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Autore: angelinbluejeanz    24/02/2014    0 recensioni
Quando quegli occhi verdi incrociarono i miei, nel cuore provai un moto di profonda tenerezza e comprensione, perché capivo bene che aveva bisogno di aiuto, che aveva bisogno di parlare, che aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a trovare la via, non solo per l'appartamento, ma per la sua vita in generale. Ovviamente questo posso dirlo solo adesso, guardandomi indietro e ripensando a tutto quello che è successo a partire da quel giorno. Allora non sapevo, non ancora. Non sapevo che accettando di aiutarlo gli avevo appena dato pieno accesso alla mia casa, alla mia vita, al mio cuore. Che tutto avrei perso e che tutto avrei guadagnato. Questo non potevo saperlo. Non ancora.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Grant Gustin, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano i primi di giugno e a Bologna si trattava della classica giornata soleggiata e afosa. Io mi dirigevo spedita verso casa dopo aver passato, come ogni giovedì, l’intera mattinata al numero 38 di via Zamboni, ad aspettare che quella maledetta della professoressa Diotisalvi si palesasse per il ricevimento. Era perennemente in ritardo e noi laureandi non la sopportavamo più. Nervosa per aver passato più di tre ore senza far niente, per poi sentirmi dire: “va tutto bene, signorina, proceda su questa strada”, avanzavo con le cuffie nelle orecchie, ma l’mp3 spento, profondamente immersa nei miei pensieri. D’improvviso una voce mi fece tornare sul pianeta terra:

– Excuse me? Excuse me? –

– Hum? – Mi voltai confusa, sfilando le cuffie dalle orecchie. Gli occhi verdi e spaesati di un ragazzo alto e slanciato, presumibilmente americano dall’accento, mi stavano fissando con apprensione.

– Excuse me, I… I’ve just arrived here and I was looking for this agency I rented an apartment from, but the battery of my iPhone died and I am alone and I cannot figure out where am I and where to go now…–

Turisti! Pensai, ma non potei fare a meno di provare compassione per quel povero ragazzo che si trovava in una città sconosciuta. Era da solo, uno zaino in spalla, il manico di una valigia in una mano e un guinzaglio nell’altra, senza sapere dove andare. Seguii con lo sguardo il guinzaglio e vidi alla sua estremità un dolce barboncino bianco che si guardava intorno, anche lui confuso. Un moto di tenerezza mi percosse il cuore. Alzai gli occhiali da sole, gli sorrisi e risposi:

– Do you remember the name of the agency or maybe the name of the road you were supposed to go? – Gli chiesi gentilmente. Lui fece un’espressione strana, si passò una mano tra i capelli castani, scompigliati dal gel e dal caldo, e rispose:

– Something like Casada, or Cascata, I think… I am sorry It’s just – iniziò a dire. Io lo interruppi subito dicendo di non preoccuparsi e tirai fuori il mio cellulare per cercare su internet questa agenzia.

– Agenzia le Cascate, via Santa Maria maggiore? – chiesi incerta

–That’s it! Thank you so much! – mi rispose con un sorriso, e aggiunse: – Do you know how to get there? –

Avevo presente dove si trovava. Non era molto lontano da casa mia, e pensai che sarebbe stato meglio offrirmi di accompagnarlo invece che sprecare 10 minuti a spiegargli la strada, e passare il resto della giornata a chiedermi se avesse mai trovato il posto. Lui continuò a ringraziarmi per almeno 5 minuti, letteralmente, mentre io continuavo a ripetergli di non preoccuparsi. Camminammo per un quarto d’ora buono, parlando del più e del meno. Nonostante l’imbarazzo iniziale, scoprii che il ragazzo era un buffo chiacchierone. Mi disse di chiamarsi Grant e che viveva nell’assolata California, anche se era nato e cresciuto dalla parte opposta della costa americana, in una città di cui ignoravo l’esistenza. Mi raccontò che era arrivato in treno da Milano; Mi parse di capire che, per staccare un po’ la mente, aveva intrapreso questa sorta di viaggio solitario alla scoperta dell'Italia. Si recava all'avventura ora in una città ora nell’altra, organizzandosi uno o due giorni prima al massimo.

– You are weird – gli dissi, e lui rispose con un sorriso:

– Thanks –

– Here we are! – Esclamai indicando l’insegna dell’agenzia. Aveva tramite loro affittato un monolocale (così avrebbe vissuto la vera vita da italiano, mi puntualizzò) e doveva prendere le chiavi e l’indirizzo dopo aver deposto le generalità. Mi offrii di aspettarlo ed aiutarlo a trovare la via. In fondo non avevo nulla da fare, lui mi sembrava un ragazzo gentile e simpatico ed il suo cane era a dir poco adorabile. Che fosse un gran bel ragazzo e, per di più, americano era solo superfluo (sì, certo…). In ogni caso, andò a finire che lo accompagnai in via degli orefici e, una volta arrivati davanti al portone, provai una strana sensazione… Devo ammettere che mi dispiaceva lasciarlo ‘al suo destino’. In fondo avevamo legato quasi subito e c’era in lui qualcosa che mi intrigava –oltre al suo aspetto fisico. Notai che anche lui temporeggiava e, appena lo salutai augurandogli una buona vacanza, lui se ne uscì dicendo:

– Do you mind showing me where I can get some groceries? I can leave my baggage quickly upstairs and then we can go to the supermarket or whatever… if you don’t mind?– aggiunse vedendo il mio viso confuso.

Sorrisi: – Of course I don’t. I’ll wait for you down here. – Cosa avevo da perdere?

– I’ll be back in a sec! – mi rispose tutto d’un fiato e, in un attimo, sparì nel portone. Io rimasi lì, chiedendomi cosa stava succedendo e come mai mi ero fatta prendere da un attacco di gentilezza così acuto quando il telefono squillò:

-Ciao amore! Dimmi - era Nicola, il mio ragazzo

-Hey, niente, volevo solo avvisarti che stasera non ci sono… mi dispiace, lo so che ti avevo promesso di andare a cena... maaa ehm, mi ero dimenticato che avevo detto a Luigi…. – Smisi di ascoltarlo, eccolo che di nuovo mi rifilava la solita storia: aveva preso impegni quel giorno Luigi, quello precedente con Davide… Dio non voglia che una volta avesse detto: ‘mi spiace ragazzi, ma oggi esco con la mia ragazza’. Gli amici erano la sua priorità. Per carità, era un ragazzo dolce ed onesto, ma certi atteggiamenti proprio non li sopportavo più…

Era quasi un anno che uscivamo insieme. Forse ero io a pretendere troppo, ma avere sempre il secondo posto nel cuore di qualcuno alla lunga è deludente. Persa com'ero nei miei pensieri, non mi accorsi che Grant era tornato, e mi guardava sorridente dall’alto del suo metro e ottanta. Chiusi la chiamata con Nicola e ricambiai il sorriso:

– Ready to go? – chiesi. Lui annuì e cominciammo a camminare.

– IsEverthing fine? - mi domandò poco dopo.

–Yes, it is. Why? –

– You seemed lost earlier – mi disse semplicemente. Io non risposi, ma accennai un debole sorriso.

– You know, love troubles – risposi alla fine, alzando lo sguardo verso i suoi occhioni verdi.

– I know what I feels like – sussurrò debolmente l’americano, forse più a se stesso che a me.

Sono sempre stata brava a capire il carattere delle persone dalla prima impressione che ho di loro. Raramente mi sbaglio. Fin dall'inizio Grant mi era sembrato un ragazzo gentile e cordiale, anche se un po' distratto. Quella mattinata passata assieme mi permise di confermare in pieno la prima impressione che ebbi su di lui. Eravamo così diversi: lui impulsivo e coraggioso, io riflessiva e paurosa, ma c'era qualcosa in lui che mi colpì sin dal primo istante. Sentii una sorta di connessione speciale, come se il destino ci avesse fatti incontrare per una ragione... All'epoca tendevo però a ricacciare questi strani pensieri nell'antro da dove erano venuti. Sono sempre stata una ragazza sognatrice e con la testa fra le nuvole, una di quelle che viaggia più con la mente che con i piedi, ma questo mio atteggiamento mi aveva solo causato molti problemi e altrettante delusioni.

In quel preciso momento della mia vita ero in una fase di stallo, letteralmente. Stavo per laurearmi in Lettere moderne, mi ero iscritta per poter realizzare il sogno di divenire giornalista, ma nell'arco dei tre anni ero cambiata, non ero più così coraggiosa come prima, non ero più pronta a rischiare tutto per un futuro incerto. Ero in crisi, non sapevo più né chi ero né cosa volevo. Guardavo il mondo andare avanti, la vita scorrermi davanti con occhi stanchi e passivi. Tutti si muovevano, andavano da qualche parte, e io ero ferma, non sapevo dove andare. E poi ho incontrato Grant. É stata la mia ventata di aria fresca. É stato come scoprire di aver guardato in mondo in bianco e nero per tutto il tempo. Ripensandoci adesso, forse quello che mi ha spinto ad aiutarlo, quella mattina di giugno, fu proprio quello sguardo perso che incrociò il mio. Sentii come un'affinità, forse perché riconobbi nel suo sguardo le stesse paure che celava il mio. Ero brava a capire le persone dai piccoli gesti e dalle espressioni dei loro visi, dei loro occhi... Spesso intuivo molte cose senza rendermene bene conto. Quando quegli occhi verdi incrociarono i miei, nel cuore provai un moto di profonda tenerezza e comprensione perché capivo bene che aveva bisogno di aiuto, che aveva bisogno di parlare, che aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a trovare la via... non solo per l'appartamento, ma per la sua vita in generale. Ovviamente questo posso dirlo solo adesso, guardandomi indietro e ripensando a tutto quello che è successo a partire da quel giorno. Allora non sapevo, non ancora. Non sapevo che accettando di aiutarlo gli avevvo appena dato pieno accesso alla mia casa, alla mia vita, al mio cuore. Che tutto avrei perso e che tutto avrei guadagnato. Questo non potevo saperlo, quella calda e assolata mattina di giugno. Non ancora.

  
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