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Autore: Letz    26/02/2014    5 recensioni
Grantaire non è esattamente quello che si definirebbe un ragazzo facile. I suoi zii, decisamente esasperati dai suoi comportamenti da ribelle, decidono di mandarlo a studiare al prestigioso collegio Valjean nella speranza che un po' di disciplina riesca a raddrizzarlo. Ce la farà Grantaire a sopravvivere all'anno scolastico? Ma soprattutto, riuscirà a sopravvivere ai suoi assurdi compagni di scuola che lo obbligheranno a unirsi al club di teatro e a recitare in "Romeo e Giulietta"?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Jehan aveva insistito per accompagnarlo personalmente al dormitorio e spiegargli come funzionava la vita quotidiana al Valjean. Grantaire per un attimo temette che quello scricciolo si fosse preso una cotta a prima vista per lui ma fortunatamente quello pareva aver in mente solo il teatro.
“Sarà stupendo avere delle scenografie vere. E tutto grazie a te Taire”, fischiettò Jehan. “Dobbiamo metterci subito al lavoro io e te, non possiamo permetterci di perdere nemmeno un secondo”.
“Ehi, ehi vacci piano folletto”, ridacchio Grantaire accendendosi una sigaretta, “non ti andrebbe prima di dirmi dove dormirò? E cosa mangerò soprattutto. Ho così fame che potrei squartare un dinosauro e vendere le sue ossa ad un museo solo per farmi due soldi da spendere in un McDonald”.
Riuscendo a stupirlo del tutto anche Jehan si accese una sigaretta che sprigionò immediatamente un profumo fresco. Lo scricciolo in effetti sembrava proprio il tipo da sigarette al mentolo.
“Gli studenti mangiano nel refettorio, quell’edificio laggiù. Colazione alle 7.30, pranzo alle 13 e cena alle 19.30. Ma tutto questo per noi dell’ultimo anno non vale. Noi viviamo in una specie di residenza studentesca in cui ognuno ha la propria camera, il proprio bagno e divide con i coinquilini il soggiorno e la cucina. Vogliono che impariamo ad essere autosufficienti, quindi dobbiamo cucinare per noi stessi, lavare e stirare i nostri vestiti e tenere in ordine la casa. Ovviamente ‘Ferre ha chiesto al preside di farti stare con noi del club di teatro. La tua stanza è in fondo al corridoio. Di fronte hai Enjolras e a fianco me”, sorrise felice Jehan.
“La cosa si fa molto interessante. Niente controlli, niente regole e totale autosufficienza. Credo che me la caverò benissimo. Per ringraziarti della tua gentilezza posso invitarti a cena? Sono un ottimo cuoco e potrei prepararti il mio cavallo di battaglia: pasta alla carbonara”.
“Tu sai cucinare italiano? Non posso crederci! È la mia cucina preferita. Sono tre estati che faccio uno stage linguistico a Firenze e lì mi sono innamorato di tutto ciò che è italiano”, gli disse Jehan con gli occhi a cuore.
“Beh, so che detto da un francese è quasi un crimine contro la patria ma credo che in quanto a cucina non ci sia nessuno come gli italiani. Oltretutto, dopo aver vissuto cinque anni a Londra si ha un bisogno fisico di buon cibo”.
“Hai persino vissuto all’estero? Credo tu sia appena diventato la persona più figa di questa scuola. Almeno per me. So che ci conosciamo poco, ma potrei chiederti un favore? Ti andrebbe di vederci qualche pomeriggio per fare conversazione in inglese? Io lo parlo piuttosto bene, sono un patito delle lingue, ma a lungo andare si perde del tutto l’uso della lingua se non la si esercita. Ti prego, ti prego Taire dimmi di si. Farò qualsiasi cosa in cambio”.
“Anche delle ripetizioni ad un caprone come me?”.
“Ma certo. Lingue a parte, sono davvero appassionato di letteratura. Potrei darti una mano con quella”.
Honey, tu mi salvi la vita. Di quella roba non ci ho mai capito nulla”, ammise candidamente Grantaire.
“Allora affare fatto. Non vorrei sembrarti indiscreto ma potrei chiederti ancora una cosa? Potresti consigliarmi un buono studio per un tatuaggio? Ci penso da un paio d’anni ma i ragazzi continuavano a darmi contro. Joly mi ha letteralmente detto che sarei morto, Courfeyrac che mi sarei pentito dopo due giorni ed Enjolras…lui ha semplicemente detto che il corpo è un tempio e che nessuna persona rispettabile si sarebbe fatta mutilare con un tatuaggio”.
“Oh mio dio, che palla al piede questo Enjolras. Non sembrava così contrario ai tatuaggi quando pomeriggio mi fissava come un pesce lesso. O forse il merito era tutto dei miei addominali”, sbuffò Grantaire. “Sai che ti dico honey? Pur di fare un dispetto a quel pezzo di marmo non solo ti consiglierò il miglior studio di Parigi ma ti ci accompagnerò pure. Devo giusto finire di colorare questa bellezza”, disse indicando il fianco destro lungo cui, sotto la maglietta, si snodava una tigre.
“Oh Taire! La cucina italiana, l’inglese e ora anche il tatuaggio. Credo che tu sia la mia anima gemella”. Rendendosi conto di quanto gli era uscito di bocca Jehan divenne dello stesso colore della sua treccia. “Cioè, io non volevo dire…insomma platonicamente, non nel senso che tu ed io..”.
“Tranquillo cucciolotto, ho capito benissimo. Anche io credo che saremo amici per la pelle” rise Grantaire. Le cose per lui al Valjean stavano di nuovo girando nel verso giusto.
 
~
 
La cena era piaciuta a tutti e questo aveva contribuito a farlo accettare ancor di più dal gruppo. L’unico che aveva avuto da ridire era stato Apollo che non credeva fosse particolarmente patriottico, e a maggior ragione in un momento di recessione, mangiare prodotti stranieri. “Rilassati Apollo, è solo del pecorino. L’economia della Francia non andrà a puttane per questo”. Enjolras divenne rosso come un peperone. Probabilmente non era abituato a quel linguaggio, decise Grantaire.
“Come mi hai chiamato scusa?”. Oh, quindi era quello il problema.
“Apollo. Stamattina nella mia testa era così che ti chiamavo. Devo abituarmi alla tua discesa nel mondo dei mortali. E al tuo essere così sorprendentemente umano. Sei per caso arrossito? Eppure a Disegno parevi un pezzo di marmo”.
“Evidentemente questo pezzo di marmo ti piaceva, dato che mi hai lasciato il tuo numero”, disse Enjolras rosso di rabbia. O di imbarazzo, Grantaire non avrebbe saputo dire.
“Da come mi fissavi sbavando al club devo dedurre che nemmeno io ti faccia tanto schifo”, lo prese in giro il moro.
Prima che il biondo potesse rispondere il telefono di Grantaire squillò. Andò a rispondere nel corridoio buio. Salvato in corner.
“Ciao dolcezza. Sopravvissuto al primo giorno di riformatorio?”
“Quante volte te lo devo ripetere ‘Ponine? È una scuola, che tra le altre cose frequenta anche il tuo ragazzo. Povero cristo, ancora non si è ripreso dopo la notizia dei tuoi capelli viola”.
Eponine ridacchiò dall’altro lato del telefono. “Fino a che continuerò a fargli pompini non ci andrà troppo per il sottile”.
“Cristo ‘Ponine, quante volte ti devo dire che certi particolari della tua relazione me li risparmierei volentieri?”, disse Grantaire piuttosto schifato. “A proposito, ho conosciuto gli amici di ‘Ferre. Tipi a posto se non consideri che fanno parte di un club di recitazione. Ho già rimediato un insegnante di letteratura ed è solo il primo giorno! E poi il tipo che sta nella stanza di fronte alla mia credo sia l’uomo più scopabile di questo pianeta. Solo a pensare cosa potrebbe fare con quella bocca…meglio che non continui. Voglio che tu mantenga la tua innocenza”.
“Ora chi è che mi delizia con particolari indecenti della sua vita sessuale?”, si finse scandalizzata Eponine. Grantaire era troppo preso dalla telefonata per accorgersi che non era solo nel corridoio.
“Ho già detto che mi manchi da morire?”.
“Anche tu R. Anche tu. Ora devo lasciarti. Je t’aime”.
“Anche io ti amo. Ci vediamo venerdì. Conterò le ore”. Detto questo Grantaire chiuse il telefono e tentò di avviarsi verso il soggiorno, riuscendo a muovere solo pochi passi prima di andare addosso ad Enjolras.
“Io…mi dispiace non volevo disturbarti. Credevo avessi finito. Mi dispiace, solitamente non sono un tipo aggressivo. O polemico” – o umano, voleva aggiungere Grantaire, ma si trattenne – “Sono stato decisamente inopportuno prima. Considerando che hai anche un ragazzo”.
Grantaire non capiva a cosa diavolo si stesse riferendo e glielo fece notare.
“Tesoro non ho proprio nessun ragazzo io. Se ti riferisci alla telefonata era Eponine. La Eponine di Combeferre, giusto perché tu non abbia dubbi”. Grantaire si interruppe: era diventato improvvisamente consapevole dei pochi centimetri che lo separavano da Apollo. In un secondo gli tornarono alla mente tutti i pensieri non proprio casti di quella mattina. Quale miglior modo che mettere in imbarazzo quel pezzo di marmo che provarci spudoratamente con lui? La vena sadica di Grantaire non aveva limiti e in quella partita aveva solo da guadagnare: magari ad Enjolras piacevano gli uomini quanto piacevano a lui. “E comunque io sono un tipo fedele. Non ci proverei con i modelli che ritraggo se avessi un fidanzato”. A questa frase non ci fu risposta ma Grantaire ebbe almeno la soddisfazione di vedere Enjolras scappar via come se gli andassero a fuoco i vestiti. 1 a 0 per il lato oscuro.
 

 
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Ed eccoci qui con il terzo capitolo ^_^
Che dire, io amo Jehan e sono fermamente convinta che lui e Grantaire siano anime gemelle (ovviamente senza nessuna implicazione sessuale). Poi Jehan mi mette allegria e scrivere di lui è sempre un piacere.
Enjolras e Grantaire che si beccano sono semplicemente la normalità, anche se si conoscono da quattro ore. È scritto nel loro DNA, facciamocene una ragione.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, grazie di cuore a chi segue/legge/recensisce in particolare a Icharus_ e _Rossyj_ che sopportano (e supportano) questa storia assurda.

~Letz
 
  
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