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Autore: KikiShadow93    03/03/2014    7 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccolo avvertimento: non sono brava a descrivere scene di combattimento >.< mi sono impegnata moltissimo per questa, ma so già che è venuta una *****! ç.ç Siate clementi con me, vi prego!
 

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Marco non ha mai usato i suoi poteri durante quegli allenamenti. Mai, neanche una volta. Non ha neanche mai avuto bisogno di usare il suo potere rigenerante, data la scarsità della ragazza.
Ma adesso, con suo enorme sconcerto, si è ritrovato costretto a ricorrere a quel “trucco” per rigenerare la pelle lacerata dell'avambraccio, profondamente dilaniato da una delle lame dei pugnali sai che la ragazza ha imparato ad usare.
Si è ritrovato, inoltre, a fare quasi sul serio, a dover parare i potenti colpi che la ragazza prova ad infliggere a parti ben mirate del suo corpo, quali testa o addome, e anche a dover provare a mandare a segno qualche colpo, mancandola sempre all'ultimo secondo.
«Stai migliorando, ragazzina.» ridacchia con aria strafottente, bloccando prontamente un calcio della ragazza, troppo vicino alla testa «Ma sei ancora molto lontana dal potermi battere.»
Akemi sghignazza divertita, accucciandosi velocemente a terra e roteando su sé stessa con una gamba ben tesa, facendogli lo sgambetto. In fondo, dove sta scritto che un pirata deve combattere in modo leale?
Marco finisce con la schiena a terra e, prima che possa avere il tempo di reagire, si ritrova schiacciato al suolo sotto al corpo di Akemi, che ghigna con aria trionfante e sicura.
«Vinco io.» afferma con arroganza, tenendogli i polsi bloccati sopra alla testa.
«Ne sei sicura?» controbatte il maggiore, intrecciando una gamba alla sua e ribaltando la posizione con un forte colpo di reni, tenendola a sua volta inchiodata a terra.
Si guardano per un breve istante con aria spersa, troppo vicini per i gusti di entrambi, e mentre Marco cerca di elaborare la cosa, di archiviarla come un evento qualsiasi, Akemi sotto di lui si rigira prontamente, inchiodandolo di nuovo sul pavimento della palestra, a cavalcioni sul suo ventre.
Avvicina lentamente il viso a quello del comandante, senza abbandonare neanche per un istante quel sorrisetto arrogante che mai prima di allora Marco le aveva visto. Si avvicina tanto da poter sentire il suo respiro caldo sulla pelle e questo non fa altro che animarla ulteriormente.
«Assolutamente.» mormora con un filo di voce, prendendo un poco le distanze, ridacchiando felice per essere riuscita finalmente ad atterrare la leggendaria e sin troppo arrogante Fenice. Gli lascia finalmente andare i polsi, passandosi le mani tra i capelli scompigliati e sospirando rumorosamente, stanca come ogni terzo giorno dalla trasfusione.
Marco fa leva con un braccio per alzarsi un poco col busto, poggiandosi sul gomito, guardandola con aria divertita «Questo non prova niente.»
«Questo prova che sono io l'essere superiore, carino!»
Si alza di scatto, Marco, mettendosi a sedere e bloccandole la vita con un braccio per tenerla ferma e puntandole uno dei suoi stessi pugnali alla gola «Sicura?»
Akemi abbassa gli occhi su di lui, completamente priva di paura, e un ghigno divertito le increspa le labbra rosee «Al mille per cento, comandante.»
Sono vicini adesso, troppo vicini.
Il braccio di Marco pare quasi avere vita propria e si stringe ancora di più attorno alla vita sottile di Akemi, costretta così ad avvicinarsi ulteriormente, tanto da far combaciare i loro busti.
Rimangono immobili, guardandosi dritto negli occhi con aria di sfida, tanto vicini che le punte dei loro nasi si sfiorano. Sono completamente ipnotizzati l'uno dagli occhi dell'altra, tanto da non rendersi neanche più conto di quanto li circonda.
Ma a rompere il loro momento di pura intesa ci pensa il sordo rumore di una palla di cannone. Akemi, grazie al suo finissimo udito, sente che ha mancato la nave per si e no mezzo metro.
Scattano in piedi come due molle, accantonando velocemente quello strano momento che si era venuto a creare e subito corrono verso la porta, pronti a dar man forte.
Marco affretta il passo, staccandola di poco e arrivando per primo sul ponte della nave, dove tutti si preparano all'attacco di una ciurma avversaria.
Per un brevissimo istante gli viene pure da ridere, perché trovare qualcuno così stupido da attaccarli è un po' come sentire una barzelletta, ma torna subito con i piedi per terra e si prepara a difendere la loro preziosa e vulnerabile imbarcazione.
Akemi arriva sul posto qualche secondo dopo e immediatamente prova un forte senso di smarrimento. Non aveva mai partecipato ad uno scontro simile, non sa come si deve muovere, ma sa bene che qualcosa deve fare pure lei. È parte della ciurma tanto quanto gli altri, in fondo.
Ma questa sua rosea convinzione viene immediatamente distrutta dalle parole dure e concise del suo comandante.
«Akemi, resta ferma e guarda come si fa.» afferma infatti Satch, mettendole una mano sulla spalla e spingendola indietro per proteggerla. Sa bene che Marco la sta facendo lavorare sodo e che nel periodo il cui non si parlavano più si allenava un po' con tutti gli altri, ma sa altrettanto bene che non sarebbe in grado di combattere senza l'aiuto di uno di loro. E nessuno può permettersi di buttarsi in uno scontro dovendo pure guardare le spalle a qualcun altro.
«Cosa?! NO!» strilla contraddetta la minore, puntando i piedi a terra e guardandolo con astio.
«È un ordine.» sibila a denti stretti il comandante mentre molti uomini partono al contrattacco.
Barbabianca, dal suo seggio, resta calmo ad osservare la scena. I suoi adorati figli sono perfettamente in grado di difendersi da piratucoli di quart'ordine, non hanno bisogno del suo intervento, quindi è assai meglio per la sua salute se rimane fermo. Odia doverlo ammettere, ma la sua malattia l'ha indebolito parecchio. Certo, in caso di bisogno sarebbe perfettamente in grado di contrastare anche un Ammiraglio, ma è sempre meglio evitare sforzi inutili.
«Satch, forse dovrebbe provare. Mal che vada l'ammazzano!» afferma convinto Ace, sperando di far ragionare il fratello. In effetti, poi, non ha neanche tutti i torti: se non può essere definitivamente uccisa, perché mai impedirle di divertirsi un po'?
«Geniale, Ace.» ringhia in risposta Satch, pronto ad entrare in azione.
«Non puoi pretendere che impari a cavarsela da sola se la tiri su a pane e zucchero!» lo contraddice con un certo fervore Pugno di Fuoco, sbarrandogli la strada.
Akemi lo guarda con occhi pieni di speranza e riconoscenza, ma la risposta di Satch fa crollare ogni sua aspettativa.
«HO DETTO CHE RESTA QUI!»
«Tu non resterai qui...» alza di scatto la testa, Akemi, cercandolo in mezzo al caos che è venuto a crearsi sul ponte, capendo però che, come ormai accade spesso, è solo nella sua testa «Adesso gli facciamo vedere come si gioca.» 'Cosa?'
Il suo corpo si intorpidisce all'improvviso: le gambe si immobilizzano, le braccia si fanno pesanti, così come la testa. Chiude gli occhi, senza riuscire a respirare.
'Che diavolo succede?!'
Il panico l'assale completamente quando si rende conto che il suo cuore smette di battere e dopo un secondo si ritrova reclusa nel limbo nero. In sé è come le altre volte, con l'unica eccezione che riesce a vedere nitidamente cosa sta succedendo fuori.
«Adesso vi faccio vedere come si fa.» mormora con tono divertito Akemi, attirando l'attenzione di alcuni uomini a lei vicini, che le domandano cosa voglia dire.
Quello che però non sanno è che non è stata realmente lei a parlare. Si, la voce è la sua, così come il corpo che si muove lento e sinuoso verso la polena, ma non è lei, bensì Týr, che ha momentaneamente preso in prestito il suo corpo.
Si muove piano, un sorriso sadico e sarcastico in volto, gli occhi illuminati da una luce diversa e pure il colore è differente: più intenso, più acceso.
«Cosa cazzo fai, Akemi?!» gli urla Satch non appena la vede saltare sulla nave avversaria, che nel frattempo sta provando ad affiancarli per salire a bordo.
Akemi, o per meglio dire Týr, non ascolta minimamente, con l'unico fremente desiderio di mietere vite.
Un pirata prova a colpirla, ma Týr è più veloce: scatta in basso, evitando il pugno che probabilmente gli avrebbe rotto la mascella, e poggia i palmi delle mani a terra, alzando di scatto le gambe per colpirlo con inaudita violenza sotto al mento, sbalzandolo all'indietro.
Nel frattempo lo scontro inversa, i pirati si scontrano tra di loro e all'inizio nessuno presta attenzione a quanto la ragazza sta facendo, finché le urla di terrore non diventano insopportabili. Solo a quel punto tutti voltano la testa, guardando con occhi increduli quello che sta facendo: si muove velocemente, troppo per seguirne a pieno i movimenti, scattando da un lato a l'altro, lacerando le gole dei malcapitato con gli artigli affilati, colpendoli con estrema precisione e brutalità in punti vitali come la bocca dello stomaco* o il cranio. La cosa più sorprendente e, soprattutto, spaventosa di tutto quello sta nel fatto che sorride mentre lo fa. Un sorriso carico di sadismo e divertimento.
Týr, dal canto suo, è al settimo cielo: finalmente ha la possibilità di muoversi di nuovo a proprio piacimento, per quanto sia consapevole che la cosa sia controproducente. Ma non riesce a trattenersi: uccidere è la cosa che in assoluto gli è sempre riuscita meglio.
Una spada si conficca fastidiosamente nel fianco di Akemi, affondando nella carne in profondità. Týr semplicemente si gira di tre quarti, guardando con aria profondamente scocciata colui che ha avuto l'ardore di attaccarlo.
«Questo mi da molto fastidio.» afferma semplicemente, afferrandogli con decisione un polso e stringendolo così dolorosamente da costringerlo a lasciare l'arma. Lo guarda fermamente negli occhi, accennando un sorriso divertito. Con un movimento secco e preciso poi gli torce la mano all'indietro, facendo fuoriuscire l'osso spezzato.
L'uomo urla per il dolore e in poco si ritrova in ginocchio, sotto la pressione esercitata dalla ragazza. Aveva sentito qualche voce sul suo conto, ma mai avrebbe pensato che una ragazzetta con una taglia così insignificante avesse una forza del genere.
«Adesso ti restituirò il favore.» sorride, Týr, alzando una gamba e poggiando il piede sulla spalla dell'uomo, costringendolo a sdraiarsi di schiena.
Si abbassa a sua volta, riuscendo a portare il viso a pochi centimetri dal suo, mostrando così una notevole elasticità.
Con un movimento preciso e veloce pianta gli artigli nel fianco dell'uomo, facendolo urlare ulteriormente.
«Quello che sento è il tuo intestino?» domanda poi con un sorrisino divertito stampato in faccia, mentre con i polpastrelli tocca i tessuti dell'organo lasciato volontariamente intatto.
Pochi istanti prima che la vita lo abbandoni, Týr decide di infierire ulteriormente: con un gesto deciso estrae l'organo dal suo corpo, stringendolo fermamente nella mano, mettendolo in bella vita davanti a tutti.
Alza piano gli occhi sugli uomini che ha di fronte, immobilizzati dalla paura «Qualcun altro?»
«Prendete quello che volete... ce ne andiamo...» supplica il capitano, alzando le mani in segno di resa e facendo esultare i pirati che aveva erroneamente pensato di poter battere.
Týr, in tutta tranquillità, si dirige verso la Moby Dick, risalendo a bordo con nonchalance, sempre con la spada conficcata nel fianco, sporco di sangue dalla testa ai piedi. La cosa, in realtà, non gli crea il minimo problema.
'Direi che adesso posso lasciarti.' pensa, ritirandosi di nuovo e ridonando il corpo alla proprietaria, che comincia subito a guardarsi attorno con sguardo perso ed impaurito. Abbassando gli occhi, poi, nota la lama nella sua carne e il panico l'assale completamente.
«Toglietemela...» mormora sul punto di scoppiare a piangere e subito Halta va ad aiutarla, estraendola con uno strattone deciso, tamponando poi con le mani il sangue che scorre vischioso.
Alcuni pirati, nel frattempo, sono montati sulla nave avversaria e la stanno depredando, prendendo tutto quello che possono e portandolo sulla Moby Dick.
Barbabianca guarda la figlia con sguardo oltremodo sbigottito, incapace di credere che praticamente da sola sia riuscita a mettere in fuga una ciurma rivale. Certo, non erano questo granché già ad occhio, ma erano pur sempre arrivati nel Nuovo Mondo! Degli impediti completi non potevano certo essere.
«Come diavolo hai fatto?» le domanda a bassa voce Halta, osservando con sguardo quasi spaventato la ferita che si richiude assai velocemente sotto ai suoi occhi «Guarda che roba...» ci passa piano le dita sopra, sfiorando la pelle perfettamente rigenerata.
I loro occhi s'incrociano per un breve istante e Halta riesce a leggerci dentro uno sgomento infinito, cosa che le fa accendere dentro un campanello d'allarme.
Le viene da vomitare ad Akemi; sente il corpo ancora intorpidito e il cuore avvolto dalla paura più nera. 'Non sono stata in grado di fermarlo... non ho potuto fare niente.'
«Era un gioco, ragazzina. La prossima volta ti lascio fare da sola.»
Si porta una mano alla testa, Akemi, cercando di sopprimere quella voce che la sta mandando al manicomio.
«Marco, devo farti i miei complimenti, sul serio. L'hai fatta diventare una forza della natura!» afferma un più che esaltato Blamenco, battendo le mani per enfatizzare il tutto.
I presenti gli danno man forte, esultando felici per gli assai notevoli risultati della sorellina. Perché si, per quanto macabra sia stata quella scena, per quanto li abbia fatti rabbrividire, si è comunque mostrata in grado di difendersi da sola e di avere la stoffa della piratessa.
«Non è merito mio...» mormora un più che confuso Marco.
L'ha allenata molto e per questo è consapevole che non sarebbe in grado di fare una cosa simile. È vero che l'ultima volta che ha attaccato ha fatto una strage simile, ma quella volta i movimenti erano più confusi, animaleschi, mentre stavolta erano puliti, perfetti. Ogni volta che lacerava una gola sembrava quasi un abilissimo chirurgo che incide con estrema precisione con un bisturi, più che consapevole di quale sia il punto da incidere e quanto a fondo premere.
«Ora non fare il modesto, via!» lo riprende Atmos, mettendogli un braccio attorno alle spalle e scuotendolo un poco, senza però riuscire a svegliarlo dal suo stato di sconcerto.
«No, sul serio.» controbatte Marco, togliendosi il braccio dell'amico di dosso e continuando a guardare con insistenza Akemi «Non le ho insegnato io quella roba.»
I due si guardano per qualche secondo dritto negli occhi, quasi volessero cercare entrambi delle risposte, finché Akemi non abbassa repentinamente lo sguardo, notando gli artigli scuri ancora gocciolanti.
«Penso che andrò a farmi una doccia...» afferma titubante, cercando di allontanare il pensiero che è ricoperta in buona parte dal sangue degli uomini che ha ammazzato. Alzando per un breve istante lo sguardo, poi, incrocia quello oltremodo furioso di Satch e un brivido le corre lungo la spina dorsale. 'Sempre più nella merda... riuscirò ad imboccarne una giusta?!'
Se ne va con la coda tra le gambe mentre tutti esultano per la schiacciante vittoria, felici di aver trovato un nuovo pretesto per far baldoria.
Cammina piano, il corpo che a poco a poco viene scosso da leggeri tremori, i passi che si fanno sempre più instabili, quasi il pavimento diventasse di gelatina sotto ai suoi piedi.
Non riesce a capacitarsi di quanto appena accaduto, del fatto che quel pazzoide si sia preso senza tante cerimonie possesso del suo corpo, che l'abbia costretta a compiere un tale massacro. È vero, è una piratessa ricercata, ma lei non vorrebbe arrivare ad uccidere nessuno. Far del male si, soprattutto per difesa personale o per quella del suoi cari, ma non uccidere.
Entra nella cabina con passo instabile, scossa da tremori sempre più forti e ravvicinati tra loro. Una sensazione di fastidio al petto la soffoca, come se ci fosse sopra un peso, e il respiro diventa sempre più corto, come se stesse asfissiando. Sente il naso e le mani formicolate, mentre il cuore pompa sempre più forte.
Si attacca con le spalle al muro, cercando inutilmente ossigeno, mentre quelle sensazioni si intensificano, facendole salire il panico alle stelle.
Si porta una mano tremante al petto, stringendo convulsamente la maglietta all'altezza del cuore, quasi volesse strapparsela di dosso per avere un ostacolo in meno per respirare, come se fosse quella la causa della sua quasi asfissia.
Sente di sfuggita i passi di qualcuno avvicinarsi pericolosamente alla sua porta ancora aperta e l'idea che qualcuno la veda in quello stato le provoca una forte sensazione di nausea.
Teach, incurante di ciò che sta succedendo all'interno della stanza, allunga un poco la testa per salutarla e farle i complimenti per il suo sorprendente talento, trovandola però in pieno attacco di panico «Ehi, ragazzina!»
Entra velocemente nella stanza, accovacciandosi di fronte a lei e guardandola con timore. Si ricorda vagamente che quando una persona è in questo stato bisogna metterle un sacchetto sul viso per aiutarla a regolarizzare il respiro, ma non ne è tanto convinto in quel momento, quindi pensa bene di andare a chiamare le infermiere «Ehi, ehi! Calmati! Aspettami qui eh!»
Non fa però in tempo ad alzarsi che Akemi lo afferra con forza per un polso, costringendolo a guardarla.
«N- no- non-» annaspa, provando a prendere fiato «re- respi- respir- o.»
«Devi calmarti, ok?» le prende una mano tra le sue, Teach, guardandola dritto negli occhi e sperando di tutto cuore di riuscire a calmarla a parole «Guardami: va tutto bene, ok? Non hai fatto niente di sbagliato, va bene? No, ehi, stammi a sentire, concentrati su di me.» le mette una mano sulla spalla, scuotendola piano, sorridendole nel modo più rassicurante che può «Sei stata bravissima poco fa, intesi? Hai lasciato tutti a bocca aperta. Babbo è fierissimo di te. Anche più tranquillo, a dirla tutta: adesso sa che ti puoi difendere da sola.»
Dopo una manciata di minuti, in cui neanche per un istante le ha lasciato andare la mano, il respiro di Akemi comincia lentamente a regolarizzarsi e il corpo trema sempre meno, permettendole di rilassare in parte i muscoli delle spalle.
«Brava, così, respira.»
«Grazie Teach...»
«Ma ti pare?» le sorride bonario, scompigliandole i capelli «Stai tranquilla, Akemi. Hai fatto un ottimo lavoro.» la rincuora di nuovo, alzandosi in piedi e dirigendosi calmo verso la porta, rigirandosi però prima di chiudersi la porta alle spalle «L'unica cosa, però, è che devi trovare una scusa accettabile con Satch per avergli disobbedito così spudoratamente. È abbastanza incazzato.»
'Perfetto.'
Si trascina con passo traballante fin dentro al bagno e senza esitazioni apre il getto dell'acqua calda, mettendocisi sotto ancora vestita. Poggia la fronte contro la parete fredda, cercando di riordinare i pensieri, sperando quasi di sentire le scuse di Týr per averle fatto una cosa del genere, perdendo la cognizione del tempo.
Riprende coscienza di sé solamente quando Tachi entra nella stanza, ricordandole che deve fare la trasfusione.
«Certo, arrivo subito.» risponde con tono piatto, chiudendo il getto e trascinandosi stancamente fin davanti allo specchio sopra al lavandino. Si guarda attentamente, notando quanto gli occhi siano spenti, circondati da occhiaie profonde, quanto la pelle sia sciupata.
'Perché mi riduco sempre così?' si domanda per l'ennesima volta, legandosi i capelli in una coda alta e disordinata, uscendo poi dal bagno per cambiarsi.
Afferra distrattamente la camicia di Satch che aveva indossato la sera prima e la indossa con movimenti frettolosi, uscendo subito dopo e dirigendosi con passo svelto verso l'infermeria.
'Prima lo faccio, prima finisco.' sbuffa sonoramente, ricordandosi solo in quel momento che dopo dovrà parlare con il padre. Perché Týr avrà pure fatto di testa sua e sicuramente presto si rivelerà un grandissimo bugiardo, ma Akemi non è tipo da infrangere la parola data.


Anche quella dura giornata è finita e tutti si preparano ad andare a dormire.
Barbabianca, dopo aver elogiato di fronte a tutti la figlia per il suo operato, mettendola così in imbarazzo, si è congedato ed è andato nella sua cabina, più che deciso a rilassarsi con una lettura consigliatagli dalla ragazza.
Izo parla animatamente con Marco, cercando di convincerlo a fare il turno di guardia al posto suo. Sa bene che lo farà, non rifiuta mai di fare un favore ad uno di loro, ma sa anche che per principio dovrà fare storie.
«Ehi, avete visto Akemi? Dovrei parlarle.» li interrompe di punto in bianco Halta, guardandoli con sguardo indecifrabile.
I due semplicemente fanno spallucce, tornando subito a discutere di cosa Izo dovrà dare a Marco per fargli fare il suo turno, cosa che però non interessa minimamente alla comandante.
«L'ultima volta che l'ho vista stava andando verso la sala comandi, biascicando qualcosa del tipo che doveva vedere la rotta più breve o qualcosa così.» la informa con tono gentile Vista, cercando di non badare ai due scemi che stanno alzando sempre più la voce.
Halta annuisce sorridendo, girando sui tacchi e dirigendosi velocemente nel luogo suggeritole, più che intenzionata a chiedere spiegazioni alla sorella su quanto accaduto quel pomeriggio.
Il problema nasce dal fatto che Akemi non si trova più lì. Da almeno venti minuti, infatti, se ne sta ferma come una statua di fronte alla cabina del capitano, incerta sul da farsi. In fondo, come può mai convincerlo a farla sbarcare?
'Mi andrà bene se non mi darà un calcio nei denti!'
Bussa piano alla porta, aprendola senza neanche aspettare una risposta e richiudendosela subito dopo alle spalle.
«Babbo, dovrei parlarti.» afferma con tono incerto, passandosi una mano tra i capelli.
«Qualcosa non va?» le domanda prontamente Barbabianca, guardandola con incertezza. Generalmente non va mai a chiedergli qualcosa, non con quella faccia.
«Si. Cioè, no...» si passa stancamente le mani sul viso e gli si avvicina, sedendosi in fondo al letto e guardandolo con aria supplichevole «Devo chiederti un favore. Bello grosso anche...»
«Di che si tratta?» domanda con tono più duro il capitano, cercando comunque di mantenere una certa calma. Non può mica dare in escandescenza senza neanche sapere di cosa si tratta!
«Ho controllato le carte nautiche e a non molta distanza da noi c'è una piccola isola... vorrei sbarcarci. Non pretendo che cambi rotta, tranquillo, mi farei portare da Ace, se accetta.» lo guarda con aria incerta e vagamente mortificata, più che consapevole di aver superato largamente il limite. 'Ora mi pesta come un polpo...'
«E perché mai vorresti sbarcare?» le domanda quasi ringhiando, chiudendo con una certa violenza il libro e fissandola in cagnesco.
«Beh, mi servono delle cose...» borbotta abbassando lo sguardo, fissandosi gli artigli con cui si sta torturando le mani «Ti porto una bottiglia di buon saké in cambio!» afferma subito dopo con convinzione, alzando lo sguardo e sorridendogli nel modo più convincente che può.
«Sei patetica.»
Sgrana un poco gli occhi, Akemi, cercando però di non dar a vedere il fatto che si sta seriamente innervosendo per il fatto di essere stata ignorata deliberatamente tutto il giorno per poi essere insultata di punto in bianco.
'Zitto, stronzo! Non è affatto semplice!'
«Mi dispiace, Akemi, ma non posso lasciarti andare.» le risponde con tono neutro Barbabianca, tornando alla sua lettura con aria indifferente, nascondendo alla perfezione il suo più che giustificato nervosismo. 'Dovevo essere un po' più duro con lei quando era ancora piccola e malleabile.'
«Adesso ti mostro una cosa divertente.»
Sente con chiarezza il corpo intorpidirsi di nuovo esattamente come quel pomeriggio, ma non fa in tempo a fare o dire assolutamente niente che si ritrova nel limbo a guardare la scena come uno spettatore esterno, completamente impotente.
Týr sorride divertito, pronto a prendersi quanto vuole, con la fastidiosa consapevolezza che le conseguenze non saranno certo delle migliori. 'Devo farlo.'
Si alza in piedi lentamente, avvicinandosi con calma al capitano, guardandolo dritto negli occhi «Te lo richiedo: mi lasci sbarcare con Ace?»
Barbabianca è completamente in suo potere, catturato dai suoi occhi ipnotici, e la sua mente non può far altro che piegarsi al volere dell'essere che si è preso il corpo di sua figlia.
«Certo...» mormora con un filo di voce, facendo sogghignare Týr.
«Molto bene.» afferma con tono divertito, senza interrompere neanche per un singolo istante il contatto visivo «Partiremo all'alba e torneremo il giorno dopo, probabilmente.» aggiunge dopo pochi secondi, sorridendo arrogantemente «Vuoi farmi il grande piacere di comunicarglielo di persona?»
«Certo...» mormora di nuovo Barbabianca, alzandosi lentamente in piedi e uscendo dalla propria stanza, completamente sotto il suo controllo. Non se ne rende neanche conto, per lui quella è una decisione presa autonomamente.
Akemi, adesso sola nella spaziosa cabina, riprende finalmente possesso del proprio corpo e, sconvolta, si appoggia con la schiena contro la parete dura della porta, tenendosi la testa tra le mani.
«Visto come sono bravo?» le domanda divertito Týr, facendola infuriare ancora di più.
'Come hai fatto? Oh mio Dio... cosa ti ho permesso di fare?! Sei un mostro!' gli urla nella sua testa, tirandosi i capelli quasi fino a strapparli, furiosa sia con lui che con sé stessa.
«Ma quale mostro e mostro! Sono solo molto più talentuoso di te e so bene come ottenere ciò che voglio.» controbatte con fare offeso, facendola ringhiare forte, cosa che per la prima volta lo zittisce.
'Stammi lontano. Non voglio più sentirti, mostro!' esce velocemente dalla cabina, correndo alla cieca verso la palestra, più che intenzionata di sfogare tutta la rabbia che le sta quasi facendo scoppiare il cuore.
«Come vuoi, cara.»
Akemi svolta velocemente l'angolo, tenendo ancora gli occhi chiusi per trattenere le lacrime che spingono per uscire, andando così a sbattere contro qualcuno.
«Ehi!» Marco l'afferra con decisione per le spalle e se la toglie di dosso, massaggiandosi poi una spalla dopo la testata involontaria che gli ha tirato quando lo ha urtato «Guarda dove vai, ragazzina.»
Akemi, spaventata da sé stessa e da quello che ha dentro come mai in vita sua, prova ad allontanarsi immediatamente dal comandante, scrollandosi di dosso la sua mano e provando inutilmente a superarlo, mormorando delle appena udibili scuse.
Ma Marco non è uno stupido e non gli sfugge questo suo strano atteggiamento. Si, insomma, prova sempre a stargli vicino in qualche modo, e adesso invece prova a scansarlo come un appestato: qualcosa sotto c'è per forza.
«Ehi, ehi.» la afferra con decisione per un braccio, costringendola a bloccarsi, senza però riuscire a farla girare «Che ti prende?»
«Niente, tranquillo.» risponde sbrigativa, passandosi il dorso della mano libera sulla guancia per cancellare la scia rossa della lacrima che le è sfuggita.
A Marco questo gesto non sfugge e subito le lascia il braccio per le afferrarle la mano sporca di sangue, costringendola con le cattive a girarsi verso di lui per guardarlo in faccia «Ah si, eh?» le domanda sarcastico, cercando i suoi occhi, sperando che gli dica cosa è successo di tanto grave da farla piangere.
«Va tutto bene.»
«Una persona non piange quando va tutto bene.» le alza il viso lentamente, tenendole il mento tra le dita con un'incredibile delicatezza, guardandola con attenzione «Mi dici che è successo?»
Akemi scuote con forza la testa, liberandosi dalla sua presa e portandosi entrambe le mani sul viso, respirando profondamente, cercando di calmarsi.
«Preferirei non parlarne...» biascica a denti stretti, sperando con tutta sé stessa che non diventi insistente come probabilmente farebbero Halta o Satch.
«Come preferisci.»
Rimangono in silenzio, immobili, finché dopo qualche minuto a Marco non viene quella che per Akemi potrebbe essere una delle più belle idee possibili.
«Vieni sulla torre di osservazione con me?» le domanda sorridente, rallegrandosi di fronte alla sua espressione più distesa, quasi felice.
«Non è il turno di Izo?» domanda incerta, mentre il cuore comincia a battere più velocemente per l'emozione.
«Quello scansafatiche è riuscito a convincermi a farlo al posto suo.» ammette ridacchiando, voltandosi leggermente per andare sull'albero di trinchetto dove è situata la coffa «Mi tieni compagnia?»
Akemi sorride raggiante, dimenticandosi -seppur momentaneamente- di tutte le sue preoccupazioni.
Camminano fianco a fianco, dirigendosi calmi verso quella che è forse la destinazione più odiosa che possano raggiungere sulla nave, e durante il tragitto incontrano un più che incerto Ace.
«Perché vuoi salpare all'alba?» le domanda guardandola con aria dubbiosa, inclinando un poco la testa di lato e incrociando le braccia muscolose al petto.
«Io, ehm...» si morde con forza un labbro, Akemi, quasi perforandolo con i lunghi canini, cercando di reprimere il forte senso di angoscia che prepotentemente prova ad attanagliarle il cuore «Ho bisogno di alcune cose. Spero che per te non sia un problema...»
«No, certo che no.» le sorride gentilmente, dandole una pacca fraterna sulla spalla «Però potevi avvertirmi prima!»
«Mi era passato di mente.» sorride falsamente Akemi, cercando di mostrarsi tranquilla. La verità, però, è che dentro ha un vero e proprio tornado di emozioni che contrastano l'una con l'altra, tanto da mandarla quasi nel panico.
«Beh, allora vado a dormire. Ti converrebbe non fare tardi anche a te, ti voglio attiva domani!» le sorride ancora, salutandola poi con un gesto sbrigativo della mano e superandoli, anche lui nascondendo una più che giustificata preoccupazione. Non solo dovrà lasciare la nave che secondo molti -lui incluso- è nel mirino di quei pazzi omicidi, ma dovrà pure avere mille occhi nel caso qualcuno provi ad attaccare la sorella come l'ultima volta che sono sbarcati. 'Sarà una giornata stressante...'
«Dov'è che andate domani?» le domanda realmente incuriosito Marco.
«C'è una piccola isola non lontano da qui. Secondo i miei calcoli ci metteremo dalle tre alle quattro ore per arrivare, sempre se alla nostra partenza saremo nel punto che ho previsto.»
«Tu proprio non riesci a stare ferma, eh?» la sfotte divertito, facendole un cenno col capo per farla salire per prima.
«Ma come siamo galanti!» lo sfotte a sua volta Akemi, arrampicandosi velocemente e raggiungendo il posto di osservazione, venendo raggiunta in breve dalla Fenice.
«Come mai la cosa ti sorprende tanto?»
Akemi semplicemente fa spallucce, sorridendogli allegra.
«Perché hai chiesto proprio a me di farti compagnia?» gli domanda a brucia pelo, senza riuscire a nascondere una più che motivata curiosità.
«Mi sembravi giù di morale.» si volta per guardarla in faccia, sorridendogli in modo gentile e rassicurante.
«E stare con te dovrebbe farmi sentire meglio?» domanda con arroganza, sorridendogli ironica.
«Certo. Chiunque sarebbe più che felice di passare del tempo con me!»
«Ma senti questo!» gli tira una lieve pacca sulla spalla, facendolo ridacchiare «Quanto sei arrogante!»
«Disse quella.»
«Io posso permettermelo.» afferma divertita, nascondendo alla perfezione sia l'imbarazzo che l'assoluta mancanza di convinzione delle sue parole.
Dopo quella battuta, a cui anche Marco ha ridacchiato, rimangono in completo silenzio a scrutare il circondario. Capita estremamente di rado accada qualcosa di notte, ma è sempre meglio stare attenti.
Si accende una sigaretta, Marco, con aria pacata, non accorgendosi neanche di aver così attirato di nuovo l'attenzione di Akemi.
«Da quant'è che fumi?» gli domanda inarcando un sopracciglio, assumendo poi un'espressione schifata quando l'odore penetrante del fumo le arriva alle narici.
«Troppo.» ammette distrattamente il maggiore, guardandola a sua volta, allungandole dopo qualche secondo la sigaretta «Vuoi provare?»
Akemi storce il naso, combattuta: è curiosa di sapere com'è il sapore, di sapere qual'è la sensazione del fumo che scende per la gola, giù fino ai polmoni, ma quella puzza la infastidisce incredibilmente.
Alla fine, dopo una lunga riflessione interiore, sporge semplicemente il busto in avanti, afferrando tra le labbra il filtro mordicchiato da Marco e aspirando a fondo, sentendo una fastidiosa sensazione di bruciore in gola.
Tossisce fuori tutto il fumo, facendo una faccia schifata che scatena immediatamente la risata del comandante «Come diavolo farete a sopportare quel saporaccio...»
«È meglio che non ti piaccia. È una dipendenza orrenda che, oltretutto, fa pure male.»
«Allora perché fumi?»
«Perché mi piace.» risponde con ovvietà, tornando a fissare il mare, mentre una ventata fresca gli accarezza la pelle nuda del torace.
Akemi lo guarda con attenzione, seguendo con una certa insistenza i suoi lineamenti e i muscoli definiti.
'Sono nella merda.' pensa sbuffando e sdraiandosi sul sottile parapetto come un gatto, mettendosi a pancia all'aria 'Come posso adattarmi all'idea che sia solo mio fratello? Come farò a mostrare sempre una certa indifferenza nei suoi confronti?'
«Sei stata brava oggi.» afferma di punto in bianco Marco, senza neanche voltarsi a guardarla.
«Ho ammazzato della gente e mi dici che sono stata brava?»
Si volta leggermente verso di lei, guardandola con aria divertita «È parte del pacchetto uccidere, ragazzina.» butta via la sigaretta in mare, poggiandosi con la schiena al duro legno alle sue spalle mentre continua a guardarla «Se hai sonno dormi.»
«Non ho sonno...» mormora passandosi le mani sul viso, trattenendo a stento un sonoro sbadiglio.
«Tu devi sempre negare ogni cosa, vero?» si gratta distrattamente il mento, facendo poi scivolare la mano dietro al collo, sospirando «Tieni, metti questa e dormi. Se cadi ti riprendo al volo.» si sfila velocemente la camicia di dosso e gliela porge, consapevole che non può fargli lo stesso effetto del giorno prima dal momento che adesso è vestita.
Akemi l'afferra con mano incerta, mettendosela addosso a mò di coperta, continuando a guardarlo fino a che le palpebre non si fanno decisamente troppo pesanti.
Marco di tanto in tanto le lancia qualche fugace occhiata, giusto per assicurarsi che non scivoli di sotto e si sfracelli sul ponte, trovandola profondamente addormentata.
Si trova a sorridere tra sé e sé nel vederla così calma e pacifica, e senza rendersene conto le si è avvicinato e le scosta una ciocca di capelli corvini dal viso, ammirandone i lineamenti dolci, pennellati.
La prende in braccio stando ben attento a non svegliarla e agilmente salta giù, atterrando nel modo più silenzioso che può. Abbassa giusto un secondo gli occhi su di lei, trovandola ancora in coma profondo. 'Di che mi preoccupo? Neanche una cannonata la sveglierebbe!'
Si dirige con passo calmo, quasi svogliato, verso la sua cabina, trovandosi in leggera difficoltà quando deve girare la maniglia. Perché magari una cannonata non la sveglierebbe, ma una bella craniata sul pavimento si.
Dopo una lunga ed intensa lotta riesce finalmente ad aprire la porta, esultando silenziosamente nella sua testa per essere riuscito ad avere la meglio contro quel diabolico oggetto inanimato senza doverlo distruggere, e finalmente può adagiare Akemi nel suo letto.
La guarda giusto per qualche secondo mentre si accoccola sul materasso, nascondendo parte del viso sotto le lenzuola nere, per poi decidere di andarsene.
Prima di farlo, però, le regala una lieve carezza sulla guancia, accompagnata da un lieve sorriso.
«Buona notte, ragazzina.»



*Non è uno scherzo. Più di una volta a kickbox il mio allenatore ci ha fatto dei cazziatoni assurdi perché non colpissimo con troppa forza in quel punto, perché se fatto nel “modo giusto” e con una forza eccessiva si rischia di ammazzare l'avversario.


Angolo dell'autrice:
Per la prima volta da non so neanche quanto tempo ho finalmente scritto un capitolo più breve :D Certo, il prossimo verrà sicuramente una roba lunga abbestia, ma tralasciamo questo dettaglio.
Tralasciamo pure il fatto che sono in ritardo mostruoso! (Ho avuto una settimana d'inferno, è già un miracolo che sono riuscita a scriverlo!)
Allooora... che ve ne pare? :/ Vi dirò: sono talmente preoccupata per come potrete reagire con il prossimo che per questo vado quasi tranquilla! XD (Già, perché per il prossimo prevedo botte come se piovesse .__.)
Ah, tanto per la cronaca, questo capitolo serve solo da ponte tra il capitolo precedente e il successivo ;)
Marco e Akemi si stanno avvicinando (sarà anche l'ora?! Gli ci sono voluti undici capitoli!), ma purtroppo la nostra bella Fenice è ancora lontana dall'accettare l'idea “non abbiamo alcun legame di sangue, possiamo anche spassarcela!”.
Anche Akemi, in fondo in fondo, non è ancora del tutto convinta che i suoi compagni non la considerino solo una sorella, ma cambierà idea prima di Marco.
Týr... ehhh, lui acquista sempre più potere e adesso ha la capacità di prendere il controllo del corpo di Akemi. Capacità interessante, mh? Relax, non lo farà praticamente più, solo che questa volta si è sentito “punto nell'orgoglio”. Ricordate, no, che lui non sta agli ordini di nessuno? :P
Però -c'è sempre un però- a quello di Akemi stavolta obbedisce... e c'è un perché. Verrà tutto svelato in seguito, spero solo che abbiate la pazienza di aspettare >.< la parte è già scritta! :D (già, perché sono così idiota da scrivermi già dei pezzi per paura di scordare come li avevo immaginati!)
Tornando a Týr, comunque, ha pure la capacità di ipnotizzare le persone (indizione!) e purtroppo sotto le sue infide grinfie ci è finito il nostro adorato capitano... spero che la cosa non vi abbia disturbato più di tanto >.< è un'esigenza di copione, diciamo.

♥ Adesso ci tengo a ringraziare di cuore Yellow Canadari, Lucyvanplet93, Redangel19, Okami D Anima, Monkey_D_Alyce, ankoku e iaele santin per le bellissime recensioni! Davvero troppo gentili 
Alla prossima, un bacione
Kiki 

  
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