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Autore: Nelith    01/03/2014    4 recensioni
[...]Kath era sempre stata incuriosita dall'emporio, le sembrava solo un negozio dove vendevano erbe, cure e rimedi di ogni tipo; ma tutti i discorsi sentiti le facevano pensare a cose ben diverse.
Tutti erano d’accordo su una cosa: non aveva importanza la richiesta, bastava solo avere abbastanza denaro o, in caso contrario, qualcosa da scambiare. Imure era ben disposta anche a chiedere favori in cambio di aiuti, per questo motivo non riceveva visite solo dalla nobiltà cittadina. Kath si era sempre chiesta se mai un giorno sarebbe entrare nell'emporio con una richiesta e poter parlare con Imure in persona.[...]

Storia scritta per il contest "La ragazza e…la spada" indetto da darllenwr. Prima classificata.
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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L'emporio di Imure

 

Tutti a Emonsy conoscevano l'emporio di Imure. Kath ne aveva sentito parlare fin da quando era piccola, ma non aveva mai avuto il coraggio di entrarci. Temeva di soffermarsi troppo anche quando sbirciava dalla vetrata ingombra di tendaggi - da cui scorgeva parte gli scaffali stipati di barattoli e le erbe appese alle travi del soffitto messe ad essiccare - tutte le volte che vi passava davanti.

Quando qualcuno entrava o usciva dal negozio, l'aria circostante si tingeva del profumo delle spezie esotiche che vi erano vendute.

Kath ricordava bene i discorsi che facevano le amiche di sua madre sull'emporio quando si trovavano; la bottega di Imure era uno degli argomenti preferiti, passavano il loro tempo.

 

«Ho sentito che preparano filtri d'amore» ripeteva spesso Fidess, una delle amiche più strette di sua madre.

«Io sapevo che potevi andare da lei per chiederle di liberarti di persone… indesiderate»

«Da quel che so io» si intromise un’altra «Possono anche procurarti oggetti introvabili o perduti».

 

Questi erano i discorsi che era solita ascoltare da ragazzina. Molto spesso sentiva anche i nomi delle persone coinvolte, o meglio che si sospettavano avessero chiesto aiuto a Imure; dopotutto la proprietaria del negozio era famosa per la sua discrezione, ed era proprio per questo motivo che gli abitanti di Emonsy andavano da lei in cerca di aiuto e consiglio.

Kath era sempre stata incuriosita dall'emporio, le sembrava solo un negozio dove vendevano erbe, cure e rimedi di ogni tipo; ma tutti i discorsi sentiti le facevano pensare a cose ben diverse.

Tutti erano d’accordo su una cosa: non aveva importanza la richiesta, bastava solo avere abbastanza denaro o, in caso contrario, qualcosa da scambiare. Imure era ben disposta anche a chiedere favori in cambio di aiuti, per questo motivo non riceveva visite solo dalla nobiltà cittadina. Kath si era sempre chiesta se mai un giorno sarebbe entrare nell'emporio con una richiesta e poter parlare con Imure in persona.

 Adesso stava davanti alla porta persa tra i ricordi, mentre l'acqua continuava a scorrere sul suo mantello, impregnando il tessuto sempre più fradicio; il vento che soffiava gelido non sembrava neppure infastidirla. Sopra la sua testa l'insegna ondeggiava nel vento, cigolando e lanciando piccole gocce di pioggia ghiacciata sul selciato. Kath fissava la porta di legno lavorato con grande cura, ricco di dettagli intricati come se un enorme pianta rampicante crescesse su di esso, circondando il rombo di vetro che si affacciava verso l'interno. Un nuovo sospiro fuoriuscì dalle sue labbra, condensandosi in una piccola nuvola di vapore che si disperse in pochi istanti. Kath strinse i denti e con un impeto di coraggio afferrò la maniglia della porta e spinse.

La stanza era calda e accogliente, le piante aromatiche profumavano l'aria in modo molto più intenso di quando lo aveva sentito da fuori, negli anni passati. Osservò con attenzione gli scaffali; alcuni barattoli sembravano contenere piccoli rettili essiccati o parti di qualche animale. Fece qualche passo all'interno dell'emporio chiudendosi la porta alle spalle, sentendo la curiosità crescere dentro di lei. Attorno ai suoi piedi si stava formando una pozza d'acqua gelida che imbrattava il legno del pavimento e il tappeto che stava calpestando, ma lei non se ne era accorta, era troppo impegnata a osservare il negozio. In un lato della stanza c'era una grande stufa a legna; in un primo momento desiderò avvicinarsi a essa per asciugarsi, poi la sua attenzione fu attirata da tutt’altra parte. Sul bancone c'era una bilancia a piatti e accanto ad esso un grande contenitore di vetro pieno di erbe e fiori essiccati, con infilato al suo interno un cucchiaio di metallo. Kath si avvicinò al contenitore e inspirò l'aroma del tè, lasciandosi condurre su prati fioriti illuminati da un caldo sole estivo.

I suoi sogni furono interrotti dal sibilo acuto del bollitore che fischiava in una stanza nascosta tra gli scaffali dietro al bancone, chiusa da un tendaggio porpora. La ragazza si riscosse dal suo torpore, iniziando a guardarsi attorno alla ricerca, se non della proprietaria, almeno di una commessa. Poco dopo una ragazzina spuntò da dietro una tenda, sorreggendo un vassoio contenete una teiera e due tazze.

«Mi chiedevo quanto tempo saresti stata sotto l'acqua» prese la quantità pesata di tè e lo mise nella teiera - ricollocando il peso usato in una scatolina di legno - poi richiuse il coperchio e sistemò le tazze sul bancone. «Togliti il mantello, mettilo vicino alla stufa» la ragazzina aveva lunghi capelli mossi completamente bianchi e gli occhi di un'inquietante sfumatura rossa. Kath eseguì l'ordine quasi senza rendersene conto, mentre la ragazzina prendeva una sedia e la spostava davanti al bancone per la sua ospite, dopo aver attaccato un cartello con la scritta "chiuso" alla finestrella di vetro sulla porta.

Kath la vide camminare scalza per l'emporio. Indossava solo dei larghi pantaloni scuri - che arrivavano di poco sotto il ginocchio - e una tunica bianca, coperta da una mantellina rossa allacciata sotto al collo con un fiocco. Kath la guardò muoversi con calma e andava a prendere uno straccio per asciugare le piccole pozze d'acqua sul pavimento.

«Chiedo scusa».

«Nessun problema, il tempo fuori non è certo dei migliori» disse rimettendo via lo straccio una volta finito di asciugare per terra «Comunque potevi evitare di stare sotto la pioggia per così tanto tempo; iniziavo a pensare che non saresti più entrata, alla fine mi sono messa a preparare l'acqua per il tè» si avvicinò a Kath quasi saltellando, squadrandola da capo a piedi, soffermandosi sui pantaloni aderenti calzati dentro gli stivali e la blusa doppio petto perfettamente allacciata con dei bottoni argentati. I capelli neri di Kath sembravano ancora più scuri per colpa della pioggia e aderivano raccolti in corti ciuffi alla testa e al viso. «Siediti. Tu sei?»

«Mi chiamo Kath Ver Motry» gli occhi della ragazzina si illuminarono per un secondo, poi si arrampicò sul suo sgabello e versò il tè.

«E cosa posso fare per l'ultima dei Ver Motry?» c’era come una nota allegra nella sua voce, ma Kath non vi prestò attenzione.

«Sai cos'è accaduto quindi?»

«Impossibile non saperlo, si è parlato molto della distruzione del casato Ver Motry nell'ultimo periodo». Kath osservò con attenzione la ragazzina; curiose orecchie appuntite adornate di orecchini, spuntavano dai capelli chiarissimi, iniziava a domandarsi cosa fosse.

«Vorrei parlare con Imure» non aveva intenzione di perdere tempo in chiacchiere con una commessa, seppur così graziosa. La ragazza non sollevò neppure lo sguardo, si limitò a sorridere increspando le labbra rosate.

«Lo stai già facendo, io sono Imure» Kath sgranò gli occhi per la sorpresa. Si aspettava una vecchia, non una ragazzina, in fondo era da quando era piccola che sentiva parlare di lei.

«Sei la figlia?»

«No. Sono Imure. Ci sono sempre stata io in quest'emporio»

«Non è possibile».

«Se da bambina, invece di stare fuori a osservare impaurita il negozio, fossi entrata mi avresti vista» gli occhi grigi di Kath sembrarono diventare ancora più grandi, in contrasto con la pelle del viso che impallidiva. «Bevi il tuo tè, non vorrei che collassi a causa del freddo» Kath eseguì per la seconda volta senza accorgersene; prese la tazza dipinta e vi si scaldò le mani con gioia. L'aroma delle erbe era di gran lunga migliore adesso che erano state immerse nell'acqua bollente. Soffiò con calma sulla tazza per farlo raffreddare poi ne bevve una piccola sorsata, sentendo il liquido rovente segnarle le labbra e la bocca, scendendo lungo la gola. Nonostante la temperatura elevata ne sentiva il bisogno, necessitava di un qualche calore. Imure la fissava, sorridendo tra sé, non aveva fretta il tempo non era un suo problema, non lo era mai stato.

Kath parve dimenticarsi della fretta che l'aveva condotta fino a quella bottega, la disperazione che l'aveva portata a fare quella scelta; ma aveva indagato a lungo da quando era tornata ad Emonsy un mese prima, ed era tempo di agire. Sorseggiava il suo tè con calma assaporandone l'aroma, lasciandosi cullare dal suo profumo intenso. Alla fine si rigirò la tazza di porcellana tra le dita, osservando i fiori disegnati che sembravano veri. Per un attimo le parve quasi di vedere muovere i petali di ciliegio sospinti dal vento, creare piccoli vortici sulla superficie di porcellana, ma non poteva essere vero. Appoggiò la tazza sul piattino e scosse la testa allontanando quella fantasia dalla sua mente.

«Sei veramente Imure?» la ragazza si limitò ad annuire servendosi un'altra tazza di tè e riempiendo anche quella della sua ospite. «Ho sentito dire che nel tuo emporio si può fare qualunque richiesta»

«Si può chiedere qualunque cosa se si è disposti a dare qualcosa in cambio».

«Devo avere una spada» Imure sollevò lo sguardo e aggrottò le sopracciglia bianche.

«Immagino che non si tratti di una spada normale o saresti andata da un armaiolo»

«Infatti. Si tratta di Biancheossa si trova...»

«Nella villa dei Ver Zenshor. Lo so» Imure appoggiò la sua tazzina sul bancone e scrutò con attenzione il volto della ragazza che si trovava davanti a lei. Il suo viso sembrava aver ripreso colore ma nei suoi occhi grigi c'era qualcosa di disperato. «Perché vuoi quell'arma?»

«È necessario?»

«Se vuoi il mio aiuto devo conoscere ogni cosa» Kath non sembrò molto contenta, ma non aveva molte possibilità di scelta; senza Imure non sarebbe riuscita a fare nulla.

«Mi serve per la mia vendetta. Devo uccidere Bazkel Ver Kaynn».

«Perché proprio Biancheossa?» appoggiò i gomiti sul bancone fissando la ragazza davanti a lei, la richiesta diventava sempre più interessante.

«Quella spada apparteneva alla mia famiglia e ci è stata rubata. Mi vendicherei due volte»

Imure avvicinò la tazza alla bocca per nascondere un sorriso «Sei sicura di poter rivendicare la proprietà di Biancheossa?»

«Sicurissima. Mio padre mi raccontava sempre di come i Ver Zenshor ci privarono della spada decenni addietro»

«Quindi io cosa dovrei fare?» Kath la guardò meravigliata, non si aspettava una domanda simile.

«A-aiutarmi a recuperare la spada».

«Cosa ci guadagno?» a questo Kath sapeva rispondere; prese un borsello dalla cintura e lo appoggiò sul bancone del negozio. Imure slegò il cordino di pelle e ne osservò il contenuto: numerosi pezzi d'oro erano punteggiati di monete d'argento e qualche pezzo di rame.

«Sono cento pezzi d'oro, cinquanta d'argento e un paio di decine di rame. È tutto ciò che possiedo». Imure richiuse il borsello ma, invece di tenerlo, lo restituì alla ragazza.

«No».

Kath era sconvolta, non se lo aspettava «Non ho altro ma posso procurarmeli a lavoro compiuto! Io...»

«Non voglio il tuo oro. Con trenta pezzi d'argento ti procureresti un'arma di tutto rispetto. Sei proprio sicura di volere Biancheossa?»

«Certo che la voglio! Appartiene al mio casato!»

«Allora mi pagherai in altro modo» Kath non poteva credere alle sue orecchie, non avrebbe dovuto usare il suo oro per pagarla.

«Come?»

«Mi procurerai alcune cose. Nella tenuta dei Ver Zenshor c'è un oggetto che desidero, visto che vai a rubare una spada potresti portare via anche qualcos'altro. E potresti portarmi anche il cuore di Bazkel Ver Kaynn dopo averlo eliminato»

«Il suo c-cuore?»

«Lo vuoi uccidere, no? Allora non ti sarà di impiccio portarmi il suo cuore, tanto da morto non gli servirà a nulla». Kath fece una smorfia disgustata ma annuì, era pronta a sporcarsi le mani, ma non si aspettava di dover anche mettersi a fare la macellaia; non aveva mai ucciso nessuno dopotutto. «Abbiamo un accordo quindi?» Kath annuì una seconda volta.

Imure scese dallo sgabello, sparendo dietro alla tenda da cui era arrivata con il vassoio; pochi minuti dopo era di ritorno con una pergamena, calamaio e una lunga penna nera dai riflessi rossicci. Intinse la penna nell'inchiostro rosso e iniziò a redigere il contratto, tracciando parole sottili ed eleganti. Una volta finito lo rilesse con attenzione poi - senza passarvi sopra nessun panno per asciugare l'inchiostro in eccesso - lo tese a Kath Ver Motry. La ragazza lo lesse con attenzione, studiando ogni parola usata da Imure. Una volta che fu certa che tutto andasse bene prese la penna, intinse la punta nell'inchiostro e firmò. Le sembrò di vedere le lettere diventare dorate per un attimo, ma probabilmente era colpa del fulmine che aveva appena squarciato il cielo all'esterno. L'illuminazione del negozio tramite alcune lampade ad olio e alcune candele sparse in giro, non era delle migliori e creavano strani giochi di luce e ombre. Imure riprese la penna e si accarezzò il naso con l'estremità morbida e vellutata.

L'animale a cui apparteneva doveva essere molto grande. Pensò Kath osservando l'oggetto tra le sue dita sottili. Un avvoltoio? Mai sentito di persone che usano le piume di un avvoltoio per scrivere. Ma una piuma varrà l'altra.

«Perfetto. Torna qui tra tre giorni un paio d’ore prima del calare del sole e ti dirò come prendere Biancheossa da villa Zenshor» Kath annuì sorridente e, dopo aver ripreso il mantello ormai asciutto, uscì dall'emporio. Non si era aspettata una simile fortuna, credeva di dover sborsare fino all'ultimo centesimo di quello che le era rimasto, ma le era andata bene; Imure le aveva chiesto solo due cose e nessuna delle due le avrebbe richiesto un sacrificio di alcun genere. O almeno così pensava.

 

All'interno del negozio l’erborista armeggiava con il contratto. L'ora infine è giunta. Era da tanto che aspettavo questo momento; secoli di menzogne, inganni e stupidi giochi hanno finalmente dato i loro frutti. Il contratto svanì con una piccola fiammata tra le sue mani e lei tornò ad occuparsi dei lavori che aveva da finire prima di dedicarsi al suo nuovo e ultimo contratto.

 

   
 
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