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Autore: surfs_louis    03/03/2014    3 recensioni
-Ragazzi potrei sapere una cosa?- chiedo io alzando lo sguardo dalla mia crepe -certo angelo dicci- i ragazzi lo guardano a bocca aperta, ma non ci faccio molto caso -volevo chiedervi cosa comporta la vincita di questo concorso- loro si guardano e Liam risponde -beh, ci hanno raccontato la tua storia e in questo tempo che passerai con noi, non sarai sempre con noi- -oh Liam che cosa complicata!- dice Zayn -in poche parole noi cinque abbiamo cinque caratteri diversi e caratteristiche molto diverse, tu passerai del tempo con ognuno di noi cercando di trasmetterti il proprio carattere- -e quindi tornerai ad essere una ragazza normale senza bulli, con amici eccetera eccetera eccetera- dice Louis con aria da snob facendo scoppiare una risata generale
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N: Harry sei preoccupato? –dice finendo la terza bottiglia di birra
IO: un po’
N: non dovresti, è solo un contratto. Non sei pagato per essere preoccupato di una psicopatica
LI: smettila Niall! Non è una psicopatica
N: no appena…
IO: mi sto affezionando a gaia, si va bene veniamo pagati per stare con lei e per farla cambiare; ma è pur sempre una persona quindi non mi sembra giusto fingere e basta
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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~~È strano come una madre non riesca a capire che un figlio non sta bene dentro di se, in questa fase dell’adolescenza è difficile per un genitore sapere di che umore si sveglierà il proprio figlio quella mattina o come tornerà a casa dopo scuola, ma si dice tanto “le madri sanno tutto, ti tengono nella pancia 9 mesi e si crea un legame unico” secondo me sono tutte stupidate. Ormai i genitori si preoccupano della pasta che si fredda o se indossi la t-shirt e prendi freddo, altre cose stupide invece di farsi domande sul motivo per cui il proprio figlio passa le sere in camera, o perché indossa felpe, quelle grandi, quelle che coprono tutto. Quelle che coprono le braccia, quel che coprono i polsi... Ebbene si sono autolesionista e sono una di quelle ragazze che odia il suo corpo e che non parla mai con nessuno per paura di fare brutte figure, sono una di quelle ragazze che si siede all’ultimo banco e che sta con le cuffiette durante l’intervallo. Ormai sorrido solo al telefono con la mia migliore amica che vive lontano da me, quasi 300 km di distanza. Scusate non mi sono ancora presentata, mi chiamo gaia e ho 18 anni, sono alta circa 1,80 e per chi non l’avesse capito odio il mio corpo, sono di corporatura piuttosto robusta, ma non esagerata, con capelli lunghi castani, occhi marroni/neri. Sono una di quelle ragazze che finge di stare bene, che va tutto per il verso giusto, con il sorriso sule labbra, che tutti pensano che sia una ragazza felice e spensierata. Ma in realtà non è così. Io non sto bene, vorrei urlare a squarciagola, piangere fino a che le lacrime non finiscono, ascolto in ogni momento musica ad alto volume per coprire tutti quei pensieri che mi turbano. Sono stata distrutta e presa in giro tante volte, non credo più a niente e alle ragazze della mia età. Trattenere le lacrime è terribile. Ti brucia la gola, il naso e respiri male. Sono ormai dieci giorni che non sorrido tranne per quando vedo This is us o quando ascolto i 5 angeli. Durante tutto il giorno sogno ad occhi aperti così come la notte, in poche parole mi faccio talmente tanti filmini mentali che il mio cervello è un multisala. I miei genitori non sanno più che fare, ma non mi interessa; ho bisogno di loro, di quei cinque ragazzi per rivivere, incontrarli e abbracciarli anche solo per un secondo.
-Gaia!- dice mia madre irrompendo nella tranquillità della mia stanza -devi preparare le valige, domani parti.- a quelle parole rimango scioccata, ebbene sì mi vogliono buttare fuori di casa. Non chiedo nemmeno il motivo, annuisco e mi alzo dalla sedia: sapevo che sarebbe successo. –Ok- dico a mia000 madre ancora sulla porta della mia camera. Essa è ricoperta completamente di poster, le pareti bianche e gialle ora hanno lasciato spazio a quei grandi fogli stampati, ce ne ho circa 300 e loro sono la prima cosa che vedo al mattino e l’ultima prima di cadere nei mondi dei sogni. Mia madre è lì inerme, ormai ha esaurito le lacrime, ha pianto tante volte per colpa mia e molte volte l’ho vista pure. Ormai si legge nei suoi occhi il dolore di avere una figlia così, ma sono talmente abituata che non ci faccio nemmeno più caso, la guardo fissa negli occhi per cercare qualche indizio -andrai al freddo- dice lei prima di andarsene e dopo avermi lasciato la valigia sul letto. Vorrei chiederle per dove, ma non ho voglia di sentire la mia voce e così apro l’armadio e comincio a guardare quegli indumenti, sono tanti ma per me sono tutti inutili: gonne, abiti, leggings, magliette attillate, canotte di mille colori. Mi sembrano tutti uguali quei vestiti, forse se fossi più magra non vedrei l’ora di metterli per uscire fuori con le amiche e andare in discoteca, invece per me sono un incubo; apro il secondo cassetto, quello che contiene i maglioni e le felpe larghe e comincio a prenderle per riporle in valigia, le prendo tutte e sono circa nove maglioni e otto felpe (non so quanto starò via quindi meglio portare di più che di meno), prendo tutte le mie magliette preferite larghe quelle da maschio con scritte e fumetti, apro il primo cassetto e prendo tutta la biancheria intima e le calze, apro l’ultimo cassetto e prendo tutti i jeans e i pantaloni della tuta e ripongo tutto in valigia. Se qualcuno ora mi chiedesse “come sto?” io non saprei cosa rispondergli perché molte cose mi passano per la testa, sono curiosa di sapere dove andrò, da chi starò e per quanto tempo starò li. Metto in un angolo della camera la valigia aperta a metà e svuoto il mio zaino di scuola: un Eastpack nero classico con due spille di pack-man una gialla e una blu, lo svuoto dai libri di scuola riponendoli nell’armadio apposito e lo appoggio sulla sedia dove poco prima ero seduta. Metto in carica il mio Iphone e spengo il pc mettendolo nello zaino con la sua ricarica, metto nello zaino pure dei libri e il mio “ipod di emergenza” dove sono contenute le stesse canzoni dell’iphone nell’eventualità che si scarichi. Vado nel mio bagno e preparo il necessaire per il viaggio, ma non lo metto ancora in valigia dato che domattina mi devo “preparare”; vado da mia madre in salotto. È sorpresa di vedermi visto che di solito appena arrivo in casa mi rifugio in camera -a che ora parto domani?- dico io guardando il gatto nero venirmi incontro in cerca di coccole -all’una fatti trovare pronta- dice mia madre in tono freddo –ok- dico e torno nella mia stanza, accendo la tv e mi metto nel letto a guardarla.

Il giorno della partenza è arrivato e mi alzo con calma verso le dieci, i miei genitori sono già andati a lavorare così vado in cucina e mi preparo un caffè bello caldo, mi siedo sul divano e accendo un po’ la televisione giusto per placare quel triste silenzio in casa. Una volta finita la colazione, riempio la vasca da bagno con l’acqua calda e mi immergo dentro, vengo subito avvolta da un calore dolce che mi trasporta in uno dei miei soliti filmini mentali. Si sta benissimo nell’acqua e infatti ci sto un’oretta buona, poi mi lavo i capelli facendo tutti quei mille trattamenti delle pubblicità per avere dei capelli decenti. Verso le undici e mezza esco dalla doccia incominciandomi ad asciugare quella massa di capelli castani che mi ritrovo, una volta asciutti con indosso ancora l’accappatoio vado in camera e prendo dei jeans, un lupetto nero pesante, mutande e reggiseno e infine una felpa calda e larga; vado in bagno, mi pettino e mi metto un velo di eyeliner come mio solito e 50 kili di correttore per i brufoli, una volta che mi sono lavata i denti ripongo tutto per bene nel necessaire e lo metto in valigia, nella bustina infilo anche una bustina piccolina con le mie migliori amiche: le lamette. È mezzogiorno e dieci così porto la valigia all’ingresso e mi preparo un’insalata classica con pomodori e mais, porto il vassoio con il cibo davanti alla televisione e mi metto a guardarla mentre mangio. Ormai quell’apparecchio elettronico placa ogni silenzio della casa e quando ti senti triste accendi quell’aggeggio e magicamente il silenzio svanisce. Finito di mangiare quell’insalata molto allegra torno nella mia camera e finisco di preparare lo zaino, una volta finito lo porto accanto alla valigia e mi dirigo verso camera di mia sorella. Ebbene sì, ne ho una più piccola di me ha 15 anni, lei è diversa da me deve essere sempre al centro dell’attenzione e deve farsi notare in tutto, ha un bel fisico e passa la vita a fregarmi le cose o vestiti; ormai non me la prendo nemmeno più perché a lei sta molto bene tutto ciò che mette quindi davanti a lei mi sento inferiore. La sua camera è da principessa, tutta bianca con il letto rosa a due piazze, tutti gli arredi bianchi e le tende tutte rosa in tulle, lei è la reginetta della casa: se vuole qualcosa lo ottiene senza problemi. Io e lei non andiamo d’accordo e praticamente non ci parliamo tranne per quando viene in camera mia ed entra nel mio armadio dicendomi -ti ho preso dei vestiti- e se ne va bella gongolante con i vestiti in mano. Mi vibra il cellulare dalla tasca dei pantaloni e lo prendo, è un messaggio da parte di mia madre: “cinque minuti e scendi”, io le rispondo un semplice “ok.” vado per l’ultima volta in camera mia e la guardo dalla porta senza entrarci, poche scene mi ripassano per la testa prima di entrare nella lavanderia e prendere degli Ugg alti con i bottoni bianchi, le dottor Martens e due paia di scarpe da ginnastica, le ripongo tutte in valigia e mi infilo le dottor Martens dato che non ci stanno. Mi infilo la mia solita giacca e prendendo zaino e valigia scendo giù in strada, trovo mia madre che prende la valigia e la infila nel bagagliaio mentre io salgo. Il viaggio è molto imbarazzante, dato che nessuno delle due parla; non mi sto ponendo il problema di dove mi sta portando anche se sta prendendo la direzione per Linate. Vedo gli alberi scorrere velocemente dal finestrino, ormai spogli dato che siamo in pieno autunno; dopo circa dieci minuti passati in silenzio mia madre parcheggia nel parcheggio dell’aeroporto ed entriamo al gate British Airwais, appena siamo all’interno ci viene incontro un ragazzo che non ho mai pensato di poterlo conoscere dal vivo. Lo avevo visto tante volte in foto e lo seguo su twitter, probabilmente sono l’unica a cui mi sta simpatico dato che tutte le directioner italiane lo odiano, è proprio lui: Marco Morini. È un ragazzo alto, capelli neri corti, magro ed è il manager italiano dei One Direction; non capisco il motivo per cui sia li. -Ciao marco!- dice mia madre sorridendogli, mi sono persa qualcosa?! Mia madre conosce il manager dei miei idoli. -Ciao Anna, allora è lei Gaia! - dice guardandomi, sono terribilmente in imbarazzo così mi limito a fare un sorriso. -Piacere Marco- dice porgendomi la mano, gliela stringo un po’ titubante e con timidezza dico -so chi sei, ti seguo su twitter e sono una directioner- lui sorride e annuisce a mia madre. -Gaia, sai perché sei qui oggi?- mi dice lei con il sorriso sulle labbra, io faccio un cenno di no con la testa e marco prende la parola -beh so che stai attraversando un periodo molto difficile e so che ami i one direction, in poche parole hai vinto un concorso.- io sono stupita da quelle parola SPAZIO AUTRICE: ciaooo che ne pensate di questa storia? l'inizio è un po' lento ma poi avverranno tantissimi colpi di scena. fatemi sapere che ve ne pare XXX G.

  
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