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Autore: malpensandoti    26/02/2014    4 recensioni
Billie Newton e Nick Grimshaw hanno la loro conversazione più lunga il cinque gennaio.
Lei arriva in ritardo al bar dove si sono dati appuntamenti e poi dritta al centro della questione, senza giri di parole.
Nick Grimshaw ha già ordinato un Martini perché sa che sarà una lunga chiacchierata. Incrocia le dita di entrambe le mani sul tavolo, sorride e poi, finalmente, si concede di togliersi il cappotto con tanto di taschino.
“Credevo ci avresti messo di più a capire” mormora, e poi comincia a raccontare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pretty hurts'
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Plastic dolls
Capitolo dieci

 


Il tetto di Chapman Street, senza Billie, è tutta un’altra storia.
E okay, ci sono i messaggi nella segreteria telefonica di Louis Tomlinson, le sigarette dell’India e le scarpe firmate, però Leah lo percepisce, che manca qualcosa.
Così come nella loro stanza si nota l’armadio vuoto vicino al suo, l’altro letto che nessuno sta più usando, niente più l’odore di colonia italiana, niente spazzole di capelli biondi, niente più discorsi silenziosi.
Billie è andata via.
A Leah fa un po’ ridere tutta questa situazione, se fosse stata più furba, forse, avrebbe capito tutto molto più velocemente.
I fondotinta e i mascara le hanno tolto la sensibilità alle piccole cose che non siano firmate, e Leah adesso capisce un po’ tutto.
E magari Billie le avrebbe anche potuto lasciare una di quelle lettere strappalacrime che si vedono nei film americani, se non fosse sempre stata troppo pigra anche nel dire addio.
Forse, riflette con la quarta sigaretta in bocca, non c’è stato nessun addio e neanche un ciao. Un “torno dopo”, un “ci vediamo a casa”.
Leah non ha pianto, quando è tornata a casa dall’Hilton e ha visto metà della sua camera vuota. Non piange neanche adesso contro il tramonto grigio di Londra.
E se qualcuno se lo stesse chiedendo, è tremendamente incazzata con Billie per averla lasciata da sola. È andata via senza avvisare nessuno, né l’agenzia, né i loro coinquilini e neanche Harry Styles.
Sono passate più di 72 ore e Leah non ha provato a scriverle nessun messaggio. L’ha lasciata andare perché Billie ne aveva bisogno e Leah è insensibile abbastanza da sopportare tutto quello da sola.
Il suo ultimo augurio personale, mentre spegne la sua sigaretta, è quello che almeno, una delle due, stia bene davvero.
 
 
 
 
 
Il portone si apre sul tetto con un piccolo urlo schifato.
Leah appoggia più comodamente la schiena contro il cornicione, voltando la testa e sorridendo sghemba al nuovo arrivato.
“Questo posto fa schifo”
“Ciao, Nick”
Nick Grimshaw si lascia cadere di fianco a lei sollevando le ginocchia bucate dei jeans e appoggiandoci sopra i gomiti.
Devono essere passate le otto di sera e c’è davvero buio adesso, oltre che freddo e il pacchetto di sigarette quasi finito.
Leah ha i capelli legati, senza trucco, il telefono spento nella borsa e la borsa chiusa.
Nick indossa un cappotto verde bosco e un’espressione seria che in un’altra circostanza, a Leah, avrebbe messo ansia.
Continua a fumare.
“Si chiamava Noel Piotrowski – Nick parla con un sorriso sfumato, come se si fosse perso ancor prima che iniziasse – ma per gli amici era semplicemente Penny. Per me, invece, era il ragazzo più bello del mondo”
Leah si volta verso di lui, colpita, e Nick sorride ancora di più: ha fatto centro.
“Ventidue anni, – continua a spiegare – l’ho conosciuto durante la settimana della moda di un paio di anni fa. Era alto, e magro. Mezzo russo e con gli occhi più belli che avessi mai visto. Me ne sono innamorato nel momento in cui mi ha detto che avevo una camicia buffa”
Nella testa di Leah iniziano a fabbricarsi milioni di ipotesi su dove questa storia voglia condurre, la sigaretta che adesso si consuma da sola.
“Gli ultimi giorni era sempre più nervoso e stanco. Mi diceva di non preoccuparmi e io facevo finta di non farlo per non perderlo. Aveva smesso di mangiare, ingeriva quintali di vitamine e tranquillanti e poi vomitava tutto di notte – l’uomo congiunge le mani che hanno iniziato un po’ a tremare e forse non è colpa del freddo – Sono stato uno stupido e non mi sono accorto di quanto il problema fosse grave…è morto il giorno dopo il mio compleanno”
È come se tutto si bloccasse e ricongiungesse nel modo corretto il secondo successivo, Leah guarda il volto scavato di Nick e sembra vecchio di una quindicina d’anni in più. Non c’è più alcun cenno di malizia tra le ossa della sua faccia.
C’è dolore, e rabbia. Tanta rabbia.
“I giornali tendono a prendere solo il lato peggiore di te – l’uomo esala un sospiro, alza un angolo della bocca però non sorride – ma lui, Noel, era senza dubbio la parte migliore della mia vita. Forse è per questo che è morto nell’anonimato, dentro il bagno del mio appartamento”
Leah non dice ‘mi dispiace’ perché ha imparato che in circostanze come queste, le parole sono inutili. Che quando ti manca qualcosa che non può tornare, poi diventa tutto un “mi dispiace”. E okay, mi dispiace, e quindi?
Appoggia, piuttosto, le sue lunghe dita sul ginocchio scoperto di Nick, che è teso come un violino.
“La polizia ha archiviato il caso – procede – classificato come l’ennesimo mix di alcool e pillole. Quando sono andato all’agenzia per cui lavorava e per cui lavori tu tutt’ora, quegli stronzi mi hanno detto che Noel lo sapeva, era il suo lavoro, correva il rischio e basta. Non hai idea di quanto questo mi abbia fatto incazzare”
“E di tutta questa storia – mormora Leah, cauta – Billie ne è al corrente?”
A quel punto Nick mostra i denti in un sorriso divertito, scuotendo  la testa con fare incredulo: “Billie è più intelligente di quanto pensassi – ridacchia – Ha capito il mio piano prima ancora che lo mettessi in atto. Ho pensato che se avessi mostrato a...qualcuno ciò che Noel aveva passato, avrei trovato un po’ di conforto. Immagino che Billie volesse solamente aiutarmi facilitandomi il compito”
“Parlava sempre della tua penna – ricorda la ragazza – stava cercando di farmi capire tutto”
“Ci ha fottuti  entrambi” ghigna Nick e si accende una sigaretta.
“E se n’è andata via”
“Tornerà” dice lui semplicemente.
Leah tace per qualche altra boccata.
“Ho raccolto circa trenta testimonianze – l’uomo parla minuti più tardi, la voce resa rauca dal fumo – tu e Billie siete state essenziali, così come tutte le vostre colleghe che ho raggirato con la stessa scusa del documentario. Ho collaborato con la polizia e mi sono sentito James Bond ma più gay. La settimana prossima avvieranno le pratiche per il processo, le accuse sono pesanti, sai? – si volta a guardarla – La Blue Jeans Agency è destinata al fallimento”
“Era ora” sorride Leah e si alza in piedi.
L’incazzatura con Billie c’è ancora e resterà finché non rivedrà le sue chiappe bianche un’altra volta, ma subito dopo questo c’è la consapevolezza che non l’ha lasciata sola. È tutto finito.
Ci sarà tempo per altre spiegazioni, tempo per testimoniare e cercare un’altra agenzia, tempo per piangere e salvarsi (magari tra le braccia di Louis).
Aiuta Nick a rialzarsi a sua volta e dice solo: “Sembra figa la storia del documentario” mentre infila le mani in tasca e si avvia verso la porta per le scale.
“Ah sì?” fa Nick, di rimando.
“Già, dovresti proporla a qualcuno in grado di mettertela a posto. Potresti diventare un ottimo regista”
L’uomo ride, aprendo l’uscio e scostandosi per farla passare: “E sentiamo, come dovrei chiamarlo, questo fantomatico film?”
Leah si fa seria, ci pensa un po’ e poi lo guarda: “Chiamalo ‘Plastic dolls’”
 








“Tu mi hai detto che se ti avessi dato più tempo, avresti potuto innamorarti di me. Io non lo so che cosa siamo, se siamo ancora qualcosa. So che sarei voluta restare a sentire le tue parole con la musica in sottofondo per tante altre sere. E in una di queste mi sarebbe piaciuto fare l’amore con te e poi svegliarti con un bacio e fare un milioni di altre cose di cui mi vergogno ma farle solo con te.
Io non lo so cosa siamo, Harry. Ho imparato che le etichette sono costose e certe volte scadenti. Allora forse è meglio rimanere così, senza nome, magari con qualche speranza in più.
Io torno, nel caso mi rivolessi ancora.
Torno con tutto il tempo del mondo.
Buonanotte xx”







 
  
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