The Homecoming Hangover 1x09
Celeste
allungò una mano
accanto a sé, tastando le delicate lenzuola del letto di
Marcel. Spalancò gli
occhi, allarmata. Il ragazzo dormiva ancora beato, ma il Sole era
già sorto e
da lì a poco tutto il castello si sarebbe risvegliato.
Sgattaiolò fuori dalle
lenzuola, coprendosi con la camicia di Marcel che le arrivava a
metà coscia, e
cercando a tentoni i suoi vestiti. Li aveva appena trovati quando un
lieve
fruscio le annunciò che anche il suo ragazzo si era
svegliato.
-
Che stai facendo? – le chiese,
trattenendo a fatica uno sbadiglio e fissandola con aria assonnata.
-
Cerco i miei vestiti,
tra poco inizierà a esserci un via vai pazzesco per i
corridoi. –
Annuì,
alzandosi e
dandole una mano nella ricerca.
Dieci
minuti più tardi,
con il trucco sbavato e l’aria scarmigliata, uscì
in corridoio e s’incamminò
rapidamente verso la sua Sala Comune. Stava giusto per salire la scala
che
conduceva al dormitorio femminile, ringraziando Rowena per non aver
incontrato
nessuno, quando una voce la fece trasalire.
-
Nottata impegnativa? –
Si
voltò verso la ragazza
che aveva parlato, guardandola in cagnesco, - Non credo siano affari
tuoi,
Carrow. –
-
Hai ragione, non sono
affari miei. -, ammise, - Comunque complimenti per Baston, è
una gran bella
conquista. – concluse, uscendo dalla Sala prima di darle il
tempo di ribattere
in qualche modo.
Con
un sospiro, raggiunse
la sua stanza e si chiuse in bagno, notando solo in quel momento che il
letto
di Eris era vuoto. Chiedendosi distrattamente se l’amica
avesse deciso di dare un’altra
occasione a Fabian, s’infilò sotto il getto caldo
della doccia e rilassò i
muscoli. Finalmente un po’ di pace.
*
Narcissa
si svegliò con
un fastidiosissimo mal di testa. Eppure non aveva bevuto molto, appena
un paio
di bicchieri, perciò non poteva trattarsi di post sbronza.
Con la coda dell’occhio
registrò che Charis non aveva ancora fatto ritorno e che
Katherine, a giudicare
dal rumore scrosciante dell’acqua, doveva essere sotto la
doccia.
Reprimendo
un gemito di
dolore, indossò la sua vestaglia in pesante broccato e
ciabattò verso l’armadio,
recuperando la divisa che come al solito aveva perfettamente ripiegato
e
riposto con cura. Si potevano dire molte cose su di lei, ma sicuramente
l’aggettivo
che più la rispecchiava era uno: ordine. Una delle molte
cose che la
accomunavano con Remus, in effetti, pensò con un sorriso.
Stava ancora
sorridendo quando la porta del bagno si aprì e Katherine
fece la sua comparsa
tra il vapore.
-
Dove credi di andare? –
le disse, fissandola con aria minacciosa.
Le
rivolse uno sguardo
perplesso, - Che domanda difficile … Magari a lezione?
–
-
Non ti sei ancora vista
allo specchio, vero? –
Aggrottò
la fronte.
Adesso cosa accidenti c’entrava lo specchio?
-
Lo prendo per un no.
Fossi in te lo farei. – disse, rispondendosi da sola e
indicandole l’immenso
specchio a figura intera che troneggiava nell’angolo.
Narcissa
obbedì,
sorprendendosi per l’ennesima volta per la stanchezza che
sentiva addosso.
Cacciò
un urlo, puntando
un dito tremante contro la sua immagine riflessa.
-
Che accidenti è quella
roba?! –
-
Varicella. Passerà in
una decina di giorni, ma devi andare in infermeria. –
Magnifico,
ci mancava
soltanto che la isolassero come una raccapricciante creatura contagiosa.
-
E come l’ho presa? –
Katherine
si mordicchiò
il labbro inferiore, pensierosa, - Di solito basta anche solo stare in
un
ambiente infetto, ma con uno sfogo del genere direi che l’hai
presa
direttamente dal malato. –
Un
lampo di
consapevolezza passò nella mente della ragazza. La notte
precedente, dopo il
ballo, aveva incontrato Remus sulla Torre d’Astronomia e
ricordava
perfettamente quanto la pelle del ragazzo fosse calda.
L’aveva inizialmente
imputato all’avvicinarsi della luna piena, ma forse era solo
un attacco di tipo
virale.
-
D’accordo, andrò in
infermeria, ma promettimi che tu e Charis mi verrete a trovare.
– la scongiurò,
rivolgendole la sua migliore espressione desiderosa d’affetto.
-
Se la nostra bella
bionda si ricorda di non poter vivere di solo sesso, verremo a trovarti
dopo
pranzo. – le promise con aria solenne.
Il
pensiero di Regulus e
Charis che si rotolavano tra le coperte le provocò un
attacco di nausea.
-
Kath, è mio cugino,
vuoi forse farmi vomitare? –
-
Certo che no, ma se
proprio devi farlo allora vai in infermeria. – aggiunse in
fretta,
spintonandola scherzosamente fuori dalla stanza.
*
-
Che succede? – domandò Eris,
alzandosi quanto bastava per permetterle di guardare il ragazzo che si
stava
rapidamente vestendo.
-
Allenamenti. – replicò telegrafico,
prima di aggiungere, - Hai visto le mie gomitiere per caso? –
Gliele
lanciò al volo.
-
Bei riflessi. Però ho
una domanda: la squadra non ti ha ancora ucciso per via di tutti questi
allenamenti extra? –
-
Non sono allenamenti
collettivi. Il lunedì mattina mi alleno un po’ da
solo, visto che la prima ora
è buca. –
-
Quindi se per oggi li
salti non succede nulla, no? – domandò, con un
tono di voce pericolosamente
seducente.
-
Non iniziare, devo
davvero allenarmi. – la pregò, smettendo
però di vestirsi e posando lo sguardo
su di lei.
-
Iniziare a fare cosa
esattamente? – mormorò, lasciando che il lenzuolo
verde che la copriva
scivolasse ai suoi piedi e la lasciasse con la sola protezione della
lingerie
che aveva indossato.
Sorrise
davanti allo
sguardo cupido con cui Rico accarezzava ogni porzione del suo corpo.
-
Oh, al diavolo. –
sbottò, gettando via le gomitiere e raggiungendola sul
letto.
*
Dorcas
venne svegliata da
una scia di baci delicati che partivano dal lobo per poi scendere verso
il basso.
Quando raggiunsero la clavicola, aprì gli occhi e li
puntò in quelli blu del
ragazzo al suo fianco.
-
Buongiorno. – sorrise,
chinandosi a depositargli un casto bacio a fior di labbra.
-
Buongiorno, raggio di
sole. –
Il
sorriso le si allargò
ancora di più, contagiando anche Evan.
Un
lieve e piacevolissimo
odore le raggiunse le narici.
-
Sono caffè e baggle al
formaggio quelli che sento? –
-
Potrebbero esserlo,
tutto dipende dal fatto che io riceva un altro bacio oppure no.
– replicò,
sorridendole sfrontatamente.
Lo
baciò ancora, ridacchiando,
- Lo faccio solo per la colazione. –
Evan
la guardò con un’aria
di finta indignazione, - Ti vedi per così poco, Meadowes?
–
-
Solo a te, considerati
fortunato. – replicò, sfuggendo alla sua presa e
sgattaiolando verso il tavolo
su cui era sistemato ogni sorta di ben di Dio.
-
Amo questa stanza. –
annunciò con aria seria, servendosi una generosa dose di
caffè e zuccherandolo.
-
Vuoi bere del caffè o
dello zucchero innaffiato con qualche goccia di caffè?
– la prese in giro, accennando
al terzo cucchiaio che aggiungeva alla bevanda.
Dorcas
gli rivolse una
linguaccia e avvicinò la tazza al suo viso.
-
Vuoi assaggiare? –
Con
un’espressione
schifata, Evan si tirò indietro facendola scoppiare a ridere.
-
Vuoi avvelenarmi, forse?
Tu e il tuo caffè ipercolesterolico state lontani da me.
– replicò, afferrando
la caraffa e versandosene una generosa dose. Lo buttò
giù così, nero e amaro,
proprio come piaceva a lui.
*
La
prima cosa che Celeste
notò, non appena mise piede in Sala Grande, era che tutti
gli studenti presenti
chiacchieravano di chissà quale pettegolezzo. Vedendo Alecto
Carrow in
inseparabile compagnia della Jorkins, e notando che entrambe sembravano
molto
più agitate del solito, ipotizzò che doveva
trattarsi di qualcosa di grosso o
semplicemente incredibile.
Prese
posto, sforzandosi
di non tormentarsi con l’idea che l’oggetto di
quelle chiacchiere poteva
proprio essere il suo misterioso rientro mattutino alla Torre dei
Corvonero.
Quando
i battenti si
aprirono, tuttavia, le venne confermato che le sue erano solo stupide
paranoie.
Eris
stava facendo il suo
ingresso in compagnia di nientemeno che Rico Wilkes e, come se tutto
ciò non
bastasse, lo stava tenendo per mano. Entrambi i ragazzi procedevano a
testa
alta, apparentemente ignari che tutta la scolaresca stava commentando
nient’affatto
velatamente la novità.
-
E quindi dopo Elizabeth
anche Eris. Sembra che le Greengrass abbiano una vera passione per quel
ragazzo. –
-
Già, ma guardate come
si guardano, secondo me la cosa andava avanti da molto tempo.
–
Come
era prevedibile, gli
sguardi si posarono poi sulla piccola Elizabeth, che non aveva detto
nulla e li
fissava con l’aria di chi aveva appena ricevuto una pugnalata
alle spalle.
Sforzandosi
di mantenere
la calma, distolse lo sguardo e afferrò un pezzo di
pergamena. Scribacchiò in tutta
fretta una frase e l’affidò a uno dei gufetti che
aveva appena consegnato la
posta al suo tavolo.
L’animaletto
spiccò il
volo e dopo poco atterrò davanti al destinatario del
messaggio, che quando lesse
quelle poche parole non potè fare a meno di ghignare con
compiacimento.
“So
chi sei, voglio essere dei vostri.
Elizabeth”
Spazio
autrice:
Eccomi
con l’aggiornamento,
dopo un’assenza scandalosa per cui non ho altre scusanti se
non quella della
mancanza d’ispirazione. Spero che il capitolo vi sia piaciuto
e che sia valso l’attesa.
Come sempre vi chiedo di farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt