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Autore: itsonlyme    25/02/2014    4 recensioni
Se ti ritrovi a correre a perdifiato in un tunnel, di cui non vedi neanche uno spiraglio di luce ad indicarti l'uscita, ma poi trovi una scorciatoia che ti conduce ad un posto nuovo, cosa fai?
Dal primo capitolo:
Mossi l’aria che ci circondava. Il suo profumo mi entrò nelle narici, forte e dolce contemporaneamente.
Lui, sentendo la mia presenza, si girò a guardarmi per due secondi.
In quei due secondi mi rivolse un accenno di sorriso che mi fece perdere un battito, mancare la terra da sotto i piedi, poi tornò alla lettura, senza nemmeno darmi il tempo di ricambiare.
[ziam/side pairing larry]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Baby you’re the inspiration for this precious song
And I just wanna see your face light up since you put me on
So now I say goodbye to the old me, it’s already gone
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo il matrimonio –domenica- lo avevo passato perlopiù a dormire, mangiare e dormire ancora. La mezza sbornia mi aveva causato un leggero mal di testa, e avevo deciso così di oziare tutto il giorno, alzandomi solo per andare in bagno, prendere qualcosa da mangiare, e andare ad aprire la porta al riccio che aveva fatto irruzione in casa mia per sentire tutti i dettagli del matrimonio.
 
La notte fra domenica e lunedì, la trascorsi parzialmente bene, insieme al solito incubo insistente, avevo sognato il calore degli occhi di Zayn, e mi ero svegliato quasi di buon umore.
Rimandai la mia corsa al tardo pomeriggio.
Intenzionato a pulire casa e fare colazione fuori, accesi lo stereo e la casa si riempì delle note di “Talk Dirty”, di Jason Derulo. Iniziai a cantare, mentre mi muovevo velocemente per casa. Usavo il bastone della scopa per cantare, e come palo da lap dance e, quando la canzone finì, risi, credendo che se qualcuno mi avesse visto mi avrebbe preso in giro a vita.
 
 
Uscii di casa con indosso un paio di jeans stretti, una felpa grigia e il giubbotto pesante. La giornata era fredda, come ogni normale giornata invernale. Il cielo era semi coperto da nuvole grigiastre, che prospettavano pioggia.
Camminai verso il bar più vicino casa, quello dove andavo di solito. Un locale piccolo e molto intimo sempre con poca gente. Spinsi la porta, entrando, mi sedetti nel tavolo all’angolo, quello più appartato. L’aria era impregnata dell’odore di caffè. Quando la cameriera rossa, con delle carinissime lentiggini sul viso, mi raggiunse per chiedermi cosa prendevo, ordinai dei pancake e un cappuccino, avevo voglia di dolci.
Mi persi ad osservare la strada, aspettando la mia ordinazione, e tornai a guardare il locale solo quando il mio cellulare vibrò nella tasca destra dei jeans. Lo presi in mano, aprendo la casella dei messaggi.
-Buongiorno LeeLee, stasera turno insieme!-
Louis.
Risposi digitando velocemente i tasti sullo schermo.
-Buongiorno! Non vedo l’ora di fartela pagare per sabato ♥ -
Sorrisi rileggendo il testo del messaggio. La cameriera tornò al tavolo con il mio cappuccino e i pancake, e, dopo averla ringraziata, iniziai a mangiare. Il cellulare –che avevo posato sul tavolo- vibrò di nuovo.
-AHAHAHAH, non aspetto altro! L+Z forever!!! ♥♥ -
Risi, scuotendo la testa; Louis riusciva a farmi ridere e mettermi in imbarazzo anche tramite sms.
-Smettila, tappo.- risposi, bevendo un sorso di cappuccino.
Mi leccai la schiuma dal labbro superiore, e il telefono vibrò ancora.
-Non sono io basso, sei tu che sei troppo alto.
PS: mi hai ferito Risi ancora. Alzai lo sguardo per assicurarmi che nessuno mi osservasse. Un'altra volta la vibrazione mi distrasse, aprii il messaggio e mangiai un boccone dei miei pancake al caramello.
-Buongiorno :)-
Zayn.
Quasi mi strozzai con l’impasto. Fissai lo schermo per alcuni secondi, poi risposi con le dita tremanti.
-Buongiorno, Zayn!-
Prima di inviare provai mille soluzioni, cancellando altrettante volte.
 
Quando finii la colazione, dopo aver pagato il conto, lasciai il locale.
C’era anche vento freddo, mi strinsi nel giubbotto nero, pentendomi di non aver portato con me un cappello e una sciarpa.
Risposi al messaggio di Louis, che avevo dimenticato. –Scusa Lou, Zayn mi ha mandato un sms e stavo per strozzarmi. Dovrei smetterla di comportarmi come una tredicenne in piena crisi ormonale L-
Passò al mio fianco un ragazzo biondo ed esile e mi fermò. Doveva avere circa la mia età. «Posso parlarti un secondo?» mi domandò.
«Certo» annuii, lasciandolo parlare.
Visibilmente nervoso, iniziò a parlarmi del Chelsea Arts College, una sorta di università, che comprendeva tantissimi corsi di specializzazione.
Mi consegnò un volantino che guardai di striscio, mentre mi parlava. Mi disse che c’erano numerosi corsi, fra i quali quello di design, fotografia, musica e arte; che i corsi iniziavano la settimana dopo e che se mi fossi iscritto non me ne sarei pentito. Prima di lasciarmi, mi disse che sperava di rincontrarmi fra i corridoi del college.
Chissà come, chissà perché, aveva smosso qualcosa in me, nel mio cervello; mi aveva quasi convinto.
Forse quella era l’opportunità che cercavo, ma che non ero ancora riuscito a trovare.
Dopo aver ringraziato il ragazzo, mi incamminai verso casa, ripromettendomi di informarmi meglio e pensarci su ancora.
Arrivato al mio appartamento, presi il mio pc e mi tuffai fra i morbidi cuscini del mio divano. Entrai sul sito del college, sulla lista dei corsi, cliccai sul link che indirizzava alla pagina del corso di fotografia.
 
 
 
Pranzai solo con della frutta. Nel primo pomeriggio chiamai Harry.
«Buongiorno Lee.» esordì, con la voce più roca del solito. «Buongiorno? Sono quasi le quattro di pomeriggio e mi dici buongiorno? Hai il fuso orario, per caso?»
«Amico, frena. Troppe domande in una volta, ho ancora bisogno di dormire» disse, in un sonoro sbadiglio.
Ridacchiai. «Che hai combinato per dormire ancora a quest’ora?» chiesi. «Stamattina mi sono svegliato presto, ho ripreso il lavoro, ti ricordo. Quindi quando sono tornato a casa mi sono riaddormentato, idiota.» spiegò, sottolineando l’ultima parola. «Hey!» protestai.
La sua risata arrivò al mio orecchio, «Facciamo una cosa, più tardi passo a trovarti all’Heaven, ora torno a dormire, a dopo.» sbiascicò. Poi, senza darmi il tempo di replicare, riattaccò.
 
Tornato dalla mia corsa, feci una doccia e mi preparai per andare al locale. Essendo un lunedì sera, sarebbe stato quasi completamente deserto, quindi la serata piuttosto tranquilla. Fissai i capelli col gel, indossai le mie Nike e quando fui pronto uscii.
Arrivato al pub, mi guardai in giro, c’era poca gente e Louis non era ancora arrivato.
 
 
-LOUIS-
 
Suonai il clacson insistentemente un’altra volta. L’ennesima. Il mio turno iniziava alle 19:00 e l’orologio sul cruscotto della mia auto segnava le 19:07 e io ero ancora bloccato nel traffico serale di Chelsea. Mi ritrovavo in una stradina piuttosto stretta a senso unico, con un’unica corsia. Le auto fiancheggiavano il marciapiede ambo i lati. Senza quelle passare sarebbe stato più facile.
 Afferrai il cellulare che avevo malamente abbandonato sul sedile del passeggero, e mandai un sms a Liam.
-Bloccato in mezzo al traffico. Se Cooper rompe, coprimi. Grazie x-
Lanciai di nuovo il cellulare sul sedile al mio fianco. Sbuffai, poggiando il gomito sinistro sulla sporgenza della portiera e la mano destra sul volante. Abbassai ancora il finestrino di qualche centimetro, e mi passai nervosamente una mano fra i capelli. Non che mi fosse mai importato di arrivare in ritardo, ma dovevo andare a lavoro, e di perderlo non ne avevo proprio la voglia, ne l’intenzione.
Premetti ancora una volta il palmo della mano sul volante, riempiendo l’abitacolo di quel suono fastidioso quanto inutile. «Volete muovervi?» urlai, sporgendomi fuori dal finestrino. Sbuffai ancora sonoramente, abbandonandomi definitivamente con la schiena sul sedile.
Il semaforo a qualche metro di distanza diventò verde, ma le macchine davanti alla mia, non accennavano a muoversi. Il rosso durava una vita, il verde solo il tempo di un respiro. Non ce l’avrei fatta.
«Il tè prendetelo a casa, non in macchina, Cristo!» strepitai ancora, in preda alla disperazione.
19:16. Ci eravamo mossi di qualche centimetro. Il semaforo era rosso, ancora una volta. «Qualcuno qui rischia di perdere il lavoro. Vi date una mossa!?» insistei ancora, quando scattò il verde. Sentii arrivare alle mie orecchie qualche parolaccia, naturalmente, non me ne curai, anzi ridacchiai. Il clacson della mia auto, nonostante fosse fastidioso, mi divertiva. Anche se nel mio ritardo di venti minuti non c’era proprio niente di divertente.
Mi resi conto che quando ero nervoso piangevo o ridevo istericamente. In quel momento ridevo, senza un valido motivo. Controllai il mio riflesso allo specchietto retrovisore,  i capelli erano a posto.
Riuscii a liberarmi da lì –finalmente- circa cinque minuti dopo.
Nei successivi cinque, stavo già parcheggiando a pochi metri dal locale. Alzai gli occhi sullo specchietto, pronto a fare manovra per stringere la macchina al marciapiede di fronte l’Heaven, quando un tonfo più rumoroso e vicino del dovuto mi scosse. Nell’impatto, anche se non fortissimo, balzai avanti in uno scatto, riuscendo a non sbattere la testa contro il vetro. Alzai lo sguardo –assassino- sullo specchietto retrovisore, notai un Range Rover nero e enorme. Proprio quello che aveva appena urtato la mia mini, e il mio sistema nervoso. Spensi la macchina senza curarmi di non aver posteggiato bene come avrei dovuto, sganciai velocemente la cintura di sicurezza, scesi dall’auto sbattendo nervosamente e, forse, esageratamente forte la portiera che si chiuse in un tonfo sordo. Da quel suv scese un ragazzo: alto, magro, ricci disordinati, bandana sulla testa, fasciato in semplici jeans neri strappati sulle ginocchia e un largo maglione beige.
 Lo studiai per un paio di secondi con sguardo truce e lo riconobbi. Harry Styles. «Ma che cazzo fai?» sputai. Scattò verso di me in imbarazzo, passandosi una mano sulla nuca. «Oddio.» lo sentii mormorare, fermandosi fra la mia macchina e la sua. Alzò lo sguardo su di me, che avevo fatto qualche passo avanti e mi ero avvicinato per calarmi ad osservare il danno. Solo una piccola ammaccatura sul paraurti.
«Ti sei fatto male?» mi domandò, scrutando nel mio sguardo. «No.» dissi, atono.
«Io.. davvero, scusami, non l’ho fatto di proposito.» tentò di spiegare, si arrampicava sugli specchi, era quasi buffo. «Ci mancherebbe, a quest’ora ti avrei spaccato la faccia.» dissi schietto. Forse avevo esagerato con quella risposta tagliente, ma ero troppo nervoso. E la mia mezz’ora di ritardo al lavoro probabilmente Cooper me l’avrebbe fatta pagare. Lui non si fece intimidire dal mio tono di voce, che sembrò, piuttosto, far sparire il suo sguardo di scuse e il suo imbarazzo.  «E tu credi che te lo avrei lasciato fare, magari?» chiese, spavaldo.
Boccheggiai. Si avvicinò a me. La luce del lampione era ancora spenta, quindi non potei studiare i tratti del suo viso come avrei voluto.  «Ma sei coglione? Stavo per spaccarmi la testa nel vetro dal momento che neanche sai guidare.» gli urlai contro, prendendolo in giro.
«So guidare e di sicuro meglio di te, nano da giardino.»
«Porca miseria, Styles, stavi per distruggermi la macchina!» e la testa, aggiunsi mentalmente. Mi stavo infuriando davvero, ma la mia voglia di giocare e schernirlo non fece che essere alimentata. «E, per la cronaca, tu somigli ad una colonna greca con un cespuglio in testa.» dissi, nascondendo un sorriso.
Ignorò il mio insulto. «Ma se non ti ho neanche visto!»
«Non solo sei un coglione, ma sei pure cieco! Ma chi te l’ha data la patente?» risposi, infine, schernendolo ancora. Mi guardò con un finto sguardo serio.
«Senti, la tua macchinina è praticamente intatta, ti ho chiesto scusa, che altro vuoi, Tomlinson?»
«Risarcimento» sorrisi, sincero. Naturalmente scherzavo, ma lui evidentemente non afferrò.
«Ti offro una birra, ti basta?» disse, indicandomi con il pollice il locale alle nostre spalle.
L’insegna luminosa si accese giusto in quell’istante. Alzai gli occhi al cielo; la notte stava calando, e io iniziavo a sentire freddo.
«Io ci lavoro lì, e lo sai, e sarei pure in ritardo. La birra posso offrirmela da solo, grazie.» risi.
 Qualche secondo dopo, «Scherzo, entriamo, coglione».
 
 
 
-HARRY-
 
Quel ragazzo dagli occhi vispi a cui avevo urtato la macchina, mi si era piazzato minacciosamente davanti. Lo avevo riconosciuto immediatamente, Louis Tomlinson, l’amico stretto e collega di Liam. Lo avevo conosciuto all’Heaven, neanche ricordavo più quanto tempo prima, e lo avevo incontrato poi una sola volta, dal momento che i pub non mi piacevano completamente.
Era molti centimetri più basso di me. E quando era sceso dalla macchina imprecandomi contro, mi ero trattenuto per non ridere.
Quando mi piazzai fra le nostre auto, pronunciai quell’“oddio” che lo fece andare fuori di testa, facendogli temere il peggio, quando invece stavo solo scherzando. La sua auto era intatta, a parte una minuscola ammaccatura che neanche si notava. O almeno così credevo. La poca luce ci permetteva di vedere poco e niente. Ma, nonostante la semi oscurità, riuscii a scorgere l’azzurro dei suoi occhi. Erano piccoli, ma belli.
Gli domandai se si era fatto male, innocentemente e imbarazzato, ma quando iniziò a darmi contro, l’imbarazzo che mi ero dipinto addosso mi era scivolato via com’era arrivato.
I suoi occhi lo tradivano, mentre mi insultava, sembravano sorridere, e quell’espressione seria che, probabilmente, si era costretto a mettere su, non era tagliata per lui.
Lo osservavo mentre ci insultavamo, mi aveva chiamato “colonna greca con un cespuglio in testa”, nessuno mi aveva mai chiamato in quel modo, e non nascosi a me stesso che la cosa mi aveva divertito. Lo osservavo ancora mentre si mordeva nervosamente le labbra alla ricerca della risposta più adatta –e pungente- da darmi. E lo avevo trovato davvero bello.
Quando mi aveva chiesto –scherzosamente- il risarcimento avevo afferrato la palla al volo e gli avevo proposto di andare insieme a bere qualcosa, dimenticando che il locale che gli avevo indicato era quello dove lavorava. Nonostante ciò, entrammo insieme. Louis, pochi passi davanti a me, spinse la porta del locale. Lo spazio era ben illuminato. Si voltò verso di me e con un gesto veloce mi suggerì di seguirlo.
«So dove devo andare, cretino.» gli dissi.
Ghignò. «Sta’ zitto, idiota, vado a cercare Liam.» mi rispose a tono, sparendo dietro la porta dello sgabuzzino. Da quella stessa porta, pochi attimi dopo uscì un Liam tutto sorridente, che mi veniva incontro con un ridicolo grembiule nero.
«Ciao, Haz.» mi salutò col solito abbraccio veloce. «Il tuo amico è schizzato, Lee.» dissi, alludendo, naturalmente, a Louis. Lui rise, «Mi è parso leggermente nervoso. Che è successo?» domandò.
«Siamo arrivati insieme, stavamo posteggiando e non lo avevo visto, così per sbaglio l’ho urtato, la sua macchina non ha praticamente niente, ma ci siamo insultati comunque.» spiegai, con un mezzo sorriso stampato in viso, alzando le spalle. «Scherzava, era nervoso per il traffico, di certo. Non è un tipo così irascibile, Harry» lo giustificò, e io annuii, facendo spallucce.
«Tanto lo so che mi state sparlando, fate pure voi due.» scherzò Louis alle nostre spalle. Scoppiai a ridere, Liam mi seguì. Anche lui era stretto in quell’osceno grembiule, che lo rendeva ancora più basso di quel che era.
«Gli stavo solo raccontando quello che è successo, tappo.»
«Liam tienimi, potrei saltargli addosso e..» cominciò, ma lo interruppi. «Lo so che sono un figo da paura, che tutti vorrebbero saltarmi addosso, ma contieniti, siamo in pubblico.» dissi, lisciando le maniche del mio maglione. La mia frase suscitò la risata di Liam che non riuscì a trattenersi e che si piegò in due dalle risate dopo aver visto il visino di Louis, e le sue labbra a formare una perfetta ‘o’, per lo stupore. La risata del mio migliore amico mi costrinse a ridere di rimando, guardando un Louis fintamente offeso da me e dal castano al mio fianco.
«Liam, hai, anche tu, ferito me e il mio ego. Per quanto riguarda te, rimani un coglione, Styles.»
Risi ancora, non riuscendo a trattenermi. Nascose un sorriso, e girando sui tacchi andò dietro al bancone, giusto in tempo, perché qualche attimo dopo, una ciurma di ragazzi con dei borsoni in spalla fece capolino.
«Vado ad aiutarlo, questi qui ci distruggono il locale e poi Cooper distrugge noi. Siediti dove vuoi.» disse Liam, camminando frettolosamente verso il suo amico.
Mi guardai in torno. Il locale era abbastanza spazioso, la pista da ballo era deserta e la musica che diffondevano gli altoparlanti non era poi così alta e fastidiosa. C’erano diversi tavolini sparsi in sala, solo un paio erano occupati. In quello più in fondo ci stava un gruppetto di quattro ragazze tutte rigorosamente bionde e con la stessa divisa. Mi domandai se facessero parte di qualche strana setta, o gruppo di pazzi maniaci di ragazze bionde.
Risi di me stesso. Mi accorsi che ero rimasto diversi minuti impalato a pochi metri dall’entrata.
Quella mandria di ragazzi era stata calmata progressivamente. Doveva essere una squadra di calcio che aveva appena finito un allenamento e che si riversava sull’alcol per scaricare la stanchezza.
Mi accomodai nello sgabello all’estremità del bancone. Il sedile era in pelle rossa, con la spalliera in legno nero e il poggiapiedi, che non esitai a sfruttare.
Osservai come quei due lavoravano in sintonia. Si suggerivano cose a vicenda, e chi finiva per primo alleggeriva il lavoro all’altro.
Dopo aver scrutato nello sguardo del mio migliore amico, ed avendoci trovato tranquillità, mi concentrai solo su Louis.
 
 
 
 
-LIAM-
 
 
Notai lo sguardo attento di Harry a scrutare il mio amico, proprio alla mia sinistra, sorrisi. Lui e Harry avevano iniziato col piede sbagliato, ma come coppia ce li avrei proprio visti insieme, sarebbe stato divertente. Sarebbero stati una scintilla, una miccia pronta a far saltare tutto in qualsiasi momento, situazione e a qualsiasi passo falso.
Per un attimo il riccio tornò a guardare me, e dopo avergli fatto l’occhiolino –di cui lui aveva colto il significato-, ero tornato a pulire i bicchieri dentro il lavabo.
Harry aveva deciso di aspettare che finissi il turno. Cooper, notando il locale deserto, ci aveva dato –stranamente- il permesso di finire poco dopo mezzanotte.
Io, Louis ed Harry, una volta fuori, ci eravamo ritrovati al parcheggio in un’imbarazzante situazione: non avevamo idea di che fare.
«Dato che abbiamo finito presto che si fa?» domandai.
Il più piccolo, anche se il più alto, aveva squadrato Louis per tutta la sera, e sapevo che quegli sguardi erano stati dettati da un suo particolare interesse nei confronti del mio cupido personale.
Alla mia domanda avevano risposto tutti e due con un’alzata di spalle. «Molto d’aiuto entrambi.» mormorai.
«Allora, coglione, che si fa?» domandò Louis, non aspettandosi una vera risposta. «Potresti tipo andartene a casa e sparire dalla mia vista dato che per oggi hai fatto abbastanza» continuò, appunto.
Risi, era palese che stesse scherzando, ed Harry, da bravo osservatore, lo aveva già capito.
Mi chiedevo continuamente come facesse quel ragazzo. Gli bastava osservare gli occhi, le espressioni del viso e i gesti delle persone, per capire un po’ del loro carattere, dei loro pensieri. Mi stupiva, ogni giorno, anche se avrei già dovuto essermi abituato.
«Perché non te ne vai tu? E a che ci sei passa dalla discarica e restaci, faresti un favore a me e all’intera umanità.» lo punzecchiò il riccio. Il più basso, per tutta risposta, alzò il medio in sua direzione. Poi, scoppiammo a ridere tutti e tre insieme. «Andiamo a casa mia, cretini.» sentenziai.
«Liam, pensavo mi avresti difeso.» disse Louis, con un finto broncio, accoccolandosi al mio petto. Gli cinsi le spalle con un braccio, ridendo. «Guarda che Liam a malapena ti sopporta, figurati se ti difende.» disse Harry.
Louis si scostò dal mio petto e gli puntò un dito contro il petto, «Senti, Mr. Styles sono figo e so tutto io, Liam vuole più bene a me che a te.» gli rispose Louis, allargando le labbra in un sorriso a labbra strette.
Quella era la solita espressione che io definivo ‘da schiaffi’. Risi, ascoltando il loro acceso scambio di battute.
Si conoscevano appena, e si punzecchiavano già a tale modo. Ne avrei viste delle belle.
«Puffo, dovresti scendere dal trono. Quanti anni hai, due?» lo beffeggiò, ancora, il più piccolo. «Aggiungi un secondo due.» disse Lou. «Quattro?» scherzò Harry, strabuzzando gli occhi. Louis si portò le mani alle tempie.  «Smettetela, basta. Andiamo a casa mia.» dissi, frapponendomi fra i due, afferrandoli per i loro rispettivi colletti.
Durante il viaggio in macchina risi ancora, non avevano smesso un attimo di pizzicarsi, e lo stesso avevano fatto a casa mia, sul divano del mio soggiorno, mentre giocavamo alla Play.
Louis aveva cominciato a tirargli popcorn e qualsiasi cosa gli capitasse per mano, ed Harry rispondeva allo stesso modo.
Altro che scintilla, quei due erano paragonabili ad una bomba nucleare.
 
 
 
I giorni a seguire furono parecchio noiosi. Fra il lavoro, Louis, le corse, Harry e qualche messaggio con Zayn –che mi faceva arrossire ed essere melenso come una scolaretta-, avevo dimenticato che la settimana successiva sarebbe iniziato il corso di fotografia e che mi ero riproposto di andare a vedere la struttura e a chiedere ulteriori informazioni per chiarire ogni mio tipo di dubbio.
Così, la mattina del primo giorno del freddo Dicembre, uscii per recarmi al college.
Quando arrivai notai immediatamente un atrio enorme, col pavimento a scacchiera. Alzando lo sguardo notai che era a cielo aperto e che al secondo piano c’erano dei balconi che si affacciavano sull’atrio. Tutto il perimetro di entrambi i piani ospitava delle stanze di diverse dimensioni. Io entrai nella stanza che riportava il cartellino ‘segreteria’. Una donna bassa e robusta con un paio di occhiali a mezzaluna mi accolse con un sorriso. «Buongiorno signora.» la salutai. «Buongiorno caro. Come posso aiutarti?» mi domandò, premurosa, mettendo da parte una carpetta che straripava di fogli.
«Uh.. ehm.. l’altro giorno un ragazzo mi ha detto che questa settimana iniziano dei corsi. E a me interesserebbe il corso di fotografia.» dissi di getto, e in imbarazzo. Mi grattai la nuca.
«Ohh, si si, certo.» rispose. Iniziò, poi, a parlarmi del corso. Ascoltò le mie numerose domande e mi convinsi definitivamente. Era ciò che volevo. Mi disse che a quel corso potevo imparare le tecniche e i principi che mi avrebbero permesso di usare bene la mia fotocamera, sfruttandone appieno le funzioni e selezionando le corrette impostazioni per ciascuna situazione, riuscendo a catturare ciò che volevo, al meglio.
Attraversai la porta della segreteria con in mano il foglio dell’iscrizione, che avrei dovuto compilare e consegnare con la tassa, e con l’elenco del materiale per il corso. Mentre osservavo il foglio fra le mie mani, inciampai quasi nei piedi di un ragazzo, e per un soffio, non caddi, facendo ruzzolare anche lui.
«Oh, scusami, scusami.» si affrettò a dire. «No, scusami tu, avrei dovuto guardare dove metto i piedi» dissi, ridacchiando. Lui alzò le spalle. «Vado di fretta, ci si vede in giro.» disse, entrando dalla porta che io avevo appena varcato. “già, ci si vede in giro” dissi, nella mia testa. Per un secondo avevo rivissuto il momento in cui uno di quei quattro bulli mi era finito addosso di proposito, facendomi rovinare a terra insieme ai miei libri. Cacciai via quei pensieri e infilai tutto nella mia tracolla, uscii in strada, afferrai il telefono e decisi di mandare un sms a Zayn.
-Buongiorno :)-
Rispose poco dopo. –Buongiorno. Come stai oggi? :)-
-Bene, bene. E tu?-
-Anche. Ehm.. Liam, quando ci vediamo?-  quando lessi il testo di quel messaggio mi salì il cuore in gola. Avrei voluto domandarglielo io, volevo vederlo. Erano ormai passate quasi tre settimane dal matrimonio, quindi dall’ultima volta che ci eravamo visti. “Subito” avrei voluto rispondergli.
-Quando vuoi. :)- risposi, invece.
-Facciamo così, siccome sono al lavoro, quando finisco il turno ti chiamo e ci mettiamo d’accordo. Okay?-
Probabilmente mi erano spuntati due cuoricini negli occhi, ed ero arrossito. Salii in macchina, prima di decidermi a rispondere.
-Certo. A dopo, allora-
Scolaretta alla sua prima cotta.
 
Ero arrivato a casa, agitato. Avevo tenuto la suoneria al massimo tutta la mattinata. Mentre pranzavo, il mio telefono squillò, riempiendomi le orecchie delle note di “love somebody” dei Maroon Five. Ingoiai a fatica il boccone che stavo masticando, per rispondere subito dopo senza guardare chi era il mittente.
«Pronto?» risposi, asciugandomi le labbra con un fazzoletto.
«Lee! Ciao! Come stai?» Ruth.
«Ciao Ruth! Sto bene e tu?»
«Bene, bene.»
«Senti, Ruth, siccome sto mangiando, ti chiamo dopo. Ok?» trovai una scusa plausibile. Riattaccai immediatamente e poggiai di nuovo il cellulare accanto al mio piatto. Neanche il tempo di riprendere in mano la forchetta che il mio cellulare si illuminò e il nome di Zayn lampeggiava sullo schermo.
Presi un profondo respiro.
Liam, smettila di fare l’idiota.
Annuii a me stesso e premetti il tasto verde per rispondere.
«Pronto?»
«Ciao, Liam. Sono Z..» cominciò.
«Lo so chi sei, scemo.» lo interruppi.
«Hey, io ho chiamato per uscire con te, non per essere insultato da te!» disse ridacchiando.
Risi di rimando. «Hai finito al lavoro?» gli chiesi. Ricordai di quando mi aveva raccontato di quanto gli piacesse lavorare al caffè letterario, e di quanto lo aiutasse a distrarsi dal peso dell’università.
«Per oggi si, sono appena arrivato a casa, mi sa che ora studio un po’.» spiegò.
«Bene, sei stanco?» domandai, innocentemente.
«A che scopo mi hai fatto questa domanda?» arrossii.
«Io.. qual..eh?» risposi imbarazzato. «Liam, scherzo, tranquillo.» disse fra le risate.
«Ti odio, Zayn.»
«Non è vero. Comunque, ho un po’ di tempo libero stasera.»
«Quindi…?» lo incitai a continuare.
Lo sentii mormorare un ‘piccolo bastardo’, «Vuoi.. uscire?» domandò, forse con un pizzico di imbarazzo. Saltai sul posto.
«Uhm, si, perché no?» risposi, fingendo tranquillità, quando invece il mio cuore scalpitava. «Bene, dove andiamo?» domandò.
Mi resi conto d’amare la sua voce.
«Facciamo che ti porto in un posto bello.» dissi.
«Ci sto, va bene.»
«Ovviamente.» ridacchiai.
«Liam, ehm.. è un.. appuntamento?» domandò imbarazzato. Me lo immaginai con le guance imporporate, proprio come le mie. «Un che? Scherzi?» piuttosto, scherzai io.  «Io.. oh.. scusami, pensavo..» balbettò.
«Un appuntamento con te? No, che non sia mai.» lo presi in giro. Sentii solo il suo respiro, nessuna parola. In realtà non aspettavo altro.
«Zayn?» lo chiamai.
«Si?» rispose con voce tremante.
«Guarda che scherzo.» dissi. Giurai d’aver sentito un suo sospiro.
«Sei un cretino.» mi disse. «Si, è un appuntamento.» dissi, alzandomi definitivamente dalla sedia, cominciando a gironzolare nervosamente per casa.
«Va bene, Liam.» amavo il suo nome pronunciato da lui. «Passo a prenderti alle sette. Mandami il tuo indirizzo per sms.» mi passai una mano sulla nuca, sentendo i capelli corti pungermi il palmo.
«Va bene, Liam.» ripeté ancora una volta.
«Mi prendi in giro?»
«Va bene, Liam».
Inarcai un sopracciglio, poi la sua risata mi arrivò alle orecchie, facendo strimpellare al mio cuore le più belle note mai sentite.
«Ci vediamo dopo. Ciao, Zayn.» chiusi la chiamata in un sospiro.
 
 
 
 
Aren’t you somethin’ to admire,
 cause your shine is somethin’ like a mirror
And I can’t help but notice, you reflect in this heart of mine
If you ever feel alone and the glare makes me hard to find
Just know that I’m always peering out on the other side
 
 
 
 
 
 
 
 
Dire che il resto del pomeriggio lo avevo passato tranquillamente era sciocco, e anche una bella e grossa bugia. Avevo sviluppato le fotografie del matrimonio, beandomi della vista di quegli occhi che avrei rivisto dopo poco e mi ero preparato, non con facilità, poiché ci avevo impiegato più di un’ora.
 Avevo riversato tutto l’armadio nel letto per trovare l’abbinamento giusto, e mi ero sentito ancora una volta come una ragazzina, quando mi ero nervosamente sistemato davanti allo specchio, fino a raggiungere l’impeccabilità.
Presi le chiavi della mia auto, indossai il mio cappotto e salii in macchina, con le dita quasi tremanti.
Avevo ricevuto il messaggio contenente l’indirizzo solo poco dopo aver riattaccato. Quando mi accostai davanti alla presunta casa del moro, afferrai il cellulare e lo controllai di nuovo, per assicurarmi di non aver sbagliato come un cretino. Controllai anche l’orario sul cruscotto. Le 19:02. Puntualissimo.
Cosa avrei dovuto fare? Suonare il clacson? Mandargli un sms? Scendere e suonare al campanello? Fargli uno squillo?
Mentre fissavo lo schermo del cellulare, indeciso, un’ombra mi spinse a voltarmi. E me lo ritrovai lì, appoggiato elegantemente coi gomiti alla portiera del mio BMW, dal finestrino abbassato. Il suo sorriso era bello come mai era stato, i capelli dal nuovo taglio, un filo di barba a coprirgli la mascella. E l’unica cosa che riuscii a fare fu aprirmi in un sorriso, senza fiato.
«Ciao.» mi salutò, poi.
La sua figura era ancora nella penombra, avrei voluto avvicinarmi a lui, osservarlo meglio da vicino e sfiorargli il viso per poi sussurrargli quanto lo trovavo bello, ancora una volta. Ciò che feci invece fu semplicemente ricambiare il saluto con lo stesso sorriso ebete stampato sulle labbra.
«Sali, dai.» lo incitai. E così fece. In pochi secondi me lo ritrovai accanto.
«Dove mi porti?» domandò.
Rimasi qualche secondo in silenzio, poi ridacchiai. «Sai, Zay, mi sento in uno di quei film dove il ragazzo porta la ragazza fuori al primo appuntamento e quando lei chiede dove la porterà lui risponde ‘sorpresa’.» dissi. Sorrise anche lui. «Quindi?» mi chiese, aspettandosi che aggiungessi qualcosa. «Quindi… sorpresa.» risi. «Come? No dai, Liam!» strabuzzò gli occhi. Io, per tutta risposta, mi voltai e misi in moto la macchina e partii. Mi prese il braccio cominciando a strattonarmi. «Se continui così, l’unico posto dove andremo sarà l’ospedale dopo aver sbandato ed essere finiti contro quel muro.» dissi, ridendo ancora. Lui fece lo stesso, lasciandomi il braccio dopo quella che mi era parsa una leggera carezza.
Cominciammo a chiacchierare tranquillamente e rimanemmo in silenzio solo quando, circa mezz’ora dopo, posteggiai in un vialetto ghiaioso che conoscevo bene.
Sganciai la cintura di sicurezza e feci lo stesso con la sua. Quando fummo tutti e due fuori dalla macchina lo affiancai e, poggiandogli una mano dietro la schiena, iniziammo a camminare verso la piccola struttura antica, illuminata solo da due faretti ai lati della porta d’entrata, rigorosamente in legno scuro.
Aprii la porta, facendolo passare prima di me. E finalmente potei osservarlo bene, alla luce chiara. E lo trovai, ancora una volta, più che bello.
Come poteva tanta meraviglia essere lì con me, per me? Non ci credevo neppure, nonostante fosse tutto vero.
Mi permisi di perdere qualche secondo a guardarlo, mentre lui si guardava in giro. Indossava un giubbotto in pelle nero aperto, che mostrava una semplicissima maglia grigia abbinata a dei jeans neri e stivali neri. I capelli erano molto più corti dai lati, sopra sempre lunghi, fissati col gel, proprio come il ciuffo.
«Liam?» smisi di contemplarlo.
Sorrise, ed io con lui. Guardai dentro i suoi occhi e un brivido mi percorse la schiena.
Ti sta consumando il cervello.
«Sei molto bello stasera.» disse lui.
«Siamo in vena di complimenti, eh.» ridacchiai. Lui fece spallucce, annuendo.
«Anche tu, Zayn.» sussurrai, allungandomi verso di lui, vicino al suo orecchio, facendo arrossire entrambi.











La canzone è "mirrors" di Justin Timberlake.



Non ci credo, ce l'ho fatta, aaaaaaah.
Ciao belle/i!
Come prima cosa, volevo ringraziare chi ha recensito, messo fra le seguite, preferite e ricordate. Siete MOLTO importanti per me.
Poi.. passando al capitolo. Forse sono stata stronza a farlo finire così, ma buona parte del prossimo capitolo sarà dedicata al loro fatidico primo appuntamento.
Qui, abbiamo, i lilo che sono adorabili, Louis cupido è il top. Poi Louis incazzato in mezzo al traffico >>>>
I larry che mi fanno morire. Mentre scrivevo ridevo sola, ma ok...
Poi c'è Liam che incontra quel ragazzo che gli parla di quel corso e infine la signora che lo convince del tutto (?).. e questo incontro con Zayn.
Certo, a fare riassunti faccio proprio schifo, lo so.
Mi dileguo che è meglio. Spero di non avervi delusi, di non farvi aspettare così tanto per il prossimo capitolo e se trovate errori non esitate a segnalarmelo.
Ah, se per caso fosse disposti a farmi un banner per questa storia (?) e conoscete qualcuno che li fa, contattatemi :)
Un grande bacio a tutti.
-Chiara.
  
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