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Autore: Calenzano    27/02/2014    1 recensioni
Keana, intellettuale del distretto 5, introversa e inquieta. Con tanta passione per i grandi ideali quanta sfiducia in sé stessa. E con il tacito desiderio di una sorella minore. Non certo il tributo ideale per i Giochi. Ma quando Capitol City va a colpire nel profondo, non può più permettersi di restare a guardare.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Volevo urlare quello che sentivo,

ma sono rimasto zitto

per paura di non essere capito.

(C.Bukovski)

 

 

Stordita da questa imprevista, sbalorditiva scoperta, mi trovo a salire anche io le scalette del palco, finchè Janus non mi agguanta per un polso e non mi tira alla sua sinistra. Dall'altro lato faccio appena in tempo ad incrociare lo sguardo sbigottito di Codrina, prima che lui mi piazzi il microfono sotto al naso chiedendo “Sentiamo un po' la nostra volontaria: ti chiami...?”

Automaticamente rispondo “Keana Shinigam”, così piano che lui mi esorta: “Parla forte, Keana, vogliamo sentire tutti la tua bella voce! Quanti anni hai?”

Esito, riesco appena a mettere a fuoco il mare di facce che ho davanti. “Una domanda troppo difficile?” Fa lui, simpaticone, suscitando risatine.

“Ne... ne ho diciannove.” Riesco a rispondere.

“E, dimmi, Keana, tu e Codrina siete per caso parenti?” E qui ci guarda comprensibilmente dubbioso, dato che i miei grandi occhi e i miei capelli scuri hanno ben poco a che fare con quelli sottili e azzurri della bionda Codrina.

“No, noi... lei è... Cioè, io la aiuto a studiare.”

“Interessante! Dobbiamo chiamarti prof, allora?” Fa lui, ottenendo in risposta solo un verso indistinto. Insiste: “Ma dato che sei qua... Siete amiche, direi. Le vuoi bene, no?”

“Come... come a una sorella.” La mia voce suona lontana.

Saggiamente Janus taglia corto: ci solleva un braccio e proclama: “Signore e signori qui presenti e di tutta Panem, i tributi del distretto 5: Codrina Weatherson e Keana Shinigam! Possa la fortuna essere sempre in loro favore!” E mentre le fanfare squillano e gli altoparlanti sputano musica e ringraziamenti noi due veniamo spinte giù dal palco, in direzione del Palazzo di Giustizia.

 


E' stato praticamente per caso che mia madre, circa tre anni fa, è venuta a sapere che i genitori di Codrina cercavano qualcuno per “una piccola mano” nello studio. Si erano appena trasferiti nella nostra cittadina, e lei, iscritta a metà anno nella nuova scuola, si era trovata in difficoltà. “Niente di difficile, giusto andare a casa loro un paio di pomeriggi per aiutarla a fare i compiti, se te la senti...” Mi aveva detto mia madre. Io avevo accettato senza pensarci troppo, non mi dispiaceva l'idea di guadagnare qualcosa, i libri degli autori che amo, specialmente quelli iscritti all'Index, ovvero messi al bando dal regime, sono maledettamente difficili da trovare e vanno pagati bene.

Così mi ero trovata davanti quella bambina silenziosa dagli occhi color cielo.

All'inizio eravamo entrambe un po' impacciate. Lei ascoltava in silenzio le mie spiegazioni, a volte un po' arrangiate, sulla grammatica, la storia, la geografia, e annuiva. Mi ci era voluto poco per rendermi conto che le cose le capiva e le imparava alla perfezione, il difficile era far sì che le tirasse fuori. Dovevo cavarle le parole con le pinze, ma quando finalmente ci riusciva, spesso andava oltre la semplice risposta corretta, e la arricchiva di riflessioni sorprendenti. Pian piano, pomeriggio dopo pomeriggio, avevo scoperto una bambina intelligente e ricca di fantasia, tanto timida quanto sensibile, che dietro il velo dell'introversione nascondeva un mondo interiore che potevo solo intuire ricchissimo. Per parte mia, io mi ingegnavo a trovare spunti sempre nuovi per rendere lo studio divertente, fino a fare il giullare senza ritegno; e avevo la soddisfazione di sentire sempre più spesso la sua risata un po' sommessa.

In poco tempo aveva recuperato lo svantaggio, e, cosa più importante, aveva cominciato ad ambientarsi, a farsi qualche amica. Il giorno che mi aveva chiamato a casa una vocina esile, che sul momento avevo stentato a riconoscere, per annunciarmi tutta contenta di aver preso il massimo dei voti, mi era rimasto il sorriso stampato in faccia per tutto il giorno. Il suo sorriso spontaneo quando mi vedeva mi scaldava il cuore, e quando le nostre lezioni non avevano più avuto motivo di continuare, avevamo continuato a frequentarci, e a volte a noi si univa anche Baria.

Negli anni seguenti l'avevo vista trasformarsi pian piano in una ragazzina alta ed esile, di una maturità sorprendente. Le nostre chiaccherate cominciavano a virare sui grandi temi: l'amore, la vita, la morte, e già meditavo di passarle qualcuno dei miei libri meno difficili. Ma era anche sveglia e acutamente consapevole della realtà che la circondava: un giorno mentre camminavamo per strada avevamo notato un certo trambusto. Un capannello di persone ingombrava la via, tenendosi a debita distanza da un mezzo dei Pacificatori fermo di fronte a un'abitazione. Prima che potessimo avvicinarci ulteriormente, due soldati erano comparsi trascinando brutalmente un civile. L'assembramento si era rapidamente aperto per farli passare, rendendo l'uomo visibile. Sui trent'anni, era pressoché piegato in due, e incespicava bruscamente tra gli strattoni e i colpi dei Pacificatori, emettendo un verso strano e grottesco. Prima di essere spinto dentro il veicolo aveva sollevato di scatto la testa, e avevo potuto vedere la metà inferiore del volto completamente insanguinata. Rivoli densi e filamentosi gli colavano dalla bocca, scendendo su mento e collo e allargando la già ampia macchia scura sulla sua camicia. Avevo capito immediatamente. Quell'uomo era appena diventato un Avox, un Senza Voce. Come decine di altri, colpevoli veri o presunti di crimini contro il regime di Capitol City. Insieme al raccapriccio avevo sentito montare la familiare vampata di sdegno impotente, ma non avevo detto niente davanti a Codrina. Sapevo che non rientrava nei miei compiti parlare di quelle cose. Rapidamente l'avevo sospinta via, mentre il mezzo metteva in moto e partiva. Lei però dopo pochi passi, mi aveva chiesto, col suo solito modo un po' esitante: “Keana... Che succederebbe se tutti i distretti decidessero di non lavorare più per Capitol City?”

Abbassando la voce avevo risposto amaramente: “E' già successo una volta, e sappiamo come è finita. Arriverebbero i Pacificatori, ucciderebbero gli oppositori, e bombarderebbero fino a lasciare un deserto, come hanno fatto al distretto 13. E poi trasformerebbero i sopravvissuti in Senza Voce, come quell'uomo. Così tutti preferiscono girare la testa dall'altra parte, e dire che non c'è niente da fare.” E io pure, avevo pensato con rabbia.

Ma lei stava ancora riflettendo.“Ma se tutti insieme ci alzassimo e facessimo qualcosa? Forse loro contano proprio su questo... cioè, che la gente non fa niente perchè pensa che non ci sia niente che può fare... Per esempio, se nessuno guardasse gli Hunger Games, non avrebbe più senso farli, no?”

Avevo assentito in silenzio, ammirando la maturità del suo giudizio. Quel pomeriggio le avevo portato una poesia trovata tra le pagine ingiallite di uno dei miei recenti acquisti.

Non dimenticare

Che la causa del tuo presente è il tuo passato

come la causa del futuro sarà il tuo presente.

Apprendi dagli audaci

dai forti

da chi non accetta compromessi

da chi vivrà malgrado tutto...

Leggevo a bassa voce, seduta a gambe incrociate sul tappeto di camera sua, e come immaginavo le era piaciuta molto. Terzo ascoltatore Brant, il suo amato cagnolone, che però aveva alzato appena le orecchie prima di tornare ad assopirsi.

 


Io e Codrina, poche settimane fa, nel grande prato alla periferia dell'abitato. Alle nostre spalle, sulle colline, le pale eoliche che punteggiano il paesaggio del distretto girano ronzando nel vento leggero. Sulla strada principale, alle nostre spalle, passa marciando inquadrato un gruppo di tecnici di ritorno dal turno di lavoro nella centrale Otto. Stiamo giocando a carte, sedute sull'erba.

“Keana,” mi aveva fatto lei all'improvviso “tu sei figlia unica?”

“Sì, purtroppo.” Avevo risposto in tono neutro, e avevamo continuato il gioco.

“I fratelli però non sono solo quelli con gli stessi genitori, vero?” Aveva chiesto lei, guardandomi di sottecchi.

Avevo sentito il cuore sussultare per la gioia, ma mi ero limitata a rispondere: “No, secondo me no.”

 







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E. N.P. :
Non ho idea di come funzioni il sistema scolastico a Panem, né se potrebbe effettivamente darsi che un abitante di un distretto possa farsi una cultura come quella di Keana, ma parto dal presupposto che il 5 sia relativamente benestante, e dunque ci siano più possibilità in questo senso... Di certo le menti brillanti non mancano (FoxFace docet).
  
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