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Autore: Hono    23/02/2014    1 recensioni
- Reed, ascoltami bene perché sarà l’ultima volta che perderò tempo per questo: Riguarda solo me e dal momento che tu non sei nessuno, non ti direi mai nulla sul mio conto. E' chiaro, mezzosangue?
I loro nasi quasi si sfioravano e la giovane strega si ritrovò a pensare che le sarebbe bastato pochissimo per far si che le loro labbra si toccassero. Tuttavia, quelle parole, le lasciarono uno strano senso di amarezza.
- Cristallino, Malfoy. – mormorò sommessamente, mordicchiando con forza l’interno della guancia per evitare di lasciare che altre parole affluissero dalla sua bocca.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco, Malfoy, George, e, Fred, Weasley, Il, trio, protagonista, Nuovo, personaggio, Theodore, Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 21

Questo Capitolo 
è dedicato a 

Juuri 

che mi sostiene e mi aiuta sempre. 

Grazie, ti adoro.

Capitolo ventuno: Gwendolyn Wood

Gwendolyn Wood, sin da bambina, si era sempre differenziata da tutti i suoi coetanei ovunque ella si trovasse. Omettendo il fatto che appartenesse ad una famiglia di Purosangue molto ricca si era distinta non solo per l’ aspetto ma anche grazie ai suoi modi di fare che non sarebbero mai stati adatti ad una persona come lei. La cascata rosso acceso di boccoli perfettamente arricciati era in contrasto con la sua pelle di porcellana, la statura minuta con la sua figura magra e i bei lineamenti delicati. Le sue labbra piene erano di un rosa pallido, il naso alla francese, un paio di occhi color del cielo in tempesta e delle lunghe ciglia a contornarli. Nonostante fosse una ragazza bella e dall’aria gentile, con uno sguardo così intenso da far invidia persino a Morgana in persona, in realtà la sua indole era molto più "oscura" di quanto ci si potesse aspettare. O, almeno, questo è ciò che pensava la maggior parte delle persone che la conoscesse almeno un po’. In verità erano davvero in pochi a conoscerla sul serio. Gwendolyn avrebbe potuto contare sulle dita di un’unica mano le persone di cui si fidava e tutte erano lontane da lei.

Era cresciuta tra un grande manor sulla costa meridionale della Cornovaglia e un’enorme villa che si trovava nei pressi delle zone più fredde di Londra. I suoi genitori, Marianne Earnshaw e Adolph Wood, erano dei Purosangue di vecchio stampo che non tolleravano assolutamente né la presenza dei Babbani né quella dei Mezzosangue. Si erano uniti alla causa di Lord Voldemort credendo fermamente nelle sue idee e nei suoi pensieri che andavano per l’eliminazione di tutta la feccia presente nel Mondo Magico. Erano dei Mangiamorte impeccabili e anche dopo la sconfitta del loro Signore avevano continuato a cercarlo ovunque, convinti che lui non fosse davvero morto. Gwendolyn crebbe con questi ideali che le furono inculcati sin dal primo giorno di cui aveva memoria. Frequentava i figli degli altri Mangiamorte ma si era sempre mantenuta a debita distanza dalla maggior parte di loro. Poi, all’età di 11 anni Marianne e Adolph si traferirono in Francia.

A detta loro, Hogwarts non era più degna di istruire la propria bambina. Correva il rischio di infettarsi a causa di tutti quegli sporchi figli di Nati Babbani e infimi traditori del loro sangue. Così l’avevano iscritta alla scuola di magia di Bauxbatons senza la minima esitazione. Dopo un paio d’anni, però, Voldemort era ritornato al potere e aveva chiamato a rapporto tutti i suoi fedeli seguaci.    I coniugi Wood erano stati alcuni dei primi a ritornare al suo cospetto. Continuarono a vivere in Francia per permettere alla propria figlia di frequentare la scuola ma parteciparono attivamente a tutti i piani del loro padrone. Poi venne il giorno più bello della loro vita: Colui-che-non-deve-essere-nominato aveva affidato a Gwendolyn un'importantissima missione da compiere, alla fine della quale, se l'avesse portata a termine con buoni risultati, le avrebbe fatto dono del marchio.

A lei, però, non importavano tutte quelle cose sul sangue puro. Non le interessavano i Babbani, anzi, in realtà non le erano mai interessate le persone in generale. I genitori la pressavano parecchio ma era stato un qualcosa di naturale acconsentire. Non che fosse malvagia o amasse uccidere le persone. Non aveva avuto alcuna scelta, si era imposta a sé stessa di accettare. Aveva immaginato a cosa avrebbe portato un rifiuto e lei ci teneva alla sua vita. Poteva non dimostrarlo, ma voleva tenersi stretta la propria esistenza.  Aveva, dunque, accettato quel compito e non le restava che portarlo a termine.

Mettersi in viaggio e lasciare la sua amata Francia era stato quasi un trauma. Si era maledetta almeno un centinaio di volte; lei amava il posto in cui viveva e non avrebbe voluto lasciarlo per niente al mondo. Non le interessavano le stupide lotte, gli assassinii e il sangue puro. Voleva godersi le passeggiate con la brezza leggera a sferzarle il viso, la sensazione di calore cocente del sole che brillava perennemente alto nel cielo. Odiava la pioggia, odiava la nebbia e l’umidità. L’acqua, se non salata, non riusciva nemmeno a sopportarla. La sua scelta si era basata su un semplice e puro istinto di autoconservazione. Eppure, quasi non poteva crederci di trovarsi su di un treno diretto alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Chi l’avrebbe mai detto? Gwendolyn Wood ad Hogwarts. Stentava ancora a crederci. Era partita solo da alcune ore ma sentiva già nostalgia di casa e inutile dire che la sua irritazione era arrivata ai limiti dell’impossibile. Quel tempo però le diede modo di riflettere su tutti gli avvenimenti che l’avevano portata a trovarsi lì e a ciò che avrebbe dovuto fare una volta arrivata a quella scuola.

“Mettere i bastoni tra le ruote ad Harry Potter. Complicargli la vita e colpirlo dall’interno, cominciando da i suoi amici: la sciocca mezzosangue Hermione Granger e Ron Weasley. Tenere d’occhio Allyson Reed e accertarsi che stia ancora dalla parte giusta.”

Questo era ciò che avrebbe dovuto fare durante i mesi che restavano alla fine di quell’anno scolastico. Non conosceva queste persone e non aveva la minima voglia di farlo ma il pensiero di lei, priva di vita e l’Oscuro Signore chino sul suo cadavere con un uno sguardo sadico e una risata malvagia la convinse ulteriormente a dover fare il proprio lavoro. Per il resto del viaggio meditò sui metodi che avrebbe dovuto adottare e sulle strategie che avrebbe potuto utilizzare. Ciò le permise di tenere occupato il cervello e di non pensare alla sua amata Francia.

Arrivò a destinazione nel bel mezzo della notte. Faceva molto freddo e una pioggerellina leggera cadeva dal cielo, ma era così fine che Gwendolyn non la sentiva neanche. Severus Piton l’accolse appena fuori dell’espresso che l’aveva condotta fin lì, ad un villaggio chiamato Hogsmeade. Conosceva quell’uomo solo di vista ma i suoi genitori ne parlavano male e non avevano molta stima per lui. A lei comunque non interessava. Meno aveva contatti con tutti e meglio era.

- Seguimi, Wood. - la voce melliflua di Severus le arrivò a malapena. Il professore non attese nemmeno una risposta e le voltò le spalle, iniziando a camminare lentamente tenendo alta una lanterna con la mano sinistra, mentre nell’altra era impugnata la bacchetta nascosta sotto il lungo mantello nero.

Se non fosse stato per la fioca luce probabilmente si sarebbe potuto benissimo confondere tra le tenebre. Gwendolyn lo seguì tacitamente, osservando il posto intorno a lei con disinteresse. Piton la guidò a piedi sino ai cancelli della grande scuola e solo allora la ragazza parve cominciare a guardarsi attorno con una certa curiosità. Con un colpo di bacchetta Piton fece scivolare via le catene che tenevano l’inferriata e quando varcarono la soglia del perimetro della scuola, quelle sgusciarono silenziosamente al loro posto. Procedettero a lungo e Gwendolyn non poté fare a meno di guardare tutto con stupore. E se quel quarto di esterno che aveva visto l’aveva sbalordita, gli interni le tolsero il fiato. Grandi soffitti a volta e muri di pietra, un’aria calda e accogliente, quadri animati ovunque, rampe mobili di scale, fantasmi che giravano indisturbati per i corridoi e che poi attraversavano i muri. Una più che blanda descrizione poiché nemmeno le parole potevano rendere giustizia a quel castello e ora capiva quello che le sue cosiddette “amiche” avevano detto una volta ritornate in patria dopo essere state scelte per il Torneo Tremaghi di due anni prima.

Quella scuola era meravigliosa.  

Quelle considerazioni le tenne per sé, ovviamente. Non mostrò neanche un accenno di ciò che provava o pensava. Il suo viso restò indifferente non facendo trapelare alcuna espressione. Ma ciò non le impedì di pensare alla maestosità della scuola. Era molto diversa da ciò che era abituata a vedere a Bauxbatons. Non che la scuola francese non fosse bellissima ma al confronto con Hogwarts non era niente, davvero. O, almeno, questo era stata solo una sua impressione. Ad un certo punto si fermarono dinanzi a due massicci gargoyle di pietra. Piton borbottò qualcosa e in un attimo si aprirono mentre dal pavimento apparve una scala a chiocciola che continuava a districarsi verso l’alto. Si fermò di colpo con un tonfo secco e una volta che i due l’ ebbero percorsa, Gwendolyn comprese che conduceva all’ufficio del preside di Hogwarts: Albus Silente.

Piton bussò due volte sulla porta e dopo un invito ovattato la spinse con disinvoltura mostrando l’ufficio ovale e spazioso. La rossa seguì il professore all’interno e immaginò immediatamente che quella doveva essere la stanza più grandiosa dell’intero castello. Sul muro c’era un’enorme vastità di quadri i cui soggetti o fingevano di dormire oppure la fissavano curiosi, un trespolo sul quale riposava tranquilla quella che doveva essere una fenice, un cappello rattoppato che se ne stava afflosciato sulla spalliera di una sedia, oggetti magici ovunque e infine una grande scrivania. Dietro di questa c’era seduto un uomo anziano dalla lunga barba argentea, un sorriso sereno sul viso e un paio di occhiali a mezzaluna dietro i quali sfavillavano due occhi azzurri. Gwendolyn capì subito chi lui fosse ma la cosa che più la colpì fu la sua mano completamente annerita.

Non aveva mai visto una simile…cosa e la disgustò alquanto. Non ne conosceva la causa ma ipotizzò che forse a infliggergli quella maledizione - o qualsiasi cosa fosse - doveva essere stato solo Lord Voldemort. E rabbrividì a quel pensiero immaginando sé stessa con una mano del genere. Quell’immagine non fece altro che convincerla ancora di più nel portare a termine quegli ordini. Silente le fece un cenno e gentilmente la invitò a sedere su una delle poltrone di fronte alla scrivania. La rossa lo fece non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla mano. Il preside doveva essersene accorto poiché subito nascose i propri arti alla vista della ragazza, sorridendole con pacatezza. Piton si limitò a restare nella penombra della stanza, attendendo con noia la fine di quella “patetica” procedura.

- Benvenuta ad Hogwarts, Mrs. Wood. Mi dica, ha fatto un buon viaggio?

- Non mi lamento. - disse scocciata la Wood, prendendo ad osservare con interesse la bella fenice.

- Vedo che le piace Fawkes. - constatò tranquillo Silente.

Gwendolyn non rispose e voltò lentamente il capo verso il vecchio preside.

- Beh, ora che diavolo dovrei fare? - sbottò improvvisamente, seccata e stanca.

- Che insolente! Per Merlino, non ci sono più gli studenti di una volta! Ai miei tempi se uno di loro si fosse rivolto a me in questo modo…

- Non preoccuparti, Phineas. - Silente interruppe Phineas Nigellus Black con divertimento appena accennato mentre quest’ultimo dal suo ritratto borbottava qualcosa a proposito dell’insolenza e della maleducazione. Gwendolyn si accigliò, perplessa e in contempo irritata per l’interruzione.

- Mrs. Wood è solo stanca e non aveva l’intenzione di rivolgersi in questo modo, mi sbaglio?

Fece Silente rivolgendosi verso la ragazza, la quale annuì mestamente.

- Ora, passiamo alle cose importanti. La prima cosa da fare è lo smistamento.

La rossa gli rivolse semplicemente uno sguardo interrogativo. Smistamento per cosa? Il preside prese la propria bacchetta e con un movimento appena accennato trasportò il cappello logoro e lo poggiò tra di loro.

- La tradizione vuole che ogni studente venga smistato dal Cappello Parlante in una delle quattro case, ognuna delle quali è stata creata, assieme alla scuola stessa, da quattro fondatori.

- Scusi, non credo di aver capito…cioè un Cappello Parlante dovrebbe rovistarmi nella testa per capire in quale di queste quattro case dovrei essere smistata?

Silente annuì, sorridendo nuovamente dinanzi alla sua espressione.

- Il Cappello Parlante, Mrs. Wood, è capace di vedere ogni cosa. Persino i suoi pensieri più reconditi.

Gwendolyn era semplicemente infastidita. Non le andava che un Cappello Parlante sbirciasse nella sua testa e non l’avrebbe permesso.

- Le quattro case - Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde - rispecchiano delle caratteristiche che ogni fondatore ha voluto per ogni suo studente. Ad esempio, i Grifondoro dovrebbero essere leali e coraggiosi e i Serpeverde astuti e ambiziosi…

Aveva spiegato Silente porgendole il cappello. Gwendolyn indugiò avvertendo il tessuto ruvido del cappello sotto le dita. Aspettò qualche altro secondo osservando il pezzo di stoffa rattoppito nelle sue mani.

- Non temere e ricorda che il Cappello tiene sempre in considerazione ciò che desideri.

La rossa annuì distrattamente e con uno scatto meccanico s’infilò sulla testa quel cappello, un po’ grande per la sua testa tanto che gli ricadde sugli occhi, nascondendole il volto serafico del preside. Attese per alcuni attimi e la sua pazienza minacciò di vacillare ma sobbalzò impercettibilmente non appena una voce chiara le parlò nella sua testa. Non era la sua coscienza o un qualcosa che proveniva dal suo subconscio. Non riuscì a capire come ma seppe all’instante che quella era la voce del Cappello Parlante che aveva sulla testa.

“Oh, guarda un po’ chi abbiamo qui. La figlia di Adolph Wood. E nel fiore della sua adolescenza.”

“Datti una mossa”  pensò intensamente sperando che quel cappello la sentisse forte e chiaro.

 “Tale e quale a suo padre quando non era altro che un ragazzino indifeso. Beh, sarei portato a scegliere per Serpeverde. Sarebbe la casa ideale per te.”

“Allora vada per Serpeverde, o come diavolo si chiama, basta che ti spicci.”

“Sei sicura di quel che dici?"

La rossa si limitò ad un'occhiata eloquente, alzando gli occhi al cielo - tecnicamente, nell'interno del cappello - in una implicita richiesta di sbrigarsi.

"Serpeverde. Ottimo, sarebbe davvero ottimo. Dopotutto ce l'hai nel sangue, Gwendolyn Wood."  e qui esitò, come se stesse prendendo in considerazione qualcosa. Gwendolyn avrebbe preferito che si muovesse. L'idea di avere qualcuno che le frugasse nella testa la infastidiva più di qualsiasi altra cosa.

"Oh, ma qui c'è anche dell'altro. Bene, molto bene. Una delle scelte più difficili, a quanto pare. Serpeverde potrebbe non essere la strada giusta, sai?"

"Non me ne frega niente, sai?" fu la risposta di lei, che represse in malo modo uno sbuffo infastidito. Poté quasi giurare che il Cappello stesse ridendo. "Se la metti così... potresti sorprenderli tutti, sai? Credo sia meglio... "

In quel momento Gwendolyn non avvertì più la voce nella sua testa ma la sentì chiaramente attraverso le sue orecchie.

- GRIFONDORO!

La ragazza si tolse il cappello rapidamente, posandolo il più lontano possibile da lei.

- Bene, Mrs Wood. Grifondoro. Spero si trovi bene con i suoi nuovi compagni.

- Si, si. Certo. - bofonchiò ancora sorpresa di tutta quella scena mentre sentiva il sonno cominciare a pervaderla.

- La divisa e i suoi bagagli sono già stati trasportati in una delle stanze del dormitorio. Adesso la professoressa Mcgranitt l’accompagnerà…

Ma Gwendolyn non ascoltava più. Piuttosto, pensava a ciò che l’avrebbe aspettata l’indomani. Ciò che l’avrebbe aspettata nei giorni che avrebbe trascorso lì. La sua mente già vagava lontano e in un attimo si ritrovò a seguire una donna dall’aria rigida e severa, poi l’istante successivo si accorse a malapena di aver appena varcato la soglia di una grande stanza e di trovarsi in un comodo letto dalle coperte scarlatte mentre la mente e i pensieri si allontanano da quel posto e si perdevano nelle infinite spiagge assolate, galleggiavano nel mare salato e si distendevano in riva ad osservare un tramonto mentre l’aria fresca e salmastra li avvolgeva fra le sue spire.

**

Gwendolyn non aveva la benché minima voglia di alzarsi da quel caldo letto e lasciare che realtà la travolgesse come il vento impetuoso. Lo sapeva. Sapeva che se avesse lasciato quel caldo tepore avrebbe dovuto lasciarsi trasportare dal corso degli eventi. E in più avrebbe dovuto modificarli a piacimento di un tizio con qualche rotella fuori posto e la capacità di farti desiderare la morte con il solo sguardo. Di cattivo umore si accinse ad indossare la divisa accuratamente piegata su una sedia accanto al letto della sua stanza provvisoria. Da quanto aveva capito, avrebbe dovuto condividere la sua stanza con altre studentesse e questo non fece altro che aumentare la sua irritazione. Dopo una lunga seduta in bagno e almeno una ventina di minuti per tentare di rendere presentabili i suoi capelli si accinse a vestirsi. Indossò la camicia, la gonna, le calze, le scarpe e si avvicinò allo specchio mentre si annodava la cravatta rosso-oro non troppo stretta. Osservò il suo riflesso allo specchio e per poco non cominciò a bestemmiare Merlino e Morgana.

Certo, era sempre meglio di quell’orrenda tenuta che era costretta ad indossare a Bauxbatons, ma quel suo nuovo abbigliamento la faceva sembrare una bambola peggio di quell’altra. Soprattutto per il fatto che i suoi capelli si intonassero perfettamente alla cravatta e alla sciarpa. Per non parlare delle decorazioni che troneggiavano nei dormitori e nella Sala Comune. Parevano essere la casa delle bambole perfetta per l’aspetto della ragazza che vedeva allo specchio. E questo era una cosa che non migliorò affatto il suo umore, anzi, lo peggiorò di un centinaio di Walt. Con un gesto secco strappò via la cravatta e s’infilò il maglioncino scuro sopra la camicia. Mise il mantello e si assicurò di avere la bacchetta nella tasca. Diede un ultimo sguardo al suo riflesso e poi uscì in fretta e furia dal dormitorio e dalla Sala Comune, tentando di passare inosservata ai pochi studenti che a quell’ora girovagavano assonnati per la Torre. Gwendolyn era sempre stata mattiniera. Era solita svegliarsi molto presto, anche alla scuola francese, proprio per evitare l’ora cruciale in cui tutti gli studenti si riversavano nei corridoi per fare colazione. Immaginò che lì, ad Hogwarts, gli studenti non dovessero essere poi così diversi.

La sera prima la direttrice della sua casa le aveva dato alcune indicazioni sbrigative sui luoghi comuni più importanti prima di lasciarla “riposare” e se il suo senso dell’orientamento non era andato a farsi una vacanza proprio in quel momento, sarebbe riuscita a raggiungere la sala in cui solitamente si svolgevano i pasti senza alcun problema. Ma, nonostante ci si fosse messa d’impegno, sbagliò strada per due volte a causa delle scale che si spostavano improvvisamente ma riuscì ad arrivare finalmente in Sala Grande. Non c’erano molti studenti nemmeno lì. Il tavolo che suppose fosse quello di Grifondoro, contava si e no cinque ragazzi, probabilmente del settimo anno. La stessa situazione, comunque, si presentava negli altri tavoli. Prese posto verso il centro, ben distante da qualunque altro essere umano, e cominciò a mangiucchiare distrattamente una crepes con il cioccolato. Era buona, si ritrovò a pensare, ma non quanto quelle francesi.

Quanto le mancavano le crepes di lì. Quanto le mancava essere lì. Con un gesto brusco allontanò quei pensieri e si riempì il piatto, scegliendo con accurata e, forse fin troppa, attenzione soffermandosi su pietanze diverse per ammazzare il tempo. Non dovette attendere molto, però, prima che la Sala Grande cominciasse a riempirsi come al solito. Il vociare allegro e gli schiamazzi degli studenti la circondarono ma lei sembrò ignorare qualsiasi sguardo o parola, persa nel contemplare il cibo selezionato che aveva appena finito di mettere nel piatto. Ad un certo punto, però, la sua attenzione venne catturata da un gruppetto che si stava avvicinando al tavolo. Pose una mano sul suo viso, giocando pigramente con il manico del suo calice, mentre annoiata osservava i suoi bersagli. Non ci aveva messo molto a riconoscerli, dopotutto.

La cicatrice di Potter e il colore dei capelli di Weasley erano inconfondibili. E, andando per esclusione, le due ragazze accanto a loro dovevano essere la mezzosangue e la Reed. Li seguì con lo sguardo e stette a fissarli per un po', sorprendendosi nell’essere costretta ad ammettere che il loro legame doveva essere molto forte. Quasi riusciva a sentirlo. Distolse lo sguardo dal gruppetto e cominciò ad esaminare il tavolo degli insegnati quasi al completo. Poi passò ai Corvonero, ai Tassorosso ed infine ai Serpeverde. E per poco non cadde dalla panca sulla quale era seduta. Le ci vollero alcuni secondi per riprendersi. Si era completamente dimenticata di lui. Come aveva potuto? L’ombra di un sorriso le increspò le labbra per poi venire sostituito da un ghigno compiaciuto. Erano anni che lei e Draco non si vedevano e si disse che forse, con la sua presenza lì, sarebbe riuscita a sopportare meglio la situazione.

Sapeva che cosa era successo. Sapeva della faccenda del marchio e tutto il resto ma non aveva avuto la possibilità di incontrarlo a Malfoy Manor. Avrebbe voluto, però. Beh, dopo la colazione non avrebbe perso neanche un minuto e si sarebbe fiondata a parlargli. Aveva così tante cose da dirgli, aveva così tante frecciatine e schiantesimi da lanciargli, aveva così tanta voglia di ascoltare le sue prese in giro e rispondergli a tono, aveva così tanta voglia di discutere con lui. Gwen non era mai stata una tipa sentimentale, anzi. Odiava del tutto qualsiasi accenno di contatto umano. O meglio, quasi del tutto.

- Perdonatemi se interrompo la vostra colazione, ma ho un annuncio importante da farvi.

La voce di Albus Silente interruppe le sue riflessioni e la costrinse a rivolgere la propria attenzione su di lui. Accentuò il piccolo ghigno sulle labbra piene non appena il preside la invitò ad alzarsi mentre almeno un centinaio di sguardi si accingevano a rivolgerle la totale attenzione.

L'angolo di Hono:
Seeeera a tutti ^-^ Ventunesimo capitolo, che ne dite? Interamente dedicato a questo nuovo personaggio ispirato ad un'idea di Juuri, e per questo la ringrazio tantissimo e non smetterò mai di farlo. Beh, spero che vi piaccia, che non vi abbia deluso e che vi sia sembrata una svolta interessante nella storia. Non so come sia venuto quindi mi affido a voi :')
Ringrazio tuuuuutti quanti per il vostro sostegno, siete fantastici u.u Ringrazio coloro che recensiscono, coloro che hanno messo questa mia long tra le seguite, le preferite e le ricordate e ringrazio ancora una volta Juuri! <3
Allora, con questo vi lascio e alla prossima settimana ^-^ Mi raccomando, recensite se vi va C: Saaaluti
Hono







  
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