Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: mikchan    01/03/2014    3 recensioni
*SEQUEL DI LIKE A PHOENIX*
Il tempo passa, la vita continua e i brutti ricordi diventano passato. Per tutti è così, anche per Amanda, giornalista in carriera, sfruttata dal suo capo, in crisi con se stessa e con i sentimenti che prova per il suo ragazzo e in cura da uno psicologo. Tutto questo, e Amanda lo sa, è dovuto proprio a quel passato che non l'ha abbandonata, alla perdita delle cose più importanti che avesse al mondo. Ma il passato ritorna, sempre, e per Amanda si ripresenta in una piovosa giornata invernale.
Saprà il suo passato darle un'altra opportunità, oppure è davvero tutto finito?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Like a Phoenix'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

22- OLD AND NEW MEMORIES

L'estate finì prima che riuscissi veramente a godermela.
Malgrado gli impegni di lavoro, riuscimmo a ritagliarci qualche settimana di vacanza, Adam ed io, e decidemmo di regalarci una crociera sul Mediterraneo e il giro delle isole dell'arcipelago Greco.
Fu un viaggio bellissimo, e non solo per i magnifici paesaggi che incontrammo, ma perché riuscimmo finalmente a stare insieme veramente. Nelle ultime settimane, infatti, eravamo stati impegnatissimi entrambi, io con la redazione e lui con la clinica, fino al punto che certe sere non riuscivamo a resistere più di dieci minuti e crollavamo entrambi davanti alla televisione ancora accesa. Per questo motivo ci eravamo concessi un po' di relax lontani dal mondo civilizzato e dalla frenesia quotidiana. In mezzo al mare, seduti sulla straio, mano nella mano, sotto il sole rovente di fine luglio ci eravamo rilassati come mai prima d'ora, certi che nessuno ci avrebbe disturbati.
Avevamo conosciuto persone nuove e simpatiche e avevamo incontrato anche Emily, in viaggio con la sua famiglia. Emily era stata una mia amica al liceo e, al suo fianco, avevo sempre visto quel buzzurro di Steve. Purtroppo, dalla fine della scuola, non avevo più avuto loro notizie e mi dispiaceva sapere che nemmeno loro due erano rimasti in contatto dopo che si erano lasciati. In ogni caso fui veramente contenta di avere modo di parlare un po' con lei come ai vecchi tempi. Certo, non era stata mia amica come Liz, ma le volevo bene, anche se c'ero rimasta un po' male quando mi aveva rivelato che lei, invece, con Liz si incontrava piuttosto spesso, forse anche grazie alla congruenza dei lavori dei loro compagni. Il marito di Emily, infatti, era un medico pediatra e lavorava presso la clinica dove lo stesso Charlie aveva trovato posto. Non sapevo dire se era stata maggiore la sorpresa o la delusione, a quella notizia, ma cercai di non pensarci.
La compagnia di Emily fu piacevole per tutto il resto della nostra vacanza. Lei non sapeva nulla di quello che era successo tra me ed Adam e rimase sbalordita quando glielo raccontai, con tutto il contorno che aveva avuto quella storia. Le parlai anche della gravidanza e ne fu felice, passando il tempo a darmi consigli e a ricordarmi di andarla a trovare, una volta tornati a casa, in modo che potesse reglarmi qualcosa che suo figlio James, di quasi quattro anni, non usava più.
Con l'inizio di settembre, poi, anch'io ero entrata nel settimo mese di gestazione e ogni giorno ero sempre più impaziente di conoscere il mio bambino. La pancia ormai era evidente e anche i vestiti avevano incominciato a starmi stretti. Ad ogni visita che facevo ero sempre più entusiasta e ogni giorno mi perdevo nei miei pensieri, con la mano sul ventre, nell'attesa di percepire i movimenti di mio figlio. Adam si era quasi messo a piangere quando aveva sentito con la sua mano la forza di uno dei calci del nostro bambino. Tutto era perfettamente perfetto.
Ci fu un altro pensiero che mi tormentò per tutta la durata dell'estate. A inizio settembre, pochi giorni dopo l'anniversario della morte di sua madre, ci sarebbe stato il compleanno di Adam e ancora non sapevo cosa regalargli. Qualcosa di materiale mi sembrava scontato per l'uomo che amavo, ma non volevo neppure arrivare a mani vuote. Bastava un piccolo segno, qualcosa che mostrasse quanto grande fosse il mio amore per lui.
L'idea mi venne verso fine agosto, dopo settimane di giri in centri commerciali e mercatini, mentre ero sotto la doccia e Adam stava preparando la cena. L'acqua scrosciante e calda mi aveva sempre favorito l'uscita di belle idee e anche quella volta fu così. Appena uscita dal bagno, ancora avvolta nell'accappatoio, corsi a prendere il telefono e mandai un messaggio a Charlie. Sapevo che Liz probabilmente mi avrebbe uccisa, ma Adam era il suo migliore amico ed ero convinta che gli sarebbe piaciuto averci entrambi al suo fianco in quel momento. Ventotto anni erano un grande traguardo, anche se nulla di effettivamente eccezionale. Per me, però, significavano molto: erano il tempo che avevano reso Adam la persona che era, l'uomo che amavo. E, soprattutto, era il primo compleanno che passavamo insieme dopo cinque anni.
Ne discussi anche con Mr Klant, che, nonostante tutto, continuavo a vedere ogni due o tre mesi, non tanto per necessario bisogno, ma più per abitudine. Ormai parlare con lui di ogni mio problema era diventato qualcosa di naturale e, ogni tanto, sentivo il bisogno di sfogarmi e ricevere i suoi sibillini consigli. Sapeva ogni cosa riguardo alla mia gravidanza ed era contento che tutto stesse procedendo per il meglio, soprattutto perché aveva condiviso con me, cinque anni prima, quel momento così simile ma così disastroso. Inizialmente avevo temuto che ad Adam avrebbe dato fastidio l'affetto che avevo iniziato a provare per lui, ma una volta capito che, per me, Mr Klant era come il padre che non avevo mai avuto, aveva semplicemente sorriso, come a darmi un silenzioso permesso. Non ne avevo effettivamente bisogno, ma ero contenta di avere il suo appoggio e la sua approvazione per qualcosa di così importante per me.
"E quel suo amico, Charlie, ha accettato di aiutarla?".
Io annuii, sorridendo. Mancava poco più di una settimana al compleanno di Adam, ma non avevo voluto rinunciare a quella seduta ed era stato un vero piacere vedere Mr Klant dopo tre mesi di vacanza. "Ne è stato entusiasta fin da subito", risposi.
"E della sua fidanzata, cosa mi dice? Se non ricordo male non siete in buoni rapporti".
Ahia, tasto dolente. "In realtà Liz è stata un po' un problema. Nonostante tutto, Charlie voleva partecipare a questo regalo, ma il problema ero io. Ho cercato di parlarle con calma, l'ho anche invitata, ma non c'è stato verso di convincerla", ammisi con una smorfia. "Alla fine, per sfinimento, Charlie l'ha convinta, ma credo proprio che ci darà buca all'ultimo minuto: la conosco bene, Liz, e farebbe ogni cosa per non incontrarmi e non avere uno scontro diretto con me".
"Per quale motivo?".
"Beh, perché sarebbe costretta ad ammettere di stare trascinando questa storia per orgoglio e niente più. Non c'è più nessuna ragione per continuare questa pagliacciata. Posso capire che le amicizie possano finire, e non avrei problemi se ci fosse stata una motivazione valida. Ma Liz non c'entrava nulla in quello che è successo tra me ed Adam e una reazione simile, oltre che spropositata, è decisamente fuori luogo".
"Capisco. Ma lei cosa vorrebbe che accadesse?".
Strinsi le labbra. "La verità? A questo punto non lo so più nemmeno io. Voglio ancora bene a Liz, dopotutto è stata la mia migliore amica per anni. Ma sono stanca di questo suo comportamento e di dover soffrire in questo modo per colpa sua e della sua testardaggine".
"Quindi presume che la sua amica non si presenterà?".
"Ovviamente non ne sono certa", precisai. "Adam è stato anche suo amico. Ma ho questa sensazione, lo ammetto".
Mr Klant annuì, incrociando le dita sotto il mento e appoggiando i gomiti alla scrivania. "Sa, Amanda, è davvero molto cambiata dalla prima volta che è entrata in questo studio".
Lo guardai sorpresa. "In realtà non più di tanto, mi creda".
"Invece ne sono certo. Cinque anni fa era una ragazzina spaventata e distrutta, che non riusciva nemmeno a pronunciare il nome del suo ex fidanzato senza scoppiare a piangere. Poi, piano piano, si è rialzata. Ne è stata in un certo senso obbligata, me ne rendo conto, se non voleva continuare a passare la sua vita nei rimpianti. Ma ha avuto la grande forza di mettersi di nuovo in cammino".
"Non sono stata così forte", obiettai.
"Io vedo tante persone passare di qui, sa? E non tutti riescono a superare i loro problemi del tutto: rimane sempre una scia, dietro di loro, qualcosa che putroppo non riescono a cancellare. Li chiami ricordi o incubi, l'idea è la stessa".
"Anch'io ho ancora i miei incubi", lo interruppi.
"Certo, ma la sua scia è diversa. È il suo passato ed è riuscita ad affrontarlo con coraggio, con i suoi tempi e le sue modalità. Per questo dico che è cambiata molto. Cinque anni fa non avrebbe mai ammesso di essere disposta a perdere un'amica importante come questa Elisabeth", mi fece notare.
Scrollai le spalle. "Mi sono semplicemente resa conto di come stavano le cose".
"E non le sembra il ragionamento di una persona matura, questo?".
Mi ritrovai ad annuire. "Forse sono cambiata e nemmeno me ne sono resa conto", mormorai.
"Da una parte ha ragione, Amanda", disse Mr Klant. "Lei è sempre la stessa, con i suoi pensieri, le sue idee, le sue paure, ma ha imparato a combattere per qualcosa di veramente importante ed è questo che mette in luce la vera differenza".
Sorrisi. "Grazie", dissi sicura. "Se sono qui, alla fine, è anche merito suo".
Lui scosse la testa. "Si fidi, ha fatto tutto da sola. Io ho semplicemente tirato fuori le domande giuste al momento giusto".
"Beh, in ogni caso la ringrazio".
Il suo sorriso si allargò, mostrando due fossette sulle guance. "Mi raccomando, Amanda, non si affatichi troppo".
Sospirai. "Lo so, anche Adam me lo ripete sempre".
"E qualcosa mi dice che lei non lo ascolta mai", ridacchiò.
"Non sono malata, posso camminare senza uccidermi e cucinare senza cavarmi gli occhi", borbottai.
"Vuole solamente proteggerla".
"Lo so", ripetei. "Ma a volte esagera, accidenti".
"Posso capirlo. Anch'io ero eccessivamente protettivo quando mia moglie era incinta".
"A proposito, come stanno sua moglie e sua figlia?".
I suoi occhi si illuminarono e sorrise di nuovo. "Benissimo, grazie. Ora, però, è arrivato il momento di salutarci, Amanda".
Annuii e mi alzai, allungando una mano e stringendola con la sua. "Prenoterò un appuntamento prima del parto", promisi.
"Pensi a far nascere il suo bambino, Amanda", disse accompagnandomi alla porta come faceva ogni volta. "Perché poi lo voglio conoscere".
"Ne sarei veramente felice", affermai, aprendo la porta, ma fermandomi sull'uscio. "Mr Klant", sussurrai, incapace di distogliere lo sguardo dalla scena che avevo di fronte. "Quella donna si chiama Chantal, vero?".
Lui alzò lo sguardo e vide Adam che, appoggiato al banco informazioni, stava parlando con una ragazza poco più bassa di lui, con dei bellissimi capelli corvini e un corpo da favola, e che si stava aggrappando al suo braccio come se gli occhi del mio fidanzato non fossero abbastanza chiari sul fastidio che stava provando.
Che razza di piovra, pensai.
"Sì, ma...", rispose Mr Klant, confuso.
Io annuii, salutandolo velocemente e dirigendomi a passo di marcia verso quei due. La rabbia che mi stava montando dentro era tanta, tantissima e per una volta ero pronta a sfogarla sulla persona giusta.
Appena Adam si accorse di me, si scrollò di dosso la piovra e si voltò, dandole le spalle. Non ci pensai un attimo e mi fiondai tra le sue braccia, incollandomi alle sue labbra come se fossero una bombola d'ossigeno.
Prendi questo, priovra dei miei stivali, pensai, mentre sentivo le braccia di Adam stringermi la schiena.
Lui si staccò da me dopo qualche momento, sorridendo. Mormorò un grazie con le labbra e poi si voltò verso la piovra... ehm, Chantal, con il sorriso più falso che gli avessi visto in faccia. "Chantal, questa è Amanda, la mia fidanzata", mi presentò, passandomi un braccio intorno alle spalle e stringendomi a sè.
"Ah, ehm... allora lei...".
"Se stai per chiedere se esito davvero e se non sono solo una scusa di Adam per non uscire con te, beh, piacere di conoscerti", dissi in fretta, fulminandola con lo sguardo.
"Piacere mio", mormorò confusa. Chissà che razza di idee si era già fatta!
"Possiamo andare, amore?", mi chiese Adam.
Annuii. "Sono un'ultima cosa". Poi mi rivolsi verso la piovra e le lanciai la peggiore occhiata omicida che avessi in repertorio. "Se non ti fosse chiaro, Adam è occupato. Oggi, domani e per sempre. Quindi vedi di girargli alla larga".
La piovra si limitò a fissarmi, sorpresa, mentre mi voltavo di nuovo e, afferrata la mano di Adam, mi dirigevo a passo spedito verso gli ascensori.
Che soddisfazione, accidenti! Avrei dovuto farlo prima: minacciare direttamente lei era stato molto più divertente che litigare con Adam e decisamente molto più liberatorio.
"Ti adoro quando tiri fuori gli artigli, Lupacchiotta", mi disse Adam una volta che fummo nell'ascensore.
Sorrisi. "Attento perché potrei graffiare anche te".
A sorpresa, lui mi strinse a sè, nonostante la pancia, e mi rivolse uno sguardo malizioso. "Fidati, la scenetta di prima non mi ha per niente spaventato. Anzi, direi proprio il contrario", mormorò roco, abbassandosi e lasciandomi dei baci sul collo.
"Sei... il solito... cretino", ansimai, stringendo le unghie sulla sua maglietta.
"Un cretino eccitato, Lupacchiotta", sottolineò.
L'ascensore suonò l'arrivo al piano terra e lo scostai da me. "Temo proprio che dovrai aspettare, mio caro".
"E per quanto?".
"Dipende quanto tempo impieghiamo ad arrivare a casa senza superare il limite di velocità ed ucciderci", scherzai.
"Mi stai sfidando?".
"Oh, certo che sì".
"E allora preparati a perdere, Lupacchiotta".
"Non vedo l'ora".


Sentii delle braccia stringermi da dietro le spalle e, sorridendo, mi appoggiai al suo petto.
"Non ti trovavo più", mormorò al mio orecchio.
"Sono uscita a prendere una boccata d'aria", risposi.
"Non stavi bene?", mi chiese apprensivo.
Sospirai. "Mi girava un po' la testa", ammisi.
"Perché non mi hai chiamato?", mi rimproverò.
"Perché stavi parlando con i tuoi amici, Adam. E ora sto meglio, quindi non preoccuparti".
"Lo sai che io mi preoccupo sempre troppo".
"Già. Ma in fondo ti amo anche per questo".
Lo sentii ridacchiare. "Grazie per questa bellissima festa, Mandy".
Sorrisi, girandomi tra le sue braccia e trovandomi davanti il suo volto. "Sono contenta che sia riuscita bene".
Lui mi guardò serio. "Anche se Charlie si è presentato senza Liz?".
Annuii. "Immaginavo che non sarebbe venuta. Cavoli suoi, si è persa una festa magnifica".
"Ora non prenderti tanti meriti", scherzò.
"Ma ho io tutti i meriti: l'idea è stata mia".
Adam scoppiò a ridere. "Ed è stata un'idea perfetta", disse, abbassandosi e facendo incontrare le nostre labbra. Io allacciai le braccia dietro al suo collo, permettendogli di avvicinarsi di più a me e di stringermi.
"Ti amo", mormorai staccandomi per un attimo e aprendo gli occhi, incontrando i suoi pozzi blu che mi facevano impazzire.
Lui sorrise. "Anch'io. Non puoi immaginare quanto", disse abbracciandomi forte. Appoggiai la testa alla sua spalla, sorridendo anch'io.
"Stavo pensando a una cosa", mormorò dopo qualche secondo di silenzio. "Charlie e Liz ci hanno regalato un weekend a Parigi, i miei amici di tutto e di più. E tu?".
"Stai dicendo che vuoi un regalo da me?".
"Beh, non è che lo voglio... in realtà non mi dispiacerebbe... pero se...".
Scoppiai a ridere davanti alla sua indecisione. "Il tuo regalo te lo darò più tardi", promisi.
"Davvero?", esclamò felice, con gli occhi che luccicavano.
"Non è quello che stai pensando", lo ripresi, indovinando quello che gli passava per la mente.
"Oh, davvero?", mormorò deluso.
Lo guardai seria per un attimo, poi risi di nuovo. "In realtà c'è anche quello. Ma la parte più importante è un'altra".
"Mi dici cos'è? Faccio finta di essere sopreso quando lo vedo".
Scossi la testa, sciogliendomi dal suo abbraccio. "No, più tardi".
"Ma più tardi quando? Sono già le dieci e mezza di sera. È buio e fa freddo. Non puoi darmelo ora?".
"Non è esattamente una cosa che posso darti".
"E allora portami dov'è".
"Ma ci sono tutti gli invitati".
"Fa niente, se ne vanno a casa".
"Ma sei scemo? Che razza di festeggiato sei?".
"Uno che vuole vedere il suo regalo".
"Come sei noioso, Adam. Quando arriverà il momento lo vedrai".
"Ma io lo voglio subito", si lamentò.
"Non fare il bambino", lo sgridai. "Ora torniamo dentro, ci divertiamo e tra un po' prometto che ti porto dal tuo regalo".
"Me lo prometti?".
Sbuffai, non riuscendo a trattenere un sorriso davanti alla sua faccia da cucciolo. "Promesso".
Adam si aprì in un sorriso e mi prese per mano. "Andiamo, voglio farti conoscere qualcuno".
Mi trascinò a conoscere alcuni suoi amici dell'università che avevo contattato grazie all'aiuto di Charlie. E fu proprio quando lui mi fece il segnale convenuto che feci abbassare Adam alla mia altezza e gli sussurrai all'orecchio che il suo regalo era pronto.
I suoi occhi si illuminarono e, dopo aver congedato velocemente tutti gli invitati, mi costrinse a infilare la giacca e mi trasportò quasi di peso in macchina, eccitato come un bambino il giorno di Natale. "Dimmi dove devo andare", mi ordinò.
Risi e gli indicai pezzo per pezzo la strada che doveva seguire, con il cuore che batteva sempre più forte mentre ci avvicinavamo. Adam sembrò riconoscere il posto quando gli ordinai di svoltare sullo sterrato, ma si limitò a lanciarmi uno sguardo interrogativo.
"Cosa ci facciamo qui?", sussurrò, spegnendo la macchia quando arrivammo davanti alla radura.
Presi un respiro profondo. "Ti ricordi questo posto?", gli chiesi sottovoce.
Lui annuì, prendendomi una mano e stringendola. "Come potrei non ricordarlo?", disse solo.
"Beh, forse ti sembrerà stupido, ma è questo il mio regalo. Questa radura è stata molto importante per noi, ma negli ultimi tempi non ci sono venuta molto spesso. Quelle poche volte che mi sono concessa questa debolezza, mi ritrovavo ad annegare tra i ricordi e le lacrime. Ho solo immagini tristi di questa radura e voglio che ridiventi il nostro posto magico", confessai nervosa.
Adam non disse nulla per un po', poi allungò un braccio e mi strinse a sè in un abbraccio soffocante, ma dolcissimo. "Grazie", sussurrò. "È un regalo stupendo".
"Ne sei sicuro?".
"Certo. E sono contento che tu abbia voluto condividere di nuovo con me questa radura", ammise.
"C'è un'altro pezzo del regalo che vorrei che tu vedessi".
"Ora?".
"Certo".
"Ma fa freddo fuori".
Scossi le spalle. "Non importa. Voglio portarti comunque".
"Posso immaginare do...".
"No", lo interruppi. "Lasciami questo brivido della sorpresa", lo pregai.
Adam ridacchiò. "Va bene".
Scendemmo dalla macchina e, armati di pile elettriche, ci addentrammo nel bosco. L'ultima volta che ci ero venuta le piante erano cresciute moltissimo, interrompendo il sentiero e impedendomi di raggiungere la meta. Charlie, però, aveva fatto un lavoro perfetto perché il piccolo sentiero in quel momento era libero e sicuro, nonostante il buio della notte.
Ci mettemmo meno tempo del previsto e, dopo nemmeno cinque minuti di cammino, incontrammo la vecchia casetta dei cacciatori, che per fortuna non era ancora stata abbattuta. Adam continuava a stare in silenzio e io lo trascinai all'interno, completamente sistemato, con della legna nuova nell'angolo e delle coperte stese per terra. Sì, Charlie aveva fatto veramente un ottimo lavoro.
"Allora, cosa ne pensi?", gli chiesi sorridendo.
Adam ricambiò il sorriso. "È perfetto", ammise.
"Che ne dici di accendere il camino?", gli proposi.
"Vuoi dormire qui?", mi chiese sorpreso, notando le coperte e la legna.
Io annuii. "Come ai vecchi tempi".
"Ma... il bambino e...".
"Sto bene, Adam. E voglio fare l'amore con te in questa casa come facemmo anni fa. Te lo ricordi".
"Come potrei non ricordarlo?", chiese di nuovo, sospirando. "Okay, restiamo. Ma se succede qualcosa o se non stai bene torniamo a casa, d'accordo?".
Annuii. "Promesso".
Adam sorrise e, dopo avermi lasciato un bacio sulla fronte, si avvicinò al camino e lo accese, osservando per un attimo il fuoco prendere vita e scoppiettare. Io intanto mi sedetti sulle coperte e lo aspettai, accarezzandomi il ventre con aria assorta.
"Si sta muovendo?", mi chiese sedendosi al mio fianco.
"Ora no. Prima durante la festa non è stato fermo un attimo".
"È già pieno di energie, mio figlio", disse con lo sguardo pieno di orgoglio.
"Potrebbe distribuirle meglio, però sì", gli concessi, sorridendo.
Adam appoggiò la mano sopra la mia e i suoi occhi si sgrananrono, sorpresi. "Si è mosso", sussurrò, aprendosi in un meraviglioso sorriso.
Lo imitai, annuendo commossa. "Ha riconosciuto il suo papà".
"Mi hai fatto il regalo migliore che potessi mai aspettarmi, Lupacchiotta", mormorò emozionato.
"Beh, in realtà la radura e la casa non sono un vero e proprio regalo".
"Mi hai regalato nuovi ricordi, scemotta", ribatté. "Ricordi bellissimi che non scorderò mai".
"Per me ogni giorno è così", ammisi.
"Sarà tutto diverso quando nascerà questo bambino, lo sai?", mi chiese, stringendomi le spalle e trascinandomi straiata sulla coperta su di lui.
"Lo so. Ma non vedo l'ora che quel momento arrivi".
"Non sei spaventata?".
"Se parli del parto, sì, un sacco. Se parli della vita che ci aspetta, no, nemmeno un po'".
"Sarai una madre fantastica".
"Questo sarà tutto da vedere, ma darò il massimo".
"No, io ne sono certo. Tu sarai fantastica con questo bambino e con me".
"Perché vi amo. Non ho bisogno di altro".
Adam mi baciò una tempia. "Riniziamo a costruire i nostri ricordi?", mi propose.
"Non c'è bisogno di ripartire. Tutto il tempo che ho passato con te è incancellabile".
"Ti amo, Amanda", sussurrò.
"Niente Lupacchiotta?".
"No, questa volta no. Semplicemente Amanda".




Salve salvino gente!
Oggi sono puntuale ed è per questo che sta diluviando. Ma non preoccupatevi, mancano solo un paio di capitoli alla fine della storia e sono già pronti entrambi, così sono certa di non ritardare troppo. Avevo anche pensato di pubblicare due volte a settimana, ma martedì parto per Ravenna con la mia classe e quindi sono costretta a farvi aspettare fino a sabato prossimo.
Comunque, tornando al capitolo. Credo che questo sia il capitolo più importante di tutti. Si vede finalmente quanto Amanda sia cambiata, quanto sia diventata consapevole dei propri sentimenti e delle proprie forze ed è un passo enorme, ripensando che solo pochi mesi prima faceva ancora a botte con il suo passato. Ma, in fondo, era questo il mio obiettivo. Con questa storia volevo appunto far crescere la mia protagonista attraverso sbagli e paure, per farla arrivare al suo lieto fine. Ovviamente sono consapevole che, nella realtà, è molto più difficile riuscire a superare momenti come questi, ma vi chiedo di trattare questa mia semplificazione come una specie di licenza poetica. In fondo, questa è una storia di fantasia in molti suoi aspetti e non ha la presunzione di voler ricalcare la verità in tutto e per tutto. So anche che, sempre nella realtà, il novanta per cento delle volte non ci si sposa con il primo amore, ma io sono fondamentalmente una persona molto romantica e, per di più, non sono nemmeno poi tanto matura come a volte mi convinco: quale adolescente non sogna di avere un futuro con il primo fidanzatino, o chi per lui?
Il regalo che Amanda fa ad Adam per il suo compleanno, per chi non l'avesse riconosciuto o per chi non avesse letto l'altra storia, è quel posticino nel bosco in cui si erano rifugiati e dove avevano aperto i loro cuori. Insomma, volevo riportare questo dettaglio anche in questo sequel e farli ritornare un po' ragazzini.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio di cuore chi recensisce ogni volta e chi mi segue in silenzio: non siete molti, ma ho capito che su questo sito vale la politica del "pochi ma buoni" e io sono davvero contenta di avere trovato voi.
a presto
mikchan

p.s. ne approfitto ancora per farmi un po' di pubblicità occulta, anche se sta volta evito di mettere i link perché, per qualche motivo, non mi ricordo più come inserirli con il collegamento. Insomma, se non avete niente da fare passate a fare un giro sulla mia pagina.



SPOILER-
Capitolo ventitre- FUTURE-
[...] "Hai l'armadio che straborda, non ci credo che non sai cosa indossare", mi sgridò. "Forza, vestiti: saremmo dovuti essere al ristorante esattamente... adesso".
Sbuffai. "Non mi va più bene niente", mi lamentai, indicandogli i vestiti sul letto.
"Non è vero. Questa maglia verde è molto carina e l'hai comprata settimana scorsa".
"Mi fa sembrare un prato", mugugnai.
"Questa gialla?".
"Non sono un canarino!". [...]
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: mikchan