immagine strideva dolorosamente con quella di Tetsu, il suo Tetsu, che si lasciava toccare, baciare, stringere da Kagami.
Poi Tetsu socchiuse le palpebre e schiuse le labbra in uno sbadiglio sonnolento.
“Non sono riuscito a trattenerlo,” si scusò con voce impastata, riuscendo a strappargli una risatina.
“Che ne dici se rimandiamo i discorsi a dopo che ti sarai riposato?” propose Daiki, per poi lasciarsi di nuovo cadere al suo fianco.
L'altro si limitò ad annuire e raggomitolarsi di nuovo contro di lui, mentre le braccia di Daiki ne approfittavano per stringerlo piano.
E piano Daiki lo baciò sul collo, perché i segni lasciati da quello stupido di Kagami si vedevano ancora e lui aveva una voglia bruciante di cancellarli coi propri, ma sapeva che questo avrebbe solo messo Tetsu nei guai.
Di nuovo.
Già una volta l'aveva dovuto lasciar andare per via della sua sconsideratezza che aveva fatto finire entrambi nel mirino di qualche teppistello da quattro soldi, non voleva peggiorare le cose.
Accanto a lui Tetsu scivolò finalmente nel sonno.


Satsuki era di ottimo umore.
L'antidolorifico aveva fatto effetto all'instante e non l'aveva neanche troppo stordita, due avvenimenti del tutto miracolosi per lei.
Al momento passeggiava tranquilla per la strada, decisa a sfruttare la grazia che Madre Natura le aveva concesso; che poi i suoi piedi la stessero portando verso la Corte era un fatto del tutto casuale.
Com'era del tutto casuale il fatto che stesse scandagliando le vicinanze in cerca di due certe zazzere di capelli appartenenti alle sue due più grandi preoccupazioni in una vita che altrimenti sarebbe stata sin troppo tranquilla.
Ma l'universo doveva evidentemente avere altri piani in serbo per lei, dato che l'aveva appena mandata a sbattere contro Kagami Taiga.
Kagami Taiga irritato, per giunta.
“Kagami-kun!” lo salutò allegra. “Scusa, non stavo guardando dove andavo.”
“Uh?” fu la brillante risposta che ricevette.
“Va tutto bene? Sembri un po'... sovrappensiero,” indagò Satsuki, incapace come al solito di porre un freno alla propria curiosità.
Lui assottigliò gli occhi, forse nel tentativo di tornare a focalizzarsi sulla realtà, poi arrossì.
Non che fosse una cosa strana (tutti i ragazzi della zona eccetto i suoi amici d'infanzia arrossivano davanti alla ragazza, valli a capire), ma qualcosa le diceva che l'altro non stava arrossendo per lei.
“Perché mai dovrei sapere dov'è Kuroko!” esclamò infatti Kagami, talmente agitato da dimenticarsi di aggiungere un tono interrogativo alla domanda.
Bingo.
“Uhm, in realtà non ti ho chiesto niente del genere.”
Satsuki represse a stento un sorrisetto felino nel notare il sudore freddo che stava iniziando a imperlare la fronte del ragazzo, decidendo che il suo affetto per Tetsu valeva molto più della possibilità di divertirsi un po' con Kagami.
“Ti va di parlarne?” chiese infatti, senza scomodarsi a specificare di che cosa dovessero in effetti parlare.
Sarebbe stato ridondante.
L'altro infatti capì al volo e arrossì di nuovo, ma alla fine annuì.
Lei gli sorrise (questa volta era un sorriso vero, incoraggiante), per poi fargli cenno di seguirla verso un parchetto dall'aria non meno disastrata della Corte dei Miracoli ma col pregio di essere totalmente deserto.
Si sedettero su una panchina dall'aria non troppo provata dal tempo e tra di loro calò un silenzio elettrico.
“Momoi,” si decise alla fine Kagami, “a te Kuroko piace, vero?”
Beh, che inizio diretto.
“Ahah, do questa impressione in effetti!” cinguettò lei, nonostante un'improvvisa ombra di quella che sembrava a tutti gli effetti malinconia le avesse adombrato gli occhi per un momento. “Si può dire che io abbia avuto una cotta per Tetsu-kun da piccola, ma ormai mi è passata da tanto tempo.”
Si fermò un istante, le dita che giocherellavano con i lembi della felpa.
“Ora lui fa parte della mia famiglia, come Dai-chan e gli altri.”
Kagami si ritrovò a chiedersi con una punta di preoccupazione che fine avesse fatto la vera famiglia della sin troppo giovane donna che gli sedeva accanto, o perché Kuroko vivesse da solo.
E soprattutto perché tutti quei ragazzini avessero l'aria così smarrita alle volte.
Forse un giorno o l'altro gliel'avrebbero raccontato; per il momento la cosa importante era confessare a qualcuno il gran casino che aveva combinato.
“Quindi se ti dicessi che sono stato a tanto così dall'infilare le mani nei suoi boxer non rischierei la vita, no?” azzardò.
Satsuki si immobilizzò come una statua di sale.
“Tu cosa,” sillabò, e se avesse saputo quanto la sua reazione fosse stata simile a quella di Daiki si sarebbe sicuramente presa a schiaffi.
“Eravamo a casa mia e lui ha fatto una battutina su Kobe Bryant e io gli ho fatto il solletico ed era così carino e l'ho baciato e lui ha risposto e...”
Quella paratassi delirante da adolescente in crisi ormonale sarebbe continuata all'infinito se Satsuki non avesse allungato uno scappellotto alla nuca di Kagami.
“Per prima cosa datti una calmata!” lo rimproverò, la voce impostata sul tono da mamma arrabbiata che aveva avuto anni e anni per perfezionare. “E ringrazia che Tetsu-kun fosse consenziente, altrimenti ti avrebbe picchiato senza pietà. E ti avrei picchiato anch'io.”
Kagami aggrottò la fronte ancora più del normale ma non protestò, segno che doveva essere davvero nel panico.
“Come mai vi siete fermati? Perché immagino che vi siate fermati, giusto?” proseguì Satsuki con calma.
Anche spremere ogni singola informazione disponibile da qualcuno era un'arte che aveva avuto anni per perfezionare.
Kagami si prese il suo tempo per rispondere.
“L'ho chiamato 'Tetsu' e lui mi ha piantato in asso,” spiegò poi. “Giustamente.”
Questa volta Satsuki non indagò su cosa sapesse Kagami di quel nomignolo o di chi lo usava: non serviva certo un genio per capire che Tetsu si era confidato con lui, del resto tenere un segreto simile per due mesi poteva farsi piuttosto pesante.
E se ciò che era successo con Daiki bruciava così tanto, allora significava che lei ci aveva visto giusto e Tetsu non era stato meno stupido del suo ex, che se ne rendesse conto o meno.
Ah, i suoi ragazzi.
Qualcosa nel suo petto si contrasse appena più del dovuto mentre gli occhi le rilucevano di tenera rassegnazione, poi una calma irreale prese possesso del suo corpo e quando Satsuki tornò a rivolgersi a Kagami lo fece con una voce che avrebbe potuto gelarlo fino al midollo osseo.
“Kagami-kun, spero che d'ora in poi tu sia intenzionato ad agire per il suo bene,” decretò serena, lo sguardo che registrava ogni singolo brivido appena corso lungo la schiena del ragazzo.
Lui si alzò di scatto, blaterando qualcosa che sembrava un “Ovviamente!” prima di avviarsi con ampie falcate nella direzione del campetto da basket lasciandosi alle spalle una scia di improperi in inglese e altri frasi borbottate su come gliel'avrebbe fatta vedere lui ad Aomine, Momoi e tutti quanti.
Quando scomparve dalla sua vista (e dal suo udito), Satsuki si lasciò sfuggire un sospiro che non si era resa conto di stare trattenendo, poi estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni.

Devo parlarti, solita ora al solito posto?








Yu's corner.
Bentrovati, miei cari!
E' con grande dolore che vi informo che questo capitolo è il penultimo della storia, sigh.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto come i precedenti! (Personalmente scrivere dal pov di Momoi è stato davvero divertente)
Nel prossimo capitolo ci sarà qualche rivelazione (vi ho lasciati con un piccolo cliffhanger, eh?), quindi state attenti!
Bye bye,
Yu.
  
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