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Autore: Fflang    20/02/2014    1 recensioni
Quando una persona scompare inizia una disperata corsa contro il tempo, contro qualcuno di cui nessuno conosce il volto o il nome, contro qualcuno che forse non troverai mai.
Il tempo passa, le speranze di ritrovare la persona amata diventano sempre meno e si inizia a pensare al peggio.
Le persone che scompaiono si vedono portare via dalla propria vita senza poter fare niente, senza poter dire ''no, riportami a casa, voglio andare a casa''. E magari lo urlano, scalciano e si oppongono alle mani che le trascinano via. Ma sono forti e alla fine vincono. Vincono sempre. Hanno sempre vinto.
Le persone che rimangono a casa pregano, piangono e fanno di tutto per trovarli. Pensano a tutto fuorché al fatto di non rivederli più. La famiglia, gli amici, i vicini di casa… tutti uniti per qualcosa probabilmente inutile.
Se sparisci non puoi, non devi sperare di essere ritrovato, perché se vieni trovato non sei sicuro in quali condizioni succederà. Certe volte è meglio che non si sappia più niente, che il tempo passi senza nessuna traccia, che nessun corpo venga trovato. Puoi sempre illuderti che chi si è perso sta bene, che è felice dove si trova.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo4 TEMPO.

Cinque anni dopo

Ho aspettato. Sono passati cinque anni da quando sono tornata in questo posto; sono stata addestrata, sono cambiata in ogni cosa senza neanche accorgermene o volerlo ma è così. Ho detto che avrei aspettato che mi sarei fidata aspettando un cambiamento che non è mai arrivato e ora sono stanca. Stanca di obbedire a ordini che non fanno altro che farmi del male, stanca di fare il bravo soldato. Io non sarò mai quello che lui vuole che io sia e non m’importa di quello che pensano. 

Non voglio più passare le notti a guardare un soffitto di cemento senza mai vedere fuori. Voglio vedere le stelle, voglio respirare l’aria del mare e vedere la neve d’inverno.

Voglio amare come le ragazze della mia età anche se non sono come loro e so che non potrò mai farlo. 

 

Sto osservando il soffitto della mia stanza, ma so che sta notte cambierà tutto, riuscirò a cambiare il mio futuro perché se c’è una cosa che ho imparato stando qui è che si può cambiare…Sempre. Sono qui da otto ore ormai, cercando di calcolare quanto tempo ci voglia per il cambio della prossima guardia. 

10…9…8…7…6…5…4…3…2…1….0… mi alzo velocemente dalla branda ed estraggo la chiave della mia cella rubata oggi durante la pausa pranzo. Esattamente cinque minuti dopo sono fuori dalla zona dei dormitori e mi guardo intorno alla ricerca di guardie armate ma non individuo nessuno. Bene. Corro verso la porta che da sul corridoio principale il più velocemente possibile ma non appena apro la porta mi ritrovo due uomini di fronte che non appena si accorgono della mia presenza sfoderano le pistole senza aspettare un attimo. Li guardo sorridente e in pochi attimi li disarmo e gli sparo un colpo in fronte ad entrambi. Senza pensarci, senza pietà. Raccolgo le pistole da terra e scappo verso l’uscita. Verso la libertà. Da sola. Ci sono altri ragazzi qui, li sento e li vedo passare certe volte; ma non riesco a pensare a qualcosa o qualcuno che non sono io. Sono diventata egoista e auto-conservatrice, ogni cosa che faccio la faccio solo ed esclusivamente per me. In tutti questi anni ho preparato questa notte senza pensare a quanti avessero perso la vita a causa mia, non mi interessa. Se lo meritano, ogni cosa orribile che hanno fatto a me o ad altre persone la pagheranno con gli interessi. Vendicherò me e mia madre. Mi riprenderò la mia vita e quello che mi spetta con la forza.

So che molto probabilmente la ragazza che ero sei anni fa non avrebbe pensato queste cose, che non avrebbe ucciso due uomini il doppio di lei a sangue freddo, ma la verità è quella ragazza non ero io. Ogni cosa che Lui ha fatto per me, che Loro hanno preparato per la mia nascita, gli addestramenti speciali, l’Italia… ogni cosa è stata fatta per farmi essere come sono adesso, ma deve essere andato storto qualcosa perché a quanto sembra io non sono come loro avevano progettato, io non ubbidisco a quello che vogliono.

Un allarme inizia a suonare non appena spalanco la penultima porta che mi separa dall’esterno. Solo una. Sorrido vittoriosa e corro ancora più veloce stringendo la pistola nella mano destra. L’allarme non smette di suonare e so per certo che ho pochi minuti prima che l’intero corpo di guardia mi circondi. 

 

Corro per i corridoi ma non incontro nessuno e poi, finalmente,  arrivo nell’atrio completamente bianco della base. Nessuno. Aggrotto la fronte sospettosa cercando di capire cosa sta succedendo. Chiudo gli occhi e provo a concentrarmi per sentire qualcosa ma nulla.

 

-Kali..- dice una voce alla mie spalle, Michael è alle mie spalle e mi guarda dispiaciuto. Ricambio il suo sguardo, mi sento in colpa. E’ vestito come sempre da quando lo conosco, con il suo completo elegante e rigorosamente scuoro.

-Mike.- dico iniziando ad indietreggiare verso l’uscita. E’ da solo perché vuole provare a farmi ragionare, a convincermi a tornare buona buona in camera mia, so perfettamente che tiene a me ma la sua fedeltà per Alexander è tale che se io scappassi da qui lui mi verrebbe a cercare in capo al mondo per farmi fuori, sono questi gli ordini.

-Torna in camera tua bambina, ti prometto che dimenticherò questa tua bravata e non ne farò parola con Lui, ti prego torna in camera tua.- mi dice scendendo uno scalino lentamente, come se fossi un cerbiatto indifeso e lui il cacciatore che ha paura di farmi scappare, ma io non sono un cerbiatto e lui non ha paura. Faccio l’ennesimo passo in dietro e mi ritrovo con la schiena contro la porta. Lo guardo a testa bassa. 

-Mi dispiace gli dico, non ci riesco.- stringo la pistola e mi volto dandogli le spalle.

-Kali, se apri quella porta dovrò spararti. Ti chiedo per l’ultima volta di tornare indietro, dammi tempo lo convincerò ma pensa bene a ciò che scegli.- la sua voce diventa sempre più fredda e… delusa. Lo so che lui credeva che avrei resistito di più e altre cazzate ma sono stufa di tutto questo, sono stufa perfino di me stessa.

La mia mano si allontana dal mio corpo fino a posarsi sulla maniglia del portone. Nel istante in cui la mia mano si abbassa per spingere la porta il dito di Michael Volkov preme il grilletto della sua pistola e il proiettile va a conficcarsi direttamente nel mio fianco. Urlo dal dolore e sento il sangue iniziare a fuoriuscire dalla ferita e inzuppare la mia maglietta ma un pensiero si fa strada nella mia testa, non vuole uccidermi. Pessima scelta. Apro la porta con uno strattone talmente forte da farla rimbalzare sul muro e in pochi secondi i miei piedi nudi entrano in contatto con la lunga scalinata esterna; purtroppo non posso ancora cantar vittoria perché davanti ai miei occhi c’è l’intero corpo di guardia che mi punta ogni arma possibile addosso. Il mio viso non è di dolore bensì freddo come questo posto, è il viso di un’assassina. Mi fermo un momento per guardare ognuno di loro e mi accorgo che non li conosco ma l’unica cosa che vedo nei loro occhi è sorpresa. Sono sorpresi di vedere una ragazza, lo so. Nessuno sa di me in questo schifoso manicomio, nessuno se non i più stretti collaboratori di Alexander. Approfitto della loro sorpresa e faccio un passo avanti e uno di loro impaurito preme il grilletto senza aver ricevuto ordine dall’uomo che ormai è a meno di cinquanta metri da me. Sento Michael irrigidirsi e urlare il mio nome e in pochi secondi il proiettile e conficcato nel muro alle mie spalle. Sorrido e continuo a camminare verso quel centinaio di uomini che ormai non sanno cosa fare. Avanti Michael, parla. Di loro di sparare alla tua cara sorellina. Ridacchio e volto il viso verso di lui.

-Paura?- ghigno e so che lo farò scattare, infatti ringhia arrabbiato. 

-Sparatele.- ordina e i suoi soldatini non se lo fanno ripetere due volte. Chiudo gli occhi e sento gli scoppi dei fucili scattare uno ad uno fino al completo silenzio esattamente due minuti dopo. Silenzio. Sento solo due respiri, il mio e quello di Michael. 

-L’hai voluto tu, loro sono morti per causa tua.- gli dico iniziando a camminare nella notte e sotto la neve che ha ricominciato a cadere.

-Sbagli. Tu sei l’assassina.- mi urla contro. M’irrigidisco e mi volto di scatto verso di lui.

-Io?! Mi avete creata voi! Mi avete addestrata, mi avete torturata, mi avete portato via ogni cosa. Voi mi avete fatto diventare così…- singhiozzo reggendomi il fianco che inizia a farmi male, vedo sfuocato, barcollo e lui lo nota. 

-Ti avevo chiesto di aspettare, ti avrei portata via.- mi risponde avvicinandosi di parecchi metri ma io retrocedo tenendolo d’occhio. Respiro profondamente.

-Quanto mi avresti fatto aspettare?Uhm? Non voglio morire lì dentro. Non ci sto!- urlo guardandolo dritto negli occhi.

-Se scappi ora, scapperai per sempre. Non potrai mai farti una vita, o amare qualcuno. Saranno sempre in pericolo stando con te.- mi dice, freddo.

-Non se vi distruggo.- 

-Morirai provandoci.- 

-Sempre meglio che morire senza averlo fatto.- gli dico poi senza dargli altro tempo impugno la pistole premo il grilletto mirando alla sua gamba e alla spalla senza ferirlo gravemente. Urla e si accascia a terra in una pozza di sangue. 

Gli concedo un ultimo sguardo conscia che la prossima volta che lo rivedrò lui sarà li per uccidermi e non mi sparerà al fianco ma al cuore. 

   
 
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