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Autore: xlovesharoldo    25/02/2014    5 recensioni
Ridacchiai quando una strana scena si fece spazio nel mio cervello.
- Mi ricorda Titanic. – ammisi.
Mi stampò velocemente un bacio sulle labbra, ridendo poi da solo. Lo guardai divertita, mentre scuoteva la testa. Le sue dita passarono nei miei capelli, togliendoli dal mio viso.
- Dove la porto signorina? – sorrisi come non mai. Strinsi forte la sua maglia fra le mie dita.
- Su una stella. – indicai il cielo.
Ridemmo insieme, riportando esattamente le parole del film. Non riuscivo a credere che così tante persone fossero morte così, nel gelo delle acque dell’Atlantico. Non credevo nemmeno di essere lì, in quel momento.
- Non credo di poterti portare su una stella. – sussurrò dispiaciuto. Passai le mie mani dietro la sua schiena, abbracciandolo forte.
- E allora portami con te, ovunque andrai.
*
Quale amore, meglio di quello che nasce sulle acque dell'oceano?
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TRAILER : https://www.youtube.com/watch?v=qhZTHAsTO34
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



Mi strinsi nelle coperte per l’ennesima volta. Che ore erano? Le cinque di mattino? Le due del pomeriggio? Non mi interessava. Avevo passato la notte quasi in bianco, se non per qualche ora di sonno, fra un risveglio e l’altro. Quello stupido mal di pancia mi aveva tenuta sveglia tutto il tempo. Aggiungendo poi il fatto che a un certo punto fossi andata in bagno, ritrovandomi le mutandine sporche di rosso, il fatto che mi fossi completamente dimenticata che erano perfino in ritardo, il fatto che a un’ora indefinita mia zia abbia svegliato Sara, svegliando anche me … Dio, che nottata da schifo. Speravo di passare il resto dei miei giorni in quel letto, avrei fatto di tutto, pur di non uscire dalle coperte in quel momento. Le fitte erano abbastanza forti, come al solito. Maledicevo il mio ciclo tutti i secondi che passavo in silenzio, a rigirarmi e ad annoiarmi in quella cabina ancora immersa nel buio. Fortunatamente mia zia aveva compreso la mia situazione, lasciandomi dormire un po’ di più, come se fosse stato possibile. Il fatto era che mi annoiavo, che nonostante questo non avevo voglia di fare niente, nemmeno di allungare il braccio per prendere il cellulare. Quando improvvisamente si aprii leggermente la porta, uno spiraglio di luce entrò: mi rigirai dall’altra parte, tenendo una mano sulla pancia, riscaldandola. Sentii un paio di voci, poi solo una.
- Martha?! – mi chiamò qualcuno. Solo gli inglesi mi chiamavano così. Sbuffai mentalmente, ignorando tutto e tutti. La porta fu di nuovo chiusa, mentre un’altra luce proiettò la mia piccola ombra davanti a me. Chiusi gli occhi, quando un peso si aggiunse sul materasso. – Dai svegliati. – riconobbi immediatamente la voce di Niall. Ovvio, lui sapeva dov’era la mia cabina. Ma non volevo alzarmi, assolutamente no. Mugugnai in risposta. Lo sentii ridere leggermente, mentre mi illuminava il viso con il suo cellulare. – Martha. – mi richiamò, accarezzando la mia spalla da sopra le coperte e la maglietta.
- No. – risposi decisa. Non mi importava nemmeno se il mio alito faceva rivoltare i morti dalle tombe e se la mia voce sembrava più quella di Enzo di Ma come ti vesti?! in preda alla bronchite acuta.
- Ho fatto qualcosa? – cambiò di tono lui. Sbuffai: come al solito non aveva capito nulla, non era di certo colpa sua. Mi misi a pancia in su, guardando per la prima volta il suo viso. Il ciuffo era stato tirato su da una spruzzata di lacca di cui potevi percepirne l’odore, misto al profumo che probabilmente quella mattina aveva messo. Portava una maglietta bianca con le maniche nere fin troppo leggera per i miei gusti. Mi trattenni dal fargli da mammina, dicendogli di mettersi qualcosa di più pesante. Il suo cellulare era sbloccato sulla prima pagina dello screen che mostrava parecchie app, riconobbi Twitter, Instagram, Skype e Youtube. Lo guardai un po’ sofferente, sembrò preoccuparsi ancora di più. – Stai male? – chiese, portando una mano sulla mia fronte.
- Entro stasera starò meglio. – lo rassicurai. Mi guardò storto, iniziando a accarezzarmi i capelli, legati in una crocchia ormai più che disordinata.
- Sicura? – Conoscevo le mie mestruazioni da quasi 5 anni e il primo giorno era sempre così, mi ritenevo perfino fortunata: conoscevo casi peggiori e nel mio c’erano solo le prime ore di inferno e qualche fitta magari nei giorni seguenti, ma era come se non avessi nulla. Annuii, chiudendo gli occhi e godendomi il suo tocco. Le sue coccole erano così rilassanti, anche se i miei muscoli dell’addome si contraevano dal dolore, le sue carezze mi mandavano in crisi il cervello. – Hai dormito stanotte? – forse aveva notato le occhiaie. Scossi lievemente la testa. La sua mano si fermò per qualche secondo. Percepii le sue labbra leggermente bagnate posarsi sulla mia fronte. Anche se non era la situazione adatta mi sentii andare a fuoco. Per evitare una figuraccia, mi capovolsi velocemente, mettendomi a pancia in giù. Rise lievemente, mettendosi nella mia stessa posizione. Lo vidi sistemarsi sui gomiti, mentre io lo seguivo in ogni movimento. Lasciò il cellulare in mezzo a noi, la poca luce mi permetteva di notare perfettamente la differenza fra l’iride e la sua pupilla. Mi mostrò i denti, avvampai di nuovo, affondando la faccia nel cuscino, cercai di respirare quell’aria soffocata, stringendomi il ventre con entrambe le braccia. – Allora non scendi a Montecarlo oggi pomeriggio? – mi girai verso di lui un po’ dispiaciuta. Se avessi avuto voglia e forze, sarei saltata fuori dalle coperte in quello stesso istante, seguendolo ovunque sarebbe andato, ma purtroppo non me la sentivo. Controllai l’ora sul suo cellulare: segnava all’incirca l’ora di pranzo, ci saremmo fermati come a Livorno solo poche ore. Scossi di nuovo la testa, non trovando le parole per spiegargli che un flusso di sangue che mi usciva da parti che era meglio non nominare mi impediva di alzarmi da quel letto. Come sei simpatica quando sei mestruata, Marta.
- Scusa. – cercai di rimediare. Fu il suo turno di scuotere la testa, sorridendo.
- Vorrà dire che stasera starai con noi. – ci rimasi un po’ delusa quando sentii quel noi. Nonostante sapessi che io e lui non eravamo niente e molto probabilmente non lo saremmo mai stati, faceva male sapere che quell’attrazione che provavo per lui non era ricambiata. Adoravo i ragazzi, per quel poco che gli conoscevo, ma Niall, lui era unico. Gli sorrisi, mentre si alzava lasciando un vuoto più grande di quello che sembrava accanto a me. – Dovrò dire a Liam che non potrai ballare con lui oggi.
Risi leggermente, ricordandomi di quello strano ballo che avevamo fatto sulle note del loro nuovo singolo. Si schiarì la voce e capii che voleva dirmi qualcosa di interessante. Misi un braccio sotto il cuscino, appoggiandoci poi su la testa. Cercò con lo sguardo qualcosa nella cabina, ma il buio non gli permetteva granché perciò tornò a guardarmi negli occhi.
- Non ho ancora il tuo numero. – sorrisi come un ebete alla sua timidezza. Era vero, non c’eravamo ancora scambiati i numeri di telefono. Mugugnando un po’ mi misi seduta, facendo cadere le coperte dalle mie spalle. Il cambiamento di temperatura mi fece rabbrividire un po', anche perché indossavo un pigiama piuttosto leggero. Sorridendo, alzai la mano verso di lui. Esultando come un bambino, mi diede subito il suo cellulare. Cercai quella che doveva essere la rubrica, riconoscendola dall’icona. Mi stropicciai qualche volta gli occhi con una mano, schiacciando con un minimo di attenzione le lettere che formavano il mio nome e cognome. Poi ci pensai su, cancellando il cognome e aggiungendo l’h a Marta. Così mi chiamava, così mi avrebbe riconosciuta. Salvai con un po’ di paura: Niall James Horan aveva il mio numero di cellulare. Mi ringraziò continuando a farci luce con il telefono.
Guardò velocemente l’ora, voltandosi verso di me. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse, spalancando gli occhi. Riguardò sullo schermo, imprecando. Scoppiai a ridere, tornando stesa sul materasso.
- Devo andare a mangiare. - Fece il giro del letto, fermandosi vicino a me. Prese le coperte, tirandole su, fino alle mie spalle. Gli sorrisi, sistemandomi meglio. Tirai fuori un braccio, allungandolo verso di lui: si abbassò e spingendolo da dietro le spalle lo feci scendere al mio livello. Alzandomi leggermente con la schiena gli scoccai un bacio sulla guancia. Rise piano, sistemandomi nuovamente le lenzuola. - Ti chiamo dopo. – sussurrò al mio orecchio, ricambiando il bacio. Per qualche secondo non vidi più la luce ma solo la sua schiena mentre si avviava alla porta. Avrei voluto fermarlo ma non volevo che rinunciasse a una città bella come Montecarlo per me. Aprì leggermente la porta e mi fece un sorriso prima di chiudendola alle sue spalle. Mi rilassai sul materasso, fissando il soffitto scuro della mia cabina di nuovo immersa nel buio. Sospirai, chiudendo gli occhi. Avrei mangiato più tardi, in quel momento volevo solo dormire.
 
Allungai il braccio verso il comodino, picchiando qualche volta la mano sulla superficie in legno. Dovetti riprovarci più volte prima di riuscire a prendere il cellulare che continuava a vibrare, senza colpire i miei poveri occhiali. Mi girai sulla schiena, portando l’apparecchio all’orecchio. Dovetti schiarirmi due volte la voce prima di riuscire a fare uscire una parola.
- Pronto?! – risposi, ancora con la mente altrove.
- Hi! – mi salutarono dall’altra parte. Mi alzai di scatto sul letto, facendomi girare la testa. La ressi con una mano, mentre cercavo di capire che ore erano.
- Ragazzi … Ciao. – ricambiai. Sentii un insieme di voci una sopra l’altra che mi fecero allontanare il telefono dall’orecchio. – Non capisco nulla. – altri rumori sospetti. Ma cosa stavano facendo? Mi alzai non senza fatica dal letto, aprendo finalmente le tende e la porta-finestra.
- Siamo a Montecarlo! – urlò quello che riconobbi come Louis. Sorrisi, almeno loro l’avrebbero vista.
- Sono contenta per voi. – dissi, mentre mi affacciavo al balcone. Le nuvole erano quasi del tutto scomparse, facendo spazio a un sole pallido e a un’arietta stranamente rinfrescante. Anche per quella volta il destino aveva voluto una bella giornata per l’unico giorno in cui non potevo muovermi. Sbadigliai rumorosamente.
- Stavi ancora dormendo? – mi chiese Harry. Alzai un sopracciglio divertita, Niall aveva detto tutto hai ragazzi.
- Si e ho fame. – risposi sincera. Presi il mio Ipod, controllando l’ora: le 15.36, tardi, troppo. Non avevo pranzato e ora me ne pentivo. Nonostante lo stomaco vuoto ero riuscita a dormire più di tre ore di seguito e mi sentivo rinata. Sentii un’esultanza.
- Brava piccola! Anche il mio stomaco richiama cibo! – gridò Niall. Misi una mano sulla guancia, arrossendo come un pomodoro. Piccola? Misi il vivavoce, poggiando il cellulare sulla scrivania.
- Come sempre Nialler. Sei un pozzo senza fondo. – ridendo, sfilai velocemente il pigiama, infilando la prima cosa che mi capitava in mano: in quel caso dei pantaloncini di cotone grigi e una maglietta rosa a maniche lunghe.
- Smettila Liam, io ho sempre fame ma non è colpa mia! – Misi un paio di calze lunghe, infilandole malamente e lasciandole appollaiate sulle mie caviglie.
- Scusate un attimo. – avvisai i ragazzi, prima di spalancare la porta per la cabina di zia Claudia.
- Oh, sei sveglia. – fece notare a tutti. Si girarono uno a uno verso di me. Mi avvicinai a Sara, abbassandomi sulle ginocchia.
- Finalmente Marta: come stai? – mi chiese zio Nicola. Sorrisi sia a lui che alla bimba.
- Meglio grazie. Perché non siete scesi? – gli zii alzarono le spalle, continuando a guardare la televisione. Zia Lucia accarezzò la testolina di mia cugina, ignorandomi palesemente. Fortunatamente avevo una zia che era capace a parlare.
- Non ci sembrava il caso. – le alzai un sopracciglio. Avevo 17 anni, pensavo di potermela cavare da sola, anche senza avere la baby-sitter 24 ore su 24.
- Vado a fare un giro, ma non scendo.
Me ne andai senza salutare, non mi sembrava il caso. Presi velocemente il cellulare, sentendoli ancora parlottare tra loro. Tolsi il vivavoce, cercando le mie Vans grigie.
- Ci sono. – mi annunciai. Sentii un secondo di silenzio prima che ricominciassero a parlare insieme. Qualcuno disse di fare silenzio e finalmente potei capire qualcosa.
- Che fai? – mi chiese Harry. Finii di mettermi le scarpe, uscendo finalmente dalla cabina con la mia carta magnetica in tasca. Feci un sorriso a un signore del personale, dirigendomi verso la poppa della nave.
- Cammino. – sentii anche la voce di Paul che richiamava i ragazzi.
- Anche noi! … Dovremmo … Stiamo facendo un giro, ma presto torniamo. Adoro già questa città. – mi raccontò Lou. Non so perché ma il fatto che mi stessero facendo sapere cosa stavano facendo mi faceva sentire compresa, ero contenta.
- Troppi francesi con la puzza sotto il naso.risi al commento del riccio. Avevo sempre adorato i francesi, anche la lingua mi piaceva molto. Le ragazze poi, le trovavo davvero adorabili con quella r moscia.
- Si può sapere perché dobbiamo stare fermi in un parco?! – urlò qualcuno da lontano. Intuii che c’era qualcosa che non andava.
- Così possiamo parlare con Martha! – urlò in risposta Liam. Sorrisi, abbassando lo sguardo sulla moquette. Non c’era bisogno che si fermassero per me, non volevo rovinargli la gita.
- Il cellulare è di Niall. Forza, alzate le chiappe e facciamo un giro. – risi di nuovo, quell’uomo doveva avere tanta pazienza per sopportare quei ragazzi tutti e cinque insieme. Sentii qualche fruscio e movimento, qualche imprecazione e qualche sbuffo, poi più nulla. Provai a richiamare qualcuno, ma non rispondeva nessuno.
- Come stai? – mi spaventai quando sentii la voce del biondo più chiara e vicina, interrompendo il silenzio.
- Sto bene, Niall. – dissi piano.
- Non hai mangiato vero?! – stetti in silenzio, scuotendo la testa. Non perché non avevo fame, semplicemente avevo più voglia di dormire e adesso i ristoranti erano chiusi. Un sospiro arrivò alle mie orecchie. Stasera mangi con me. – disse. Mi fermai in mezzo al corridoio. Cosa stava cercando di fare? – Tranquilla, non voglio costringerti a mangiare nulla di più di quello che mangi di solito, semplicemente ne ho voglia. la cosa non mi tranquillizzò però. Avevo promesso che mi sarei fatta aiutare e così avrei fatto, ma non volevo venir considerata una bambina da tenere d’occhio. Ma di Niall mi fidavo, dovevo fidarmi, perciò annuii, non proferendo ancora parola. Ripresi a camminare, uscendo finalmente all’aria aperta. Il porto era affollato e sentivo varie voci e urla disperdersi nell’aria.
- Mi piacerebbe essere lì con voi. – dissi sincera. Era vero, mi sentivo sola sopra quella nave enorme, con tutte quelle persone sotto di me. Non mi trovavo bene, non stavo bene in quel momento.
- Anche a me, Martha. Mi dispiace averti lasciato da sola. Prometto che non lo faccio più. sorrisi alle ultime parole. Un sorriso triste però. Un’altra promessa che magari non sarebbe riuscito a mantenere. Sperai con tutta me stessa che la fortuna fosse dalla mia parte. – Ho una grossa novità! – ridacchiai al suo tono esaltato. Le cose nuove dovevano proprio piacere a Niall. – Quando saremo a Barcellona, si imbarcheranno con noi anche mio fratello Greg con mio nipote, Gemma, Eleanor e Sophia. – sembrò contarli sulle dita delle mani. Una rimpatriata in poche parole. Non sapevo se essere felice oppure no, insomma, erano loro parenti, amici e fidanzate, io non c’entravo niente. Non volevo diventare quella nuova, oppure una di troppo. – Voglio farteli conoscere. – mi disse. In pochi secondi mi salii l’ansia. Non volevo proprio incontrare nessuno, non per pregiudizi, ma semplicemente non mi sentivo pronta a conoscere nessun’altro. Ero stata una persona timida e di poche parole, mi facevano paura tutte quelle nuove conoscenze da fare. Sentii una voce chiamare il suo nome. – Devo andare, ne parliamo stasera. Ti voglio bene, a dopo. – non mi diede il tempo di replicare che aveva già chiuso la telefonata. Portai davanti a me il cellulare, che ancora segnava il numero come sconosciuto. Ti voglio bene. Ero rimasta senza parole, conoscevo quel ragazzo da due giorni e lui conosceva me da altrettanto tempo. Come era possibile tutto quello?
Salvai velocemente il numero nella mia rubrica. Niall Horan. Niall, l’angelo dagli occhi azzurri, uno dei ragazzi più amati e conosciuti al mondo. Piccola, ti voglio bene. Sognai ad occhi aperti per qualche minuto, facendo perdere il mio sguardo fra le onde del porto. Sentivo dentro di me una sensazione tutta nuova, un calore che partiva dallo stomaco e si diffondeva per tutto il corpo, era una sensazione magnifica. Sorrisi come mai in vita mia, quel ragazzo mi faceva un effetto davvero particolare. Mentre continuavo a proiettare nella mia testa le sue immagini, mi misi a osservare tutto ciò che mi circondava, fregandomene di tutto e di tutti, c’ero solo io e i miei pensieri, pensieri sui suoi occhi, sulle sue mani, sul suo sorriso, la sua risata, su di lui.
 
Non mi resi conto che ore erano finché il cellulare non vibrò di nuovo fra le mie mani: le 16.49. I ragazzi ormai avrebbero dovuto essere sulla nave da un pezzo. Aprii il messaggio: “Non ti muovere, sto arrivando” da parte di Niall. Lui? Solo lui? Forse per passare la serata con lui, come mi aveva detto. Non mi mossi, poggiando solamente i gomiti sulla ringhiera e affacciandomi leggermente sotto. I miei capelli scivolarono in avanti, muovendosi al leggero vento. Respirai profondamente l’aria di mare, sentendo tante voci confuse dietro di me. I passeggeri stavano tornando nelle loro cabine, qualcuno con qualche borsa in più. Feci per girarmi quando due mani mi oscurarono la vista. Trattenni una risata, mettendo velocemente il cellulare nella tasca dei pantaloncini. Tenendo gli occhi chiusi mi girai, iniziando con le mani a percorre prima le braccia, poi le spalle dell’uomo senza nome. Mi sorpresi di trovare due fossette sulle guance. Aprii gli occhi, sorridendo apertamente al riccio.
- Harold! – lo richiamò severo Niall. Eccolo, stava arrivando con gli altri, calpestando con finta arrabbiatura il pavimento a ogni passo. Risi quando minacciò Harry di piastrargli i ricci se mi avesse toccato un’altra volta. Mi prese la mano, spingendomi verso di lui. Colta di sorpresa quasi non cadevo per terra, fortunatamente il biondo mi fece fare una piroetta, finendo direttamente con la schiena sul suo petto. Strinse la presa su un fianco, facendo una linguaccia all’amico. Con un sorriso, mi scusai con lui, salutando poi il biondino. – Ciao bellissima. – mi sussurrò all’orecchio, baciandomi sul collo. Alzai le spalle, soffrendo un leggero solletico e rilassandomi fra le sue braccia.
Ci passarono davanti quasi tutti i componenti della crew. Li salutai mentre Niall, poggiando la testa sulla mia spalla, passava le sue mani sulle mie braccia, quasi a volermi riscaldare, lui che aveva solo una maglietta di cotone leggero e dei pantaloni grigi fino al ginocchio. Harry e Louis mi fecero perfino l’occhiolino, mentre Liam si limitò a un’occhiata maliziosa. Arrossii a tutte quelle attenzioni che mi davano, non ero abituata.
- Pronta per la nostra serata? – mi chiese l’irlandese.
- Devo dirlo ai miei zii. – dissi. Me ne ero completamente dimenticava che dipendevo da loro. Non vedevo l’ora di diventare maggiorenne, per poter usare l’età come scusa per uscire o per non far sapere cosa stavo facendo ai miei genitori. Scosse la testa e mi prese la mano, trascinandomi via.
- Li ho avvisati io. – lo guardai storto. Era impossibile, sia perché i miei zii non sapevano una parola di inglese, tranne Sara, ma lei non sapeva nemmeno cosa significassero, e poi perché non poteva esser lì con me allora: mia zia Lucia l’avrebbe già ucciso. – Ho trovato un signore gentilissimo che ha fatto da traduttore. Ha fatto perfino amicizia con uno dei tuoi zii, perciò non ho dovuto nemmeno pregarlo. – lo fermai, guardandolo confusa. Mi lanciò uno sguardo divertito. – Come pensavi fossi entrato stamattina? – era vero, avevamo fatto fare una copia della chiave della mia cabina per mia zia, ovviamente. Chi si fiderebbe di me? - Devo ammettere che i tuoi parenti sono un osso duro, ma sono riuscito a convincerli a lasciarti nelle mie mani per questa sera. – improvvisamente mi fu chiaro perché non l’avevo visto subito quando erano saliti la maggior parte dei passeggeri. – Tua cugina è un angelo. – risi alle sue parole. Mia cugina era una piccola peste, anche se non lo dava a vedere.
Lo seguii fino alla sua cabina, una suite ovviamente. Rimasi incantata da tutto quel lusso: l’ingresso era molto più ampio, davanti a me una porta dava su una piccola sala in cui potevo notare un armadio e di seguito l’inizio del bagno. Mi trascinò verso destra, dove in una grande stanza c’era sulla sinistra il letto matrimoniale con due comodini, sulla destra un divano a due posti con dei cassetti in parte, un tavolino, un altro armadio accanto al letto e una poltroncina blu dall’altra parte. Una lunga scrivania riempiva la parete accanto alla porta, una tv al plasma e varie prese.
I vestiti di Niall erano sparsi un po’ ovunque, come vari cavi e carica batterie, ma era pulita e accogliente. Buttò velocemente qualche vestito nella valigia accanto al letto, buttandosi poi sopra, invitandomi a fare lo stesso. Tolsi le Vans, poggiandole educatamente vicino al divano. Prendendo la ricorsa saltai in piedi sopra al letto. Mi abbassai sul suo viso, ridendo di gusto per lo spavento che si era preso. Saltammo sul materasso per una decina di minuti, proprio come i bambini e ridemmo tutto il tempo. Caddi con un urlo sui cuscini e per ripicca lo presi per una gamba, facendolo cadere sul materasso. Ci ricomponemmo fra le risate a fatica.
- Ho ordinato la cena per le 8. – mi feci una coda alta con l’elastico che ero solita mettere al polso prima di uscire. Annuii interessata, poiché non vedevo l’ora di mangiare. - Adesso ho una sorpresa per te. – smisi subito di fare quello che stavo facendo, spalancando gli occhi. Io non gli avevo portato nulla, cosa dovevo fare?
Si diresse verso uno zaino scuro che avevo visto sulle sue spalle quando erano rientrati dalla città. Che mi avesse comprato qualcosa? – Ieri sera ho parlato con i ragazzi e Louis mi ha raccontato un po’ quello che vi siete detti in libreria. – passai in rassegna tutto quello che mi ricordavo di quei minuti, non trovando nulla che avrebbe potuto portare il ragazzo a farmi una sorpresa. Aprì la borsa, tirando fuori un CD e lanciandolo sul letto. Lo presi subito, rendendomi conto che era solo un disco vuoto, oppure semplicemente non c’erano scritte. Niall rise per la mia curiosità. Stavo morendo dalla voglia di sapere di cosa si trattava. Mi morsi un unghia, aspettando a gambe incrociate che lui facesse tutto, accendendo la TV e il lettore DVD. – Non hai bisogno degli occhiali?
Scossi la testa, cambiando dita da smangiucchiare. – Ho perso davvero poco, ma ho paura di peggiorare perciò li indosso quasi sempre. – mi sorrise, chiudendo lo sportelletto del lettore. Si ristese accanto a me, portando con sé il telecomando. Continuai a guardarlo come se stessi aspettando di scoprire cosa Babbo Natale mi avesse portato quell’anno.
- Chiudi gli occhi. - sussurrò. Esplorai nei suoi occhi celesti per qualche secondo, prima di abbassare le palpebre. - Sei pronta? – non lo feci nemmeno finire la frase che stavo già annuendo. Aspettai che si caricasse muovendomi nervosamente sulle coperte. Partì una musichetta, quella classica della casa produttrice e qualche altro marchio. Quando una voce cominciò a parlare aprii subito gli occhi e lasciai cadere la mascella incantata. Rimasi così finché sullo schermo apparvero i ragazzi vestiti di scuro, tranne per la maglietta bianca che portava Niall. La visuale si strinse velocemente, il mio interesse aumentò. Improvvisamente la mano di Louis si alzò, tirando uno schiaffo al biondo. Mentre sentii la sua voce dalla TV chiedere perché l’avesse fatto al moro, scoppiai a ridere, facendomi venire le lacrime agli occhi. This Is Us. Quella poi era stata l’unica gif che mi ero permessa di vedere, poiché dovevo rinunciare a vedere il film intero. Mi sorpresi di notare i sottotitoli in italiano.
- Come hai fatto? – chiesi in un sussurro. Sorrise, continuando a guardare lo schermo.
- Ehi! L’ho fatto anche io il film: è bastata una telefonata. Non sarei sceso senza di te altrimenti. – finalmente avevo completato il puzzle. Era sceso a Montecarlo per andare a prendere il CD che si era fatto fare apposta, con i sottotitoli in italiano per farlo vedere a me. Non sarei sceso senza di te altrimenti. Per poco non scoppiai a piangere dalla felicità in quel esatto momento. Sentii un peso oltre alla fame, attanagliarsi alla bocca dello stomaco. Gli ero davvero grata.
Gli scoccai velocemente un bacio rumoroso sulla guancia, riportando poi tutta la mia attenzione al film. Aspettavo di vederlo da più di due mesi e finalmente ne avevo la possibilità con accanto a me, il mio attore preferito. Sorrisi per tutto il tempo, ridendo e piangendo nelle restanti parti. Niall sembrò più divertito dalle mie reazioni che dal film stesso, chissà quante volte lo aveva già visto.
Anche quella volta, Niall Horan era riuscito a sorprendermi.






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Se siete arrivati fino a qui, vi rigrazio :)
Questa storia è davvero importante per me e spero possiate apprezzarla anche voi.
Per favore, vi chiedo di dedicarmi davvero pochi minuti per scrivermi cosa ne pensate, pareri, consigli, critiche, qualsiasi cosa, davvero.
Ovviamente potete scrivermi su
Twitter
o mandarmi un messaggio qui su EFP se avete domande e dubbi.
Vi lascio con una frase bellissima :

 
" Don't be ashamed of the music you listen to
it's the music that saves us from the bad days, nightmares and from the people
do not follow the masses, follow your heart
"

 
" Non vergognarti della musica che ascolti
è la musica che ci salva dai giorni brutti, dagli incubi e dalle persone
non seguire le masse, segui il tuo cuore
"

 
Grazie di tutto e alla prossima
xx


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