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Autore: Salmcroe    27/02/2014    1 recensioni
Dormiva profondamente, ed era bellissimo anche così, sdraiato sul divano, che mi circondava con le lunghe braccia. Non ci pensai neanche, e mi allungai su di lui, così che il mio viso fu difronte al suo di qualche centimetro. Osservai le ciglia lunghe, il naso delicato e infine le sue labbra piene, e vi posai sopra le mie.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12

 

 

 

 

-Il termometro segna 39°...

-Cazzo. Ok, portagli il ghiaccio, io sto arrivando.

-Aspetta, cosa dovrei fare finché non arrivi?!

-Non ne ho idea! Ancora tre fermate e sono in stazione.

-Ok, a dopo Finn.

-Ciao Zac.

Poggiai il polpastrello sull'icona rossa dello schermo, terminando la chiamata. Il treno era come sempre deserto, e l'unico rumore che si sentiva era quello del cigolare delle rotaie. Mi voltai verso il finestrino, e osservai la città che mi passava veloce davanti agli occhi.

Solo la notte prima ero stata con Elia, e adesso ero seduta sul sedile scomodo del vagone, per arrivare in fretta da mio fratello, che essendo a casa solo con Zac, mi aveva chiamato informandomi di avere la febbre e di essere preoccupato da una possibile idea del ragazzo di occuparsi di lui. A quel pensiero un sorriso mi distese le labbra.

La voce robotica che usciva dall'altoparlante informò i passeggeri di essere arrivati a una delle fermate, e distraendomi, mi fece spostare lo sguardo sulle porte automatiche della carrozza. La gente stava salendo, affollando il piccolo spiazzo per passare dalla prima alla seconda classe, ed interrompendo il silenzio che mi aveva accompagnato fino a quel momento. Addio tranquillità. Mi feci più piccola sul mio sedile, stringendomi la borsa sul fianco con una mano, e cercando con l'altra le cuffiette nella tasca. Tirai fuori il groviglio di fili, e facendo partire la musica sul telefono, mi isolai, sperando di passare inosservata e che nessuno occupasse qualcuno dei tre posti che avevo liberi accanto. Scivolai sullo schienale, e mi spostai dei boccoli corvini dietro le orecchie, aspettando che il treno si mettesse in movimento.

Il baccano delle persone nella carrozza era attutito dalle note della melodia, quando percepii una voce di sottofondo. Tirai appena il filo di una cuffia, sfilandomela dall'orecchio, e girai la testa in direzione della voce.

Due iridi nere mi guardavano, a poco meno di mezzo metro di distanza. Il proprietario della voce si trovava in piedi davanti al mio sedile, indicando appena con la mano il posto davanti a me. Alto e slanciato, il lungo cappotto nero lo fasciava lasciando percepire la linea della vita stretta, e le spalle larghe. La pelle bianchissima faceva risaltare ancor più gli occhi scuri ed i capelli chiari, in un contrasto strano. Le labbra erano distese in un sorriso di cortesia. Quando riemersi dai miei pensieri, mi accorsi di averlo fissato senza rispondere alla sua domanda, che tra l'altro non avevo capito per via della musica. Era ancora in attesa di una risposta.

-Ehm.. si scusa..

-Si posso sedermi, o si il posto è occupato?

-Si, scusa siediti.

Con un movimento fluido si infilò tra i due sedili, prendendo posto. Ancora imbarazzata per prima, cercai di non incontrare il suo sguardo, concentrandomi sullo schermo spento del telefono che avevo in mano, o sulle note della canzone che stava riproducendo. Mi sentivo stranamente impacciata, e per un qualche motivo mi ritrovai a constatare che le nostre ginocchia si toccavano nello stretto spazio per le gambe, così che io riuscissi a percepire il calore della sua pelle sotto i jeans. Mi mossi nel tentativo di mettere quanta più distanza tra noi, ma di nuovo la sua voce interruppe i miei pensieri.

 

-Scusa per la spallata.

Rincontrai le iridi nere. Un angolo della bocca gli si era alzato appena, nella strana imitazione di un sorriso. Non avevo idea riguardo a cosa si stesse riferendo. Doveva avermi scambiato per qualcun altro.

-... Quale spallata?

-L'altro giorno, in stazione. Ero di fretta e non mi sono potuto scusare.

Davanti agli occhi mi balenò l'immagine della stazione deserta, due giorni prima, e delle porte del vagone che si aprivano davanti a me. Una figura che scendeva gli scalini, un accenno di scuse con la mano.

-Ah... Avrei..Avrei dovuto riconoscerti.

Un sorriso luminoso, poi si allontanava camminando veloce, mentre salivo in carrozza.

-Non fa niente, tranquillo.

Accennai un sorriso timido. Uno sconosciuto mi stava chiedendo scusa. Uno sconosciuto dannatamente attraente.

-Comunque piacere, Sebastian.

Il cappotto nero che svolazzava, ed io che lo seguivo con lo sguardo; le porte automatiche che si chiudevano.

-Finnesia.

Un altro sorriso, questa volta più caldo. Stavo parlando con un ragazzo che non conoscevo, che avevo appena definito dannatamente attraente, e che il giorno prima mi aveva visto in stazione, provocandomi un bel livido viola sulla spalla. Mi convinsi che però non c'era niente di male, tanto non lo avrei più rivisto, quindi afferrai la mano che aveva proteso verso di me e la strinsi, mentre un sorriso gli illuminava gli occhi.

Pensai davvero che fosse strano, forse per l'aspetto o perchè solitamente i ragazzi non sono così cortesi.

La voce elettronica mi riscosse dai miei pensieri, facendomi staccare lo sguardo dal ragazzo, avvisandomi di essere arrivata alla stazione. Mi alzai in piedi, e percepii di nuovo il contatto delle nostre gambe. Allontanai velocemente quello stupido pensiero, e alzando il bavero del cappotto, accennai un saluto con la mano.

-Ciao, Sebastian.

 

 

 

Il vento, come il giorno prima, soffiava freddo, ed il sottile cappotto non mi riparava come avrebbe dovuto. La distanza dalla stazione a casa dei miei genitori era di poco meno di un chilometro, ed in cinque minuti mi ritrovai davanti al cancello di entrata.

Percorsi il vialetto, per aprire poi il portone di legno scuro, col familiare cigolio della maniglia. Il calore che usciva dalla porta mi investì in pieno, facendomi stringere nella giacca. Il salotto era illuminato, e sul divano candido riuscivo a vedere Noah.

Due mani calde si soffermarono sulle mie spalle magre, ed io mi voltai, trovandomi difronte il petto ampio di Zac.

-Dammi il cappotto.

Il viso familiare era addolcito dal sorriso, e i ricci chiari erano portati dietro le orecchie.

-Ciao Zac.

Misi quanto più entusiasmo potevo nel mio tono di voce, per mascherare quanto mi faceva male ancora vederlo. Non parve accorgersene, probabilmente fingeva anche lui come me.

Mi feci scivolare dalle braccia la giacca, dirigendomi verso il divano. Mi sedetti accanto a mio fratello, prendendogli la testa e mettendomela sulle gambe. Premetti le dita sulla sua fronte: la pelle scottava sotto la mia mano, e notai come anche il sudore gli aveva attaccato i capelli color caramello lungo la linea dell'attaccatura. Le guance erano più rosse sugli zigomi, e quando le palpebre sbatterono appena, vidi le sue iridi ambrate rese lucide dal caldo. Noah mi fissava dal basso, in parte coperto dai miei capelli, scesi da dietro la spalla.

-Ehi Finn.

Mi rivolse un sorriso debole, ma subito girò la testa, scosso da dei colpi di tosse.

-Come hai fatto a ridurti così? Sto via una notte sola, e ti ritrovo moribondo...

Rise appena, muovendosi sulle mie gambe per tirarsi un po' su.

-A proposito... Serata movimentata con lo stronzo delle chiamate?

-Lo stronzo di.. che cosa?!

Sentii la risata tonante di Zac dalla cucina, e scorsi l'espressione divertita sulla faccia di mio fratello. Aveva appena alluso ad una mia “serata movimentata”, e al mio ragazzo come “lo stronzo” di che so io....

Presi a passargli le dita tra i capelli, vedendo il sollievo che gli dava il contatto con la mia pelle ancora fresca da fuori. Ero in attesta di spiegazioni.

-Finn, sono più grande di te, e ho capito subito che eri corsa a casa per sistemare le cose.

-E questo dovrebbe spiegarmi il senso di 'serata movimentata' ?

-Beh, si risolvono col sesso queste cose, non credere che non lo sappia.

Sbuffai, ma in fondo ero divertita; quella conversazione non era propriamente strana per me e mio fratello, e neanche per Zac, ma la trovavo comunque mal inserita in quel contesto, mentre Noah era malato, e tra me e Zac le cose andavano.. beh non andavano.

Mi accorsi della presenza del ragazzo nella stanza quando prese posto accanto a me, sul divano. Cercai di non farci caso.

-Riposati Noah, io devo sistemare le mie cose, rimango qui per 'sta notte.

-Agli ordini.

Lo borbottò mentre si rigirava su un fianco, sdraiato sui cuscini del lungo divano.

Uscendo dalla stanza mi voltai verso Zac, che fiducioso mi rivolse un sorriso.

Salii le scale, percorrendo il corridoio per entrare nella stanza dei miei, dove qualche notte prima avevo dormito con il ragazzo al piano di sotto. Cercai di non pensarci, quando tirando fuori i vestiti dalla mia borsa, li riposi nell'armadio. In mano mi capitò il telefono. Lo schermo era illuminato e la scritta 4 messaggi non letti era ben visibile.

 

'Mi dispiace piccola, ma il capo ha chiamato, dicendo che questa settimana ci sarebbe stato bisogno di me ad un distaccamento della banca.'

'Scusa davvero, non posso dirgli di no.'

'Ti amo, ti chiamo io' -Elia.'

Il quarto messaggio veniva da un numero sconosciuto.

'Spero di rivederti, prendo sempre lo stesso treno.

-Sebastian'

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scusate se vi ho fatto aspettare dieci giorni... ma eccoci col nuovo capitolo :)  Mediamente soddisfatta di com'è venuto, dichiaro ufficialmente di essere un po' a corto di idee.. vi sarei grata se qualcuno avesse la bontà d'animo di lasciarmi qualche idea nelle recensioni, spero di non chiedere troppo <3 Comunque, grazie di aver letto il capitolo, alla prossima!

  
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