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Autore: Patta97    20/02/2014    2 recensioni
Perché il giorno in cui non ci si dovrebbe sentire soli è proprio quando ci si rende conto di esserlo di più.
Una raccolta di one-shot dedicata a quasi tutti i personaggi senza il loro Valentino.
Note: angst, contenuti forti (primo capitolo), triste, fluff, amori unilaterali, SPOILER terza serie
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Ebbene sì, sono tornata dopo meno di 24 ore. 
Forse questo capitolo e quello di Sherlock sono stati i veri motivi per cui ho scritto questa raccolta, quindi spero di essere riuscita a rendere ciò che volevo. Avvertimenti? Altro amore per Mary - sì, è infinito, e comunque è inevitabile dato che il punto di vista è suo - e per la mini Morstan-Watson, con frasi ispirate liberamente alla canzone "Avrai" di Claudio Baglioni.
Vi lascio e grazie grazie grazie per i meravigliosi commenti,
Chiara


PS Il capitolo sembra - e un po' lo è - più corto dei precedenti, ma in realtà è solamente piccolo e compatto v.v


 


All that I can give you - Mary




Mary Morstan-Watson osservò il cielo da una delle finestre del soggiorno.
Il sole pomeridiano era solo un disco pallido coperto da nuvole grigie.
Una di quelle giornate in cui potevi sostenere lo sguardo della stella senza farti male.
La luce di un simile splendido gigante ridotta a quella di una mera lampadina… Rendeva tristi.
Decisamente non era una delle migliori giornate che Londra aveva da offrire - o comunque era una delle peggiori nel suo già brutto repertorio.
 
Mary si sistemò meglio sulla poltrona, sprimacciando il cuscino che aveva dietro la schiena.
Si poggiò una mano sul ventre rotondo e un piccolo ma deciso calcetto le diede risposta.
Siamo sveglie, eh, principessa? pensò con un sorriso tranquillo, accarezzandosi in modo rassicurante la pancia.
La bimba sembrava essersi acquietata di nuovo, così Mary poggiò la testa sullo schienale della poltrona e chiuse gli occhi, non mettendo fine alle pigre carezze rivolte al proprio grembo.
Ieri John aveva suggerito un nome: Amanda.
Mary aveva sussultato appena all’udirlo, dicendo che quel nome non le era mai piaciuto, fin da bambina.
Da un lato era la verità: aveva imparato ad odiare e poi semplicemente dimenticare il proprio nome di battesimo, come si fa con una vecchia cicatrice o con qualcosa di fastidioso.
Se voleva che sua figlia - la figlia di John - per un qualche scherzo del destino, si chiamasse come lei? No, era fuori discussione.
La sua infanzia in orfanotrofio era stata monotona, con ben pochi amici. La carriera scolastica brillante, la lingua svelta, la bugia pronta. Non c’era voluto molto prima che quelli della CIA la notassero. Aveva diciassette anni.
L’addestramento durante gli studi per medicina, e poi i viaggi, le missioni, gli omicidi, il rimorso… Aveva dovuto sparire dalla faccia della Terra e lo aveva fatto, così bene. Nuovo nome, vita nuova, qualche lavoretto “alla vecchia maniera” aveva continuato a farlo - se ben pagato, certo - ma solo furti o consulenze. Niente assassinii. Mai più, aveva giurato a se stessa.
L’incontro con John, il romantico ma pratico John. Una storia d’amore a lavoro? Cosa c’era di più semplice, banale - perfettamente banale?
E poi Sherlock. E Magnussen…
Adorava quel bambino troppo cresciuto ed eccessivamente intelligente che era Sherlock Holmes. Ma se si fosse dovuta trovare nella stessa situazione, lo avrebbe rifatto. Gli sparerebbe contro ancora ed ancora ed ancora se solo questo le garantisse di tenere John accanto a se, a vivere la loro vita insieme. Se l’era meritata, dopotutto, no?
La risposta fu immediata e tristemente ovvia: no. No che non se la meritava.
Aveva avuto ben poco e si aspettava altrettanto poco.
L’Universo non era stato buono con lei ma lo sarebbe stato per sua figlia.
Lo doveva essere per forza, perché era perfetta.
Adorabile con il suo naso all’insù e il pollice messo in bocca, con i suoi occhioni chiusi innocentemente.
Avrebbe fatto di tutto, lottato come una lupa e ruggito come un leonessa per fare in modo che la sua cucciola avesse tutto ciò che si sarebbe meritata.
 
- Capito, piccola? – chiese, sperando che ognuna delle parole che stava per dire raggiungesse come un eco il piccolo cuore di chi le stava crescendo dentro. – Avrai tanti sorrisi e tante lacrime. Tante foto e libri e giochi e ginocchia sbucciate. Avrai dei litigi e degli abbracci e dei baci. Avrai amici che ti deluderanno, inganneranno, tradiranno… ed amici che torneranno sempre a consolarti. Avrai il raffreddore e sciarpe e cioccolate calde. Avrai qualcuno che ti farà bruciare il cuore e qualcuno che te lo farà sciogliere. Avrai animali da accarezzare e biscotti e pane appena sfornati da mordere. E quando sarà il tuo tempo per andare lontano… Ricorda che a casa avrai sempre un ex-serial killer per mamma, un ex soldato per padre ed un sociopatico a tempo pieno per padrino. E siamo e saremo tutti qui, per te, a proteggere tutta te, tutta la tua preziosa persona. Avrai tutto, cucciolo, e nonostante questo crederò comunque di non averti amato abbastanza.

La sua pancia rimase ferma e silenziosa, ma a Mary bastò questo.
Bastò il pensiero che presto John sarebbe stato a casa per darle un bacio e donarle un sorriso, bastò l’odore del pane che cuoceva nel forno, bastò il rumore del traffico fuori, bastarono le nuvole diradate per rivelare un cielo aranciato dal Sole morente.
Il telefono vibrò accanto a lei e ci fu un tumulto festoso dentro la sua pancia.
Divertita dall’improvviso balletto eseguito dai piedi e dalle mani di sua figlia, afferrò il cellulare e lesse il messaggio sullo schermo illuminato.
 
Ha scalciato, oggi? SH
 
Con uno sbuffo eloquente rivolto al proprio grembo, Mary sorrise e rispose.
  
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