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Autore: Alex Wolf    25/02/2014    5 recensioni
[La FF è ambientata a partire dall'undicesimo episodio della seconda stagione.]
Dal 1 capitolo:
« Non dirai mica sul serio, Sammy. » Dean gli rivolse uno sguardo indagatore e, quando si accorse che il fratello era serio, rimase muto per qualche secondo. Davvero Sammy pensava quelle cose su di lui? “Sana competizione” l’aveva chiamata, ma di “sano” quella rivalità non avrebbe avuto nulla e Dean questo lo sapeva bene. Insomma, lui la odiava e lei ricambiava questo sentimento, come avrebbero potuto risolvere un caso in soli sei giorni, se non di meno? Scuotendo la testa, Dean si sedette sul suo materasso, che si piegò sotto il suo peso, e si gettò all’indietro con le mani sul ventre. « Io la detesto e sempre la detesterò. »
« Però un po’ ti piace, non è così? Infondo, infondo… »
« Oh, sta zitto Sammy. » Lo zittì lui, rialzandosi a sedere per guardare meglio il fratello. « A me piacciono tutte, basta che respirino. L’unica che non riesco a farmi piacere è lei, perché.. è più selvatica delle altre, credo.»
Genere: Generale, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Prologo.
 


“Tutte le storie sono vere.”
 
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3 mesi prima.
 



La luna si ergeva alta nel cielo buio. Quella sera d’autunno faceva più freddo del solito e la mia casa sembrava distante, molto più lontana che gli altri giorni. I capelli castani mi solleticavano il collo, intrappolati nella sciarpa mentre il vento tentava di muoverli e farli uscire. I lampioni illuminavano la strada deserta, le macchine accuratamente riposte nei vialetti e me. Il vento ululava silenzioso smuovendo le chiome brulle degli alberi; uno scenario davvero terrificante, persino per me che non avevo paura del buio.
Mi domandavo spesso però perché ogni volta che andavo a lavoro, da quando mi ero trasferita li per cacciare un gruppo di otto vampiri, nelle ultime settimane ci arrivavo a piedi e mai in macchina, e la stessa cosa si chiedevano mio padre e mia madre quando, al telefono, mi sentivano affaticata. Ogni tanto, e sapevo che era così, se lo chiedeva anche il mio datore di lavoro, che mi vedeva arrivare in hotel affaticata.
“Mi tengo in forma” rispondevo sempre. Ma, la verità è che lui non sapeva, nessuno di loro sapeva cosa mi gravava sulle spalle da qualche settimana, quanto la mia vita stesse crollando piano piano. Nessuno se ne accorgeva. Nessuno sapeva neppure che ero una cacciatrice e, a parte i mei genitori, che avevo accettato quel lavoro per scovare ogni giorno nuove tracce; avevo scoperto infatti che due di quegli esseri lavoravano nella struttura ed ero intenzionata più che mai a scovarli e ucciderli. Rabbrividii all’ennesima folata di vento e gettai le mani nelle tasche del giubbotto, nascondendo il viso gelato nella sciarpa. Un sibilo oltre un cespuglio attirò la mia attenzione, facendomi sobbalzare impaurita. Ingoiai un fiotto di saliva e mi avvicinai ad esso, attirata dalla curiosità di sapere. Il coltello che aveva nascosto sotto la cintura premeva sulla mia pelle, facendola fremere di freddo ogni volta; ero pronta a respingere ogni attacco che si sarebbe presentato da parte di quei mostri.
Non avevo paura. Non dovevo averne. Non potevo permettermelo.
Allungai una mano verso le foglie, stringendo un ramo fra le dita: la mia pelle tiepida infreddolì a contatto con esse. Trattenni il respiro e, con freddezza glaciale, scostai il ramo: due occhi mi incatenarono, poco prima che quella cosa mi saltasse sopra. Colpii l’asfalto con forza e un gemito di dolore lasciò le mie labbra, i miei capelli si sparsero sulla careggiata e la luce dei lampioni sopra di me venne oscurata dalla figura della donna che mi aveva attaccata. I suoi occhi chiari continuavano a fissarmi, sanguinari e distanti mentre io sorreggevo lo sguardo. La fissavo senza alcun timore, senza l’intenzione di porre una fine a quel contatto visivo. Se avessi lasciato i miei occhi vagare lontano, persino sopra di lei, avrebbe capito che avevo pura o qualcosa da nascondere; e io avevo realmente qualcosa da nascondere, che mi sarebbe tornato utile. Tastai con le mani le cosce, in cerca della lama e la strinsi fra le dita con cautela, estraendola piano piano: un solo passo falso e quel dannato scherzo della natura mi avrebbe uccisa più in fretta della luce. La ragazza bionda sorrise, facendo passare una sua mano sulla mia guancia e si avvicinò socchiudendo le labbra: i suoi denti si moltiplicarono e appuntirono. Allora presi a dimenarmi con tutta me stessa, incurante delle sue unghie che mi laceravano la carne come rasoi.
« O mi lasci, o mi libero da sola scegli tu. » Sibilai fra i denti, facendo sfumare le mie occasioni dell’attacco a sorpresa. Odiavo essere stesa a terra, sull’asfalto con una tizia sconosciuta sopra che si mostrava essere una brutta imitazione di un vampiro, lo ammettevo. Ingoiai un fiotto di saliva e impiantai il coltello nel suo fianco, facendola infuriare solo di più. La sue mani corsero alle mie spalle, graffiandole con ferocia finché non arrivò al cranio.
« Stronza! » Sibilò, stringendomi i capelli in una forte stretta e facendo sbattere la mia testa contro il cemento duro e freddo. Guaii, senza però dimenticare di ricambiare il favore affondando la lama nella sua schiena; non l’avrei mai decapitarla se continuavo a lasciarla prevalere su di me.
« Eh no, tesoro stasera niente cena. » Intervenne una voce alle nostre spalle; prima che una sciabola tagliasse il collo alla ragazza bionda e il sangue schizzasse ovunque. Il suo capo rotolò sull’asfalto macchiandolo di gocce rosse, mentre il corpo ricadde a peso morto su di me, inzuppandomi di sangue. Ingoiai un fiotto di saliva e lo gettai da parte, accettando la mano che mi veniva offerta da un secondo ragazzo. Le mie dita scivolose di liquido rosso avvolsero le sue e prontamente mi sollevò.  Aveva la pelle calda e un buon profumo, e da quello che la luce dei lampioni lasciava trasparire era anche carino. I capelli scuri si confondevano con le ombre della notte alle sue spalle, mentre gli occhi azzurri brillavano felini e i vestiti gli fasciavano il corpo, rendendo le spalle più larghe di quello che dovevano essere in realtà. Era alto e atletico, e il viso aveva un non-so-che di famigliare.
« Tutto ok? » Chiese alzando un sopracciglio.
« Si, grazie. » Affermai, lanciando un’occhiata alle nostre dita ancora unite, per togliere repentinamente le mie. « Ma potevo farcela da sola. » Passai un palmo sulle mie guance e, quando l’osservai sotto la luce del lampione, vidi le venature rosse lasciate dal sangue macchiarmi la pelle pallida. Alzai gli occhi al cielo, srotolando la sciarpa dal mio collo per poi gettarla a terra. « Adoravo quella sciarpa, grazie tante », borbottai lanciando uno sguardo al secondo ragazzo, davanti a me. Questo era più basso del primo, ma non meno bello: aveva le spalle larghe, un fisico ben allenato e un viso ingannatore sopra il quale poggiavano due splendidi occhi di smeraldo. I capelli avevano lo stesso colore del caramello: un biondo bruciato, ed erano corti.
« Ma un bel: grazie tante per avermi salvato la vita, no? » Rispose sarcasticamente, poggiandosi la sciabola con cui aveva tranciato la gola al vampiro su una spalla. Mi morsi l’interno delle guance e respirai a fondo, liberando i polmoni sono quando lo ritenni giusto.
« Oh, si, hai ragione scusa: rettifico allora. » Sorrisi sarcasticamente, passandomi le mani sulle guance più volte. « Grazie tante per aver ucciso l’ultimo dei vampiri a cui stavo dando la caccia da quasi tre settimane, avermi inzozzata di sangue », gli mostrai le strisce rosse sulle mie mani, « e aver rovinato la mia sciarpa nuova. Così va meglio? »  Non abbassai gli angoli della mia bocca nemmeno per un secondo, sostenendo quello sguardo di vetro per tutto il tempo. Il ragazzo tese la mascella irritato, stringendo di più la presa sull’elsa della sciabola e socchiuse le labbra pronto a ribattere, se l’altro non si fosse immerso nella nostra discussione.
« Ne possiamo discutere dopo, che ne pensate? Intanto bruciamo il corpo, in modo da non lasciare tracce e ti accompagniamo a casa, che ne pensi? » Mi voltai nella sua direzione e rimasi in silenzio per qualche secondo, soppesando le sue proposte con le mie idee. Tutta via, non era male come progetto di fine serata; infondo era colpa loro se ero ridotta così.
« Ok, ci sto, affare fatto », lanciai un’occhiata al corpo sanguinante e morto della ragazza stesa a terra, « ma io trasporto la testa e voi il corpo. » Allungai un braccio nella sua direzione, lasciandolo a mezz’aria in attesa della stretta di mano che l’avrebbe vincolato alla sua parola. Una folata di vento fece volare i miei capelli. Lui accennò un sorriso e si apprestò a stringere la presa, se non fosse che l’altro ragazzo intervenne poggiando le mani sulle nostre per allontanarle.
« Dean! » Esclamò il moro, lanciandogli un’occhiataccia sorpresa.
« Sammy, quella su “baby” non ci sale: ho appena rifatto gli interni e non intendo sporcarli di sangue. » Protestò Dean, tenendo testa all’altro. Una scintilla scattò nella mia mente, facendomi fare un passo indietro e alzare le mani in aria.
« Samuel e Dean Winchester? » Domandai.
« Si, siamo noi. » Affermò Sam, corrugando le sopracciglia. Sospirai scuotendo il capo e apprestandomi a caricarmi in spalla il corpo, più leggero del previsto, della ragazza. Il sangue che ancora colava dalla ferita scivolò sui miei jeans macchiandoli e facendomi rabbrividire.
Perfetto, ci mancavano i figli di John, imprecai. Tutti sapevano che, sebbene i Winchester fossero degli ottimi cacciatori, non portavano molta felicità e fortuna con loro. Meglio se il lavoro me lo finivo da sola e ripartivo.
« Allora posso finirlo da sola il lavoro, grazie. E’ stato un piacere conoscervi, ciao. » Mi addentrai nel parco, finché non raggiunsi il punto adibito ai giochi dei bambini dove stava un grosso rettangolo di sabbia e vi gettai il corpo.  « Ciao ciao, stronza. » Sorrisi, aprendo la scatola di fiammiferi che tenevo in tasca e gettandocene uno acceso. I suoi vestiti presero fuoco come paglia secca, e fiamme rosse scaturirono da essi. Vibravano nell’aria come note musicali, riscaldandomi.
« Ehi! » Sobbalzai quando una mano mi si poggiò sulla spalla, stringendola in una delle mie e roteando  con essa stretta fra le dita, facendo fare un volo al proprietario che si ritrovò steso a terra come me sopra.  Sam sbatté le palpebre sorpreso, trattenendo il respiro.
« Ancora tu? Ti avevo detto che finivo da sola il mio lavoro. » Lo ripresi. Lui ingoiò un fiotto di saliva e spostò la testa verso l’entrata del parco, indirizzandoci anche il mio sguardo.
« Ma tu te li mangi gli uomini, oppure li usi come pungiball? » Intervenne Dean, il fratello, raggiungendoci. Fra le mani reggeva la testa della vampira, di cui si disfece velocemente gettandola nel falò.
« Deeen. » Lo riprese Sam, allungando accuratamente la “e”, marcandola come se quella sua ironia lo infastidisse. In effetti, non lo conoscevo neppure da un’ora e già lo detestavo.
« Che c’è? » Alzò le spalle l’altro, aiutando il fratello ad alzarsi quando m’issai sulle gambe liberandolo.
« Sei sempre così… » Sam trattenne a stento le parole, rifilandomi occhiate di nascosto che però riuscivo a sentire sulla mie spalle mentre tornavo davanti al falò di vampiro; era una cosa a quanto macabra, se mi fermavo a pensarci. Insomma, quanta gente poteva affermare di essere stato ad un falò dove il combustibile era un corpo, fino a pochi minuti prima, vivo?
« Ascoltate », intervenni, stufa di sentirli battibeccare alle mie spalle. « Io qui ho finito. Tuo fratello ha ucciso la mia preda e ora non c’è più nulla a cui dare la caccia, quindi me ne vado a fare una bella doccia e poi le valigie. Godetevi il falò e fatevi una bella chiacchierata fra fratelli, eh? » Gettai le mani nel giubbotto per riscaldarle e sorrisi a Sam che, nonostante tutto, si era dimostrato il più gentile dei due mentre rivolsi un’occhiata di fuoco a Dean, che ricambiò sorridendo beffardo. « Addio ragazzi Winchester, piacere », forse, « di avervi conosciuto. » A mai più, spero.
« Aspetta », mi bloccò Sam, facendo un passo in avanti. Voltai il capo nella sua direzione, restando a metà sul sentiero che portava nella direzione di casa mia. « Almeno puoi dirci come ti chiami? »
« Shania Di Angelo », e tornai sui miei passi, lasciandomi alle spalle i due ragazzi.
 
 


Ciao ragazze :3
 
Come state? Allurs, partiamo col dire che questa è in assoluto la mia prima FF su “Supernatural”, e spero che non diventi una delusione o una cosa già vista e trita.  Questo è un prologo d’inizio, l’incontro tra Shania e i Winchester. A proposito di Shania: che ne pensate di lei?
Vi do qualche informazione su di lei:
Prima di mettermi al lavoro sono stata molto combattuta fra la scelta dei nomi, infatti ero indecisa fra, appunto Shania oppure Calipso. Vi spiego anche perché:
- Shania: in realtà è un'intera frase della tribù degli Indiani d'America Ojibwa, che significa "lei è sulla sua strada".
- Calipso: Deriva dal greco kalyptein, ovvero "coprire, celare": il significato quandi sarebbe "colei che cela, che nasconde”.
Entrambi erano davvero belli e si adattavano alla protagonista, che appunto nasconde un segreto, come scritto nel testo all’inizio, ma alla fine ho scelto il primo perché m’ispirava di più.
Ci tengo a precisare che la storia inizierà nell’ambientazione della seconda stagione, durante l’episodio 11 “la casa delle bambole”.

Come presta-volto di Shania ho scelto Kate Beckinsale:


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E basta… non so che aggiungere, se non che la storia di Shania ( compreso il perché lei abbia questo nome essendo italiana) verrà spiegata man mano nei capitoli.
 
Un bacio,
 
Isil.
  
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