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Autore: KuromiAkira    24/02/2014    4 recensioni
Il ragazzo annuì mentre la ragazzina si avvicinava, ammirata. - È ciò che hanno usato anche quelle persone? - chiese, sottolineando le ultime due parole con un tono disgustato.
L'uomo rise. - È molto di più, Kyoka. È molto di più. Con questo potrete fare quello che volete. Ma saremo soli, ve la sentite lo stesso? -
- Ma certo! - rispose lei, sorridendo. - Non abbiamo nessun dubbio, vero fratellino? - domandò poi, rivolgendosi all'altro.
- Nessuno - confermò il fratello, avvicinandosi a sua volta e chinandosi appena verso il contenuto della valigia.
- Ora, finalmente, potremo avere la nostra vendetta - mormorò.
Entrambi i ragazzini sogghignarono e il buio della stanza rendeva le loro espressioni estremamente sinistre.
[Sun Garden/Aliea Academy + Original Characters]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Midorikawa Ryuuji, after Reize and the Aliea Academy'
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Onigawara arrivò all'orario concordato, ma accettò di posticipare di un giorno l'interrogatorio di Kyoka.
Tuttavia si appartò con Seijirou e Hitomiko per parlare della situazione.
Avevano registrato delle attività nei pressi della ormai unica base a disposizione di Kenzaki, ed era ormai chiaro che avevano perso gli uomini che erano rimasti lì per cercare di aprire un varco.
Le probabilità che Kenzaki fosse disposto a coinvolgere altre persone innocenti o addirittura ad ucciderle erano molto alte, per questo dovevano fare molta attenzione, da lì in avanti. Onigawara affermò che, per quel motivo, per il momento non avrebbe mandato altri uomini, preferendo attendere il momento giusto.
Kirishima Minoru era da portare via da quel posto il prima possibile, ma a Kenzaki serviva vivo, per cui era improbabile che fosse in imminente pericolo di vita.
Durante tutto il discorso, Seijirou provò una strana sensazione. Onigawara parlava come se, da quel momento in poi, ci avrebbero pensato la polizia a risolvere tutto, attendendo solo il momento adatto.
Ma Kira era convinto che i ragazzi del Sun Garden sarebbero stati coinvolti fino alla fine. D'altronde Kenzaki voleva vendicarsi di lui facendo del male ai suoi figli. Di certo li avrebbe attaccati ancora.
Senza contare che non era certo che Kyoka sarebbe rimasta tranquilla a lungo.

Durante le ore successive nessuno andò a trovare Kyoka.
Gli orfani del Sun Garden si sentivano parecchio a disagio sapendo che lei era dentro l'edificio, a pochi metri da loro e, nonostante fossero consapevoli che dovevano cercare di comprenderla, il terrore e il dolore provati nell'ultimo periodo erano ancora troppo forti per riuscire ad affrontare con tranquillità quella ragazzina.
Anche Midorikawa, uno dei pochi ad avere già totale fiducia in Kyoka, si astenne dall'avvicinarsi a lei, ma solo perché riteneva che entrambi avessero bisogno di riflettere con calma sulla situazione.
Il giorno dopo, insieme a Seijirou, Onigawara entrò nella camera della ragazzina, trovandola vuota.
L'agitazione fu immediata, per un momento Seijirou temette che fosse andata dal fratello, nel tentativo di salvarlo da sola.
Tuttavia, prima che entrambi riuscissero a dare voce alle loro preoccupazioni, Hitomiko entrò nella stanza e attirò la loro attenzione.
- È andata a scusarsi con Nagumo - li avvertì, grave in volto.
L'aveva vista con i suoi occhi entrare nella stanza del ragazzo dai capelli rossi e, nonostante fosse convinta che fosse troppo presto per certe cose, non l'aveva fermata.
Nagumo e Suzuno non avrebbero reagito bene, ma queste erano conseguenze che quella ragazzina doveva affrontare.

Era rimasta immobile davanti a quella porta per parecchi minuti, prima di decidersi ad entrare.
Prima di allora, svegliatasi prima del sorgere del sole e incapace di riprendere sonno, si era aggirata silenziosamente per i corridoi, consapevole di poter essere fraintesa, se vista da qualcuno.
Il ragazzo con i capelli rossi che lei e Minoru avevano torturato l'aveva visto solo di sfuggita, dentro quella stanza, quando fu portata in quell'edificio il giorno precedente, e pensò fosse una fortuna sapere già dove andare.
Eppure, una volta raggiunta la stanza, non era riuscita a trovare il coraggio di entrare subito.
Ricordava bene cosa aveva fatto a quel ragazzo. Il sangue, le urla, gli insulti che aveva rivolto loro...
Nel rievocare quei momenti provò un senso di disgusto talmente intenso che la consapevolezza di aver provato, quella volta, un insano divertimento e soddisfazione la stupiva.
A quel pensiero gli occhi s’inumidirono ancora, Kyoka abbassò lo sguardo.
"Sono una persona orribile" pensò. Probabilmente anche il motivo per cui si trovava lì, in fondo, era riconducibile a puro egoismo.
Voleva sentirsi perdonata.
Ma una cosa del genere era del tutto improbabile. Tuttavia, sentiva di dover chiedere a scusa a quel ragazzo.
Lentamente si avvicinò e posò la mano sulla maniglia della porta.
Le venne in mente di dover prima bussare solo dopo aver aperto l'uscio.
Troppo tardi. Il ragazzo con i capelli bianchi, che ella ricordava essere stato il suo 'primo obbiettivo' il giorno in cui rapì l'altro ragazzo, era seduto vicino al letto, ritto sulla schiena e sveglio.
Nel sentire la porta cigolare appena, sollevò lo sguardo e la vide. Il volto semi-assopito mutò all'istante in un'espressione sconcertata.
Suzuno sapeva che Kyoka era stata portata lì, e che si era pentita. Ma rivederla improvvisamente lì, quando l'ultimo ricordo che aveva di lei era quello della ragazzina che rideva divertita della loro paura e che aveva fatto del male a Haruya, fu uno shock.
Nagumo si voltò subito dopo, reagendo allo stesso modo.
Kyoka capì che anche lui era sveglio e si era voltato dopo aver notato il cambiamento nello sguardo dell'amico.
La ragazzina si pentì immediatamente di essere andata da loro, tuttavia aprì ancora la porta, ed entrò nella camera con insicurezza.
I due orfani del Sun Garden non dissero nulla, si limitarono ad osservarla. I loro sguardi erano un misto paura, diffidenza e disprezzo.
Kyoka portò entrambe le mani sul petto, stringendole tra loro e iniziò a mordersi il labbro inferiore.
Dopo qualche altro istante di silenzio, decise di parlare.
- So che non volevate vedermi - esordì con un filo di voce, abbassando lo sguardo. Quel gesto non le permise di notare il leggero cambiamento dello sguardo di Fuusuke, come se solo in quel momento si fosse accorto che la ragazzina davanti a lui si era davvero pentita di quello che aveva fatto.
- Io... volevo solo chiedere scusa - confessò con voce tremante. In quel momento la situazione sembrava essersi capovolta, rispetto qualche tempo prima. Ora era Kyoka ad essere spaventata, ad aver paura di eventuali vendette che, forse, sapeva di meritare. Sembrava piccola, fragile e inerme, davanti a loro, davanti a due ragazzi poco più grandi di lei, di cui uno gravemente ferito, e che teoricamente non rappresentavano davvero una minaccia.
Temeva il loro giudizio, temeva la loro risposta, temeva di non meritare alcun perdono, mai più.
Tuttavia, Nagumo non rispose. Si limitò a fissarla, grave in volto, senza nemmeno sforzarsi di trovare le parole adatte, anche solo per sfogare tutto ciò che aveva passato a causa sua. Era ancora stanco e dolorante, e non aveva voglia di fare qualcosa. Ma la presenza di quella persona lo disturbava.
Tornò ad osservare il soffitto, cercando di ignorare la presenza di quella ragazzina.
Suzuno non parlò a sua volta, pur continuando a tenere lo sguardo fisso su di lei, come per controllarla.
Capiva e condivideva i sentimenti dell'amico.
Perdonare e dimenticare era difficile, forse impossibile. Almeno per il momento.
Kyoka attese per un paio di minuti. Non sapeva cosa fare o cos'altro dire, benché forse fosse suo dovere aggiungere qualcosa. Forse, pensò, quelle scuse non erano abbastanza.
- Ehm... - mugugnò, azzardandosi a sollevare lo sguardo.
Suzuno ancora la fissava.
- Esci - le intimò, capendo che quella ragazzina aveva intenzione di rimanere lì e parlare, con una durezza tale da farla sussultare.
Gli occhi glaciali di Fuusuke le fecero comprendere con chiarezza che non l'avrebbero ancora perdonata. Tremando, riabbassò lo sguardo e si affrettò ad ubbidire, lasciando la stanza e chiudendo la porta. Una volta ritrovatasi nel corridoio, scoppiò a piangere e si coprì la bocca con la mano, nel tentativo di soffocare i singhiozzi.
Si sentiva peggio di prima. Come aveva temuto, sapere di non poter ricevere alcun perdono la rendeva ancor più consapevole di quello che aveva fatto. D'altronde, perdono o meno, lei doveva chiedere scusa.
E, sebbene sapesse di meritarselo, non sopportava quel dolore.
- Stai bene? - domandò Hitomiko, avvicinandosi a lei.
Kyoka sussultò. Non si era accorta della presenza della donna. Non ebbe la forza di guardarla, o di risponderle.
Kira la raggiunse.
- Che tu abbia voluto affrontare Nagumo e chiedere scusa ti fa onore - le disse, benché sembrasse consapevole di ciò che la ragazzina si portava dentro in quel momento. - Ma è troppo presto, adesso. Loro non sono pronti a dimenticare, così facendo farai riaprire ferite non ancora chiuse - spiegò.
Avrebbe potuto fermarla e dirle quelle cose prima, ma Hitomiko aveva ritenuto comunque giusto lasciarla fare.
Suzuno e Nagumo erano abbastanza forti di non lasciarsi turbare da quel breve incontro e Kyoka, per maturare, doveva confrontarsi con quella realtà, doveva rendersi conto del dolore che aveva lasciato dentro di loro. Non per punizione, ma per diventare più forte e affrontare nel modo giusto le proprie colpe.
Rimasero lì, immobili, per almeno un quarto d'ora. Hitomiko lasciò che la ragazzina piangesse e si calmasse, prima rivolgerle ancora la parola.
- Il detective Onigawara è qui per farti delle domande. Te la senti? - domandò con dolcezza.
Kyoka fissò il pavimento in silenzio, riflettendo. Infine annuì, pur senza alzare lo sguardo.
La donna le porse la mano senza più aggiungere nulla e la accompagnò senza alcuna fretta nella sua stanza, dove Onigawara e Seijirou la attendevano.

Kyoka, nonostante tutto, fu molto disponibile a parlare.
Onigawara non iniziò subito, attendendo che si sedesse nel letto e riordinasse prima le idee ma, una volta iniziato l'interrogatorio, la ragazzina raccontò senza esitazione tutto ciò che sapeva e ricordava. Descrisse spesso i sentimenti provati durante quei due anni, le impressioni che aveva avuto su Kenzaki e la base dentro cui aveva abitato in quel periodo, riuscì persino a rievocare i momenti dell'intervento, pur scoppiando in lacrime.
Ogni tanto sembrava sul punto di crollare, dovette interrompersi per lunghi minuti, ma disse tutto quello che era necessario e Onigawara, infine, fu molto soddisfatto e persino sorpreso dal modo in cui Kyoka aveva affrontato quella situazione.
Se non fosse stato per lo sguardo pieno di dolore, l'uomo avrebbe pensato che stesse raccontando la storia di qualcun altro, assorta e meccanica com'era stata nel rivelare i dettagli.
Pensò che fosse semplicemente il suo modo di reagire e non disse nulla. Si alzò e richiuse l'agenda usata per prendere appunti, ma si sentì afferrare per la lunga giacca marrone e abbassò lo sguardo verso Kyoka.
La ragazzina teneva gli occhi fissi sulle coperte, quasi intontita dopo aver dovuto affrontare quei ricordi.
- Salverete Minoru? - sussurrò.
Il detective assottigliò gli occhi, trattenendo un sospiro, comprendendo bene che quello fosse l'unico pensiero di quella ragazzina.
- Faremo il possibile - replicò con voce calma. - Non ti nascondo che sarà difficile, Kenzaki sa essere imprevedibile; ma immagino che tu, questo, lo sappia bene. -
Kyoka piegò la bocca verso il basso, in un'espressione consapevole.
- Piuttosto, ora dobbiamo pensare ad avvertire i tuoi tutori - affermò
Kyoka sussultò, sorpresa da quella domanda, e quando sollevò la testa la sua espressione era impaurita.
Non aveva ancora ponderato l'idea di tornare a casa, ed era molto spaventata da quell'eventualità.
Erano passati due anni, né lei né Minoru si erano preoccupati di avvertire e, anzi, si erano quasi totalmente scordati delle persone che avevano avuto vicino nella loro infanzia.
Si vergognava a chiamarli, o al solo pensiero di rivederli. Sicuramente si erano preoccupati a morte, e forse si sarebbero anche arrabbiati o peggio.
Non voleva incontrarli, non dopo quello che aveva fatto.
A quel punto Hitomiko, sempre rimasta vicina alla parete ad ascoltare in silenzio, fece qualche passo avanti.
- Kyoka - la chiamò, con la sua solita voce sicura e composta. - Se anche riuscissimo a salvare tuo fratello, dopo dovrete comunque affrontare i vostri genitori adottivi. Siete scomparsi per due anni, il vostro ritorno avrà un grosso impatto sia su di loro che su di voi. Capisco che ora tu sia spaventata, ma ricorda che prima o poi dovremo avvertirli - spiegò.
- L-Lo so - rispose lei, sottovoce, non trovando nemmeno il coraggio di guardare la donna negli occhi. - M-ma vorrei... che ci fosse anche Minoru. Vorrei che ci vedessero insieme, vorrei che fosse tutto finito, per allora... - bisbigliò timidamente. Le lacrime tornarono a scorrerle sul suo volto e lei maledì il proprio carattere debole.
La donna la fissò qualche istante, con la solita espressione apparentemente severa.
- Dovrai comunque rimanere qui, per il momento. La loro presenza potrebbe rendere più facili le cose, per te - ipotizzò.
Ma Kyoka scosse energicamente la testa, rimanendo ostinatamente nella sua posizione.
Hitomiko sospirò e lanciò uno sguardo ai due uomini nella stanza, ma non aggiunse nulla e in breve lasciarono la camera, permettendo alla ragazzina di riposare.

Nelle ore successive Kyoka comprese cosa voleva dire quella donna.
Il detective se n'era andato, Kira Seijirou e Kira Hitomiko badavano e controllavano gli altri orfani e lei non aveva il coraggio di uscire dalla propria stanza.
Si sentiva molto sola.
Da anni, ormai, non si trovava con molta gente attorno, ma era anche vero che aveva sempre avuto Minoru al suo fianco.
In quel momento era sola e probabilmente lo sarebbe rimasta per molto tempo.
Quella situazione contribuiva a farle ripensare al passato, ai propri sbaglia. Pensava a Minoru, a Hiroki, ai suoi tutori e a tutto quello che aveva fatto, e ogni volta sentiva di essere ancor più pentita.
Senza riuscire a controllare i propri pensieri, continuava a chiedersi come avevano potuto, lei e il gemello, finire in quel modo.
Pur ricordando bene il dolore provato alla morte del fratello maggiore, in quel momento non comprendeva più come avevano potuto lasciarsi convincere da Kenzaki a fuggire di casa e ad immischiarsi in quell’assurdità.
Sembrava irreale, eppure fino a due giorni prima il suo cuore era pieno di rabbia, di odio, di desiderio di vendetta e privo di dubbi.
E non poté fare a meno di ripensare ai ragazzi a cui aveva fatto del male, e al loro sbigottimento dopo aver saputo di Hiroki. Cominciò a comprenderli ancora di più, a sentirsi sempre più simile a loro, e a capire che i crudeli alieni verso cui aveva riversato il suo odio non erano mai esistiti davvero, ma erano sempre stati dei ragazzini, anche due anni prima, forse immaturi e spaventati, come lo era lei ora.

Quando fu ora di pranzare furono delle infermiere a portargli qualcosa da mangiare; tuttavia Seijirou andò a trovarla subito dopo.
La naturalezza con la quale lui le parlava la tranquillizzò pian piano e iniziò a conversare con lui con strabiliante facilità.
Seijirou non volle più parlare della situazione attuale; piuttosto le domandò di raccontarle la sua infanzia, ascoltò anche gli argomenti più stupidi.
Pur confusa, la ragazzina comprese che Kira era lì solo per lei, in quel momento. Che le stava parlando per farla stare a suo agio per quello che era possibile.
Così, in un momento di silenzio, nel trovare il coraggio di osservare con attenzione il largo volto dell'uomo, Kyoka si ritrovò a sorridere leggermente, e si ritrovò a desiderare di incontrare e parlare con altre persone, tutti i conoscenti, gli amici e gli affetti che si era negata in quei due anni per una fatale scelta sbagliata. E infine il suo pensiero tornò a Minoru. Il sorriso si spense, la ragazzina abbassò lo sguardo. Voleva far provare quelle sensazioni anche a lui. Era con Minoru, che doveva ricominciare.
Lei e Seijirou non avevano ancora trovato occasione di riprendere a parlare che la porta si aprì.
Voltandosi verso l'entrata, entrambi intravidero per pochi istanti Hitomiko e Onigawara, che tuttavia si spostarono subito e lasciarono il passaggio a una donna e a un uomo, entrambi di mezza età.
La donna era alta, aveva i capelli castani e corti. Vestiva con un tailleur bordeaux, ma ciò che si notava di più in lei era il colore rosso intenso del rossetto, che quasi strideva in mezzo alla pelle chiara.
L'uomo aveva i capelli scuri e la mascella molto pronunciata, occhi severi e il vestito elegante, tipico degli impiegati.
Appena entrati, entrambi si bloccarono per fissare Kyoka che, stupefatta, ricambiava l'occhiata con la bocca spalancata.
- Asako? Saburo? - balbettò la ragazzina, con voce tremante.
La donna si coprì subito la bocca con le mani e scoppiò in lacrime, correndo vicino al letto per abbracciarla. Gli occhi dell’uomo si addolcirono in modo quasi irreale.
- Kyoka! - esclamò, stringendola a sé. - Lo sapevo che eri viva! Non ho mai smesso di sperarci! - La ragazzina rimase immobile qualche istante, ascoltando i singhiozzi della madre adottiva e osservando il volto commosso del padre adottivo, che raramente mostrava apertamente i suoi sentimenti. Infine ricambiò la stretta e scoppiò a piangere a sua volta.
Non aveva la forza di parlare in quel momento, pur volendo dire tante cose. Avrebbe voluto scusarsi, avrebbe voluto ringraziarli. Ma poté solo stringersi al corpo della donna ed espirare il suo profumo, che era lo stesso di due anni prima e che le rievocava innumerevoli ricordi.
Aveva detto di non voler rivedere i suoi tutori, almeno per il momento, ma averli lì, adesso, era fonte di enorme conforto. Se si fosse lasciata andare a quell'affetto due anni prima, forse lui e Minoru non avrebbero mai commesso quegli errori.
Quando Asako riuscì a calmarsi si allontanò appena, per poter osservare ancora il viso della ragazzina. A quel punto anche Saburo si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, posando con delicatezza la mano sulla schiena della figlia.
- Piccola mia - mormorò lei, carezzandole i capelli e la guancia. - Il detective Onigawara ci ha spiegato tutto. Devi aver passato momenti orribili. -
Kyoka si irrigidì e mutò lo sguardo in un'espressione di puro terrore. Le lacrime tornarono a scorrere. - M-mi dispiace - balbettò. - Non odiatemi! - li pregò, pur consapevole di non averne il diritto.
- No, no! Noi non ti odiamo affatto! - si affrettò a chiarire la donna. - Non potremmo mai. Non siamo i tuoi veri genitori, e non potremo mai sostituire Nobu e Madoka, ma per noi sei la nostra preziosa figlia - spiegò, riabbracciandola. - Eravamo così preoccupati per te e Minoru... -
- M-mi dispiace. Minoru non è con me. Lui è ancora lì! Minoru è ancora lì, Asako! Abbiamo fatto delle cose orribili, siamo stati così stupidi! - esclamò disperata. aggrappandosi alla stoffa scusa della giacca della donna.
- Tranquilla. Si sistemerà tutto. Io non ho mai smesso di sperare e continuerò a credere in voi. -
- D-davvero non mi odiate? - domandò, guardandola negli occhi chiari. - Ho fatto del male a tante gente! Stavo per… uccidere - pigolò abbassando lo sguardo, sentendo tutto l’orrore delle sue azioni nelle proprie parole.
Asako le sorrise dolcemente e annuì senza alcuna esitazione. Certo, era un argomento difficile e le azioni commesse da Kyoka erano gravi; ma Onigawara e Kira Seijirou avevano spiegato a lei e al marito tutta la complicata situazione e, seppur sconcertati, né lei né il consorte si erano sentiti di odiare la ragazzina dopo aver l’occasione, finalmente, di riabbracciarla.
Per anni si erano chiesti cosa fosse successo e, quando finalmente avevano saputo la situazione, si erano domandati se non fosse anche loro, la colpa, per non averli capiti. Avevano cercato di stare più vicino possibile ai due bambini, pur addolorati per la morte del loro figlio adottivo.
Forse avevano sbagliato qualcosa; ma, come Kyoka era stata capace di capire i propri errori e tornare indietro, ora loro avrebbero cercato di rimediare.
- Sei pentita? - domandò invece Saburo, un uomo di per sé di poche parole.
Kyoka conosceva bene l'uomo e, anche solo con quella domanda, capì perfettamente cosa provava. Così annuì e si coprì gli occhi con il braccio, nel tentativo di fermare le lacrime.
- Sì - affermò.
L'uomo sorrise e abbracciò la moglie e la figlia adottiva.
- Minoru tornerà da te. Se tu hai scelto di stare da questa parte, lui ti seguirà - mormorò.
Ma Kyoka non riuscì credere alle parole del padre adottivo. Da qualche parte, nel suo cuore, sapeva che questa volta doveva essere lei ad andare da Minoru, prenderlo per mano e portarlo in salvo.





Note finali: Mi scuso per il tremendo ritardo.
Ho avuto difficoltà col capitolo 23. L'avevo scritto, ma mi sono resa conto che non mi piaceva per niente e ho provato a rifarlo tutto. Ci ho messo due mesi a concluderlo. Spero, questa volta, sia la volta buona XD
Questo è un altro capitolo dedicato a Kyoka. Abbiate pazienza, non posso liquidare facilmente la sua conversione. E poi ho voluto introdurre anche i suoi genitori adottivi.
Comunque, alla fine mi spiace come sto impostando questa fiction, perché sto caratterizzando poco gli orfani del Sun Garden. Per quanto il protagonista assoluto sia Midorikawa, avrei voluto dare più spazio a tutti. Solo che... sono troppi e assolutamente non caratterizzati dalla Level 5! Io ci ho provato ma...
Non so. Credo di aver sbagliato qualcosa. Forse è per questo che vado avanti arrancando. Mi dispiace molto.
Spero di riuscire a concludere con facilità questa fiction.
  
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