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Autore: Demone    20/02/2014    4 recensioni
E' una ff nata dalla mia mente malata, ambientata dopo la liberazione dei prigionieri di Azkaban. Spero che vi possa piacere. Per ora non ho le idee molto chiare, andando avanti con i capitoli definirò i dettagli.
DAL PROLOGO.
Urlava. Spesso, durante la notte, la donna urlava. Ma le sue urla erano inghiottite dai rumori delle altre celle. Tutti urlavano, ad Askaban, e lei più di tutti. Urlava perchè quelle sensazioni la divoravano. Urlava perchè il suo Signore Oscuro non era tornato da lei. Urlava perchè era sola in quella cella. Urlava perchè non aveva la sua bacchetta. Urlava perchè le sue sorelle non c'erano e lei non sapeva se erano morte o vive.
Urlava perchè era sola. Sola. Senza Lui. Senza quell'uomo che l'aveva resa ciò che era.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Mangiamorte, Nagini, Sorelle Black, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Non-con, Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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VILLA MALFOY

Narcissa Malfoy si materializzò all'improvviso, di fronte all'enorme cancello di ferro battuto lavorato a mano dell'enorme villa dov'era padrona e signora. Attraversò lentamente il parco, a passo misurato, senza correre. Una signora si mostrava sempre composta, anche se si trattava di attraversare solo un corridoio. Chiamò uno dei suoi elfi domestici con un solo gesto. Fissò l'essere dall'alto in basso, sempre con quell'espressione seria, gelida e composta. Non si ricordava neanche il nome di quel servo in particolare. L'elfo che avevano prima si era rivelato un lurido traditore. Dabby, forse si chiamava così, o forse era Dubby? Debby? Ricordava con un delizioso brivido di piacere la sua voce piagnucolosa quando cercava debolmente di scusarsi per qualche errore. Quello che avevano in quel momento era ancora migliore sotto a quel punto di vista. Era più piccolo e più fedele.

“Un bagno caldo. Subito. Pretendo che sia veramente caldo ma se mi scotterò per anche solo un secondo, ti ritroverai a bollire in pentola. Mi hai capito?”

L'elfo annuì spaventato e corse con le sue zampette corte, coperto da quella specie di sacco informe che era così fiero di portare.

Solo quando la signora Malfoy raggiunse la sua camera da letto permise alla maschera di granito che le copriva il volto di frantumarsi in mille minuscoli pezzettini, lasciando un'espressione stanca, accigliata e preoccupata. Mi sedette stancamente sul letto matrimoniale, con le mani lungo i fianchi, e con gesti sempre più veloci, iniziò a togliersi tutte le forcine che aveva fra i capelli, che le mantenevano la pettinatura perfetta ed intatta. Era appena stata all'antico maniero Black, quella villa che in passato era una delle maggiori residenze estive della sua famiglia. Probabilmente all'inizio apparteneva ad un suo bis-bis-bis qualcosa ma erano secoli che giaceva abbandonata, lasciata solo a se stessa. Con il tempo la famiglia si era sempre più assottigliata fino a non diventare altro che un palazzo abbandonato, pieno di ragnatele, polvere, crepe e chissà quante altre cose, indegne anche solo di essere nominate. Però ora era diventato qualcosa di peggio. All'inizio, quando l'Oscuro Signore le aveva ordinato di dargli quell'abitazione, Narcissa era convinta che quella sarebbe diventata semplicemente la sua nuova abitazione. Modesta, umile, indegna di un mago del suo lignaggio, ma era ciò che aveva chiesto e lei era stata felice di donargliela, come simbolo della fedeltà della sua famiglia. Ma non pensava che sarebbe diventato....diventato un lazzaretto. Quell'antica villa era diventato un vero e proprio lazzaretto. Tutti i prigionieri che erano fuggiti da Azkaban, erano riuniti lì. La maggior parte di loro avevano malattie più o meno semplici da combattere anche se non avevano ricevuto alcuna cura medica in quel luogo. Ma le ferite che spaventavano Narcissa, erano quelle che non vedeva subito. Quando vedeva alcune persone fissarla come se fosse l'essere più strano mai visto, quando sentiva delle urla, quando vedeva quelle persone picchiarsi per cose assurde, capiva che le ferite di Azkaban non erano fisiche. Erano ferite troppo profonde per essere viste ma allo stesso tempo erano evidenti, come se fossero esposte al sole. La maggior parte di loro sarebbe stata uccisa presto. Erano inutili, troppo devastati dai lunghi anni di prigionia per poter capire cosa accadeva attorno a loro, deboli come insetti. Un moto di disgusto le fece mancare il fiato per qualche secondo.

Ma fra loro mancavano la persona che aveva cercato con tutta se stessa per tutti quegli anni. Sua sorella Bellatrix. Era stata rinchiusa lì dentro tanti anni fa, tredici o quattordici, non sapeva neanche quando esattamente. Dopo tutti quegli anni, cos'era rimasto di sua sorella? E, sopratutto, dov'era?Aveva pensato che l'avrebbe trovata lì, in quella villa, fra le altre persone, ma invece non aveva trovato nulla. Aveva pensato allora che sua sorella, la sua sorellona, quella che era sempre stata la più irruente, la più energica e la più forte fra i tre fiori che sua madre aveva messo al mondo -anche se uno di quei fiori era appassito, era diventato una macchia di disonore- non fosse riuscita a resistere a quegli stenti e fosse morta. Le sembrava assurdo, ma era l'unica risposta. Aveva controllato tutta Azkaban alla ricerca di qualche prova della morte della sorella ma non aveva trovato nulla, neanche una foto o una lapide. Nulla. Di sua sorella non rimaneva assolutamente nulla, come se la stessa prigione l'avesse inghiottita, facendo cadere nell'oblio una purosangue, una delle streghe più forti della storia. Basta, aveva bisogno di quel dannato bagno. Doveva smettere di pensare e così probabilmente anche la mente avrebbe smesso di farle male, anche se quella domanda le ronzava ancora nella mente.

Dov'era finita Bellatrix Lestrange, nata Black?

L'acqua oramai era abbastanza calda. Narcissa ci si infilò, lasciandosi avvolgere da quel dolce calore. Chiuse gli occhi e rimase in quella posizione, immobile, per tanto di quel tempo da perderne la cognizione. L'acqua non si raffredava, rimaneva sempre costante grazie ad un incantesimo, e permetteva a Narcissa di rilassarsi.

Il bagno era saturo dei vapori del bagno e dell'odore del bagnochiuma mentre i capelli di Narcissa le vorticavano attorno al viso. Misi il mento a pelo d'acqua, tenendo sempre gli occhi chiusi. Non si rese conto dell'uomo che era entrato nella stanza e solo quando questi la svegliò dal suo dormiveglia con un delicato bacio sulla guancia, per poi passare al collo e alla spalla, aprì gli occhi.

Di fronte a lei, impeccabile come sempre, c'era suo marito. I lunghi capelli biondi scendevano sul perfetto completo elegante e il bastone con la sua bacchetta era appoggiato al muro.

“Lucius...” mormorò la donna con un sorriso rilassato sul volto.

 

L'uomo sorrise, guardando sua moglie. “Narcissa..” le sussurrò con un tono dolce e suadente al tempo stesso all'orecchio, prima di percorrere lentamente il contorno del suo collo con la punta del naso.

L'amava. Sembrava strano da dire, poteva sembrare assurdo, ma ora l'amava. Quando li avevano costretti a sposarsi, l'odiava. Era solo una bambina viziata, una bambina viziata che era diventata la sua dolce ed adorata mogliettina. Ma da un certo punto in poi -Lucius non sapeva quando, forse quando per la prima volta l'aveva vista spaventata dopo una punizione dell'Oscuro Signore- aveva iniziato a capirla, ad amarla, ed ora era sicuro che nessuna donna sarebbe mai stata più adatta a lui di quella splendida figura che era immersa nell'acqua. Narcissa in quel momento era una visione splendida. Il suo corpo nudo era coperto dall'acqua che le scivolava delicatamente addosso e il vapore contribuiva a renderla mistica, quasi come una mitica dea scesa in terra. Come poteva non ammirarla? La spugna passò delicatamente sulle sue gambe mentre stesso Lucius si accingeva a quel compito, con una delicatezza e una passione che in non molti matrimoni sopravviveva ancora in quell'intensità.

“Lucius...notizie di lei..?”

non c'era bisogno di specificare chi, Lucius lo sapeva fin troppo bene. All'inizio era quella la sorella Black che l'aveva stregato, Bellatrix, ma con il tempo quell'amore era sfumato, lasciando solo rispetto e un sentimento affettuoso adatto al loro legame di parentela. Abbassò lo sguardo, concentrandosi solo sulla spugna.

“Non è morta, Lucius. Non lo è, ne sono certa. Bellatrix non sarebbe mai morta come una semplice strega.”

La voce sicura di Narcissa gli fece alzare il volto. Fissò la donna negli occhi e capì che Narcissa sapeva molto più di lui le reali potenzialità di Bellatrix. Baciò Narcissa sulle labbra, entrando nella vasca con lei, ignorando i vestiti che si inzuppavano sempre di più.

“Lo so, Narcissa. Lo so. La troveremo e la riporteremo qui, insieme a suo marito.”

 

Lucius camminava nei corridoi di villa Malfoy con passo cadenzato e sonoro. Indossava vestiti più comodi, più adatti a stare in casa rispetto al completo che indossava quasi sempre. Eccola, la porta che cerva, in fondo al corridoio. Quell'ala della villa era decisamente molto più silenziosa e meno frequentata rispetto al resto della casa. Bussò alla porta e un elfo corse subito ad aprirgli la porta. Era una camera in penombra ma l'aria era fresca, non puzzava di chiuso e non era sporca, sudicia, come quella cella. Neanche l'uomo che occupava il grande letto a baldacchino era lo stesso di quella cella ad Azkaban. Il viso era rasato, i capelli erano stati tagliati drasticamente per vari motivi. Era steso a letto, nella penombra, e fissava solo il soffitto davanti a lui.

“Come sta?” chiese Lucius all'elfo.

“Mio signore...lui..lui migliora, credo.”

“Ha sorriso? Ha riso?”

“N-no, mio..mio signore...”

“Allora come fai a dire che sta migliorando, stupido?!” sibilò Lucius, dando uno schiaffo all'elfo, facendolo rotolare a terra.

“I-io...lui...lui parla...dice certe cose...”

“Cosa?”

“Prima erano pa-parole in-indistinte...ma ora p-parla di Hogwarts...e di- di voi..”

Lucius dedicò un ultimo sguardo freddo all'elfo e si andò a sedere su una poltrona vicino al letto, con un libro in mano. Non era un tipo troppo sentimentale e Rodolphus era come lui. Non gli avrebbe mai permesso di sedersi a tenergli la mano e raccontargli storie sdolcinate su quanto gli era mancato. Il loro rapporto, per quanto intenso, non era mai stato scandito da grandi gesti d'affetto. Niente abbracci, niente spallate da amici, ma sempre un atteggiamento alquanto distaccato. Erano stati complici in molte cose e ciò li aveva resi simili a fratelli ma non si poteva dire che loro due fossero sdolcinati. A Lucius bastava stare lì, accanto a lui, anche se leggeva un libro. Dopotutto, era lì solo per controllare lo stato di salute di Rodolphus, solo per vegliare la guarigione del suo amico. Leggeva in silenzio, senza aprire bocca, e forse per questo, quando sentì la voce di Rodolphus, corrugò le sopracciglia.

“Mi devo allenare.. Voglio vincere la coppa il campionato di Quidditch....ci sarà una grande partita...ed io non perderò. I bolidi. Devono colpire il Cercatore dell'altra squadre....così i 150 punti saranno nostri....”

Lucius fissò l'amico in silenzio, lasciandosi trasportare dai ricordi di Hogwarts, quando sia lui sia Rodolphus erano nella squadra di Quidditch.

 

HOGWARTS-CAMPO DA QUIDDITCH

 

Il vento contrario ostacolava il suo volo, facendo sbandare la scopa. La pluffa non era molto lontana da lui, in quel momento era nelle mani di Bellatrix. Un bolide si avvicinò pericolosamente alla sua scopa ma Rodolphus lo fermò appena in tempo. Fece l'occhiolino a Lucius e riprese a giocare. La partita ormai era gestita dai Serpeverde che, senza alcuno sforzo, stavano vincendo sui Tassorosso. Un sorrisetto soddisfatto comparve sul volto del signor Malfoy, mentre continuava a volare, cercando di individuare quel diamine di boccino. Il vento rendeva difficile individuare la pallina bianca che sicuramente veniva sbatacchiata anch'essa dal vento.

Era la finale del campionato di Quidditch e tutta la scuola era scontenta. Tutta la scuola tranne la casa dei Serpeverde, ovviamente. Ormai la loro squadra aveva distrutto le altre e non era neanche il primo anno che capitava, era già il secondo. Di sicuro avrebbero vinto anche quella coppa e chissà...forse anche la coppa delle casa sarebbe stata loro. Dopotutto l'ambizione dei serpreverde non si fermava davanti a nulla e a nessuno. Di sicuro avrebbero vinto. Loro erano i migliori, senza alcun dubbio.

Il discorso che Rodolphus aveva fatto in quell'occasione nello spogliatoio, parlava di vincere la coppa di Quidditch, di dimostrare che loro non credevano di essere i migliori ma che loro lo erano. Erano erano i migliori. Mai discorso era stato fatto con più ardore e più orgoglio e Lucius era sicuro che il ricordo avrebbe seguito per sempre tutti i componenti della squadra.

Il boccino, eccolo! Lo vedeva, era solo un riflesso dorato ma per lui era abbastanza. Dopo pochi minuti Lucius aveva appena decretato la fine della partita afferrando la palla più piccola del gioco.

Durante la festa dopo la loro ennesima vittoria, gli occhi di Lucius erano rimasti attaccati per tutto il tempo al corpo di una sola donna: alta, magra, pallida e con lunghi capelli neri che le cadevano lungo la schiena. La donna perfetta, con un'indole forte e un qualcosa che la rendeva indomabile. Perfetta. Una donna capace di tenere testa a lui valeva la pena di essere amata.

Era lei la donna che Lucius avrebbe voluto sposare. Strinse gli occhi, facendo un passo verso Bellatrix, e una mano si fermò sulla sua spalla. Lucius si girò di scatto e fissò i suoi occhi in quelli di Rodolphus Lestrange.

Smettila, Lucius.”

Di fare cosa?”
“Di fissarla. È una pazza, Lucius. Non può essere tua moglie. La vedi? Non segue la ragione, solo l'istinto. Tu sei molto più calcolatore.”

E allora?”
“Allora, Lucius, ti condurrebbe sull'orlo della follia.”

Lo sguardo di Rodolphus era serio e fissava solo gli occhi di Lucius. All'epoca non erano ancora stati promessi a nessuno e non potevano sapere che da lì a poco tempo, sarebbe stato Rodolphus il marito della donna per cui batteva il cuore del biondo ragazzo.

Rodolphus si allontanò di qualche passo, tornando a mischiarsi fra la folla festosa, lasciando a Lucius i suoi dubbi. Seguì con lo sguardo le movenze della donna per qualche altro attimo poi tornò a bere la sua burrobirra, in silenzio. Forse Rodolphus aveva ragione.

 

VILLA MALFOY-STANZA DI RODOLPHUS.

Nessuno aveva mai saputo di quelle poche parole scambiate nello spogliatoio. Nella storia di Hogwarts quella era passata semplicemente come la partita migliore dell'anno. La rabbia di Lucius gli aveva permesso di giocare mille volte meglio del solito ma neanche questo gli aveva permesso di ricevere un sorriso della donna.

“Te la ricordi, vero Rodolphus?” abbozzò un sorriso all'uomo. “Però Bellatrix ha condotto te alla pazzia, non me.”

L'uomo per qualche attimo fissò Lucius negli occhi con uno sguardo quasi lucido e la sua bocca di aprì per mormorare qualcosa ma i suoni risultarono indistinti all'orecchio del signor Malfoy. Gli occhi di Rodolphus si chiusero di nuovo e tornò nel limbo della febbre.

Lucius rimase qualche altro attimo nella stanza poi si alzò e se ne andò, lasciando l'elfo a vegliare sul suo amico.

 

RESIDENZA DI LORD VOLDEMORT.

Lord Voldemort rimase immobile per qualche istante, fissando la figura addormentata nel letto di una delle tante camere della sua abitazione. Aveva visto gli altri prigionieri che erano scappati da Azkaban e nessuno di loro era in grado di combattere o almeno non ancora. Ma vederli gli aveva fatto capire quando la sua mangiamorte preferita fosse superiore a tutti loro. Non farfugliava cose incomprensibili durante la notte, non piangeva per un qualcosa di irrilevante. Fissò la figura distesa nel letto per qualche altro attimo poi andò nella sua stanza. Si sedette in poltrona, davanti a un camino dove scoppiettava un allegro fuoco. Dei sibili annunciarono il suo arrivo.

“Bentornata, mia cara. Notizie del mondo dei maghi?”

Vi temono, tutti vi temono. Sono spaventati anche solo dal suono del vostro nome.”

“Bene. È ciò che volevo. C'è altro?”

“Si. Nessuno ha diffuso la notizia dei vostri nuovi alleati.”

Un sorrisetto soddisfatto decorò le labbra dell'Oscuro Signore. “Bene. È così che deve andare. Cornelius mi sta spianando la strada per la vittoria.”

 

Nell'altra stanza, Bellatrix dormiva profondamente. Era stata liberata da Azkaban da pochi giorni, troppo pochi per tornare ad essere la bellissima ragazza che era stata molto tempo prima, prima di essere rinchiusa in quella dannata prigione, ma aveva già fatto dei notevoli passi avanti. La sua pelle era tornata ad essere incontaminata: non c'era più alcuna traccia della sporcizia di Azkaban. I capelli purtroppo erano ancora aggrovigliati. Probabilmente, Bellatrix non sarebbe mai riuscita a farli tornare come prima anche se era riuscita a domarli leggermente con decisi colpi di spazzola. Un paio di forbici erano riusciti a ridargli una parvenza di “forma”. Nonostante ciò, il suo volto era ancora solcato da profonde occhiaie. Passava molto tempo a dormire, recuperando velocemente le forze che le erano state sottratte in quegli anni. Gli squallidi vestiti che indossava quando si era presentata al cospetto dell'Oscuro Signore dopo quattordici anni, erano stati bruciati immediatamente. Al loro posto ora indossava una vestaglia di seta nera che metteva di più in risalto la pelle pallida. Era bella, certo, abbracciata al cuscino come una bambina, ma la sua figura emanava anche un qualcosa di profondamente sbagliato, qualcosa che non sarebbe mai stato cancellato. Ma, sotto le palpebre chiuse, nei suoi occhi, c'era una luce decisa. Lei sarebbe tornata ad essere la migliore. Bellatrix Lestrange avrebbe iniziato ad esercitarsi già dal giorno dopo. Doveva tornare ad essere come prima. Doveva. Era per questo che Lord Voldemort la voleva con lui.

  
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