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Autore: Letz    22/02/2014    4 recensioni
Grantaire non è esattamente quello che si definirebbe un ragazzo facile. I suoi zii, decisamente esasperati dai suoi comportamenti da ribelle, decidono di mandarlo a studiare al prestigioso collegio Valjean nella speranza che un po' di disciplina riesca a raddrizzarlo. Ce la farà Grantaire a sopravvivere all'anno scolastico? Ma soprattutto, riuscirà a sopravvivere ai suoi assurdi compagni di scuola che lo obbligheranno a unirsi al club di teatro e a recitare in "Romeo e Giulietta"?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe dovuto sentire puzza di bruciato dal modo in cui ‘Ferre era stato così sul vago. Un fottuto club di teatro. L’idea non gli piaceva per nulla e sarebbe volentieri scappato a gambe levate dalla dannata aula 14 se ‘Ferre non ce lo avesse trascinato a forza. Lo avrebbero avuto contro la sua volontà, si sarebbe comportato come un cadavere. E mai e poi mai avrebbe recitato con quel gruppo di svitati che lo fissavano sorridendo come se fosse un qualche tipo di creatura aliena. Gli ci volle tutto il suo autocontrollo per ascoltare con pazienza le presentazioni dei suoi nuovi compagni e cercare di ricordarsi i nomi.
Oltre a ‘Ferre, che conosceva già ma che avrebbe decisamente dovuto preoccuparsi di non venire fisicamente eliminato dalla sua lista amici dopo quello scherzetto, c’era un tizio con i capelli rasati a zero che si presentò come Bossuet. A quanto aveva capito la sfiga che perseguitava il tipo era leggendaria, visto che un piccione aveva pensato bene di fare i suoi bisognini sulla sua giacca, era scivolato in una pozzanghera bagnando i compiti di tre mesi e aveva perso il portafoglio, ritrovandosi senza nemmeno i soldi per un caffè. E tutto questo era accaduto solo quella mattina. Grantaire rabbrividì all’idea di cosa potesse succedere in quello che rimaneva dell’anno scolastico. Magari un incendio. O una bella inondazione. L’amico di Bossuet era ancora peggio di lui. Si era presentato come Joly, futuro medico. Peccato che in soli due minuti di conversazione avesse asserito di essere quasi in punto di morte a causa di una malattia tropicale – di cui per altro erano stati registrati solo cinque casi, e tutti negli slum di Porto Alegre – e invitato Grantaire a farsi qualche controllo perché “con tutti quei tatuaggi ti sarai senza dubbio beccato il tetano e forse pure l’AIDS”.
Poi c’era quello con i capelli neri tutti sparati, che di certo non vedevano una spazzola da un bel po’. Sembrava simpatico, probabilmente il più normale e faceva battute che facevano ridere. Un vero miracolo. Il gay radar di Grantaire però suonava insistentemente e gridava ai quattro venti “tizio che dopo vent’anni di matrimonio e un paio di marmocchi divorzierà per essersi fatto beccare in macchina a scopare con un ventenne”. Insomma, il classico gay represso da manuale che adora gridare ai quattro venti quanto gli piacciano le donne. Ma nonostante tutto il tipo – aveva detto di chiamarsi Courfeyrac ma, “ehi chiamami pure Courf” – gli piaceva. Non era compito suo giudicare la vita di nessuno. E poi forse gli serviva solo un po’ di tempo per elaborare la sua gayezza. Eppure gli sarebbe bastato fare un discorsetto con Jean – o Jehan, non aveva capito molto bene – che da come fissava capelli-a-spazzola con sguardo adorante aveva un’idea di gran lunga più chiara sulle sue preferenze sessuali di Courfeyrac. Insomma quei capelli rossi legati in una treccia e quella felpa a fiori gridavano Gayland da tutte le parti. E lui che credeva che in quella scuola ci fossero solo fighetti con la simpatia di un tavolino come mister Lentiggini Pontmercy. Probabilmente, e contro ogni previsione, si sarebbe trovato bene con quel gruppo di spostati.
“Dicci qualcosa di te Grantaire”, cinguettò Jean, “’Ferre ci ha parlato così tanto di te, non vedevamo l’ora di conoscerti”.
“Ecco, io…” cercò di tergiversare Grantaire, sperando che Combeferre non avesse raccontato proprio tutto tutto. Lo salvò la porta che si spalancò di botto.
“Scusate il ritardo ma avevo bisogno di discutere alcuni punti del mio saggio con il professor Javert”, disse una voce fredda come il ghiaccio.
“Tranquillo Enjolras, sei arrivato giusto in tempo per sentire la presentazione del nuovo arrivato Grantaire”, trillò Jean la cui voce pareva conoscere solo due volumi, alto e altissimo. Grantaire alzò lo sguardo per guardare il nuovo venuto e si rese conto in un lampo che la sua vita nella scuola aveva appena preso una piega schifosa.
Il nuovo arrivato era Apollo.
 
~
 
“Enjolras, molto piacere” disse Apollo stringendogli la mano. Grantaire si augurò che non notasse quanto fossero sudate le sue mani in quel momento e quel rossore che gli montava su per il collo.
“P-piacere, Grantaire”, balbettò cercando di non sembrare così ridicolo come invece si sentiva.
“Tu sei quello che mi ha lasciato il suo numero alla lezione di disegno”, constatò Apollo alzando un sopracciglio. Doveva essere un’abitudine.
“Si, si sono io. Ma credevo…cioè, insomma…pensavo fossi uno di fuori e non uno studente”.
“Aiuto volentieri il professore quando ha bisogno di un modello per le sue lezioni dal vero”, spiegò semplicemente Enjolras.
“Bene, ora che ci siamo tutti puoi finalmente dirci qualcosa di te Grantaire”, li interruppe Bossuet.
Probabilmente successe perché si sentiva così imbarazzato e quando era imbarazzato tendeva a parlare a ruota libera, come dopo un paio di bicchieri. Non aveva davvero intenzione di dire quelle cose a dei perfetti estranei.
“Mi chiamo Grantaire ma nessuno, a parte i professori mi chiama così. Preferisco Taire o R. Sia chiaro che non voglio prendermi il merito per questo fantastico gioco di parole: lo ha inventato Eponine, la donna più intelligente che io conosca nonché mia migliore amica e fidanzata del qui presente Combeferre”. Questo commento scatenò una generale risata, che tranquillizzò Grantaire. Stava andando tutto bene.
“Ho vent’anni, quindi credo di essere il più vecchio della compagnia. A scuola non sono mai stato una cima e l’anno scorso mi sono anche fatto bocciare. Studiavo al Liceo d’Arte, quello vicino alla Barriere du Maine per intenderci”.
“E come sei capitato qui al Valjean, se non sono indiscreto?”, domandò Joly curioso.
Una parte di Grantaire voleva urlare un “non sono cazzi vostri” ma la sua regola in amicizia era sincerità. Meglio vuotare il sacco ora piuttosto che tra un mese o due. Tanto lo avrebbero scoperto comunque.
“I miei genitori sono morti in un incidente d’auto quando avevo quindici anni. Da allora vivo con i miei zii. Bravissime persone, ma con tre figli piccoli a cui badare non avevano troppe energie da dedicare all’orfanello caduto tra capo e collo”. Ok, non andava affatto bene. Tutti lo stavano guardando con dispiacere e pietà. “Non sono mai stato un ragazzo facile e loro sono sempre stati…tradizionalisti se così si può dire. Non gli andavano a genio i miei tatuaggi e la gente che frequentavo. Sembravano fermamente convinti che passare le giornate a bere e farmi le canne fosse un modo molto stupido per buttare via la mia vita. Poi c’è stata la bocciatura, cosa che li ha fatti parecchio incazzare. Ma credo che la goccia che ha fatto traboccare il vaso sia stato l’avermi beccato a scopare sul tavolo del loro soggiorno”, sogghignò.
“Spero che almeno la tipa ne valesse la pena”, ridacchiò Courfeyrac.
Grantaire lo guardò come se avesse appena detto di essere un grande fan di Hitler. “Non vorrai farmi credere che sembro uno a cui piacciono le ragazze? Così mi offendi tesoro”, rispose con un sorrisetto ironico.
Ecco, questo li aveva fatti ammutolire. “Quindi tu sei gay?” biascicò Courfeyrac rosso come un peperone.
“Ah ah. Spero non sia un problema per nessuno di voi”. Nessuno fiatò. “In questo caso…vorreste spiegarmi che diavolo fate in questo club?”.
“Beh, mi pare ovvio. Allestiamo spettacoli teatrali. Io sono il regista”, affermò tutto serio Jehan, “e, dopo lunghe e sofferte meditazioni, ho trovato l’opera perfetta. Romeo e Giulietta”.
Grantaire notò con soddisfazione che non era l’unico ad avere una faccia schifata.
“Jehaaaaaan ma che ti salta in testa? Quella roba fa venire il diabete. E poi siamo tutti uomini”, si lagnò Courfeyrac.
“Non ci provare nemmeno. Io sono il regista e io decido. Ha anche già assegnato i ruoli” disse quel piccolo psicopatico pel di carota. “Enjolras farà Giulietta. Insomma, nessuno potrebbe resistere a quella faccia. Joly, tu sei Romeo. Courf e ‘Ferre voi farete Mercuzio e Tebaldo. Bossuet, per te pensavo a Paride, più sfortunato di così non potevo trovarne. Marius invece farà Frate Lorenzo e con le parti rimaste ci arrangeremo io e Grantaire. A proposito, mi dispiace da morire ma questa scaletta è roba dell’estate e non potevo immaginare che ti saresti unito a noi. Non c’è problema vero Taire?”.
Grantaire sorrise nel sentirsi apostrofare con così tanta confidenza. “Tranquillo, non aspiro a diventare il nuovo Jean Reno. Credo che con Lèon gli attori francesi abbiano raggiunto il loro apice e il mio contributo sarebbe del tutto inutile”.
“Non dirmi che sei un fan di quel film. Io lo adoro letteralmente. Io non voglio dormire Lèon”.
 “Io voglio amore…o morte”, terminò Grantaire guardando ammirato Courfeyrac. “Finalmente incontro un fratello. Guarda qui”, disse sollevandosi la maglietta e mostrando un tatuaggio sulle costole che recitava proprio Io voglio amore o morte.
Grantaire fu piacevolmente stupido nel vedere Apollo che tratteneva il fiato di fronte ai suoi tatuaggi e arrossiva in modo esagerato, come non avesse mai visto un uomo mezzo nudo. Che animuccia candida.
“Se per voi va bene mi occuperei della scenografia e del montaggio” riprese cercando di ignorare la vocina nella sua testa che gridava all’indirizzo di Enjolras “se ti piace tanto vieni pure qui a toccare”. “Con il disegno me la cavo piuttosto bene” ridacchiò allungando a Jehan un tovagliolo spiegazzato che aveva pasticciato per tutta la riunione. C’era ritratto proprio Jehan che si toccava distrattamente la treccia. “Solo un piccolo assaggio”. Gli occhi luccicanti del rosso gli confermarono di aver fatto colpo.
 
 
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In questo capitolo ho potuto scatenare tutta la mia cattiveria sui poveri Amis. Volevo dare risalto quello che una personcina caustica come Grantaire potesse pensare “a pelle” di tutti gli altri. Spesso mi sono ritrovata anche io a fare commenti del genere – un po’ acidelli, diciamoceli – con le amiche.
Grantaire e la sua vita disastrata *corre a stritolare il povero R*
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e di non incorrere in nessun linciaggio, grazie a chi legge/segue/recensisce.
 
Lots of love,
~ Letz 
  
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