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Autore: Lily1013    24/06/2008    2 recensioni
Perchè ci sono cose che devono essere sconfitte, ed altre che invece sarebbe meglio lasciar crescere...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Non conoscere alcuna paura

Non conoscere alcuna paura

Sarò ancora qui domani

Non preoccuparti

Non me ne andrò

Tu sei l’amore

Così perché piangi?

Non conoscere alcuna paura

Noi vedremo il paradiso da qui

(R. Williams – Heaven from here)

- La pistola era scarica. Lo sapevi?

- Sì, Oscar, lo sapevo.

- E cosa avresti fatto, sentiamo, se fosse salito per davvero?

- Non sarebbe mai successo: è un codardo. Solo i codardi picchiano le donne.

Lei lo guarda arrabbiata con le braccia conserte, seduta sulla sponda del letto.

- Ti sei messo in combutta con mio padre senza dirmi niente. Da quando in qua succedono queste cose, Andrè?

- Mi dispiace, Oscar, non volevamo affaticarti.

- Il dottore ha detto che sto meglio, posso ancora guardarmi le spalle da sola, sai? O pensate forse che mi sia completamente rimbambita? Beh, cari, non lo sono più.

- E lo sai che questa è l’unica cosa che conta, vero?

Le si siede accanto.

Sì, lei lo sa.

Sa che dopo più di un mese può incominciare a sperare nella guarigione.

- Non avrei mai detto che sarebbe successo a me. Io, che mi sono sempre difesa da sola, adesso ho due uomini che si prendono cura di me.

- Non ti piace?

- Non sono abituata. È strano. Confortante. Ma strano.

Lui le sorride. Lei sa che è arrivato il momento.

- Io ti amo, Andrè, e vorrei baciarti, ma non posso per via di questa stupida tisi.

Come prendere aria prima di andare in apnea. Le acque di Andrè sono calde ed accoglienti.

Andrè resta esterrefatto.

- Perché mi ami? – chiede, facendole il verso di qualche settimana prima.

- Perché se penso di passare un'altra ora lontana da te mi manca il fiato, e detto da una tisica devi crederlo per forza. – Sorride imbarazzata. – Ricordi, Andrè, quella sera a St. Antoine? Prima di Fersen, prima di tutto? – Lui annuisce, le mani chiuse a pugno sulle ginocchia. – Ecco, tu mi dicesti che Fersen sparò un colpo in aria e si fece inseguire dalla folla. Ebbene, Andrè, a me mancò la forza fisica per venirti a salvare io stessa, e fosse se l’avessi avuta tutto questo non sarebbe neanche mai successo… ma comunque, se io avessi avuto la forza non avrei sparato in aria, ma a chiunque ti stesse facendo del male. Nessuno può fare male al mio Andrè.

Fa cadere una sola lacrima.

- Cosa vuol dire “se avessi avuto la forza questo non sarebbe mai successo”?

Non gli sfugge niente.

- Fersen mi trovò e mi portò in un vicolo. Tutto quello che seppi fare fu urlare che dovevo andare a salvare il mio Andrèarrossisce come una ragazzina. – Fersen usò questa cosa per ricattarmi, in seguito, di gettare fango sulla mia famiglia. Ed all’epoca tu e mio padre non eravate certo nei buoni rapporti in cui siete ora.

- Ho sempre pensato che fosse successo qualcosa, tra voi, in quel vicolo, quella sera – lo dice a voce bassa, quasi colpevole. Lei gli accarezza il viso. – E poi io e tuo padre non siamo affatto in buoni rapporti – fa l’offeso, come se lo avesse accusato di stare con un’altra.

- Potrai mai perdonarmi, Andrè? – chiede solenne.

Lui se la porta in grembo.

- Ti amo, Oscar – le risponde.

- Anche io, anche io Andrè. Mi dispiace così tanto… .

Lei si lascia fagocitare dal suo abbraccio, quelle braccia forti che conosce da sempre e che da sempre sono state solo per lei. Pensa che se guarisce gli consacrerà l’anima e lo bacerà fino a che lui non ne potrà più e la rispedirà da suo padre.

- Quando sarò guarita, ti bacerò fino a che non ne potrai più – dà voce ai suoi pensieri.

Lui strofina il naso contro il suo collo.

- Promettimelo – mormora.

Il mattino dopo, la nonna entra come al solito per portare la colazione.

A differenza di tutte le altre mattine, però, non ha cuore di svegliarli.

Così, poggia piano il vassoio, rimbocca loro le coperte, e va via, trattenendo le lacrime.

Sulla torre.

È primavera, finalmente.

La guarda correre su e giù per la tenuta, con Cèsar.

- Lo rispediscono in Svezia domani stesso.

Emette un lungo respiro.

- L’ha presa bene.

- Come avrebbe dovuto prenderla?

Giusta osservazione.

- Lo sa?

- No.

- E non dovrà saperlo mai. Ci ucciderebbe.

- Non credo, ma si arrabbierebbe parecchio. Non si aspetta questo da noi.

- Già.

La guardano entrambi.

La figlia del dio Marte tornata alla vita.

Vedova.

- Come sta Alain?

- Bene. Vi manda i suoi saluti. Dice che in fondo gli piacete.

- Cosa vuol dire esattamente in fondo?

- Per essere un nobile, gli piacete.

- Buono a sapersi. – gli allunga due lettere. – Sono della Regina.

- Le sue sentite condoglianze?

In altri tempi, avrebbe schiaffeggiato Andrè per la sua arroganza.

I tempi cambiano.

- Sì, e non solo. Una è per te – Andrè si volta di scatto, corrugando la fronte. – Vedi, come dissi al caro fu Fersen tempo fa, non ho cresciuto mia figlia per farne una concubina. Se la vuoi, la devi sposare.

Andrè sbroglia la lettera con foga.

- Arras? – ha inghiottito un bel po’ d’aria, per dirlo.

- Ci siete sempre stati con piacere, ed è un pezzo di feudo che non frequento molto. E poi sei nato lì, no?

- Io non posso… non posso… accettare… - balbetta. Gli fa quasi tenerezza.

- Suvvia, ragazzo. Che sarà mai? Luigi XV, che Dio l’abbia in gloria, ha dato un titolo nobiliare a tutte le puttane con cui è stato, cosa vuoi che sia?

- Mi sta dando della puttana, Generale?

Succede in maggio.

Cerimonia intima, niente di sfarzoso, quello l’ha già avuto, e non le è piaciuto.

Andrè le ha detto che poteva venire anche in vestaglia, il vestito non sarebbe stato importante, ed anzi, era curioso di vedere l’alta uniforme dei Soldati della Guardia.

Ma lei vuole fargli un regalo, ed essere bella solo per lui.

E pensa di aver avuto successo, per la faccia che lui fa quando la vede arrivare al braccio del padre.

In alta uniforme grigia, lui. In abito bianco, lei.

Capelli sciolti, sulle spalle scoperte, il vestito di seta ed organza, luminosa come una stella.

Avanza nella navata sicura, un sorriso timido.

Sono lacrime quelle laggiù in fondo, Generale?

- … parli ora, o taccia per sempre.

Non si muove una foglia.

Il testimone dello sposo se la ride, stavolta.

La testimone della sposa piange calde lacrime.

- Volete voi contessa Oscar François de Jarjayes prendere in sposo il qui presente Marchese Andrè Grandier?

La parte della chiesa riservata allo sposo ridacchia.

Il testimone, al solito, pure.

Il Generale fulmina tutti.

Si fa silenzio.

- Sì, lo voglio.

- Finalmente – borbotta Alain.

Oscar lo guarda sorridente.

- … potete baciare la…

Ma Andrè non gli lascia il tempo di finire la frase.

  
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