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Autore: okioki    22/02/2014    1 recensioni
Ora che ci penso, Ai assomiglia molto a Izanami-sama (anche se non vuole sentirne parlare) … entrambe, amando, hanno scelto di distruggere l’oggetto del loro amore. Ma Ai ha un senso più freddo della vendetta, più ambiguo, più spietato […]
Cinque divinità shintoiste della mitologia nipponica catapultate nel mondo odierno, in città incognite del Giappone. C’è Ume che si ubriaca e ride lavorando come ballerina, Ai che si strugge deprimendosi con tutta la classe delle viziate, Saske che progetta vendette e ritorsioni sul mondo umano… Tutto per un errore, tutto per un tempo in cui ci si sarebbe dovuti amare profondamente e invece si è giunti all’odio.
Questa storia partecipa al contest “Swear to Gods – Dei sotto copertura” indetto sul forum di EFP da Kam GD.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Susanowo


Solo qualche eone che non la vedo, solo qualche eone.
Non importa, perché mentre vagabondavo notti fredde in qualche metropolitana, o mentre il vento freddo colpiva il mio viso senza barba, o mentre mi guardavo le mie splendide mani senza unghie, vedevo lei. Quando mio figlio mi ha rubato la spada, quando Izanami mi ha accolto nel suo regno, vedevo lei.
Su Izanami mi sbagliavo, lei non assomiglia per nulla ad Amaterasu, è migliore di mia sorella. Quando Suzako è tornato, quando Suzako ha detto «Vuole parlare, vuole fare una cosa alla maniera degli umani, vuole chiarire» non ci potevo credere. Amaterasu che ama la vendetta più di ogni altra cosa ha deciso di parlare, parlare con me.
Izanami non è parsa contenta, ma nemmeno dispiaciuta se è per questo. Quando ho accettato d’incontrami con Amaterasu, ha continuato a mostrare quell’atteggiamento da madre dandomi consigli e incoraggiandomi, mi ha aiutato a farmi bello. Mi ha dato le unghie. Mi ha detto: «Parla chiaro e andrà tutto bene.» E allora ho capito che le manca terribilmente suo figlio Kagutsuchi, il figlio per cui è morta.


 
***


Io sono un vagabondo.
Suzako è stato chiaro, sul dove e il quando incontrarci a T., nel pieno centro del quartiere S. dove c’è la statua di quel cane e anche un sacco di gente. Il sole splende e questo è un buon segno, vuole dire che Amaterasu è uscita di casa/non ha illuso i miei sentimenti/ verrà.
Ma il primo ad arrivare è Suzako, trafelato. Sembra essersela fatta a corsa per arrivare qui. Non ho nemmeno il tempo di salutarlo che dice: «Sta arrivando. Dietro di te, girati.» E allora capisco che ha corso così tanto solo per avvertirmi, prepararmi.
Mi giro, e nonostante ci sia una folla incredibile attorno a lei, la vedo.
I lunghi e splendenti capelli neri, gli occhi dal taglio particolare, la carnagione…non so perché, ma la carnagione è leggermente grigiastra. Comunque vedo che splende, radiosa.
Ma c’è qualcosa che stona nel suo essere così splendente, un’ombra.
È diversa da come me la ricordavo… molto diversa da quando giocavano…
Poi ricordo: è molto probabile che sia diventata così per colpa mia.


 
***


Amaterasu si è portato dietro una delle sue nipoti, quella che aveva la fama di ubriacona alla corte, prima che venissi esiliato. Uzume, mi pare che si chiami. Comunque lei è un’altra cosa che stona. È ubriaca, non so come, perché io non ricordo che sulla terra ci sia qualcosa di abbastanza divino da far ubriacare un dio. Anche Amaterasu sembra irritata dalla sua presenza, e infatti le tiene fermamente saldo un braccio, per evitare che se ne vada in giro a ballare.
Ah, ricordo. È quella che ha tirato fuori Amaterasu quando si è andata a rinchiudere nella caverna.
«Io prendo Uzume e ci andiamo a sedere all’ombra degli alberi, sulle panchine» dice Suzako, indicandoci delle panchine a pochi passi, come se avesse paura di allontanarsi troppo da noi. Poi mentre Amaterasu le passa la presa della nipote, lui le sorride: «Il sole splende troppo forte» dice, e si allontana.
Sbaglio o ha appena fatto un complimento a mia sorella? Già sto per fermarlo per dirgli che lui era quello che giurava di essere sempre dalla mia parte, quando mi ricordo che tutti, perfino Uzume, sono infatuati della bellezza di Amaterasu.
«Ci rivediamo dopo tanto tempo Susanowo…» dice Amaterasu.
È la prima volta da, che so? Un eone? Non so, ma è la prima volta da tantissimo tempo fa che mi parla. E la sua voce è così dolce… e velenosa allo stesso tempo.
«Sei così diverso Susanowo… » continua, «l’esilio ti ha cambiato.» Ed ecco che arriva la frecciata. Sto per perdere il controllo, il controllo… Ma mi dico: lascia passare, è arrabbiata, hai provocato uno tsunami che ha spazzato via milioni di persone.
«Anche tu sei cambiata Amaterasu». In peggio, ti ricordavo più bella, senza quell’ombra che rovina il tuo splendore.
Amaterasu abbassa gli occhi e dice: «Ai, adesso mi chiamo Ai.» Poi mi guarda dritto negli occhi per un tempo che sembra infinito, sembra voglia dirmi qualcosa, ma non capisco cosa. Forse vuole soltanto mettermi a disagio.
«Ai, allora, sei cambiata» ribatto.
I suoi occhi si riducono a due fessure, e sibila: «Perché siamo qui, Susanowo?»
Perché siamo qui? È lei che me lo dovrebbe dire, è per lei che io sono qui. L’irritazione comincia a farsi strada in me, nonostante stia facendo di tutto per non arrabbiarmi.
«Per chiarire» scandisco a chiare lettere. «Per risolvere.»
Amaterasu si lascia andare in una risata, e no, non è di quelle in cui mostra il suo massimo splendore. «Ne hai ammazzati tanti, troppi. Troppi perché tu creda di risolvere la situazione chiedendo scusa, Susanowo» ribatte.
Per la maggior parte degli dei il tuo discorso non avrebbe senso… (E io non ti chiederò mai scusa) Perché non puoi passare oltre? Non importa sono umani, vorrei dirle. Ma poi mi viene da pensare che l’abbia detto solo per far polemica. Ma poi… poi ha un tratto mi sovviene il volto di lei, l’unica umano che ho amato, e di come Amaterasu abbia scagliato distruzione e odio su di lei. La più purissima tra le vergini.
«Tu parli…» sibilo, «tu che hai ucciso la mia amata moglie e gran parte della mia progenie.» Moglie: non riesco a pronunciare nemmeno il suo nome per quanto l’ho amata.
Uzume si lascia scappare un «No!» dalla panca, e si copre la bocca quando Amaterasu si gira lanciarle uno sguardo assassino. E l’attimo dopo so che non avrei mai dovuto tirare fuori il discorso di lei con Amaterasu, che non avrei mai dovuto ricordare ad Amaterasu che sono stato capace di amare un'altra. Che quello è ancora più terribile del confessare/ammettere che saranno ormai anni che non amo altri che mia sorella, che fin dal principio l’ho amata.
E l’atmosfera umana raggiunge il massimo della tensione quando mi sento arrivare lo schiaffo di Amaterasu in piena faccia, sulla guancia.
In confronto a quando ci lanciavamo contro calamità naturali non è poi molto, mi dico.
Mi massaggio la guancia in silenzio, mentre Amaterasu si ritrae da me come se fossi il più infimo dei kami.
«Sei ancora audace, come un tempo…» I suoi occhi luccicano, sono umidi per l’offesa che le ho arrecato. Come tanto tempo fa, come quando è iniziato questo circolo vizioso. «Nostro padre lo verrà a sapere, se già non l’ha percepito… e quando capirà che hai stretto alleanza con quella donna, l’esilio sulla terra per te sarà il male peggiore…»
Sogghigno, mentre sento lo sguardo deluso di Suzako addosso. Lui non voleva che finisse così, lui voleva che facessimo pace, che ci dichiarassimo amore eterno e tutti felici e contenti come piace tanto agli umani. Ma nonostante viviamo nel mondo degli umani, noi siamo divinità. C’è di mezzo il potere. Noi siamo divinità superiori, e le divinità superiori non dimenticano. E io mi sono appena ricordato una cosa, mi sono appena ricordato che Amaterasu, che non riesce da sola a capire l’amore che nutro per lei, non merita altro che il mio odio.
«Non succederà. Izanami mi ha ridato potere, sorella» dico, con tutto l’odio che riesco a manifestare. «E per quanto lento striscia l’eternità, arriverà, arriverà il tempo in cui pagherai per tutto quello che mi hai fatto.»
«E tu…» dice lei, lentamente. « Dopo ciò che hai fatto, dopo tutto ciò che abbiamo passato, dovresti sapere che quando si tratta di vendetta, io non sono seconda a nessuno, nemmeno a mia madre.»




 
FINE

Note

 
*«Devi proprio guardarlo con odio? Solo perché non ti ama dal profondo?» (cap.2)
 
E se ancora non ci amiamo profondamente – c’è proprio bisogno di guardarci con rancore, se non ci si ama dal profondo? ( La seconda canzone di danza - Così parlò Zarathustra, Nietzsche )
 
*Kanro dello hyakki yakou (cap.3)
 
È un nettare divino. “Il più squisito sakè che esista!”: cito Yuko, di xxxHolic delle CLAMP. XD
 
 
*E per quanto lenta striscia l’eternità, arriverà, arriverà il tempo in cui pagherai per tutto quello che mi hai fatto. (cap. 8)
 
Per quanto lentamente strisci il tempo, l’ora verrà, per me di farti del bene. (Re Giovanni, Shakespeare)

 

 











 
  
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