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Autore: Acinorev    23/02/2014    13 recensioni
"A quel punto Harry rise. Rise con le fossette accentuate ai lati della bocca e facendo un passo indietro, con una mano tra i capelli e gli occhi praticamente chiusi. «Ragazzina», esclamò affievolendo la risata. «Ragazzina, rallenta», ripeté.
Ed Emma assunse un’espressione un po’ più seria, mentre sentiva l’eco di quelle parole nella sua testa.
Ragazzina.
«Ascolta», ricominciò Harry, frugando nella tasca dei suoi pantaloni stretti e tirandone fuori un contenitore di metallo sottile dal quale estrasse una sigaretta, probabilmente confezionata da lui. Continuò a guardarla, però, senza lasciarla libera nemmeno per un istante. «Apprezzo l’intraprendenza, ma andiamo… Mi sentirei una specie di  pedofilo», aggiunse, scuotendo di nuovo la testa mentre una ciocca di capelli gli ricadeva sulla fronte."
Spin-off di "It feels like I've been waiting for you", da leggere anche separatamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
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Capitolo otto - Taking for granted
 

 

Emma sbuffò sonoramente e si guardò intorno trattenendo uno sbadiglio, che dimostrava quanto il suo livello di noia fosse aumentato a dismisura, tanto da schiacciarla ancora di più sul divano in stoffa. Ci si era sdraiata sopra a pancia in giù, con il braccio destro che penzolava dal cuscino ed i capelli disordinati intorno al proprio viso, mentre i piedi scalzi premevano contro uno dei braccioli.
Chiuse gli occhi e canticchiò a bocca chiusa una canzone che MTV stava trasmettendo, cercando di seguirne il ritmo nonostante non la conoscesse bene. Era tutto fin troppo tranquillo: a scuola aveva avuto lezioni talmente monotone e prive di fascino che aveva rischiato più volte di addormentarsi, non aveva litigato nemmeno una volta con sua sorella Melanie, quel giorno, e persino Fanny si era trattenuta dal fare capricci, il che era tutto dire.
Ci pensò Constance, sua madre, ad interrompere il suo stato di torpore. «Ems, vieni ad aiutarmi!» Urlò dalla cucina, accompagnata dal rumore di alcune pentole o piatti. Emma sbatté le palpebre e sbuffò di nuovo.
«Sono occupata» rispose ad alta voce. Era una contraddizione, lo sapeva: nonostante si stesse annoiando come era successo poche volte negli ultimi tempi, preferiva continuare a vegetare sul divano anziché immergersi in stoviglie e profumi di cibi vari. La cucina non faceva affatto per lei.
«Ems!» La richiamò Constance, con un pizzico di rimprovero nella voce mischiato ad una supplica. Nel medesimo istante, però, anche il cellulare di Emma prese a squillare: non c'è da chiedersi a chi venne data la precedenza.
Sullo schermo scheggiato agli angoli apparve un numero che non conosceva, ma mossa dalla curiosità si portò il telefono all'orecchio destro e rispose. «Pronto?» Disse lentamente.
«Ragazzina, sono Harry».
Emma spalancò gli occhi e si mise in ginocchio alla velocità della luce non appena si rese conto della piega che quella giornata avrebbe potuto prendere. Si inumidì le labbra e sorrise. «Come hai avuto il mio numero?» Gli chiese, cercando di non lasciar trasparire quanto fosse incuriosita dal fatto che l'avesse.
«Ieri l'hai dato a Ty, no?» Ribatté lui con la solita furbizia nella voce.
«Sì, a Ty» precisò lei, alzando un sopracciglio. Non che le dispiacesse che il barista gliel'avesse poi rivelato, ma teneva particolarmente a sottolineare il fatto che Harry l'avesse cercato.
«Ascolta, hai già mangiato?» Fu la domanda che la colse di sorpresa, sia per il repentino cambio di argomento sia per il suo significato.
«No» rispose Emma semplicemente, scuotendo la testa come se avesse potuto essere vista. «Perché?»
«Allora ci vediamo tra un'ora al McDonald's davanti alla banca?»
Emma utilizzò due secondi contati per captare la voce roca di Harry, soffermarsi per un attimo su quanto fosse irresistibile, capire quello che le aveva chiesto ed esultare internamente per ciò che aveva l'aria di essere un invito a cena. «Va bene» confermò soltanto, mordendosi il labbro inferiore per trattenere un sorriso soddisfatto e sinceramente felice. Voleva vedere Harry, soprattutto dopo lo stato in cui l'aveva lasciato solo il giorno prima: Ty le aveva detto che non aveva voluto tornare subito a casa e che era rimasto per un po' con lui, ma che dopo aver vomitato anche l'anima - testuali parole - era stato un po' meglio.
«A dopo» disse lui velocemente, prima di chiudere la chiamata e lasciarla con il suono della linea persa all'orecchio.
Emma si passò una mano tra i capelli, posando il telefono sul divano ed alzandosi in piedi velocemente. Corse in cucina e trovò sua madre impegnata a sbattere le uova in un contenitore che aveva visto tempi migliori: aveva il viso candido sporco di farina ed il grembiule portava su di sé delle macchie di chissà cosa. Constance amava cucinare, era il suo passatempo ed il suo modo di rilassarsi, ma era anche molto distratta.
«Mamma, va bene se stasera mangio fuori?» Chiese la figlia, appoggiando una mano all'uscio della porta ed alzandosi sulle punte dei piedi per l'impazienza.
L'altra corrugò la fronte e spostò lo sguardo su di lei. «Come mangi fuori? Sto facendo anche la torta che ti piace» ribatté lievemente dispiaciuta.
«La mangerò quando torno o domani a colazione» la rassicurò Emma con un sorriso sincero sul volto. «Posso andare?»
«Va bene, ma la prossima volta cerca di non decidere le cose all'ultimo minuto» sbuffò Constance, passandosi il dorso del polso destro sulla fronte per spostare un ciuffo di capelli biondi.
Emma si ritrovò quasi a saltellare sul posto, mentre si mordeva un labbro per la felicità. Si voltò e si diresse a passi veloci verso le scale, mentre poteva ancora sentire la voce della madre che diceva: «E dovresti uscire un po' di meno: sei sempre fuori casa! Tuo padre si è già lamentato!»
Lei fece una smorfia e scosse la testa, incurante di quel sottile rimprovero che però non la toccava.
 
Emma arrivò al McDonald's alle otto e un quarto, ovvero quindici minuti in ritardo: aveva impiegato più del previsto a farsi una doccia veloce e a scegliere qualcosa di decente da mettersi, senza contare il tragitto a piedi che aveva dovuto percorrere velocemente proprio per arrivare prima di quanto i suoi tempi le stessero promettendo. Non che fosse agitata o impaziente, ma continuava a chiedersi se potesse considerarsi un appuntamento o almeno qualcosa che gli somigliasse: in fondo era stata lei a dire ad Harry che, se avesse voluto passare del tempo insieme, avrebbe dovuto chiederlo espressamente. Che si fosse deciso a farlo? Ovviamente, come sempre, non voleva lavorare troppo di fantasia: da Harry ci si poteva aspettare qualsiasi cosa e magari voleva solo parlare del giorno precedente.
Lo trovò appoggiato ad uno dei tavolini all'esterno, con una sigaretta mezza consumata tra le labbra. Stranamente non indossava più i soliti pantaloni neri, ma un paio di jeans di un blu scuro ai quali però erano abbinati gli onnipresenti stivaletti marroni. Il cappotto in velluto nero non lasciava intravedere ciò che indossava al di sotto, contrastando la curiosità di Emma, e nonostante fosse ormai buio Harry portava un paio di occhiali da sole che quasi la fecero ridere. I capelli disordinati lo erano più del solito.
«Sei in ritardo» commentò lui senza nemmeno salutarla. Il tono di voce le sembrò un po' troppo freddo, ma questo non la scoraggiò.
A nemmeno un metro dal suo corpo lo osservò gettare la sigaretta a terra per pestarla con un piede ed infilare le mani nelle tasche del cappotto. Lei si strinse nel suo ed alzò un sopracciglio. «Se mi avessi offerto un passaggio ci avrei messo di meno, ad arrivare» gli fece presente in tono provocatorio, abbozzando un sorriso.
Non riusciva a scorgere i suoi occhi e un po' le dispiaceva. In qualche modo era strano vederlo di nuovo sobrio, perché era impossibile non fare paragoni tra i due Harry che aveva conosciuto. Era strano, ma era anche un sollievo.
«Hai sempre troppe aspettative» rispose lui scuotendo la testa, forse per nascondere il sorriso che lo stava minacciando.
Emma non rispose e diede un'occhiata all'interno del locale: non era molto affollato, ma alle casse c'era già un po' di coda. «Ho fame: entriamo?» Propose, seppellendo il mento e la bocca nella sciarpa in lana nera. Il parka non la riscaldava abbastanza e le sembrava di non aver indosso nemmeno i jeans chiari, data la sensazione di avere le gambe immerse nel gelo più ostile.
«Ah, ora hai fretta?» Commentò Harry, voltandosi per seguirla e facendola ridere.
Venti minuti dopo erano ancora in coda con quattro persone davanti e lo stomaco che brontolava. C'era chiasso e odore di fritto e panini di tutti i tipi: talvolta la voce di Emma non era udibile, perché sovrastata da quelle strillanti dei bambini con le rispettive famiglie e dagli ordini quasi urlati confusamente da un commesso all'altro.
«Cosa prendi?» Chiese Emma sistemandosi meglio il cappotto sul braccio. Era stata costretta a toglierselo per il caldo all'interno. Voleva movimentare un po' la conversazione, soprattutto perché Harry sembrava stranamente silenzioso: forse ciò che era successo con il padre continuava a tormentarlo. Si era tolto gli occhiali e lei aveva capito perché li avesse indossati, dato che le iridi brillanti spiccavano in confronto alle occhiaie violacee ma non troppo evidenti che le sorreggevano.
Harry, con lo sguardo fisso sul tabellone al di sopra del lungo bancone, si inumidì le labbra prima di rispondere. «McMenù con patatine e Crispy McBacon» annunciò, guardandola subito dopo. «E tu? L'Happy Meal?» Domandò, prendendola in giro ed allentando finalmente quella maschera un po' troppo seria che lo stava caratterizzando.
Emma sorrise e gli diede una spallata giocosa, godendosi la curva che le sue labbra assunsero quasi in un regalo.
 
Avevano trovato un tavolo libero in un angolo del locale, forse un po' macchiato di salse e unto da chissà cosa, ma comunque l'unico posto in cui avrebbero potuto sedersi. Da una parte avevano la lunga vetrata che si affacciava sulla strada ormai buia di Bradford, dall'altra nemmeno un metro di spazio prima di un altro tavolo ben più grande e soprattutto chiassoso. Emma, con le spalle al muro, poteva osservare tutto il locale e purtroppo poteva anche vedere come il signore seduto al tavolo dopo il loro non riuscisse a mangiare senza sbavarsi come un bambino.
Addentò il suo Chicken Mythic assaporandone la salsa: aveva pagato tutto Harry, senza esitare e senza che lei protestasse più di tanto, perché in fondo non le dispiaceva per niente che si comportasse da gentiluomo. Lo guardò mentre prendeva un sorso di Coca-Cola: la sua mano era così grande da coprire gran parte del bicchierone in carta, tanto che Emma non poté impedirsi di pensare a quanto le mancasse sentirla sul proprio corpo.
«Ty mi ha detto che ieri sei rimasta un po' con me» esclamò lui all'improvviso, guardandola serio negli occhi e prendendo in mano il suo panino.
Emma deglutì e annuì tranquilla, si sentiva sollevata dal fatto che lui stesso avesse tirato fuori l'argomento: avrebbero dovuto parlarne, no? In qualche modo avrebbe dovuto sostenerlo.
«Non te lo ricordi?» Gli chiese alla ricerca di informazioni.
Harry inspirò profondamente, quasi in un sospiro. «Non ne ero certo» le confermò. «Ho ancora troppo mal di testa» aggiunse. Chissà quanto si ricordava effettivamente di quel pomeriggio, ma soprattutto chissà se sapeva di averle rivelato qualcosa di tanto personale.
«Be', sì, Ty stava per cacciarti dal bar visto che continuavi ad urlare» raccontò Emma con un sorriso, per smorzare la sottile tensione che si era insinuata tra di loro. «Ho pensato che fosse meglio portarti fuori prima che lo facesse lui con la forza».
Lui non sorrise, ma annuì piano, distogliendo lo sguardo. Emma avrebbe voluto cogliere nei suoi lineamenti uno straccio di riconoscenza, ma non era ancora in grado di farlo, sempre se era presente. In altre occasioni avrebbe esposto ad alta voce la sua leggera delusione, ma sapeva bene che Harry non ne aveva bisogno in quel momento, quindi si morse la lingua e si limitò ad agitarsi impercettibilmente sulla sedia.
«Quindi... Ti piace la fotografia?» Esordì lui dopo un paio di minuti di silenzio, stupendola.
Emma sollevò lo sguardo sul suo viso e continuò a masticare. Prima che potesse rispondere, però, Harry sembrò appagare il suo dubbio interiore, che evidentemente la sua fronte leggermente corrugata non era riuscita a nascondere. «Quando vieni al Rumpel ti porti sempre quel libro dietro» spiegò, riferendosi al libro di fotografia che sua madre le aveva regalato.
Non pensava nemmeno che ci avesse fatto caso, ma era in qualche modo felice di aver suscitato in lui una certa curiosità. «Sì, molto. Anche se sono solo una principiante» rispose alzando le spalle ed abbassando lo sguardo. Chissà se Harry avrebbe apprezzato la passione che lei covava dentro senza scoprirla eccessivamente, quasi per paura di danneggiarla.
«Quali sono i soggetti, di solito?» Continuò lui, con la voce roca e calma a contrastare nettamente con il caos che li circondava. In tutta quella confusione i pochi metri quadri che occupavano sembravano essere di un'altra realtà.
Emma si morse un labbro. «Dei particolari» rispose semplicemente, non potendolo spiegare in altri modi.
«Particolari, eh?» Chiese Harry, sorridendo naturalmente per mostrare un po' di malizia solo con la successiva domanda. Appoggiò gli avambracci sul tavolo e si sporse di poco in avanti. «Vediamo, cosa fotograferesti di me?»
Lei si lasciò andare ad una lieve risata dovuta alla schiettezza di quelle parole e ci pensò un attimo su. Alzò il mento per ostentare sicurezza e ripercorse velocemente i tratti del ragazzo che gli stava di fronte. «La linea del collo» rispose piano guardandolo negli occhi, mentre nella sua mente ricostruiva la sua pelle chiara e morbida. «La mascella. Le mani» aggiunse senza però scendere nei dettagli. Non gli disse che in realtà c'era qualcosa di ben preciso che avrebbe ritratto di quelle mani, qualcosa che aveva notato e che ormai non poteva più ignorare: come le linee sui suoi palmi grandi, i tratti delle dita, il piccolo tatuaggio a forma di croce, le vene sul dorso e le nocche arrossate per il freddo.
Harry mosse le labbra in un sorriso - e ovviamente lei avrebbe fotografato anche quelle, ma preferiva non dilungarsi troppo - ed aprì le mani per dar loro un'occhiata, come per cercare ciò che aveva colpito Emma.
«Tu invece?» Gli domandò lei poco dopo, bevendo un sorso di Sprite. «Cosa fai nel tempo libero, oltre a stare al Rumpel?» Continuò con una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Dove erano finite tutte le loro allusioni? Possibile che stessero riuscendo a conoscersi un po' meglio senza stuzzicarsi a vicenda? A lei non dispiaceva questo nuovo lato del loro rapporto, forse perché sapeva che in fondo l'altro non era affatto scomparso, ma stava solo aspettando il momento giusto per ritornare a galla: nel frattempo ne avrebbero approfittato per scoprire qualcosa di più l'uno sull'altra.
Harry sospirò e si lasciò andare contro lo schienale della panca sulla quale era seduto, passandosi una mano tra i capelli. Le rondini tatuate sul petto erano un po' più visibili, grazie allo scollo morbido del maglione grigio. «Niente di che, in realtà» rispose con un'espressione pensierosa, quasi stesse provando ad essere un po' più specifico, spulciando nella routine delle sue giornate.
«Non hai nemmeno una passione?» Indagò lei scettica, mangiando l'ultima patatina fritta.
Harry rise e scosse la testa. «Ne ho una, ora che mi ci fai pensare, e credo sia abbastanza comune».
Emma corrugò la fronte, inclinando impercettibilmente le labbra in quello che doveva essere un sorriso confuso. Per questo lui si premurò di fare chiarezza. «Mi piace fare sesso» esclamò infatti, beffardo più del solito e con lo sguardo su di lei.
Emma alzò gli occhi al cielo e scosse la testa divertita, arrendendosi alla malizia di quel ragazzo. «Ti piace, ma chissà se sei bravo» lo prese in giro: voleva allontanare dalla propria mente la possibilità che in quel periodo Harry stesse praticando quella sua passione con qualcuno, perché non voleva diventare gelosa di un ragazzo sul quale non poteva avere alcuna pretesa, né imbronciarsi. Il solo pensiero di Harry con un'altra la faceva innervosire, quindi era meglio ignorarlo.
«Non immagini quanto» rispose Harry con la solita vanità impregnata di testosterone: era convinta che stesse nascondendo i suoi reali interessi sotto quelle risposte superficiali. Lei alzò le sopracciglia senza rispondere, senza commentare oltre e quindi stuzzicando la sua curiosità: data la sua perenne voglia di mettersi in mostra, probabilmente Harry era quasi dispiaciuto della precoce fine di quel discorso, perché significava che non avrebbe più potuto vantarsi. Infatti fu lui il primo a parlare di nuovo. «Che c'è, non mi credi?» Chiese con un sorriso tra l'offeso ed il malizioso.
Emma abbassò per un attimo lo sguardo, divertita. «Da quanto ne so potrebbe essere tutto fumo e niente arrosto» esclamò soltanto.
«Il bue che dà del cornuto all'asino» ribatté lui fin troppo piccato, come a pungerla volontariamente sul vivo. A parte il fatto che stavano andando avanti a modi di dire, Harry aveva smorzato la sua espressione e aveva reagito all'attacco al suo ego smisurato con una battuta che mancava di sensibilità. Evidentemente si stava riferendo a ciò che era successo nel corridoio del Rumpel, quando lui l'aveva messa alla prova solo per dimostrarle quella che riteneva assenza di esperienza. Era talmente pieno di sé da convincersi che quel suo piccolo rifiuto potesse essere dovuto solo alla sua verginità, e non alla mancanza di una sufficiente attrazione.
Emma, infastidita dal modo in cui lui continuava a darla per scontata, tentò di riscattarsi con la sua schiettezza. «Chi ti dice che io sia vergine?» Chiese con sicurezza, nonostante entrambi sapessero quale fosse la verità. Lei non era mai stata con un ragazzo in quel senso, ma non le piaceva che le venisse rinfacciato per un motivo futile: anche lei aveva dell'orgoglio ed anche lei voleva difenderlo.
Harry sorrise piano ed alzò un sopracciglio. «Stai scherzando?» Domandò incredulo, forse ripercorrendo mentalmente tutti i loro precedenti.
Lei scosse la testa, rimanendo più seria di quanto lui si aspettasse. «Sarebbe tanto strano se io semplicemente non volessi fare sesso con Harry Styles? Devi per forza insinuare che io sia vergine?»
«Ragazzina, calma» ridacchiò Harry, mettendo le mani avanti in segno di resa. Aveva sicuramente colto il fastidio nella voce di Emma. «L'avevo dato per scontato, ma non c'è bisogno di scaldarsi» aggiunse: non era convinto, lo si vedeva lontano un miglio, ma a lei non importava. Il problema non era che lui sapesse della sua inesperienza, ma la sua infinita sicurezza di sé, che lo portava ad essere più presuntuoso di quanto fosse accettabile. In fondo lei non aveva negato di essere vergine, aveva solo insinuato in lui il dubbio.
«Be', non darmi per scontata» disse Emma, sostenendo il sguardo.
Harry si passò la lingua sulle labbra ed annuì impercettibilmente. «Cambiamo argomento, ti va?»
 
Rimasero seduti a quel tavolo per un paio d'ore circa, anche se i vassoi davanti a loro erano ormai vuoti da un pezzo ed il locale si era notevolmente svuotato. Rimasero lì, incastrati tra uno sguardo di troppo ed una risata trattenuta, tra le chiacchiere riguardo le opinioni più inutili - "Io odio quando ordino una Coca-Cola e mi portano una Pepsi" - e quelle sulla vita di entrambi. Rimasero lì abbastanza a lungo da permettere ad Emma di sentire il cuore scoppiare per una familiarità che non avrebbe mai immaginato, interrotta talvolta dal loro solito modo di scherzare. Aveva notato come Harry si fosse rilassato, come man mano che il tempo passava la sua espressione si fosse liberata sempre più dalla tensione, e aveva scoperto un po' di più su di lui, su quello che era: nonostante si fosse tenuto ben alla larga dal discorso sulla propria famiglia, le aveva rivelato che in realtà la pallacanestro lo annoiava e che la praticava a scuola solo per avere dei crediti extra e qualche vantaggio agli occhi dei professori, che la sua macchina era davvero molto vecchia ma che non l'avrebbe cambiata per niente al mondo, che odiava la spiaggia, ma amava il mare - "Il che, se ci pensi, può essere un po' scomodo" - e che quando era piccolo diceva di voler diventare un mago. Si era intrufolata nelle sue piccole cose e si era sentita a proprio agio.
Emma rabbrividì appena uscirono dal McDonald's, perché ormai si era abituata al caldo soffocante che regnava all'interno. Harry non aveva accennato a quello che avrebbero fatto dopo, quindi non sapeva ancora se la serata fosse finita o se sarebbero andati da qualche altra parte, però a quanto pareva, per il momento, si sarebbero fermati su quel marciapiede: lui, infatti, si accese una sigaretta e si appoggiò ad uno dei tavoli più alti del normale, proprio dove lei l'aveva trovato quando era arrivata.
«Harry?» Lo chiamò all'improvviso, guardandolo in volto mentre assottigliava gli occhi per aspirare del fumo. «Tu cosa fotograferesti di me?» Domandò facendo un passo avanti. Erano molto vicini, quasi di fronte, ed Emma non riusciva bene a distinguere il suo profumo perché entrambi avevano assorbito quello del McDonald's: la sua curiosità era legittima, in fondo lui aveva avuto la sua risposta. Da quel momento lei si era maledetta interiormente per non avergli posto la stessa domanda, ma ormai stavano parlando di altro senza mai fermarsi, quindi se ne era pian piano dimenticata, anche se non definitivamente.
Harry spostò gli occhi nei suoi ed espirò lentamente. «Ragazzina, sei troppo piccola per la risposta» disse, portando una mano tra i suoi capelli per scompigliarli e ridendo piano.
Emma sospirò imbronciandosi ed incrociò le braccia al petto. «Stupido» commentò, mentre lui alzava le spalle senza rispondere oltre. Lei avrebbe preferito che fosse sincero, perché la curiosità la stava mangiando viva, ma subito sentì anche la curiosità per qualcos'altro che le impedì di insistere.
Si passò la lingua sulle labbra e si guardò intorno per una manciata di secondi cercando le parole giuste nella propria mente, accompagnata dal suono di Harry che fumava. Si sentiva in dovere di chiedergli notizie su ciò che l'aveva ridotto ad uno straccio il pomeriggio precedente: non poteva ignorare la cosa, nonostante lui non si fosse nemmeno avvicinato al discorso.
«Come va con tuo padre?» Domandò allora, a bassa voce e con l'espressione seria, pronta a captare qualsiasi reazione, anche la più piccola.
Harry rimase con la sigaretta a mezz'aria, a pochi centimetri dalla propria bocca, e si voltò verso di lei. «Cosa?» Chiese, come se non avesse sentito bene.
«Con tuo padre. Come va?» Ripeté Emma con il cuore un po' più agitato. Stava utilizzando un tono delicato, anche troppo rispetto alla sua indole, ma non sapeva cosa aspettarsi.
«Tu che ne sai?» Quasi ringhiò Harry, ancora immobile. Ormai era ovvio che non si ricordasse assolutamente di averle confidato parte dei propri problemi: di nuovo, la sua espressione si era mascherata di una rigidità che non gli si addiceva e che sembrava incolparla di qualcosa.
Lei sbatté le palpebre. «Me l'hai detto tu, ieri» rispose.
Lui aspirò del fumo nervosamente e più a lungo del solito, guardando dritto davanti a sé. «Stanne fuori» disse soltanto, con una durezza che le si incastrò nel petto.
Eppure Emma non era una che si arrendeva molto in fretta, né che si lasciava piegare facilmente, soprattutto se sapeva che alcuni comportamenti avrebbero potuto essere uno scudo di protezione: aveva visto e sentito Harry mentre urlava in un vicolo, a pezzi per una situazione che evidentemente non controllava, ed era innegabile che avesse bisogno di un supporto. Avrebbe insistito ancora un po', giusto per testare la sua determinazione ad essere lasciato in pace.
«Sicuro di non volerne parlare?» Domandò infatti, resistendo al suo rifiuto.
«Perché dovrei parlarne?» Ribatté lui mentre la rabbia faceva capolino nella sua voce. Il fatto che non le avesse nemmeno chiesto fino a dove si era spinto nel raccontarle la sua situazione la faceva riflettere.
«Potrebbe esserti d'aiuto» tentò Emma come se fosse ovvio.
«Certo» mormorò Harry, abbozzando una risata scettica e continuando a non guardarla. «E cosa ti fa pensare che io abbia bisogno di aiuto?»
«Ti ricordo che sono stata con te per tutto il tempo, ieri pomeriggio» precisò lei con un tono forse un po' troppo piccato. Non avrebbe voluto usarlo, ma le era venuto naturale dato quello ricco di sprezzo di Harry.
«Oh, giusto! Allora immagino che tu sappia meglio di me come io mi senta» rispose lui. E aveva ragione.
«Harry...» lo chiamò piano, pronta a rimediare. Forse la sua idea di insistere non era stata la migliore di sempre e si stava già pentendo di averla assecondata, dato che l'atmosfera che avevano condiviso fino ad allora si era ormai spezzata.
Harry, però, prese quel suo tentativo di parlare come un ulteriore tentativo di intrufolarsi nei suoi problemi. «Ti ho già detto di lasciar perdere» sbottò, interrompendola e spostando gli occhi colmi di fastidio nei suoi. «Giochiamo quanto vuoi, ma devi stare fuori dalla mia cazzo di vita. Tu non c'entri niente» aggiunse nervoso, gettando la sigaretta a terra.
Emma sbatté le palpebre più volte, colpita da quelle parole come se fosse stata appena schiaffeggiata in pieno volto. Era stato duro, sotto un certo punto di vista anche cattivo, e lei non era disposta a farsi trattare in quel modo.
«Sai una cosa?» Esclamò infatti, inasprendo lo sguardo e stringendo i pugni lungo i fianchi. «Hai ragione, io non c'entro proprio niente e ieri avrei potuto lasciarti da solo, al posto di preoccuparmi per te. Ma tu nemmeno ci fai caso, perché non mi hai detto neanche uno stupido "grazie". E non ti capisco per niente, non capisco per niente quello che stiamo a facendo a questo punto: che senso ha avuto questa serata, visto che fino ad ora non hai mai voluto spingerti oltre con me e visto che mi hai appena fatto capire che non ti interessa nemmeno una semplice amicizia? Che diavolo vuoi da me?» Concluse con il respiro irregolare a le frustrazione a farle tremare un po' le gambe. Aveva dato voce ai propri dubbi, cercando di mettere tutte le carte in tavola: Harry la respingeva su tutti i fronti con una decisione che faceva quasi male, rigettando qualsiasi approccio che lei potesse tentare, eppure era stato lui stesso a chiamarla per mangiare insieme, senza contare il fatto che lei non era di certo stata sempre l'unica a fare allusioni riguardo una certa attrazione tra di loro.
Harry la osservò intensamente per un paio di secondi, in un modo completamente diverso. «Infatti non so nemmeno che cazzo ci faccio, qui» disse spietato, camminando via velocemente senza girarsi a guardarla. Aveva usato un tono di noncuranza e quasi di disprezzo che aveva scosso Emma fin nel profondo, ferendola più di quanto lei avrebbe concesso in altre occasioni. Per questo non lo richiamò, troppo arrabbiata per farlo, né si mosse per qualche minuto, limitandosi a guardarlo salire in macchina e andarsene via.

 






 


Buooongiorno :)
Tra ieri ed oggi ho finito questo capitolo e devo ancora capire se mi piaccia o meno aahahha
Come avete visto, Harry non si ricorda praticamente nulla del tempo passato con Emma, tanto che non era nemmeno sicuro che lei ci fosse davvero: e nonostante tiri fuori l'argomento, non la ringrazia. Secondo voooi? Riguardo il discorso sul sesso, aprirei una piccola parentesi ahhaha: inizialmente non doveva nemmeno esserci, ma Harry è un po' ninfomane diciamo ahhaha (come tutti i diciannovenni) e loro due non sono di certo i tipi da scandalizzarsi per questo. Spero sia chiaro il fastidio di Emma: ovviamente lei è vergine, ma non sopporta il modo come lui lo dia per scontato, pensando che possa essere l'unico motivo per beccarsi un rifiuto. Insomma, vuole tenere a bada la sua vanità, ecco! Cosa ne pensate?
E infiiiine, la piccola novità: vi avevo già avvertite riguardo questo screzio nel loro rapporto. Quante di voi si aspettavano che Harry le fosse riconoscente per la sua vicinanza e cadesse tra le sue braccia per questo motivo? Be', non è da lui, infatti le dice chiaramente di farsi gli affari suoi, screditandola anche un po': ora, Emma avrà anche quindici anni, ma non è una stupida, ed è per questo che cerca di mettere le cose in chiaro. Voi la pensereste come lei? :)

Come sempre vi ringrazio per tutto, siete davvero meravigliose! Vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate, perché per me è molto importante! Ormai ogni capitoo ha circa mille visite, quindi mi piacerebbe sentire un po' più di persone (anche non per forza su efp!), giusto per avere un quadro di come state "vivendo" questa storia! Grazie se deciderete di farlo!

Vi lascio tutti i miei contatti:
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Un bacione,
Vero.
    
  
  
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