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Autore: RobiSmolderhalder    01/03/2014    3 recensioni
SOSPESA A TEMPO DETERMINATO!
C'era tanto...troppo silenzio. C'era dolore. C'erano le tenebre che premevano contro il suo cuore. Lo vedevo, lo sentivo fino alle ossa. Mi trascinava dentro di sé, nelle tenebre, non c'era il sole, c'era solo buio, solo giornate di eterne nuvole. Il sole era ricoperto dal suo strato di dolore. Tante volte, nel corso di quel percorso, mi ero detta "chi me lo ha fatto fare?" Eppure adesso non sarei qui. Non sarei la stessa Isabella Swan.
-
Ragazze, questa è una sfida per me. E' una storia che tratta di mente malata, di dolore fino al confine del sole.
Tutti umani.
Roby
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlisle Cullen, Charlie Swan, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
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In the mosaic.

 

 

A new Edward.

 

 

 

 

 

 

I baci di Edward non avevano termini di paragone per me. Era come se annullassero la mia presenza da qualsivoglia situazione, entrando dentro quello che lui stesso riproduceva nella mia mente anche solo toccandomi con lo sguardo. Baciare le labbra di Edward era la cosa più bella che mi fosse mai capitata. Adoravo l’odore inconfondibile di agrumi che si innescava come una bomba nelle mie narici, adoravo la morbidezza delle sue labbra, talmente impeccabile che avevo paura di spezzarle.
Le sue labbra furono la prima cosa che mi fece dipendere da Edward Cullen.
Mentre mi avviavo a casa di mia madre, con il pensiero rivolto a Edward e agli ultimi giorni passati insieme, notai una sagoma nascosta tra i cespugli, rabbrividii e aumentai il passo. Camminavo forsennatamente e con il respiro accelerato al massino, fin quando non raggiunsi il portoncino e incespicai infilandomi dentro come una ladra che si guardava attorno.
«Tesoro!» Urlò mia madre, dalla finestra del piano di sopra. Sospirai di sollievo e raggiunsi la porta principale. Mio padre, come ogni domenica, giaceva nel divano col telecomando in mano come se fosse una cosa vitale, lo salutai con un cenno, non appena voltò la testa verso di me e mi sorrise. Anche quella volta avrei avuto bisogno di parlare con lui, da sola. Salii le scale e trovai mia madre nella mia vecchia camera, seduta su quello che una volta era il mio letto.
«Ciao mamma.»
«Bella…» Sospirò facendomi alzare le sopracciglia. Quando mia madre faceva in quel modo; squadrandomi come fossi un’aliena, non trovando le parole adatte per cominciare a parlarmi e torturandosi le mani. Aggiustai i miei occhiali, nonostante non ce ne fosse alcun bisogno e mi avvicinai a lei accarezzandole i capelli.
«Che succede?»
«Bè…ecco, Rosalie era molto arrabbiata stamattina…mi chiedevo…»
«Non viene oggi, vero?» Domandai con una nota di sconforto nella voce, quell’arpia della mia migliore amica mi mancava terribilmente, era come se dentro di me si fosse spezzato qualcosa. Mia madre scosse la testa e continuò a guardarmi, sbuffai spazientita e mi sedetti al suo fianco. Non capivo perché non sistemava tutto con una telefonata quando voleva parlarmi, dato che non riusciva a trovare il modo. Quando mia madre al telefono era tutta un cuore e amore e, di presenza, si maciullava la mente in quel modo, voleva dire solo una cosa; alla sua prima parola io mi sarei infuriata.
«Dove hai conosciuto Edward Cullen?» Rimasi spiazzata da quella domanda, che mai e poi mai mi sarei aspettata. Stavo per risponderle con la verità, data la mia scarsa qualità di mentire, ma mi morsi la lingua quando ricordai che mio padre, per non so quale assurdo motivo, mi chiese di non farne parola con la mamma.
«L’ho conosciuto qui…Domenica.» Risposi cercando di mantenere le mani ferme. Ero un disastro a mentire, forse per quello preferiva farmi certi discorsi di presenza.
«Stai mentendo.»
«Cosa c’è che non va?» Dissi alzando la voce, così come gli occhi al cielo.
«Devi stare lontana da lui.»
«L’ho visto solo una volta!» La mia voce suonava stridula e bugiarda come mai prima di allora.
«Non mentirmi, Isabella. Sono pur sempre tua madre, è ridicolo.» Disse infuocandosi. Io rimasi in silenzio, preferivo starmene zitta che far venir fuori la verità in un nano-secondo.
«Stai lontana da lui, Bella. O ti farai molto male.» Disse alzandosi e lasciandomi sola. Scossi la testa con le lacrime che minacciavano di venire fuori a flotta. Odiavo piangere, soprattutto quando non ce n’era motivo…eppure quella volta, inconsapevole del motivo, priva di ogni pensiero coerente scoppiai a piangere. Non riuscivo più a controllare le mie emozioni, ero sempre in uno stato sopraffatto, odiavo quei momenti che si fecero più presenti giorno per giorno.

Odiavo sentirmi così vulnerabile, odiavo non essere a conoscenza dei vari motivi per la quale le mie emozioni erano sempre triplicate. Sarei anche arrivata a odiare me stessa.
Alla fine, quella domenica non parlai con mio padre. Mia madre ci stava tra i piedi come se sospettasse qualcosa, l’ultima cosa che volevo era farli litigare. Passai la giornata con i miei genitori come se tutto filasse liscio e, forse, in certi momenti era così. La mia quotidianità si era sballata, i miei pensieri lottavano tra loro, tra coerenza e non, le mie emozioni giocavano a bowling facendo atterrare la mia sensibilità come se fosse una massa di birilli…eppure qualcosa mi spingeva a credere che tutto quello fosse necessario. Ogni mio pensiero si fermava a Edward. Edward nella mia mente. Edward nel mio olfatto. Edward nella mia vista. Edward, Edward, Edward ovunque. Sapevo che prima o poi mi avrebbe fatta innamorare di lui e qualcosa, mi diceva che lui avrebbe fatto lo stesso. Quel ragazzo tenero e al tempo stesso duro come il ghiaccio, aveva bisogno di qualcuno che lo spronasse a non avere paura di rivelare il suo passato. Ed io c’ero e, per quel che poteva servire, ci sarei sempre stata. Avevo deciso che arrabbiarmi con il suo silenzio era inutile. Lo avrei aspettato, anche un anno intero.

 

 

Stavo frugando nella mia valigetta in cerca del cellulare quando qualcuno bussò alla porta. Avevo programmato di chiamare mio padre per un appuntamento fuori casa ma, chissà per quale strano motivo, il mio telefonino pareva essersi smaterializzato.
«Avanti.» Sbottai, rendendomi conto soltanto dopo aver parlato che il mio tono risultava sgarbato. Il viso splendente di Edward fece capolino nel mio ufficio, lo guardai stralunata poiché era Martedì, Edward non veniva mai al Martedì e, se davvero avesse deciso di poter venire a suo piacimento si sbagliava di grosso.
«Ciao, nervosa?» Mi chiese sorridendomi, facendomi scordare anche il mio nome. Annuii come un automa godendomi quel sorriso che solo poche volte aveva accesso alle sue labbra meravigliose.
«Che succede?»
«Sempre il solito. Nervosismo da Martedì.»
«Non era al Lunedì?» Farfugliò divertito. Scoppiai a ridere e guardai i suoi occhi che quella volta erano più sereni delle altre volte. Rimanemmo in silenzio per minuti interminabili, godendo entrambi degli occhi dell’altro. Sarei rimasta a guardarlo per giorni interi.
«Che fai qui?» Gli chiesi.
«È mezzogiorno…da quel che so dovresti essere ufficialmente in pausa.» Rimasi sbigottita, non mi ero completamente accorta dell’orario. Afferrai la borsetta e con un sorriso mi alzai facendo cenno a Edward di seguirmi. Pranzammo in una trattoria piccola, calda e intima. Per la prima volta da quando lo conoscevo, parlò a lungo, raccontandomi della sua passione per l’Hockey sul ghiaccio, ero stata invitata ad una partita per quel Sabato. Mi raccontò di avere miliardi di disegni sparsi nei vecchi bauli di giocattoli di quando era piccolo. Era sereno, tranquillo, quella volta misi in dubbio la mia salute mentale per più di una volta; possibile che mi fossi immaginata quell’Edward? Quello tenebroso? Quello che soffriva sotto la maschera che indossava? Lo ascoltai affascinata, guardando le sue labbra che si muovevano e…sorridevano, di quei sorrisi che ti fanno mandare a monte tutto, quei sorrisi che potrebbero entrarti nel cuore in modo permanente. Quella non fu l’unica volta di quell’Edward e, forse, la cosa che più mi distrusse fu conoscere quel suo lato…quello vero.
«Bene. Ci vediamo domani?» Domandai, poiché domani alle tre avevamo un appuntamento. Lui scosse la testa ed io alzai gli occhi al cielo.
«Bella…non voglio più essere un tuo paziente.» Quelle frasi mi lacerarono il petto come una coltellata.
«Non è una cosa che dipende da me…Edward.» Dissi con la voce morta.
«Non dipende neanche da mio padre. Dipende da me. Solo ed esclusivamente da me. Non voglio più sottopormi a sedute psicologiche.» Disse sicuro di sé, come non l’avevo mai visto. Ingoiai il nodo che improvvisamente mi si era formato in gola e annuii, sicura che di lì a poco sarei scoppiata a piangere.
«Questo non vuol dire che non voglio più vederti…quel bacio…» Si interruppe imbarazzandosi, riuscendomi a strappare un piccolo sorriso.
«È stato importante per me, Bella.» Le mie mani finirono tra le sue in men che non si dica.
«Non intendo perdere quello che abbiamo.» E mi sorrise, ricucendo il mio cuore, solo come lui sapeva fare. Mi promise che la sera stessa sarebbe venuto a casa mia con una sorpresa, “non cucinare” urlò mentre mi chiudevo la porta alle spalle. Alzai gli occhi al cielo e inconsapevolmente la mia mano sfiorò il mio petto. Sorridevo come un’ebete, cosa c’era di male?

 

«Rose…chiamami, ti prego.» Sussurrai lasciando a Rosalie l’ennesimo messaggio. Non la sentivo da giorni e mi mancava in modo terribile. Erano le sei, avrei avuto tutto il tempo per un bagno rilassante e così fu, tant’è che mi addormentai risvegliandomi come un pinguino appena nato. Erano già le sette ed io fremevo per l’arrivo di Edward che, suonò il campanello mentre riuscii a infilarmi un pantaloncino e una canotta. Non appena aprii la porta, l’odore di salsa barbecue si innescò nelle mie narici. Incontrai il sorriso di Edward Cullen e mi sciolsi, tant’è che non riuscii nemmeno a spiaccicare parola mentre entrava in casa mia come se fosse una cosa naturale, studiai ogni suo gesto, era morbido, perfettamente in sintonia col suo corpo, avvampai quando me lo immaginai nudo e mi misi le mani sugli occhi per la vergogna. Venni spinta dentro un cerchio di braccia possenti, l’odore di Edward mi confuse fin dentro l’anima. Non appena sentii le sue labbra sulle mie e la sua lingua all’interno della mia bocca ogni mio senso fu annullato dai suoi baci. Sputava fuoco passionale e allo stesso tempo era così dolce che sembrasse sciogliersi come neve al sole. Adoravo quell’Edward dolcemente imprevedibile, che parlava con me come se fosse naturale quando precedentemente aveva avuto paura anche a dirmi il suo nome. Lo adoravo e mi ero affezionata a lui in modo inverosimile. Lo abbracciai con l’intento di fare lo stesso con la sua anima, avevo visto Edward come un povero uccellino appena nato e, con quel gesto, volevo dimostrargli che io l’avrei protetto, che lui era importante per me…lo era davvero…non sapevo spiegare il motivo, era entrato dentro di me in modo irrefrenabile ed io ero felice di quello. Per la prima volta in vita mia mi sentii desiderata, completa…a mio agio. Cenammo con Hamburger e patatine inzuppate nella salsa barbecue e, dopo la grande rivelazione di Edward; era astemio, bevemmo due litri di coca cola in un’ora.
«Mio dio! Nascondi il cibo come nessuno!» Urlò prendendomi in giro. Lo guardai in cagnesco massaggiandomi ancora la pancia piena, afferrai velocemente un cuscino dal divano e glielo lanciai dritto in faccia. Incrociai le braccia sotto al seno e lo guardai con un sorriso furbo sulle labbra.
«Non ridi più?» Dissi beffeggiandolo. Lui iniziò a camminare lentamente verso di me, fin quando con un gesto fulmineo non mi finì addosso arpionando le sue mani sui miei fianchi. Credetti di poter prendere fuoco da lì a poco.  Ero intrappolata tra l’isola della cucina e il suo corpo…ammettendo a me stessa che se anche così non fosse stato, non avrei avuto intenzione di spostarmi. Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e sussurrò: «Cosa dovrei fare adesso?» Il tuo tono era caldo e suadente, rabbrividii di piacere sentendomi una stupida; stavo perdendo il controllo, in quel momento Edward Cullen mi aveva alla sua mercé, se mi avesse chiesto di saltellare per un’ora con una gamba sola lo avrei fatto senza indugiare.
«Tipo…baciarmi…» Mormorai a un centimetro dalle sue labbra. Lo baciai come se non ci fosse un domani, tirai leggermente i suoi capelli dopo che un gemito passionale lasciò le sue labbra, le mie gambe si avvolsero nei suoi fianchi e non potei fare a meno di mordergli le labbra per non gemere. Non sapevo ancora dove tutto quello mi avrebbe portata. Ero felice e quello mi bastava, per il momento. Quel giorno, per la prima volta Edward mi apparve diverso, solare, stranamente spensierato. Non sapevo se lui era il vero Edward, quello che sapevo è che le mie speranze andando avanti mi entusiasmavano di più che dall’inizio. Lui aveva parlato…poco, ma era un inizio. Mi aveva resa partecipe di un pezzettino della sua vita. Non potei fare a meno di pensare che io quell’Edward Cullen lo volevo tutto. Lo desideravo. Amavo la sua voce divertita. Adoravo i suoi occhi. I più belli e, allo stesso tempo, tenebrosi, che io avessi mai visto.

 

 

Sono imperdonabile.
Non so che dirvi, davvero…spero solo che il capitolo sia di vostro gradimento.
Scusate.
Un bacione,

 

Roby <3

   
 
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