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Autore: Stella cadente    02/03/2014    2 recensioni
Dal primo capitolo:
"E' strano da dire, ma anche se non ti conosco, ti voglio bene Liam; mi sento legata a te, inspiegabilmente, e ti sento vicino, vicino come una persona che conosco da una vita. Scrivere questa lettera mi ha aiutata, mi ha aiutata a sfogarmi.
La tua più grande fan,
Daveigh"
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Una ragazza, un ragazzo, una delusione, delle lettere.
Ma se tutto ciò avesse una svolta improvvisa?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo nono
 cocci di parole
 
 





Era da diverso tempo che passava davanti a casa sua. Era da un po’ che, di nascosto dai ragazzi, andava in quel quartiere tranquillo e lontano dal solito traffico londinese, indeciso sul da farsi.
Casa sua doveva essere lì.
Anzi, era lì.
E lui non aveva mai avuto il coraggio di suonare ad un semplicissimo campanello per risolvere finalmente tutti i suoi dubbi.
Liam si trovava nuovamente appoggiato contro un albero spoglio, in quella mattina fredda e un po’ nuvolosa. Guardava la casa imponente nostalgico, come se fosse stata un qualcosa di irraggiungibile.
Aveva visto un movimento attraverso il vetro della finestra, una volta. Il cuore aveva preso a battergli all’impazzata, mentre gli occhi balzavano e si assottigliavano, nel tentativo di cogliere anche il minimo dettaglio.
Che fosse stata lei?
Sorrideva a quell’idea, al pensiero di poterla incontrare, e allo stesso tempo si sentiva uno stupido, un adolescente con la prima cotta.
Era strano, quel sentimento che provava.
Ma forse era proprio così che quella ragazza lo rendeva.
Stupido e strano.
Come un adolescente con la prima cotta.
 
 
 
 
 
 
 
Daveigh dormiva. Dormiva per non pensare, per lasciar stare quella vita che la rendeva così stanca. Dormiva, nonostante le lacrime che sembravano ustionarle il volto e pungerle le guance come rovi, dormiva nonostante i pensieri che, cattivi, si ostinavano a vorticarle nella testa.
Dormiva nonostante il dolore lancinante al polso.
Cercava di dormire, nonostante avesse gli occhi iniettati di quelle immagini, risalenti solo a circa un’ora prima.
Nonostante avesse il sangue impresso nello sguardo.
Non immaginava neanche lontanamente che qualcuno la stesse guardando tutti i pomeriggi in cui si sentiva così sola.
Soprattutto, non immaginava chi la stesse guardando.
 

 
 
****
 
 
 
– Si può sapere dove te ne vai ogni volta? – lo accolse la voce di Niall quella sera, quando rientrò nella dependance.
– Eh? – rispose lui, soprappensiero. Lo sguardo perso, la faccia assorta.
Era stato tutto il tempo ad osservare da lontano. Non si era neanche accorto di aver passato l’intero pomeriggio così, approfittando del fatto che quella casa fosse abbastanza isolata dal centro di Londra, dove tutti avrebbero potuto riconoscerlo.
Il biondo sembrò spazientito.
– Liam, amico, ma ci sei? – disse, sventolandogli una mano davanti agli occhi in maniera teatrale.
– Sì – rispose lui come in automatico, guardandolo distrattamente.
Niall si scambiò un’occhiata confusa con Harry, che aveva assistito a tutta la scena impassibile.
– Ma che gli prende? – sussurrò.
Harry si limitò a scrollare le spalle senza dire niente.
Per un attimo Liam restò così sospeso, mentre i ragazzi si lanciavano sguardi perplessi e un po’ preoccupati.
– Sono solo stanco – mentì, abbozzando un sorriso – vado a riposare un po’ – aggiunse, senza lasciar loro il tempo di replicare.
Si recò nella sua stanza, senza accorgersi di due occhi nocciola che lo seguivano indagatori.
 
 
 
 
 
 
Daveigh si alzò malamente, sentendo una fitta acuta alla testa.
Trattenne un gemito di dolore, portandosi una mano al polso dolorante.
Era orribile, quella sensazione.
Era come sentirsi oppressi, imprigionati in una gabbia invisibile e indistruttibile.
Lei era solo stanca. Sfinita. Ogni giorno diventava sempre più fragile, sempre più debole.
Si stava disintegrando col passare delle ore, dei minuti, dei secondi.
E lei era stanca anche di questo.
 

 
13 settembre 2012
 
 
Caro Liam,
sono stanca. Sono immensamente stanca.
Mi sento stanca fisicamente ma soprattutto psicologicamente.
Daniel  è venuto qui. Non so perché. Non so quando. Non so come.
È venuto qui e mi ha picchiata. Questo è quanto. È un orrore vedere i lividi sui fianchi, questi segni rossi intorno al polso.
Qualcuno ha spedito le lettere. Non so chi. Forse è per questo che finora non ho più avuto, in un certo senso, il coraggio per scriverti.
Però questa lettera, credo, non arriverà mai ai tuoi occhi. Se le lettere sono arrivate davvero a te, allora sai già tutto di me.
Ma stranamente, non so se considerarla una cosa bella o una cosa brutta. Ecco, è come se avessi paura. Ho paura, sì, perché sto cominciando a pensare che forse l’immagine che mi sono costruita di te nella mia testa non corrisponde alla realtà.
E ci soffrirei troppo.
Spero che tu non mi abbia preso per una pazza, nel leggere quelle cose. Ammesso che tu le abbia lette.
Avrebbero dovuto rimanere solo a me, ma qualcosa ha fatto in modo che volassero via, verso qualcun altro.
Una parte di me spera davvero che ti siano arrivate. Così magari, non lo so..noi potremmo vederci.
Secondo te è una cosa possibile?
Un abbraccio,
Daveigh
 
 

Posò distrattamente la stilografica sul foglio e cercò di concentrarsi sulle espressioni algebriche che la fissavano dal libro di matematica, abbandonato fra i cuscini distrattamente.
Quando ce lo aveva messo?
Poi ricordò.
Prima che arrivasse Daniel stava facendo algebra.
Prima che arrivasse Daniel e rovinasse ogni cosa.
Ogni cosa, anche quello stato atono in cui si trovava, per ridurla in pezzi.
Tutto quello che rimaneva, ora, era solo un forte mal di testa.
 
 
 
 
 
– Sei solo stanco, eh? – la voce di Zayn, animata da un forte accento sarcastico, irruppe nella stanza.
Liam non rispose.
Appoggiato allo stipite della porta, il suo migliore amico lo fissava con quei suoi penetranti occhi nocciola. A volte, Liam sospettava che avesse doti telepatiche. Quegli occhi avevano qualcosa di ultraterreno, possedevano un bagliore assolutamente fuori dal comune.
Era come se, appunto, con una sola occhiata, Zayn fosse stato in grado di leggere nel pensiero.
Per tutta risposta si lasciò cadere di peso sul letto e sbuffò, lo sguardo fisso.
– Stai bene?
Liam scosse la testa.
– Non lo so – disse solo.
– Senti – continuò Zayn – è da un po’ che io e i ragazzi ti vediamo..assente, è successo qualcosa? Perché è da diversi giorni che non riconosco più il mio amico. Sai com’è – concluse ironico. Ma la voce era paziente, tranquilla.
Liam sospirò, per poi riportare gli occhi sull’amico.
– Beh.. – tentennò – in realtà qualcosa ci sarebbe. Hai presente quel giorno in cui, dopo le prove, sono andato io a prendere la posta?
Zayn annuì.
– Da quel giorno – disse, serio – niente è stato più lo stesso.
 
 
 
 
 
 
Raccontò di tutto. Tutto quanto.
Raccontò a Zayn delle lettere, di Daveigh e di quel suo così strano, eppure così assurdamente intenso attaccamento verso di lei, una completa sconosciuta.
L’amico ascoltava serio annuendo di tanto in tanto, completamente assorbito dalla storia che gli si stava presentando davanti.
– Quindi tu vorresti..insomma..incontrarla? – azzardò poi.
Liam sorrise sereno. La sola idea lo riempiva di felicità.
– Diciamo che non mi dispiacerebbe – disse.
– E come pensi di fare?
Quelle parole sembrarono scoraggiarlo.
– Non lo so..mi sento un cretino, passo tutti i pomeriggi davanti a casa sua senza avere il coraggio di.. – si interruppe improvvisamente.
Già, di fare che cosa?
Sul volto di Zayn comparve un ghigno divertito. Si dovette trattenere per non scoppiare a ridere.
Per lui era decisamente troppo facile.
– Senti amico, non è difficile. La situazione ti sembra impossibile perché sei tu che la stai complicando – disse, schietto.
Liam lo guardò perplesso.
– Cosa vuoi dire?
– È semplicissimo, insomma, suona il campanello e basta.
Liam non riusciva a crederci. Rimase ammutolito, incapace di dire o anche solo pensare qualcosa di sensato.
– Sì ma se non mi viene ad aprire lei? Se viene ad aprirmi sua madre, che accidenti dico? “Salve sono Liam Payne dei One Direction, sono qui per vedere sua figlia, nonché la ragazza a cui voglio già bene pur non conoscendola, che per sbaglio mi ha spedito delle lettere” – fece ironico – ma dai, Zayn! È facile a dirlo, ma poi? È un casino.
– E io ti ripeto che sei tu a renderlo un casino. Prova a buttarti, ogni tanto. Ti farebbe bene. Ricorda: suona il campanello, e basta – disse – così smetterai di logorarti l’anima. E di logorarla a noi – aggiunse, senza togliersi quel sorriso beffardo dalla faccia.
Gli diede una sonora pacca sulla schiena ed uscì dalla stanza.
– Zayn – lo chiamò Liam – quando dovrei farla, questa cosa?
Il moro ricomparve sul ciglio della porta.
– Anche domani, io non perderei altro tempo. Fa’ come ti dico. Dammi retta.
Dette queste ultime parole, lasciò un Liam confuso e perplesso al centro della grande stanza, a lasciarsi avvolgere dai propri pensieri.

 
 
****
 
 
 
La casa.
Era di nuovo lì, in lontananza.
E lui lì, ad osservarla, stringendosi nel cappotto color piombo.
Mille interrogativi nella testa, qualcosa che gli rodeva lo stomaco.
Liam si trovava per l’ennesima volta vicino a casa di Daveigh, sotto il cielo terso di quella mattina. Faceva già abbastanza freddo, ma del resto a Londra era più che normale.
Sospirò, combattuto, e mosse qualche passo verso il vialetto, per avvicinarsi un po’ di più. Come quella volta che aveva iniziato a piovere.
E quando si trovò di fronte alla porta, l’aria gli sembrò quasi farsi elettrica.
Quella porta che aveva sfiorato e che aveva guardato a vuoto.
Senza concludere nulla.
Come al solito.
Il cuore gli batteva a mille, la sua mente correva a perdifiato.
È semplicissimo, insomma, suona il campanello e basta.
Le parole di Zayn gli riecheggiavano ripetutamente nella testa, come se qualcuno gliele avesse scagliate con forza nel cervello.
Perché era così maledettamente difficile?
Controllò ancora l’indirizzo su una di quelle buste che  contenevano le lettere. Se le era portate dietro, per essere sicuro di non sbagliare.
Non sbagliava.
La casa era proprio quella.
Ok. Ci siamo.
Portò lo sguardo sul tasto del campanello.
E premette.
 
 
 
Sdraiata sul suo letto, cercava invano di mettere a tacere la sua mente.
A nulla era servita la benda fatta alla bell’e meglio intorno al suo polso, per fermare il sangue. La garza si era completamente colorata di rosso, e Daveigh si sentiva completamente uno schifo.
Aveva finto di star bene, prima che sua madre tornasse in ufficio tutta affaccendata. Aveva detto di nuovo uno dei suoi insulsi “Sto bene”, giustificando la ferita con una caduta. E sua madre ci aveva creduto.
Anche lei lo avrebbe voluto. Avrebbe tanto voluto credere che fosse stato tutto solo un incidente, e non accettare che quella profonda ferita  se la fosse procurata da sola.
Ciò che in realtà avrebbe dovuto medicare era la sua testa. Ciò che avrebbe davvero dovuto ricomporre era il suo cuore chiuso e diffidente.
Alzò di scatto la testa dal cuscino al suono del campanello, e scese di fretta le scale.
Appena si ritrovò nell’ingresso rabbrividì.
Il campanello.
Ti prego, fa’ che non sia chi penso.
Aspettò qualche secondo.
E il campanello suonò di nuovo, facendola sussultare.
– C..chi è? – quasi urlò, la voce tremante.
– Daveigh Miller? – sentì che diceva una voce al di là della porta.
Non era la voce di Daniel.
Nel sentirla, si rilassò e tirò un leggero sospiro di sollievo.
Era un’altra voce. E le sembrava di averla già sentita da qualche parte, ma non ricordava con precisione dove.
– Sì- disse – chi è? – ripeté, senza però aprire la porta. Non voleva farsi vedere in quello stato da uno sconosciuto, non con quegli occhi pesti e l’anima a pezzi.
La voce le era uscita ora debole, fioca, con la pesantezza  e lo sforzo di chi non ha più voglia di far niente.
– Ehm.. – tentennò Liam, dall’altra parte della porta. Non aveva pensato minimamente che lei potesse chiedergli chi fosse. Era una domanda talmente ovvia, eppure quell’idea non lo aveva sfiorato neanche da lontano.
Stupido, dovevi pensarci prima!
Trascorsero alcuni secondi di silenzio in cui Liam si trovò nella confusione più totale.
Che cosa poteva dire adesso?
Prese un respiro profondo, come a darsi coraggio.
Forza. Devo dirglielo, adesso. O tutto questo sarà stato  solamente un’enorme perdita di tempo.
– Mi sono arrivate delle lettere da parte sua e..non so se era sua intenzione inviarle..se vuole, posso ridargliele.
Perché le stava dando del “lei”?
Sembrava che stesse parlando con un’anziana vicina di casa, non con la misteriosa diciottenne che gli aveva inviato le lettere per sbaglio.
Sono proprio un idiota.
A quelle parole, però, la porta si spalancò subito con veemenza.
Daveigh rivoleva le sue lettere. Con tutta se stessa, le rivoleva.
Anche se ormai sarebbe stato inutile, qualcuno le aveva già lette. Ma non le piaceva comunque il pensiero di lasciarle nelle mani di quello sconosciuto.
Liam sussultò appena la vide.
Già sentire la sua voce, così sottile e cristallina, lo aveva come stregato, inchiodato lì.
Ma quando la vide, fu magico.
Era lì.
Lei era lì.
Stentava a crederci.
Ed era pura, come aveva immaginato.
Il viso pallidissimo era incorniciato da dei capelli rossicci di media lunghezza. L’espressione dolce  che quel volto aveva lo pietrificò, lasciandolo di stucco.
Ma la cosa che più lo aveva colpito, erano gli occhi. Grandi, profondi, di un color nocciola chiaro, che sembravano impreziosire ancora di più quella fisionomia delicata.
Solo che erano spenti, ombrosi, palesemente arrossati dal pianto.
Liam sgranò gli occhi per la sorpresa. Sì, l’aveva immaginata bella, ma non così bella.
Era una cosa davvero impressionante. Eppure c’era qualcosa, lo vedeva, lo sentiva. Lei stava male. E questo lo inondò improvvisamente di una sensazione di malessere.
– Ciao – riuscì solo a dire, con il cuore che gli saltava in petto.
Daveigh spalancò gli occhioni nocciola a sua volta.
Non è possibile.
– L..Liam? – balbettò, mentre le mani le tremavano.
Sbatté le palpebre più volte, come se avesse paura che quel ragazzo non fosse reale.
Non poteva essere. Eppure il suo idolo, il destinatario delle lettere, era proprio lì. La fissava con i suoi occhi color cioccolato, cercandola, abbracciandola con solo uno sguardo.
Daveigh tremò impercettibilmente; sembrava che tutte le sue attenzioni, tutti i suoi pensieri, fossero concentrati su di lei. Si sentì sciogliere da quell’immensità scura, che le regalava acute fitte di emozione al cuore.
Lui abbassò la testa, imbarazzato.
– Già.
– Tu..come..
– Sono qui – la interruppe – sono qui per te. Basta come spiegazione? – disse, la voce sottile, armoniosa.
Liam dava voce a tutti i suoi sentimenti, le sue emozioni nascoste.
E forse era esagerato, ma sembrava che qualcosa lo costringesse a buttare tutto fuori, senza curarsi di come avrebbe potuto reagire la ragazza che gli stava di fronte.
Daveigh si sentiva fluttuare, come in un sogno.
Perché quello era un sogno.
Doveva esserlo per forza.
Ma anche se era un sogno, era bellissimo.
Annuì, incredula e incapace di proferir parola.
Liam. Liam è qui per me.
Voleva abbracciarlo con l’anima, ma non ci riusciva, perché non ci credeva. Era riuscita solo a trovare pochi, piccoli cocci di parole, nel tentativo di raccontargli se stessa guardandolo finalmente negli occhi.
Il tocco leggero di Liam la fece sussultare.
È tutto vero.
– Ehi – il ragazzo fece un passo avanti, stringendole con affetto un braccio.
Il sinistro.
La sua era senza dubbio una stretta delicata, piena di quello che sembrava amore, ma le aveva fatto male.
E quell’amore non bastava a rimarginare la profonda ferita che lei stessa si era procurata.
Non bastava.
Daveigh fece una smorfia di dolore trattenendosi dal cacciare un urlo, senza però passare inosservata agli occhi scrutatori di Liam.
– Che cosa c’è? – chiese dolcemente.
Lei si limitò a scuotere la testa.
E lo sguardo di lui si fermò su un punto preciso del braccio.
Aveva notato una benda o qualcosa del genere. Ne era sicuro, era sicuro che quella fosse una benda. Ma perché?
Oh no.
Prima che lei potesse fare qualcosa per fermarlo, le sollevò la manica della maglia, scoprendo una garza completamente imbrattata di sangue.
Gli occhi di lei inorridirono.
E i suoi anche.
– Daveigh.. – disse piano, spaventato – che cosa hai fatto al braccio?
Non rispose.

 

Boh, non è passato proprio un mese esatto dall'ultimo aggiornamento,
ma non sapevo cosa fare, la storia è già conclusa e quindi eccomi qui, a pubblicare.
Non so perché ma mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo; è il momento in cui
Liam incontra finalmente Daveigh, il momento che tutti aspettavamo insomma.
Spero quindi che vi sia piaciuto, tanto quanto è piaciuto a me.
O comunque almeno un pochino :)
Ci ho messo tutta me stessa in questa storia: è una storia che un po' mi ha dissanguata, nel senso
che faticavo ad andare avanti con lo sviluppo della trama, ma al tempo stesso mi è piaciuto immensamente scriverla.
E' tristissimo pensare che il prossimo sarà l'ultimo capitolo, ma mi sento fiera di aver concluso anche questa FanFiction.
Voi ovviamente siete gentilissimi, è soprattutto grazie a voi se continuo a pubblicare.
Grazie lettori,

Stella cadente 
  
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