In the mosaic.
A
new Edward.
I baci di Edward
non avevano termini di paragone per me. Era
come se annullassero la mia presenza da qualsivoglia situazione,
entrando
dentro quello che lui stesso riproduceva nella mia mente anche solo
toccandomi
con lo sguardo. Baciare le labbra di Edward era la cosa più
bella che mi fosse
mai capitata. Adoravo l’odore inconfondibile di agrumi che si
innescava come
una bomba nelle mie narici, adoravo la morbidezza delle sue labbra,
talmente
impeccabile che avevo paura di spezzarle.
Le sue
labbra furono la prima cosa che mi fece dipendere da Edward Cullen.
Mentre
mi avviavo a casa di mia madre, con il pensiero
rivolto a Edward e agli ultimi giorni passati insieme, notai una sagoma
nascosta
tra i cespugli, rabbrividii e aumentai il passo. Camminavo
forsennatamente e
con il respiro accelerato al massino, fin quando non raggiunsi il
portoncino e
incespicai infilandomi dentro come una ladra che si guardava attorno.
«Tesoro!» Urlò mia madre, dalla finestra
del piano di sopra.
Sospirai di sollievo e raggiunsi la porta principale. Mio padre, come
ogni
domenica, giaceva nel divano col telecomando in mano come se fosse una
cosa
vitale, lo salutai con un cenno, non appena voltò la testa
verso di me e mi
sorrise. Anche quella volta avrei avuto bisogno di parlare con lui, da sola. Salii le scale e trovai mia madre
nella mia vecchia camera, seduta su quello che una volta era il mio
letto.
«Ciao mamma.»
«Bella…» Sospirò facendomi
alzare le sopracciglia. Quando
mia madre faceva in quel modo; squadrandomi come fossi
un’aliena, non trovando
le parole adatte per cominciare a parlarmi e torturandosi le mani.
Aggiustai i
miei occhiali, nonostante non ce ne fosse alcun bisogno e mi avvicinai
a lei
accarezzandole i capelli.
«Che succede?»
«Bè…ecco, Rosalie era molto arrabbiata
stamattina…mi
chiedevo…»
«Non viene oggi, vero?» Domandai con una nota di
sconforto
nella voce, quell’arpia della mia migliore amica mi mancava
terribilmente, era
come se dentro di me si fosse spezzato qualcosa. Mia madre scosse la
testa e
continuò a guardarmi, sbuffai spazientita e mi sedetti al
suo fianco. Non
capivo perché non sistemava tutto con una telefonata quando
voleva parlarmi,
dato che non riusciva a trovare il modo. Quando mia madre al telefono
era tutta
un cuore e amore e, di presenza, si maciullava la mente in quel modo,
voleva
dire solo una cosa; alla sua prima parola io mi sarei infuriata.
«Dove hai conosciuto Edward Cullen?» Rimasi
spiazzata da
quella domanda, che mai e poi mai mi sarei aspettata. Stavo per
risponderle con
la verità, data la mia scarsa qualità di mentire,
ma mi morsi la lingua quando
ricordai che mio padre, per non so quale assurdo motivo, mi chiese di
non farne
parola con la mamma.
«L’ho conosciuto
qui…Domenica.» Risposi cercando di
mantenere le mani ferme. Ero un disastro a mentire, forse per quello
preferiva
farmi certi discorsi di presenza.
«Stai mentendo.»
«Cosa c’è che non va?» Dissi
alzando la voce, così come gli
occhi al cielo.
«Devi stare lontana da lui.»
«L’ho visto solo una volta!» La mia voce
suonava stridula e
bugiarda come mai prima di allora.
«Non mentirmi, Isabella. Sono pur sempre tua madre,
è
ridicolo.» Disse infuocandosi. Io rimasi in silenzio,
preferivo starmene zitta
che far venir fuori la verità in un nano-secondo.
«Stai lontana da lui, Bella. O ti farai molto
male.» Disse
alzandosi e lasciandomi sola. Scossi la testa con le lacrime che
minacciavano
di venire fuori a flotta. Odiavo piangere, soprattutto quando non ce
n’era
motivo…eppure quella volta, inconsapevole del motivo, priva
di ogni pensiero
coerente scoppiai a piangere. Non riuscivo più a controllare
le mie emozioni,
ero sempre in uno stato sopraffatto, odiavo quei momenti che si fecero
più
presenti giorno per giorno.
Odiavo
sentirmi così vulnerabile, odiavo non essere a conoscenza
dei vari motivi per
la quale le mie emozioni erano sempre triplicate. Sarei anche arrivata
a odiare
me stessa.
Alla fine, quella domenica non parlai con mio padre. Mia madre
ci stava tra i piedi come se sospettasse qualcosa, l’ultima
cosa che volevo era
farli litigare. Passai la giornata con i miei genitori come se tutto
filasse
liscio e, forse, in certi momenti era così. La mia
quotidianità si era
sballata, i miei pensieri lottavano tra loro, tra coerenza e non, le
mie
emozioni giocavano a bowling facendo atterrare la mia
sensibilità come se fosse
una massa di birilli…eppure qualcosa mi spingeva a credere
che tutto quello fosse
necessario. Ogni mio pensiero si fermava a Edward. Edward nella mia
mente.
Edward nel mio olfatto. Edward nella mia vista. Edward, Edward, Edward
ovunque.
Sapevo che prima o poi mi avrebbe fatta innamorare di lui e qualcosa,
mi diceva
che lui avrebbe fatto lo stesso. Quel ragazzo tenero e al tempo stesso
duro
come il ghiaccio, aveva bisogno di qualcuno che lo spronasse a non
avere paura
di rivelare il suo passato. Ed io c’ero e, per quel che
poteva servire, ci
sarei sempre stata. Avevo deciso che arrabbiarmi con il suo silenzio
era
inutile. Lo avrei aspettato, anche un anno intero.
Stavo frugando
nella mia valigetta in cerca del cellulare
quando qualcuno bussò alla porta. Avevo programmato di
chiamare mio padre per
un appuntamento fuori casa ma, chissà per quale strano
motivo, il mio
telefonino pareva essersi smaterializzato.
«Avanti.» Sbottai, rendendomi conto soltanto dopo
aver
parlato che il mio tono risultava sgarbato. Il viso splendente di
Edward fece
capolino nel mio ufficio, lo guardai stralunata poiché era
Martedì, Edward non
veniva mai al Martedì e, se davvero avesse deciso di poter
venire a suo
piacimento si sbagliava di grosso.
«Ciao, nervosa?» Mi chiese sorridendomi, facendomi
scordare
anche il mio nome. Annuii come un automa godendomi quel sorriso che
solo poche
volte aveva accesso alle sue labbra meravigliose.
«Che succede?»
«Sempre il solito. Nervosismo da
Martedì.»
«Non era al Lunedì?»
Farfugliò divertito. Scoppiai a ridere
e guardai i suoi occhi che quella volta erano più sereni
delle altre volte.
Rimanemmo in silenzio per minuti interminabili, godendo entrambi degli
occhi
dell’altro. Sarei rimasta a guardarlo per giorni interi.
«Che fai qui?» Gli chiesi.
«È mezzogiorno…da quel che so dovresti
essere ufficialmente
in pausa.» Rimasi sbigottita, non mi ero completamente
accorta dell’orario.
Afferrai la borsetta e con un sorriso mi alzai facendo cenno a Edward
di
seguirmi. Pranzammo in una trattoria piccola, calda e intima. Per la
prima
volta da quando lo conoscevo, parlò a lungo, raccontandomi
della sua passione
per l’Hockey sul ghiaccio, ero stata invitata ad una partita
per quel Sabato.
Mi raccontò di avere miliardi di disegni sparsi nei vecchi
bauli di giocattoli
di quando era piccolo. Era sereno, tranquillo, quella volta misi in
dubbio la
mia salute mentale per più di una volta; possibile che mi
fossi immaginata
quell’Edward? Quello tenebroso? Quello che soffriva sotto la
maschera che
indossava? Lo ascoltai affascinata, guardando le sue labbra che si
muovevano e…sorridevano,
di quei sorrisi che ti fanno mandare a monte tutto, quei sorrisi che
potrebbero
entrarti nel cuore in modo permanente. Quella non fu l’unica
volta di quell’Edward
e, forse, la cosa che più mi distrusse fu conoscere quel suo
lato…quello vero.
«Bene. Ci vediamo domani?» Domandai,
poiché domani alle tre
avevamo un appuntamento. Lui scosse la testa ed io alzai gli occhi al
cielo.
«Bella…non voglio più essere un tuo
paziente.» Quelle frasi
mi lacerarono il petto come una coltellata.
«Non è una cosa che dipende da
me…Edward.» Dissi con la voce
morta.
«Non dipende neanche da mio padre. Dipende da me. Solo ed
esclusivamente
da me. Non voglio più sottopormi a sedute
psicologiche.» Disse sicuro di sé,
come non l’avevo mai visto. Ingoiai il nodo che
improvvisamente mi si era
formato in gola e annuii, sicura che di lì a poco sarei
scoppiata a piangere.
«Questo non vuol dire che non voglio più
vederti…quel bacio…»
Si interruppe imbarazzandosi, riuscendomi a strappare un piccolo
sorriso.
«È stato importante per me, Bella.» Le
mie mani finirono tra
le sue in men che non si dica.
«Non intendo perdere quello che abbiamo.» E mi
sorrise,
ricucendo il mio cuore, solo come lui sapeva fare. Mi promise che la
sera
stessa sarebbe venuto a casa mia con una sorpresa, “non
cucinare” urlò mentre
mi chiudevo la porta alle spalle. Alzai gli occhi al cielo e
inconsapevolmente
la mia mano sfiorò il mio petto. Sorridevo come
un’ebete, cosa c’era di
male?
«Rose…chiamami,
ti prego.» Sussurrai lasciando a Rosalie l’ennesimo
messaggio. Non la sentivo da giorni e mi mancava in modo terribile.
Erano le
sei, avrei avuto tutto il tempo per un bagno rilassante e
così fu, tant’è che
mi addormentai risvegliandomi come un pinguino appena nato. Erano
già le sette
ed io fremevo per l’arrivo di Edward che, suonò il
campanello mentre riuscii a
infilarmi un pantaloncino e una canotta. Non appena aprii la porta,
l’odore di
salsa barbecue si innescò nelle mie narici. Incontrai il
sorriso di Edward
Cullen e mi sciolsi, tant’è che non riuscii
nemmeno a spiaccicare parola mentre
entrava in casa mia come se fosse una cosa naturale, studiai ogni suo
gesto,
era morbido, perfettamente in sintonia col suo corpo, avvampai quando
me lo
immaginai nudo e mi misi le mani sugli occhi per la vergogna. Venni
spinta
dentro un cerchio di braccia possenti, l’odore di Edward mi
confuse fin dentro
l’anima. Non appena sentii le sue labbra sulle mie e la sua
lingua all’interno
della mia bocca ogni mio senso fu annullato dai suoi baci. Sputava
fuoco
passionale e allo stesso tempo era così dolce che sembrasse
sciogliersi come
neve al sole. Adoravo quell’Edward dolcemente imprevedibile,
che parlava con me
come se fosse naturale quando precedentemente aveva avuto paura anche a
dirmi il
suo nome. Lo adoravo e mi ero affezionata a lui in modo inverosimile.
Lo
abbracciai con l’intento di fare lo stesso con la sua anima,
avevo visto Edward
come un povero uccellino appena nato e, con quel gesto, volevo
dimostrargli che
io l’avrei protetto, che lui era importante per
me…lo era davvero…non sapevo
spiegare il motivo, era entrato dentro di me in modo irrefrenabile ed
io ero
felice di quello. Per la prima volta in vita mia mi sentii desiderata,
completa…a
mio agio. Cenammo con Hamburger e patatine inzuppate nella salsa
barbecue e,
dopo la grande rivelazione di Edward; era astemio, bevemmo due litri di
coca
cola in un’ora.
«Mio dio! Nascondi il cibo come nessuno!»
Urlò prendendomi
in giro. Lo guardai in cagnesco massaggiandomi ancora la pancia piena,
afferrai
velocemente un cuscino dal divano e glielo lanciai dritto in faccia.
Incrociai
le braccia sotto al seno e lo guardai con un sorriso furbo sulle labbra.
«Non ridi più?» Dissi beffeggiandolo.
Lui iniziò a camminare
lentamente verso di me, fin quando con un gesto fulmineo non mi
finì addosso
arpionando le sue mani sui miei fianchi. Credetti di poter prendere
fuoco da lì
a poco. Ero
intrappolata tra l’isola
della cucina e il suo corpo…ammettendo a me stessa che se
anche così non fosse
stato, non avrei avuto intenzione di spostarmi. Avvicinò le
sue labbra al mio
orecchio e sussurrò: «Cosa dovrei fare
adesso?» Il tuo tono era caldo e
suadente, rabbrividii di piacere sentendomi una stupida; stavo perdendo
il
controllo, in quel momento Edward Cullen mi aveva alla sua
mercé, se mi avesse
chiesto di saltellare per un’ora con una gamba sola lo avrei
fatto senza
indugiare.
«Tipo…baciarmi…» Mormorai a
un centimetro dalle sue labbra.
Lo baciai come se non ci fosse un domani, tirai leggermente i suoi
capelli dopo
che un gemito passionale lasciò le sue labbra, le mie gambe
si avvolsero nei
suoi fianchi e non potei fare a meno di mordergli le labbra per non
gemere. Non
sapevo ancora dove tutto quello mi avrebbe portata. Ero felice e quello
mi
bastava, per il momento. Quel giorno, per la prima volta Edward mi
apparve
diverso, solare, stranamente spensierato. Non sapevo se lui era il vero
Edward,
quello che sapevo è che le mie speranze andando avanti mi
entusiasmavano di più
che dall’inizio. Lui aveva parlato…poco, ma era un
inizio. Mi aveva resa
partecipe di un pezzettino della sua vita. Non potei fare a meno di
pensare che
io quell’Edward Cullen lo volevo tutto. Lo desideravo. Amavo
la sua voce
divertita. Adoravo i suoi occhi. I più belli e, allo stesso
tempo, tenebrosi, che
io avessi mai visto.
Sono
imperdonabile.
Non so che dirvi, davvero…spero solo che il capitolo sia di
vostro gradimento.
Scusate.
Un bacione,
Roby <3